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Sonnenfeldt (al centro) con Kissinger |
Insomma la "dottrina Sonnenfeldt" cui molti in Occidente credevano ma pochi lo ammettevano allora e nessuno lo ammetterebbe oggi. Sonnenfeldt non lo ammise mai. Comunque, a torto o a ragione, il suo pensiero è stato così interpretato e da molti condiviso. Una volta lo incontrai ad una conferenza e gli chiesi se lui veramente voleva lasciare l'Europa orientale ai Russi nel nome della stabilità, e lui rispose un po' evasivamente, e poi purtroppo non ci fu tempo di approfondire.
Io penso però che oggi la contrapposizione tra stabilità e mutamento vada superata. Oggi stabilità non vuol dire più mantenimento dello status-quo, ma gestione del cambiamento. In questo contesto, quindi, direi che l'alternativa è piuttosto cambiamento o continuità.
CM pensa ai nazionalisti (in questo periodo va molto di moda parlare, o riparlre dopo tanto tempo, di interessi nazionali) come i fautori della "realpolitik". La realpolitik è il legittimo perseguire dei propri interessi reali, a differenza di quelli ideali o morali. Bisogna invece dire che la realpolitik italiana oggi richiede che si rafforzi il multilateralismo, perché un approccio unilaterale (cioè nazionalistico) sarebbe velleitario e perdente, soprattutto per un paese del peso dell'Italia.
In altre parole, è il nazionalismo ad essere idealista ed irrealista, mentre il multilateralismo offre le maggiori possibilità di raggiungimento dei reali interessi dello stato italiano.