10 August 2007

6° g - 10 AGO: Vava’u – Foe’ata. La storia di Feleti.

Supercolazione alle 9 (Feleti ci ha pregato di non venire a tavola prima!) con uova, bacon, fantastici pancakes fatti al momento, frutta fresca meravigliosa, abbastanza per tirare avanti fino a cena! Infatti lui stesso ci consiglia di non prendere la pensione completa, sarebbe uno spreco, con la mezza pensione saremo più che satolli, ed aveva ragione! Poi ci rassicura, se a metà pomeriggio avete voglia di uno spuntino qualcosa da mettere sotto i denti si trova sempre! Insomma qui a Foe’ata non faremo dieta!!

Giornata libera, spiaggia, kayak, nuoto. Con cinque minuti di nuoto si può raggiungere un’isoletta proprio di fronte, sembra inabitata ma ci deve essere vissuto qualcuno, c’è un fale abbandonato. Orme di cane ancora fresche ma per fortuna non si vedono cani! Le orme, effimeri segnali di una cinopresenza che spariranno alla prima risacca, però fanno da formidabile ostacolo ai paguri che corrono buffamente sulla spiaggia...

Oggi vanno via tutti gli altri ospiti e siamo da soli, ci possiamo sparpagliare nei vari fale (casette con tetto di canne). Io ne prendo uno enorme, bellissimo (sono tutti bellissimi anche se tutti diversi) con un lettone da tre persone, parquet di legno ovunque, solo nel bagno bella pietra marina e piccoli scaldabagno cinesi a gas e corrente elettrica fornita dalle pale eoliche di Feleti.

La storia di Feleti

Oggi ho tempo da perdere e mi metto a fare due chiacchiere con Feleti, il proprietario. È tedesco, di Brema, un omone di carnagione rosacea, tipicamente tedesco, biondastro semipelato con un lungo barbone incolto ed una grandissima pancia bella e rotonda. Uno spacco sul sopracciglio destro con un grosso grumo di sangue coagulato gli conferisce un aspetto da vero orco!! Dalle email in iglese un po’ stentato e, per il nome di etimologia irriconoscibile, credevo fosse tongano. Invece mi spiega che si chiamava Friedrich, ma i tongani non sapendo pronunciare il tedesco lo hanno distorto in Feleti, e lui da allora si firma così. Parla un inglese consono al suo physique du rôle, grave, stentato ma efficace, intercalato da preposizioni tedesche. Per esempio invece di “with” dice “mit”, e invece di “but” dice sempre “aber! :-D

Ascoltarlo è un piacere, ci racconta storie rocambolesche su come sia finito qui e abbia dedicato due decenni a metter su Blue Lagoon. Dice di non sopportare i tedeschi, soprattutto quelli del nord, che non si sanno divertire. Racconta di come sia partito nel 1985 dalla Germania per la Nuova Zelanda, cercava un nuovo stile di vita. Dopo un po’ di tempo però si era reso conto che in fondo non era molto diverso lì e aveva cominciato a cercare altrove. Un imprenditore gli offrì di andare a lavorare a Tonga nel suo ristorante come cuoco. Lui accettò, venne qui e non ne è mai più ripartito, e non ha nessuna intenzione di ripartire. In 22 anni è stato solo cinque volte a Tongatapu, e 3-4 volte all’anno va a Neiafu se proprio non ne può fare a meno. Altrimenti la sua vita è a Foe’ata, e gli basta. "Questa è la mia isola", chiosa con tono definitivo.

Dopo sei anni come cuoco ha preso in affitto l’isola dove ci troviamo oggi con la moglie tongana Ma’ata, e insieme hanno costruito Blue Lagoon insieme. Hanno tre figlie e hanno adottato una bambina. Dice che non è stato facile avere la concessione per l’isola, ma la famiglia della moglie ha messo in moto qualche conoscenza a livello politico... Una volta venne a cena da lui il principe ereditario di Tonga con il governatore di Vava’u che era anche il ministro per il territorio e lui e la moglie sono riusciti a convincerli a farsi dare la concessione.

Cuoco straordinario, passa quasi tutto il giorno in cucina, per lui è un gioco, ancora dopo tanti anni ci mette l’anima. Il suoi enormi e originalissimi “fale” (capanne tongane) sono fatti con materiali locali, produce energia eolica con 5 rotori a vento, ma non fa mancare alcun comfort, dall’acqua calda (che serve fino ad un certo punto) alle zanzariere (utili) alla biancheria pulita. Ci sono perfino faretti autoalimentati a luce solare che delimitano i gradini ed i camminamenti tra i fale’ per non farci inciampare di notte! Il tutto un po’ alla rinfusa, in disordine, molto poco tedesco, molto espressionista astratto!

Mi dice che il suo problema principale sia il prezzo del pesce, che è sempre più caro, anche le aragoste, se ne trovano meno ed i pescatori prendono anche quelle piccole, lui però non gliele compra. Si trovano anche ottimi polpi ma niente gamberi o seppie da queste parti.

Appassionato di musica, dice che l’unica cosa che si porta dietro dalla civiltà è la collezione di 3500 CD, anche se con il clima umido molti si sono rovinati. Ha anche unu computer con il quale si tiene in contatto col mondo, segue le prenotazioni ecc, anche se la connessione internet è lentissima e molto cara!

Il lavoro qui gli piace anche se è faticoso e può essere pericoloso: deve fare tutto da solo. Una volta stava per morire quando si è ficcato una punta di trapano nel petto mentre stava lavorando in cima ad una lunga scala. Dice che stava per svenire, guardò il mare e pensò che la sua ora fosse giunta! Invece la fresa del trapano si era fortunatamente fermata sullo sterno e non si fece alcun danno grave. Lui dorme dove capita, hanno degli alloggi ma non sta mai nello stesso posto, gli piace cambiare, qualche volta dorme nella loro barca! Del resto capisco che non voglia dormire negli alloggi dello “staff” dove pare stia la moglie... ne viene una puzza di fogna che non invita affatto! Ma come fanno a stare in quel posto con questo paradiso tutto intorno? Con i fale’ supercarini che preparano per noi? Non ci vorrebbe molto a farsene uno anche per sé!

Il clima qui è naturalmente fantastico ma può essere un problema durante la stagione delle piogge, a magio scorso ha raccolto 45 tonnellate d’acqua per le sue riserve! Comunque gli affari vanno bene, l’economia di Tonga marcia, ora sono arrivati i cinesi e la gente li teme (anche qui!!) perché sono bravissimi commercianti. Però alla maggiranza fanno comodo perché propongono merce buona e prezzi convenienti, e sono più gentili con la clientela. Anche con i turisti, non c’è nessun resort gestito da tongani che funzioni bene, sempre stranieri. Ci sarebbero anche molti indiani, ma il governo ha deciso di limitarne il numero per evitare i problemi che ci sono stati a Figi, dove finiti i contratti di lavoro per i quali erano venuti non sapevano più che fare e costituivano un peso per la società, erano allo sbando.

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