Showing posts with label medicine. Show all posts
Showing posts with label medicine. Show all posts

19 September 2023

Pipì a Pechino


The results are in...
Da un paio di giorni avevo necessità di urinare con troppa frequenza e la procedura diventava anche sempre più dolorosa. Il volo non fu piacevole, poche volte avevo provato un dolore così in vita mia. Ho deciso di scriverne non perché penso interessi ai lettori delle mie minzioni, ma perché quello che mi è capitato trovo sia indicativo di come si sta muovendo la Cina.

Arrivati a Pechino decisi che avevo bisogno di essere visitato da un medico. Alla concierge dell’albergo il gentile impiegato mi consigliò di andare presso uno dei tanti ospedali “internazionali” della città, noti per avere personale che parla inglese e far pagare conti salati ai residenti stranieri nonché a turisti e uomini d’affari in visita. Chiesi se c’era un ospedale cinese che mi potesse consigliare. “Ma tutti i nostri clienti vanno agli ospedali internazionali!” insisteva il tipo.
Intanto Lifang faceva una ricerca online e scoprimmo che a poche centinaia di metri dall’albergo si trovava il Peking Union Medical College Hospital, che secondo lei, che ha vissuto in questa città per molti anni, era uno dei migliori ospedali della città, se non della Cina. Dopo dieci minuti eravamo lì, noi due e i gemellini nel passeggino doppio.
Appena arrivati mi prendono la temperatura corporea, dicono sia necessario per evitare che entri gente con il COVID-19. Però non la prendono a Lifang, chissà perché. All’accettazione l’impiegata dice a Lifang che non mi può registrare perché sono straniero e non ho la residenza in Cina. Mi consiglia di andare in un ospedale internazionale! Mia moglie, ovviamente, non si arrende e insiste che sono marito di una cinese e non abbiamo tempo da perdere. Alla fine mi registrano ma l’impiegata mi avverte che il sistema informatico potrebbe rigettare la mia iscrizione, anche perché pure Lifang è cinese ma residente all’estero, e quindi i medici potrebbero essere nell’impossibilità di curarmi. Speriamo. Sono le quattro e mezza del pomeriggio.
Entriamo e ci indicano il reparto adatto alle mie esigenze, almeno a quelle immediate. Appena arrivati entriamo in uno studio medico, ci sono alcuni pazienti davanti a me e ci dicono che devo aspettare un’ora per vedere il medico. Decidiamo di usare il tempo per andare a parlare con una piccola clinica privata dall’altra parte della strada, chissà? Ma quelli della clinica ci consigliano senz’altro di tornare in ospedale. Torniamo nello studio medico e dopo qualche minuto un dottore mi fa qualche domanda sulla mia sintomatologia, quindi prescrive, nell’ordine, analisi del sangue, delle urine, ecografia delle vie urinarie. I rispettivi laboratori si trovano a pochi metri di distanza lungo il corridoio.
L’infermiera che mi preleva il sangue è un po’ brusca, mi fa pensare a quelle di Londra, che ti salutano, si presentano, ti chiedono come stai ecc. ma fa il suo lavoro rapidamente. Dice a Lifang che i risultati saranno disponibili fra una mezz’ora e per ottenerli bisogna far leggere ad un grande tabellone elettronico che si trova nel corridoio il codice a barre che ci stampa. Tappa successiva esame urine, stessa procedura, altro codice a barre. Infine ecografia, dove dopo una decina di minuti di attesa sono ricevuto da una gentilissima operatrice che parla anche un po’ di inglese, così Lifang si può riposare! Mi fa stendere e dopo avermi ecografato per qualche minuto emette la sentenza: prostatite. Niente di troppo grave ma devo curarmi subito e farmi controllare appena torno a casa. In realtà mi ero fatto controllare la prostata pochi mesi fa a Londra ed era tutto OK quindi la ringrazio e usciamo.
Ora bisogna aspettare i risultati delle analisi. La sala d’aspetto è piena. Lifang porta i bimbi a giocare un po’ nel cortile perché si sono annoiati di stare nel passeggino e appena scesi si sono dimostrati un pericolo pubblico, con Luigi che cerca di staccare le flebo ai pazienti e attivare gli estintori mentre Arturo ficca le dita nelle prese elettriche, rimesta pattume nei cestini dell’immondizia, infila le manine sotto le porte… Io resto dentro, sono provato, ma non ci sono posti a sedere liberi. Però noto una signora seduta che ha messo alcune sue buste e borse sul sedile affianco e non si preoccupa affatto che tanti, anche anziani, stiano in piedi. Mi preparo una frase in cinese a mente e le dico che sono stanco e voglio sedermi. Mi guarda con una certa ostilità, e allora prendo le sue buste e borse, le metto per terra e mi siedo. Lei non fa una piega e torna a giocare col cellulare. Dopo un po’ torna Lifang con i gemelli che si sono calmati, mi alzo, e mentre mi allontano la tipa rimette buste e borse sulla sedia che avevo lasciata libera tra l’indifferenza generale.
Andiamo ai grandi tabelloni elettronici e scansioniamo i codici a barre, e dopo pochi secondi una piccola stampate sputa fuori i risultati delle analisi. Torniamo quindi allo studio medico dove il dottore che mi aveva visitato ha finito il turno ma una collega legge tutta la mia storia sul computer (il sistema mi ha registrato!), studia i risultati di analisi e ecografia e mi conferma: prostatite.
Mi prescrive quattro farmaci che credo di aver capito siano: un antibiotico, un antidolorifico, un anticoagulante del sangue ed un altro sempre per il sangue ma non abbiamo idea a cosa dovrebbe servire. Lifang va subito alla farmacia dell’ospedale, e dopo 10 minuti siamo fuori.
Sono le otto di sera, in tutto ci sono volute tre ore e mezzo. Costo? 390 rmb (circa 50 euro) per tutto: registrazione nel sistema ospedaliero che potrò usare se mai ne avrò bisogno in futuro, visite mediche, analisi, ecografia e farmaci. Gli ospedali pubblici cinesi non sono mai gratis, ma ovviamente il costo in questo caso è molto contenuto, non solo per un occidentale ma anche per un cittadino medio che vive a Pechino.
Troviamo un bel ristorante e prendo i farmaci assieme ad una birra fresca ed un’ottima anatra alla pechinese. Dopo qualche ora sono completamente asintomatico.
Adesso è passato un mese e posso raccontarlo con tranquillità.
Grazie sistema sanitario pubblico cinese e grazie mogliettina per avermi guidato nei suoi meandri.

31 December 2020

12 BUONE COSE DEL 2020 - 12 GOOD THINGS ABOUT 2020

 2020


ENGLISH TEXT BELOW

Siccome di messaggi con insulti al povero anno 2020 ne abbiamo sentiti troppi (ma non si chiama COVID-19?) ho pensato di raccogliere qualche pensiero in positivo sull'anno che si sta per concludere. Non per minimizzare, ma per guardare avanti con realismo, ottimismo e determinazione.

1. Chi mi sta leggendo è ancora vivo. Un buon primo risultato. Tanti ci hanno lasciato nel 2020, forse anche qualcuno che conosciamo, qualche persona cara. Io ho perso una cugina ed il padre di un amico per il Covid-19. Molti altri se ne sono andati per una serie infinita di altri motivi: incidenti, età, altre malattie, guerre, ecc. Noi invece siamo qui.

2. Abbiamo viaggiato di meno, e questo pesa particolarmente per quelli come me che vivono in vari paesi e del viaggio hanno fatto uno stile di vita. Però la prossima volta che partiremo il viaggio avrà un gusto speciale. Ce lo godremo di più, magari lo prepareremo meglio, lo ricorderemo più a lungo. Forse faremo più viaggi, che ci cambiano dentro, e meno vacanze, che nel migliore dei casi ci fanno solo riposare.

3. Siamo andati meno al ristorante, ma quando torneremo a farlo con tranquillità sceglieremo meglio il ristorante, la cucina, ed ogni boccone, ogni sorso di vino ci sembreranno più buoni.

4. Non siamo potuti andare a cinema, teatro, concerti. Ancora una volta, torneremo a farlo perché la cultura non si ferma. La prossima volta saremo più attenti ad ogni scena del film, ad ogni movimento della sinfonia, ad ogni aria dell'opera, ad ogni particolare della scena.

5. Siamo stati costretti a stare di più a casa, ma abbiamo passato più tempo con i nostri cari, fianco a fianco, giorno dopo giorno, ora dopo ora, come forse non facevamo da tanto tempo. Se siamo stati attenti, abbiamo imparato a conoscerci meglio, a rispettarci. Abbiamo capito che stare insieme non vuol dire solo avere interessi in comune o divertirsi, ma parlarsi (e ascoltarsi!), guardarsi, accarezzarsi.

6. Abbiamo riscoperto il significato della solidarietà, o almeno avremmo dovuto farlo, le occasioni non sono mancate. E dell'apprezzamento per il lavoro di chi si è impegnato per superare l'emergenza. Non ce lo dimentichiamo quando la pandemia non sarà più in prima pagina, loro saranno ancora in prima linea.

7. Abbiamo recuperato un po' della nostra identità, anzi delle identità, al plurale. Ci siamo sentiti un po’ più italiani, come forse non capita spesso tranne quando c'è la coppa del mondo di calcio. E, almeno per me, anche più europei. L'Europa si è mossa con ritardo, ma si è mossa, insieme, e visto come sono andate le cose negli altri principali paesi del mondo forse non ci possiamo lamentare. E questo nonostante la pandemia abbia messo da una parte a nudo le meschinità di tanti politici polemici, e dall'altra in risalto la mancanza di grossi calibri tra i leader della politica mondiale.

8. Abbiamo riscoperto il valore della scienza, anche di quella inesatta come la medicina. I chiacchieroni e i millantatori, i negazionisti, gli alternativi, i naturopati, gli anti-vaccinisti, quelli del "sono morti con il COVID e non di COVID" sono, mi pare, o forse lo spero soltanto, meno ascoltati di un anno fa. Abbiamo anche imparato qualche regola di igiene, di buon senso, che avremmo dovuto applicare comunque, da sempre.

9. Abbiamo capito un po' meglio il significato della disciplina. Non abbastanza e non tutti, ma ci farà bene interiorizzare perché ci sarà utile in tante altre occasioni. Prendiamo esempio da quelle società orientali che in questa circostanza hanno dato dimostrazione di grande disciplina ed hanno ottenuto risultati di conseguenza. Ho notato con dispiacere che i giovani, che hanno più da perdere, sono spesso meno consapevoli di questo degli anziani.

10. Abbiamo avuto tempo di riflettere su noi stessi, sugli errori commessi e sui traguardi raggiunti. Soprattutto su cosa vogliamo fare con il tempo che ci resta da vivere. Sapendo, mai come oggi, che potrebbe essere molto meno lungo di quanto speriamo. Riflessioni che dovremmo fare sempre, ovvio, ma quest'anno ci siamo stati quasi obbligati. Confucio scrisse che abbiamo due vite: la seconda comincia quando ci rendiamo conto di averne solo una. Mi auguro che molti abbiano cominciato la propria seconda vita nel corso del 2020.

11. Abbiamo scoperto tanta tecnologia che ci ha permesso di attutire l'urto della pandemia e che continueremo ad usare dopo di essa. Abbiamo inquinato di meno lavorando da casa e comprando online. Ci si può spostare di meno: meno traffico, meno inquinamento, meno energia sprecata. Molti continueranno a farlo anche dopo la pandemia. Viaggeremo ancora, certo, per lavoro, per piacere e per incontrare i nostri cari, ma auspicabilmente non per comprare una cipolla oppure per andare a timbrare un cartellino in ufficio e poi stare davanti ad uno schermo uguale a quello che abbiamo a casa.

12. Per molti è stato un anno drammatico sul lavoro, ed è stato importante l'intervento dei governi e delle banche centrali. Ma guardiamo avanti facendo tesoro dell'esperienza del 2020. Guardiamo al lavoro non come una punizione biblica che ci è cascata addosso perché abbiamo mangiato la mela dell'albero proibito, ma come realizzazione delle nostre aspirazioni. Tanti giovani in occidente hanno tutto ma non più aspirazioni, sogni. Sognando un po', lavoreremo serenamente, a prescindere dal guadagno, e invecchieremo meglio.


ENGLISH TEXT


Since we have all heard too many messages with insults to the poor year 2020 (but isn't it called COVID-19?) I thought I'd collect some positive thoughts on the year that is about to end. Not to minimize the troubles we went through, but to look forward with realism, optimism and determination.

1. Whoever is reading me is still alive. A good first result. Many have left us in 2020, perhaps even someone we know, some loved ones. I lost a cousin and a friend's father to Covid-19. Many others have left for an infinite number of other reasons: accidents, age, other diseases, wars, etc. We are still here.

2. We have traveled less, and this weighs heavily on those like me who live in various countries and have made travel our lifestyle. But next time we leave home our trip will have a special taste. We will enjoy it more, hopefully we will prepare it better, maybe we will remember it for longer. Perhaps we will undertake more real "travels", which change us inside, and fewer "vacations", which in the best of circumstances only provide rest.

3. We went out to eat much less frequently, but when we return to do it we will take more care to choose the restaurant, ouru dishes, and every bite, every sip of wine will taste better.

4. We could not go to the cinema, theater, or concerts. Once again, we'll go back to doing it because culture doesn't die of any virus. Next time we will be more attentive to every scene of the film, to every movement of the symphony, to every aria of the opera, to every detail of the scene.

5. We have been forced to stay at home more, but we have spent more time with our loved ones, side by side, day after day, hour after hour, as perhaps we hadn't done in a long time. If we have been careful, we will have learned to know each other better, to respect each other. We understood that being together does not just mean having common interests or having fun, but talking (and listening) to each other, looking at each other, caressing each other.

6. We have rediscovered the meaning of solidarity, or at least we should have, we had plenty of opportunities. And we should appreciate the work of those who are fighting hard to overcome the emergency. Let's not forget that when the pandemic is no longer on the front page, they will still be at the front lines.

7. We have recovered a bit of our identity, indeed our identities. I felt a little more Italian, as perhaps does not often happen to me except every four years for the world cup. And even more European. Europe has moved with some delay, but it has moved, and given how things have gone in some of the other main countries of the world such as the US and the UK, perhaps we cannot complain. And this despite the fact that the pandemic has exposed, on the one hand, the pettiness of so many polemical politicians, and on the other the lack of heavy caliber guns among the leaders of world politics.

8. We have rediscovered the value of science, even of inexact science such as medicine. The deniers, the anti-vaccine activists, those who said someone "died with COVID and not because of COVID" are, it seems to me, or perhaps I only hope, less listened to than a year ago. We also learned some rules of hygiene, common sense, which we should have always applied anyway.

9. We have understood the meaning of discipline a little better. It will do us good to keep it in mind for future reference. Let us take an example from those countries in East Asia that in this circumstance have shown great discipline and got results accordingly. I have noted with regret that our youngsters, who have got more to lose for the future, are often less aware of this than the elderly.

10. We had time to reflect on ourselves, on the mistakes we made and on the goals we achieved. Above all we have had a chance to think about what we want to do with the time we have left to live. It could be much shorter than we hope. Reflections like this we should always do, of course, but this year we were almost forced to. Confucius wrote that we have two lives: the second begins when we realize we only have one. I think I did a long while ago. I hope that many more have started their second lives in the course of 2020.

11. We have discovered so much technology that has allowed us to soften the brunt of the pandemic and that we will continue to use after it is over. We polluted less by working from home and shopping online. You can and should move less: less traffic, less pollution, less wasted energy. Many will continue to do so even after the pandemic. We will still travel, of course, for work, for pleasure and to meet our loved ones, but hopefully not to buy an onion or to go and badge in the office and then spend our day in front of a screen identical to the one we have at home.

12. For many it was a dramatic year at work, and monetary and fiscal intervention of governments and central banks was important. But let's look ahead, drawing on the experience of 2020. We should look at work not as a biblical punishment that fell upon us for eating the apple of the forbidden tree, but as the fulfillment of our aspirations. Many young people in the West have everything but aspirations, dreams. Let us dream a little more, and we will work peacefully, regardless of how much money we make, and we will grow old better.

21 December 2020

Scienza oggi

Mi chiedo perché oggigiorno, in un momento storico in cui la scienza ha fatto passi da gigante in tanti campi dello scibile umano, ci sia ancora così tanto scetticismo nei suoi confronti e invece vadano così tanto di moda ideologie, religioni e superstizioni che non hanno alcun fondamento solido di conoscenza.

Non ho dati certi, forse ci sono più persone che si affidano alla scienza oggi di quante ce n'erano ieri, ma sono meno loquaci e attive su internet di quelle che invece dubitano della scienza dimostrata e credono ad altro. Ma la mia impressione è che i critici della scienza siano in aumento.

Posso pensare ad una ragione: anche se la scienza ci ha dato molto, le aspettative riguardo a quanto la scienza ci può dare sono cresciute ancora più velocemente.

Prendiamo ad esempio la medicina. È palese che oggi essa ci dia una speranza di vita più lunga e più sana di qualche decennio fa, per non parlare di qualche secolo fa. Ma tanti, troppi per me, si lamentano di quanto ancora non sia in grado di fare. Se le cure contro il cancro oggi danno risultati evidentemente superiori a prima, però l'attenzione di molti è focalizzata su quante persone ancora muoiono di cancro. Se una terapia che prima salvava il 10% dei malati oggi ne salva il 20%, abbiamo un raddoppio del successo. Ma si può star certi che i media e i social networks si concentreranno sull’80% che non ce la fa.

Peggio: molti di quell’80% sostengono tesi logicamente assurde, per cui siccome la medicina non è una panacea, allora ne consegue che la medicina cosiddetta "alternativa" possa offrire speranze migliori. E quindi via con omeopatia, agopuntura, naturopatia, erbe tradizionali africane, indiane e cinesi. Tutte cose che quasi sempre non hanno una comprovata utilità, e nella migliore delle ipotesi sono innocue, ma possono essere dannose se fanno perdere tempo al malato.

Forse ancora peggio in economia, che pure una scienza è, se anche una scienza sociale e quindi soggetta a maggiori margini di errore sia come analisi della realtà, sia come diagnosi su cosa va storto e sia di terapia sul come intervenire su di essa. 

Per cui è palese che il liberismo, visto come apertura al commercio internazionale, libera iniziativa privata e globalizzazione abbiano sollevato le sorti di centinaia di milioni di esseri umani, strappandoli alla povertà. Ma tanti, troppi preferiscono focalizzare la loro attenzione sulle debolezze del liberismo, che sono reali e molto serie: per esempio sull'ineguaglianza, sulle disparità di opportunità, sulla difficoltà degli anziani di rifarsi un futuro in un mondo che cambia rapidamente.

E, come in medicina, questi critici del liberismo propongono tesi, vecchie e nuove, più o meno romantiche, se non utopistiche, che hanno fallito in passato, creando miseria, o non hanno alcuna comprovata capacità di migliorare i risultati conseguiti finora dal libero mercato.

In entrambi i casi, medicina e economia, invece di sforzarsi di migliorare i risultati, parziali ma palesi, fin qui ottenuti dalla scienza, ci si concentra su come tornare indietro, ai vecchi tempi, quando "si stava meglio". Oppure a proporre improbabili salti nel buio verso un ideale che non si ha ragione di sperare possa mai essere realizzato.

Come scrisse Freud, "La scienza non è un illusione, ma sarebbe illusorio pensare che, quello che essa non ci può dare, lo potremo trovare altrove."

26 October 2020

Arrivo a Roma da Londra e tampone COVID-19

Regole per spostarsi in Italia

Decido di andare in Italia, e prendo l'aereo. Volo British Airways, partenza in orario. 

Dopo il decollo ci danno 3 moduli da compilare per le autorità italiane. Una pagina ciascuno, scritto fittissimo, con un carattere dimensione 4 o 5, quasi illeggibile. Bisogna inserire sempre le stesse informazioni: nome, cognome, indirizzo, recapito telefonico, ecc. firma con data e ora, OK fatto. 

Appena arrivati in aeroporto la polizia di dice che uno dei moduli non va bene, è vecchio, e ne dobbiamo riempire un altro, che però è identico! Passato il controllo doganale ci informano che la postazione aeroportuale per effettuare il test COVID-19 è chiusa, funziona solo fino alle 18. Invece ce ne sta un'altra, aperta 24 ore, al parcheggio di lunga sosta, a qualche km di distanza. Mi consigliano di andarci adesso (sono le 22) perché se tornassi domani, come sarebbe mia facoltà fare, troverei una fila d'attesa più lunga. 

Ritiro l'auto in affitto e vado al parcheggio lunga sosta, dove arrivo alle 22.30. 

C'è una fila di un centinaio di macchine, non male dopotutto. Passa una mezz'ora e sono arrivato allo sbarramento, l'impiegato mi fa passare e... mi trovo a fare un'altra fila in un parcheggio adiacente! 

Passa ancora un'ora e finalmente ci fanno passare, ci dicono di andare dritto e poi a sinistra, seguendo i cartelli. Detto, fatto, ed eccoci in un terzo parcheggio, con ancora centinaia di auto davanti a noi. Sono le 23.30 circa.

Qui la fila dura circa due ore. Arriviamo quindi alla postazione della Croce Rossa per fare il test e ci chiedono se avevamo compilato "il modulo". Quale modulo? Un altro modulo con nome, cognome ecc che però nessuno ci ha dato. Un impiegato ce lo fornisce e ci dobbiamo mettere da parte per riempirlo, mentre ci passano davanti quelli arrivati dopo di noi. Uno si è addormentato in macchina, l'addetto a smistare il traffico bussa sul finestrino, gli strilla di svegliarsi, niente. Alla fine apre la porta della sua auto e il tizio si sveglia di soprassalto. Sono le 2 di mattina. 

Finalmente una crocerossina brasiliana (si capisce dall'inconfondibile accento, anche se parla un ottimo italiano) molto gentile e professionale ci fa il tampone, poi ci dice di aspettare in un parcheggio adiacente per il risultato, che ci sarà mandato per SMS. Però i nostri numeri di telefono sono inglesi, ci chiede se abbiamo un numero di cellulare italiano. No, non ce l'abbiamo. Come non ce l'hanno tutti i visitatori stranieri che arrivano a Fiumicino! 

Ci dice di aspettare comunque, e se non riceviamo nulla entro mezz'ora meglio tornare a chiedere. Intanto sono le 02:30 di mattina, son 4 ore che siamo qui. Non c'è modo di avere nulla da mangiare, neanche acqua da bere. 

Però c'è un bagno, a circa 500 metri di distanza, molto pulito e ben illuminato. Ne approfitto...

Ecco che dopo mezz’ora arriva il sospirato SMS, sul mio cellulare col numero inglese, sono negativo, buona notizia, si va a casa. Sono le 3 del mattino.



20 September 2018

Farmacia e artigiani a Hangzhou

Oggi passeggiata per la città, prima di tutto la città vecchia. Diluvio...  ma troviamo rifugio in vari negozi e ristorantini. Mi piace camminare per il lastricato nero e lucido di pioggia, ed anche l'odore della pietra bagnata (credo basalto) contribuisce a creare un'atmosfera da vecchia Cina.



città vecchia

Interessante una farmacia tradizionale cinese, con annesso studio medico per imparare ad usare le medicine. La medicina cinese non è scientificamente dimostrata e quindi da mente formata in occidente mi trova scettico ma sono anche convinto che in millenni di tradizione si siano accumulate conoscenze ed esperienze utili.

Farmacia tradizionale

Visitiamo quindi una curiosa galleria di arte moderna,  con pezzi in metallo, in parte rappresentano animali, in parte astratti.


Infine un artigiano che fonde il rame per le sue creazioni, c'è tutto uno spiegone sul ruolo del rame nello sviluppo della civilizzazione, un po’ in tutto il mondo. 

Ma la cosa più curiosa della giornata è un negozio di sapone. Vende saponette tradizionali italiane, di Pesaro per essere precisi! Chissà cosa avranno di speciale, le commesse non lo sanno spiegare bene.

sapone italiano, di Pesaro



27 February 2018

Banca, dentista e manicure a Guiyang

Giornata di commissioni varie che dobbiamo sbrigare in giro per la città. Cominciamo con la banca, dove dobbiamo cambiare alcune banconote di euro che ho portato per fare qualche regalino.

Le regole per cambiare valuta straniera in Cina sono un po’ complicate, e cambiano con una certa frequenza. Tanto per cominciare, solo la Banca di Cina (Bank of China) è autorizzata a cambiare. Poi, in questo periodo non fanno cambiare contante agli stranieri, quindi devo dare i soldi a mia moglie per cambiare a nome suo. Mi pare strano, come fanno tutti i turisti e gli uomini d'affari che vengono qui e non possono cambiare? Vero che pochi ormai portano contante. Forse gli alberghi lo accettano ancora, non se sono sicuro, la Cina è decisamente avanti con il denaro elettronico.

Quando arriviamo alla filiale della Banca di Cina prendiamo un numero e aspettiamo un'ora che arrivi il nostro turno. Non è particolarmente piacevole aspettare: l'ambiente è alquanto tristanzuolo, le sedie non particolarmente comode ed i fumatori appestano l'aria. Quando arriva il nostro turno ci dicono che l'unico impiegato autorizzato a cambiare valuta estera oggi non c'è. Riproveremo.

Ci rechiamo quindi presso un'altra banca, la International Commerce Bank of China (ICBC) per aiutare mia suocera in alcune operazioni sul suo conto. Lei non ama particolarmente le nuove tecnologie elettroniche per maneggiare il denaro.

Mentre Lifang fa le sue cose scambio qualche elementare convenevole con un impiegato in divisa blu che sta in piedi vicino alla porta d'ingresso, sembra una guardia della sicurezza. Mentre aspetto lo vedo camminare su e giù davanti alla porta che si apre liberamente, non ci sono metal detectors o altri controlli per evitare che maleintenzionati entrino in filiale, magari armati.

Dopo un po’ lo vedo avvicinarsi ad una vecchietta che è in difficoltà al bancomat, ed aiutarla sul touchscreen con l'operazione che non riusciva a completare. Poi se ne torna a fare la guardia.

Passa ancora un po’ di tempo - Lifang ci mette un po’ a far quello che deve fare - e noto che la guardia ha impugnato una scopa ed una pattumiera e sta pulendo per terra. Quando ha finito si allontana per tornare con un secchio d'acqua ed un mocio col quale pazientemente si mette a lavare tutti i pavimenti. Poi prende un lavavetro telescopico con un secchio d'acqua e cominciare a pulire le grandi vetrate della banca, che effettivamente ne avevano proprio bisogno! Infine, non pago, prende una grande busta di plastica e comincia a svuotare i secchi dell'immondizia

Dunque il bravo impiegato svolge tre funzioni in banca: guardia, spazzino e impiegato alla cassa, almeno quella elettronica. Non male. Mi immagino la reazione di qualche bancario italiano se si dovesse trovare a fare lo stesso: Abbasso lo sfruttamento! Inaccettabile! Sciopero! 

Mi dice Lifang che guadagna sui 1200-1400 Rmb al mese, più o meno quello che mette in tasca una donna delle pulizie che lavora a tempo pieno nel nostro condominio.

Tornando a casa ci godiamo una bella passeggiata lungo il giardino chiamato "Parco della Giada" a due passi dal nostro comprensorio. Fa freddo ma c'è un bel sole, siamo bene imbacuccati e ce la godiamo. Noto sui marciapiedi alcune signore, sulla settantina direi, ma potrebbero essere più giovani, che lustrano le scarpe. Hanno un banchetto su sui si siedono ed un altro, più alto, sui cui fanno accomodare i clienti. Ogni lustrata di scarpe costa 3 Rmb e ci mettono una mezz'oretta. Per gli stivali di Lifang però ne chiedono 5, mi pare giusto, sono alti fino al ginocchio!

La strada oggi non smette di regalare sorprese. Almeno per me sono sorprese, ma in realtà qui sono cose normali. Per la sorpresa più sorprendente è proprio questo, che siano cose normali!

Ad un incrocio vedo un uomo, tra i sessanta ed i settanta, che dirige il traffico. Non è un vigile. Veste abiti civili ma ha una grande fascia rossa sul braccio e una paletta del tipo in dotazione ai Carabinieri in Italia. Oltre a dirigere il traffico, intervenendo soprattutto quando cambia la luce del semaforo, declama poesie in dialetto hunanese. 

Che bel modo di passare il tempo in modo utile durante la pensione! Penso che forse potrei farlo anche io a Roma, recitare Trilussa mentre aiuto i pedoni a sopravvivere nel traffico selvaggio della mia città.

Nel pomeriggio accompagnamo mia suocera dal dentista, nella zona pedonale di Guiyang. Lo studio dentistico, come spesso succede qui (e a Londra, ma mai in Italia) è al piano terra, con accesso diretto dal marciapiede.

Appena entrati la segreteria, un banchetto bianco con una segretaria in camice che registra le generalità e poi chiama il professionista adatto. Si può venire senza appuntamento.

I riuniti sono disposti in un grande spazio aperto, con tanti dentisti che lavorano fianco a fianco circondati da vetrine nelle quali sono esposti, come oggetti in un museo di gioielli, dentiere e ponti. Dalle grandi vetrate si vede la strada e, quindi, i passanti possono godere dello spettacolo dei pazienti sdraiati a bocca aperta che vengono trapanati!

Mia suocera ha bisogno di un'igienista e poi avrebbe anche necessità di installare un ponte. Costano 300 Rmb (40 euro circa) con il metallo meno pregiato, 800 Rmb (110 euro) in lega nobile. Vedremo.

Poi mia suocera va a casa e noi restiamo un giro. Lifang decide di farsi dipingere le unghie, qui c'è un negozio dove sono molto bravi. Per 80 Rmb, in due ore di lavoro, le decorano tutte le unghie con squisite miniature floreali, peonie e loti. 

La ragazza dipinge con un pennellino sottilissimo, linee micromillimetriche si intrecciano per un risultato realistico e creativo al tempo stesso. Sul dito medio Lifang chiede e ottiene la replica del disegno della linea "Diva" di Bulgari, un classico che fu dedicato a Liz Taylor credo negli anni cinquanta.

Io passo due ore a zonzo, guardo vetrine e la gente che passa. Ma fa freddo e dopo un po’ torno al negozio. Sono molto gentili, le ragazze mi offrono una poltroncina e del tè caldo. Qualche domanda sull'Italia e su Londra. Sono chiaramente un'attrazione, quasi sicuramente il primo italiano che hanno mai visto, e per la maggior parte di loro probabilmente anche l'ultimo.

Tornando a casa la giornata è suggellata dall'acquisto di un paio di chili di "castagne d'acque", 20 Rmb al chilo, ottime, non le conoscevo. 

12 February 2017

Massage and electric treatment

Today Ouyang takes us to his favorite Spa for a session of massage and hot tub bath. To get there, I ride on his motorbike while my wife rents a moto-taxi. None of us has any helmet, in keeping with local practice. I am not sure if I am more scared of hurting my head or making my cold worse. In the end everything goes smoothly.

It is a great couple of hours. He knows this town very well, he says he does not like to travel and spends some time every day taking care of his body at various salons. He is in his mid-forties and looks a good ten years younger. He has a membership card with many and the staff clearly know him very well as a regular.

Two minute Chinese ladies perform a powerful and very professional massage in a dimly lit room. Massage sessions alternate with dips in a very hot tub filled with water and herbs. A thin sheet of plastic is laid on the tub's surface before it is filled up with steaming water, ensuring proper hygiene. We get nice slippers and disposable undies, as well as soft towels. Quite a break compared to the chilly weather outside. At the end, we are served herbal tea in the waiting room, and Ouyang joins us for a chat with the owner, a lady she knows well for being a regular. Our two masseuses stand by. I can only speak to them with the help of translation, but I want to make sure they know I really enjoyed their treatment and look forward to coming back soon.

Electric practitioner diplomas and Chairman Mao

Traditional Chinese herbs
We then go to a practitioner who Ouyang says can treat my cold. Upon arrival I am offered a potion of tea and herbs to drink. He then performs a kind of electric treatment by gently rubbing my back with his hands while electricity flows through his body. He can adjust power with a pedal. It is a bit uncomfortable at first but then I get used to it.

My muscles contract when he revs up the current. All of this lasts about 45 minutes. More herbal tea is served at the end.



As we leave the practice, I feel a bit shaken up by the electricity, but overall I do feel better. My cold is still there, we'll see the results later.

Street vendor of fruits and veggies
Just outside a lady with balancing baskets on her shoulders approaches. We buy some from her, she is quite friendly and the prices are good, so says my wife. It is a pleasure to find these sellers in a day and age where supermarkets (which I think do have a role to play, so convenient!) seem about to take over even in smaller Chinese towns like this.


12 January 2012

Book Review: The Skeptical Environmentalist, by Bjorn Lomborg, *****

Pollution in the Maldives
Synopsis

Lomborg, an associate professor of statistics in the Department of Political Science at the University of Aarhus and a former member of Greenpeace, challenges widely held beliefs that the world environmental situation is getting worse and worse. Using statistical information from internationally recognized research institutes, Lomborg systematically examines a range of major environmental issues that feature prominently in headline news around the world, including pollution, biodiversity, fear of chemicals, and the greenhouse effect, and documents that the world has actually improved. He supports his arguments with over 2500 footnotes, allowing readers to check his sources.

02 October 2010

Recensione: Tecnosciamani, di Carlo Pizzati, ***

Sinossi

La spiritualità può coesistere con le macchine? Gli androidi sono il nostro futura o sono già tra noi? I robot possono provare il piacere del sesso o possono solo essere programmati per simularlo? Perché un uomo applica sui denti dei propri pazienti dei granuli bianchi per curare il mal di schiena? "Tecnosciamani" è un iranico ed esaustivo libro che cerca di dare delle risposte a questi e a molti altri quesiti, perlustrando il mondo alla ricerca di luoghi dove la tecnologia e la spiritualità s'intersecano. La forza motrice è la ricerca di una cura per il mal di schiena cronico dell'autore, che lo tortura da vent'anni. Armato di un taccuino e della sua lunga esperienza di reporter, Carlo Pizzati, con la mente e il cuore aperti a qualsiasi cura, incomincia il suo viaggio nell'ambulatorio di un posturologo di Vicenza; la curiosità lo spinge a girare il mondo, in una specie di ricerca medica picaresca post-moderna che lo porterà dalle Cinque Terre all'India.



Recensione

Originalissimo l'approccio dell'autore, a metà strada tra il curioso, lo scanzonato ed il dissacratore trasgressivo, che però non perde la sua lucidità quando si imbarca in avventure al limite del credibile.

L'essenza del libro è in due citazioni che appaiono a pagina 71:

"L'Esistenza è infinita, quindi non può essere definita", di Lao Tzu.

"Il misticismo è una scappatoia. Se trovi che le teorie della fisica e della matematica sono troppo difficili, ti rivolgi al misticismo", di Stephen Hawking.

A queste io ne aggiungerei una terza: "La scienza non è un illusione, ma un'illusione sarebbe cercare altrove ciò che essa non ci può dare", di Sigmund Freud.

Se la scienza non può curare il mal di schiena, è futile cercare rimedi altrove, ed il libro snocciola racconti di una serie di incontri, divertenti quanto inconcludenti, dell'autore con guaritori, sciamani, medici alternativi e millantatori vari. Alla fine è la tecnologia a risolvere il problema del mal di schiena, in modo razionale, semplice ed economico...







28 August 2005

10° g - 28 Ago: Mwanza, presso il Lago Vittoria

In mattinata andiamo in visita al villaggio tradizionale di Lamadi. Sulla strada ci fermiamo al paese moderno di Lamadi per qualche acquisto. Compriamo dei palloni con cui poi giocheremo con i locali. Io mi cimento in una partita a biliardo all’americana con dei ragazzi di un localino... riesco a vincere solo all’ultima pallina, pffiiùùù, atmosfera cordialissima e distesa. Si respira una vera atmosfera africana, frenetica, caotica, ritmata.

Arrivati al villaggio ci aggreghiamo ad una battuta di pesca del giorno. Si esce in grandi barche a remi, i marinai ci fanno sfoggio di canti di esortazione alla voga e poderose remate, poi si buttano le reti in mare, che vengono ritirate con una discreta pescata, soprattutto piccoli pesci che loro usano come mangime per i polli. Rientriamo lentamente al villaggio. La spiaggia è piena di enormi cicogne, bambini che giocano, adolescenti perdigiorno con le loro biciclette, tanti polli.

Quando rientriamo attraversiamo a piedi tutto il villaggio, incrociando una mandria di bovini dall’aspetto appetitoso, fino ad arrivare ad un gruppo di case dove ci stanno preparando il pranzo. Assistiamo alla cucina dello stesso in una casa, le mura sono di paglia e fango ma la padrona sfoggia un bel cellulare... a dispetto di qualcuno che si lagna di come la tecnologia stia “rovinando” il paese, a me fa piacere vedere come la comunicazione sia alla portata anche dei ceti meno abbienti e contribuisca a modernizzare la Tanzania. Pranzo luculliano, carne, pesce, riso, fagioli, l’”ugali” tipico. Ci vanno a prendere delle birre in un negozio (pagate ovviamente a parte).

Dopo pranzo, per aiutare la digestione, ci mettiamo a giocare a pallone con i bambini, e verso le 4 andiamo a visitare un guaritore tradizionale, tale Manembe, che ci accoglie con le sue due mogli. Questo è un ruolo ereditario, i segreti delle pozioni vengono tramandati di padre in figlio e gelosamente protetti perché danno status sociale e soldi al guaritore. Infatti i malati pagano con mucche o con lavoro (anche anni) se vengono guariti. La religione su cui si basano i loro riti è una specie di sincretismo, credono in Dio ma non passano per la Chiesa ed inoltre coltivano il rapporto con gli antenati, cui chiedono aiuto in caso di problemi seri o malattie gravi. Ci dicono che così ottengono circa il 50-60% di guarigioni... mah! Vai a sapere...

Tornando in albergo ci fermiamo ad una festa popolare religiosa nel villaggio di Lamadi moderno. Ci accolgono benissimo, siamo gli unici stranieri in mezzo a centinaia di persone, grandi cori “spiritual”. Ci invitano a ballare e cantare con loro, l’atmosfera è veramente coinvolgente.

Cena in hotel, lenti ma la cucina è buona.