15 September 2022

Il Passaporto / The Passport

ITALIANO IN FONDO

My sons Arturo and Luigi had both Italian and British citizenship at birth. (They could also be Chinese, but they would have to give up the other two.) So we decided to apply for both passports at the same time. Here is what happens during the two application processes.


British passport:

1. Take photo with phone, verify it's good enough on HM Passport Office's website and upload

2. Fill out ONE form

3. Ask a British citizen who is not related to us to certify online who we are

3. Go to Post Office and send the filled out form, a birth certificate and proof of my "settled status" (letter from Home Office received when I applied for settlement under the UK/EU brexit agreement)

4. Pay £ 49 by credit card online

5. Wait 5 weeks average (4 for Luigi and 6 for Arturo)

6. Passports arrived in the post by registered mail for free

7. Passports are valid for 5 years

8. All my documents I had sent to HMPO are returned by certified mail for free

9. Throughout the process HMPO sent me emails and SMS with updates on progress: application started, docs received, application approved, passport being printed, passport sent to you.

Total cost for 1 passport: £ 49 fee + 6 postage = £55, ie £ 11 per year of validity.

Italian passport:

1. go to professional photo studio to take images and print them (£ 16)

2. Fill out TWO forms

3. Get a professional person (in casu, our dentist) to sign another form to certify we are we and our sons are ours

4. Go to Post Office and pay £ 98 (exactly TWICE the UK passport fee) + £ 12 service charge = £ 110 IN CASH ONLY to get a paper "Postal Order"

5. Have original British birth certificate translated and legalized (£ 30) by Home Office

6. Go to Italian Consulate in person so my non-EU wife can sign a form in which she agrees to passports being issued to our sons (when she went there they told her the dentist's document was not necessary, they could have certified, but that was not clear on their website)

7. Send everything to Consulate by special delivery (£ 6). Mind you: when my wife went to the consulate she had a complete application file, photos, letters, forms etc, but they would not let her just drop the application there. It had to be sent by post "because it must be registered" (protocollata). Not clear why you can not protocollare a document that is handed over by an Italian citizen instead of a British postman. So I walked 400 meters to the nearest post office to post the envelope to the Consulate.

8. Wait 16 weeks.

9. Passport arrived in the post by registered mail in the pre-paid envelope we bought (£ 7.65)

10. Passport is valid for 3 years

11. Documents sent to Consulate (original birth certificate, etc) were NOT returned (one birth certificate costs us £ 11)

12. Throughout the application process I never received any update on progress.


Total cost for 1 passport: £ 16 + £ 110 + £30 + £6 + 7.65 + £11 = £ 172, ie £ 57 per year of validity


So an Italian passport for a child:

a) costs over three times as much as a British passport (five times more if you take into account the shorter period of validity)

b) requires three trips in person (to Consulate, photographer's shop and Post Office) vs one trip to Post Office for UK passport

c) takes more than twice as long to receive

d) is valid for a bit more than half as long as a British passport

 I never received any update on progress by the Italian consulate.

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ITALIANO

I miei figli Arturo e Luigi sono cittadini italiani e britannici dal momento della loro nascita. (Avrebbero potuto anche essere cittadini cinesi, ma avrebbero dovuto rinunciare alle altre due cittadinanze.) Così abbiamo deciso di richiedere entrambi i passaporti. Ecco cosa si deve fare.


Passaporto britannico:

1. Scatta una foto con il telefono, verifica che sia sufficientemente buona sul sito web di HM Passport Office e caricala sullo stesso sito

2. Compila UN modulo

3. Chiedi ad un cittadino britannico non parente di certificare online chi siamo noi genitori

3. Vai all'ufficio postale e invia il modulo compilato, un certificato di nascita e la prova del mio "settled status, cioè residente permanente" (lettera del Ministero degli Interni ricevuta quando ho richiesto la transazione ai sensi dell'accordo brexit Regno Unito/UE)

4. Paga £ 49 con carta di credito online

5. Aspetta in media 5 settimane (4 per Luigi e 6 per Arturo)

6. I passaporti arrivano ​​gratuitamente per posta a casa tramite raccomandata

7. I passaporti hanno una validità di 5 anni

8. Tutti i miei documenti che avevo inviato a Her Majesty's Passport Office mi sono stati restituiti gratuitamente tramite ulteriore raccomandata

Costo totale per 1 passaporto: £ 49 tassa + 6 spese di spedizione = £ 55, ovvero £ 11 per anno di validità.


Passaporto italiano:

1. andare in uno studio fotografico professionale per scattare immagini e stamparle (£ 16)

2. Compila DUE moduli

3. Chiedi a un professionista (in casu, il nostro dentista) di firmare un altro modulo cartaceo per certificare che noi siamo noi e i nostri figli sono nostri

4. Vai all'ufficio postale e paga £ 98 (esattamente il DOPPIO della tassa per il passaporto del Regno Unito) + £ 12 spese di servizio = £ 110 SOLO IN CONTANTI per ricevere un "Vaglia postale" cartaceo

5. Far tradurre e legalizzare il certificato di nascita britannico originale (£ 30) dal Ministero degli Interni

6. Andare di persona al Consolato italiano così che mia moglie extracomunitaria possa firmare un modulo in cui acconsente al rilascio dei passaporti ai nostri figli (quando è andata lì le hanno detto che il documento della dentista non era necessario, avrebbero potuto autenticarci loro in consolato, ma non era chiaro sul loro sito web)

7. Spedisci tutto al Consolato con consegna speciale (£ 6). Quando mia moglie è andata al consolato aveva tutte le carte pronte, ma non le hanno consentito di depositare la domanda. Bisognava inviarla per posta "perché deve essere protocollata". Non è chiaro perché non si possa protocollare un documento che viene consegnato da un cittadino italiano invece di un postino inglese.

8. Attendi 16 settimane

9. Il passaporto arriva per posta tramite raccomandata nella busta prepagata che abbiamo acquistato (£ 7,65)

10. Il passaporto ha una validità di 3 anni

11. I documenti inviati al Consolato (certificato di nascita originale, ecc.) NON vengono restituiti (un certificato di nascita costa £ 11)


Costo totale per 1 passaporto: £ 16 + £ 110 + £ 30 + £6 + 7,65 + £ 11 = £ 172, ovvero £ 57 per anno di validità


Durante tutto questa procedura HMPO ci ha sempre informati per sms e email dello stato di avanzamento della pratica: domanda ricevuta, documenti ricevuti, autentica del cittadino britannico OK, passaporto in produzione, passaporto spedito. Da parte italiana silenzio.



Quindi un passaporto italiano per un bambino:

a) costa oltre il triplo di un passaporto britannico (cinque volte di più se si tiene conto della minore durata del periodo di validità)

b) richiede quattro viaggi di persona (al Consolato, dal dentista, al negozio di foto e all'ufficio postale) rispetto a un viaggio all'ufficio postale per il passaporto del Regno Unito

c) impiega più del doppio del tempo per essere stampato e spedito

d) è valido per poco più della metà del tempo di un passaporto britannico

e) invece di essere informati dello stato della pratica bisogna solo aspettare fiduciosi

24 August 2022

Recensione libro: Vivo Altrove (2010) by Claudia Cucchiarato, ****


Sinossi

Gabriele, ingegnere navale a Oslo, Davide che fa l'autore teatrale a Berlino, Giulia che sta a Barcellona, canta in una band, e ha avuto un colpo di fortuna... Sono l'Italia fuori dall'Italia. Sono i giovani, sempre più numerosi, che hanno scelto di vivere lontani da casa, alla ricerca di un lavoro che qui non hanno trovato, o di una vita diversa. Questo libro racconta le loro storie, che sono piene di vitalità e venate di malinconia, scanzonate, tenere, in fondo preoccupanti. Sono il ritratto di un paese virtuale, e di un futuro, forse, mancato: perché il paese che questi ragazzi hanno deciso di abbandonare continua a non ascoltarli.



Recensione

Una serie di storie personali di intraprendenti giovani italiani costretti ad emigrare per poter essere professionalmente apprezzati. Ci sono passato anche io, e molti miei amici. Una volta emigravano i braccianti con la valigia di cartone, oggi oltre i due terzi degli italiani che emigrano sono laureati. Scritto nel 2010 ma sempre valido!


21 August 2022

Book Review: The Good German of Nanking (1998) by John Rabe, edited by Erwin Wickert, *****

Synopsis

The personal journals of German businessman John Rabe describe the infamous 1937 Japanese siege of Nanking and his efforts to protect the Chinese from the massacre that followed, an endeavor that may have saved more than 250,000 lives.


Review

An essential reading to understand the tragedy of the Nanking massacre but also how the soul of a man can be divided between allegiance to a murderous dictator and attachment to the values of a most sublime humanity.







Schindler of Hollywood fame saved about 1,200 lives. Giorgio Perlasca, an Italian fascist bureaucrat working in Hungary, saved over 5,000. Rabe saved a number that is two orders of magnitude bigger than Schindler's, up to 200,000 depending on estimates, but died poor and forgotten.


 

You can watch a documentary on John Rabe here on Youtube.

16 August 2022

Poesia di Pablo Neruda per chi viaggia, chi ama la musica e chi sceglie la propria strada

Lentamente muore 


Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni
  giorno gli stessi percorsi,
  chi non cambia la marcia,
  chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
  chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione,
  chi preferisce il nero su bianco
  e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni,
  proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che
  fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore
  davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
  chi e' infelice sul lavoro,
  chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno,
  chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai
  consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia,
  chi non legge,
  chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia
  aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o
  della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
  chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non
  risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere
  vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto
  di respirare.

Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una
  splendida felicità.

24 May 2022

A strategic view on the war in Ukraine

The war is in full swing and looks set to last for a while. The outcome is uncertain, but Russia has certainly failed in its main goal: to deprive the invaded country of the ability to manage its own identity. Nonetheless, it may still be able to occupy slices of Ukrainian territory permanently, enough to be able to declare victory. Be that as it may, now the time has come, after overcoming the initial shock and the immediate response measures in terms of economic sanctions on Russia and aid to Ukraine, to think about the long term.

Three strategic issues are of primary importance in light of the ongoing tragedy: the consequences for the European Union, the repercussions on the role of nuclear weapons and the future of relations with Russia. On these issues a reflection is urgently needed for the long term, beyond current events, in order to be ready to act deliberately, and not emotionally, when the conflict ends. This reflection is lacking so far.

European Union

What are the strategic implications of the conflict for the EU? The first is that security in Europe can no longer be taken for granted, as too many thought after the end of the Cold War, and that we must return to focus our attention on it. One cannot think only of trade and cultural exchanges, because, sos did common wisdom suggest, the time of wars had passed.

In the first place, therefore, when the guns are silent we will not be able to go back to doing everything as before. For decades we have believed, I for one, that creating interdependence with potential adversaries would foster mutual interest in peace: my first research work after university, in 1982, was on the Urengoy pipeline that was being built to bring gas from the USSR to Western Europe, "piercing" the Iron Curtain. Europe built it against the opinion of the Reagan administration which instead claimed it was dangerous to create this dependence on Soviet supplies. (The Americans, however, were very ready to sell their raw materials to Moscow, starting with food.) Since then, the gas pipelines from the USSR / Russia to Europe have multiplied. I still believe that interdependence is the right, and perhaps obligatory, path for the future, but it seems obvious to me that it needs to be rethought through a greater diversification of energy sources and suppliers.

The second is that security costs money, which we have always known but which we have ignored in recent decades. In my opinion, Europe does not spend so little (the debate has been going on for decades, I will not get into it here) and in any case it can afford to do more. But it certainly spends unwisely because the economic effort is distributed in an inefficient way among 27 different armed forces, with obvious waste for fixed costs, imperfect standardization and interoperability, duplications, which could be eliminated if you had a European army, a European navy and a European aviation. Spending more without improving how you spend would not be an efficient use of resources. And I come to the third point.

The third strategic consequence of the Ukrainian conflict for Europe is that from a political, economic and military point of view the current conflict affects the Union as a whole. The pipelines all start from Russia but, apart from Nord Stream which goes straight to Germany, the others supply various member states. And in any case, gas is a fungible resource. If France is more protected by its nuclear power plants, while Italy and Germany remain more dependent on gas pipelines with Russia, all countries are suffering from the upheavals and inflationary effects of the current crisis on the energy market. There are no safe member states. More generally, if Poland and Romania are on the border of the armed confrontation, the repercussions clearly affect even more distant states such as Portugal and Ireland.

And therefore it is the Union as a whole that must take charge of the defense of the member states, always in coordination with the transatlantic allies in NATO but with autonomous capabilities. Two events of last year, the creation of the AUKUS and the withdrawal from Afghanistan, decided unilaterally by the USA, make this conclusion even more evident.

Brexit has removed one of the main obstacles to the creation of a common European defense, as the British were always opposed to any initiative that could create even the impression of a European defense capability independent of the USA. Besides, for the United Kingdom and the United States the link among the Five Eyes (USA, United Kingdom, Canada, Australia and New Zealand) has always been more important than that with NATO allies.

The war in Ukraine should remind us of the urgency of proceeding with the institutionalization of European security. It's obvious, at least it is to me, that the European link with the US in NATO should remain, but on a more balanced if not exactly equal level. A bit like today's relationship between the euro and the dollar, the the European Central Bank vis-à-vis the Federal Reserve.

The history of the euro gives us a useful trace: some countries start, others follow and those that do not follow remain outside, marginalized. Today the governments of Germany, France, Italy and Spain, which happen to be in political sync on the subject, could create the core of the common defense. Perhaps, after his re-election, Macron, free from constraints during his last term, will be more active.

This must also be true in the field of nuclear deterrence: Macron's France is pro-European, but it stops when we talk seriously about common defense and in particular about nuclear arms. In reality, there is no conceivable scenario in which France is threatened to the point that the national deterrent would become relevant without the other countries of the Union being threatened at the same time. It will be said that no country, and in particular France, an EU nuclear power and permanent member of the UN Security Council, would give up national sovereignty in the matter, to pool it into European sovereignty. But it was also accepted wisdom for years that Germany would never give up the Deutsche Mark. Germany did, and France should.

Nuclear weapons

Since the beginning of the Russian invasion, the Kremlin has launched not so veiled threats to use nuclear weapons, although statements have remained predictably vague as to how, against which targets and why. Assuming that this use does not occur, we should still rethink the role of nuclear weapons for the future. It could be argued that the rationale for owning a nuclear arsenal is strengthened: Western countries have gone to great pains since before the invasion to make it clear that they would not go to war with Russia over Ukraine. Biden almost shouted at the press conference: "We will not fight Russia over Ukraine." And this, it is not difficult to deduce, is because Russia, even if its armed forces are looking rather shambolic, is a nuclear superpower. And by the same reasoning it is likely that, if Russia had not had a nuclear arsenal in reserve, it would not have even attempted the Ukrainian adventure.

Perhaps someone in Ukraine regretted having renounced the nuclear weapons that the dissolving USSR had left on Ukrainian territory: if Kyiv had kept them perhaps today there would be no war in the country. It is a false question: those weapons were indeed on Ukrainian territory, but always under strict control of the Russians, and the KGB in particular. But the Ukrainians could have built their own, and they didn't. In return, they received empty promises of support for their independence and territorial integrity from Russia, the US and the UK.

What if Russia, humiliated on the ground by the Ukrainian army rearmed by the West, finally decides to launch some nuclear weapons against the Ukrainians? It would be a bizarre decision, given that Putin keeps saying on TV that Ukrainians are brothers who need to be freed from a ruling Nazi clique, but Putin has accustomed us to bizarre decisions. At that point what to do? A Western nuclear response, which could only be an American retaliation, would not be rational.

If the US responded with nuclear weapons, it would create a completely new situation: a NATO country that uses the extreme weapon not to protect its own survival, and not even that of an allied country, but of a third country, even if a friendly one. And what could these weapons be used against? Presumably not against Ukrainian territory, since the aim is to defend Ukraine, not destroy it. Maybe against Russian ships bombarding from the Black Sea? Perhaps, even if given the humiliating end of the Moskva it doesn't seem it would be necessary. Maybe then against targets on Russian territory? And if so, what would stop the Russians from responding against the Americans, perhaps first against US bases in Europe, as a foretaste and harbinger of an attack on US territory? Those who think they can control this type of escalation are deluding themselves, illustrious experts have tried for decades and never came up with a plausible scenario.

I am not in favor of NATO's nuclear disarmament, but in this Ukrainian crisis I see no conceivable scenarios that make a rationally useful use of these weapons conceivable. So we might as well say it right away, maybe it could help lower the tension. There is always time to change our mind, if the situation changes.

Another point is the impact of the ongoing war on nuclear proliferation (the spread of nuclear weapons to additional new countries): a potentially proliferating country right now sees that owning nuclear weapons pays off, so it has more incentives to get them. Instead, defeating Russia without using these weapons, even if Russia uses them, would be the best way to strengthen the non-proliferation regime.

Relations with Russia

At the cost of looking inappropriate, given the tragic nature of the moment, I think it is not premature to start thinking about how to set up relations between the West and Russia at the end of the war. All wars end and then one has to think about how to build peace. Better to think about it before and be ready when the time comes.

At the end of the war, Russia will still be there, even if I don't think Putin will stay at the helm for long. We are talking about 145 million people, the largest country in the world, full of raw materials of all kinds and an important market for our products. A nation of great culture that perhaps suffers from the fact it did not participate in either the Renaissance or the Protestant Reformation, two elements of great progress and emancipation in Central and Western Europe. Thinking of isolating Russia in the long run would certainly be counterproductive and probably impossible, especially for Europe.

On the economic side, giving up Russian raw materials would be very difficult. The Financial Times wonders if Europe can be weaned from Russian gas and concludes: "With the contents of the EU plans spanning from plausible to wildly unrealistic, many energy experts warn that painful last resorts - energy rationing and blackouts this winter - are a near inevitability if Europe is truly serious about kicking its Russian gas habit. "

And in any case, a literal cut of the Russian gas pipelines would only put Europe in the hands of other suppliers who are not necessarily more reliable. As we develop renewables and rethink nuclear power plants, caution would like us to be careful about cutting off with Russia altogether. Even Janet Yellen, Minister of the Treasury of Biden, told the Financial Times that "Medium term, Europe clearly needs to reduce its dependence on Russia with respect to energy, but we need to be careful when we think about a complete European ban on say, oil imports. "

Giving up the Russian market would also have a recessive economic effect, as Russia is a significant outlet for European products. And then we would risk alienating more than has already happened not so much the regime as the Russian people. In the past decades, western hostility towards Russia (partly real, partly amplified by the Moscow propaganda) has diminished the enthusiasm that the Russians had for the West immediately after the dissolution of the USSR. The consequences of this would hardly benefit the West, and in particular Europe, even after Putin. It would be a paradox if a more democratic Russia became more anti-European at the same time.

On the political side, if we look at the teaching of history, we should think of Germany, defeated in two world wars: after the first it was humiliated, mistreated, vilified, above all isolated, and the conditions were created for the rise of Nazism. After the second it was punished and even divided in two but immediately readmitted into the assembly of European and Western countries, suffice it to recall that West Germany was a founding member of the first European Community (Coal and Steel) in 1950, only 5 years after the defeat of Hitler, and after another 4 years she was admitted to NATO. East Germany, occupied by 22 divisions of the Red Army, was also included by the Soviets in the context of the Warsaw Pact and the Comecon. I think we need to think from today not so much whether, but how to integrate the future Russia in a context of European and international cooperation.

If we want to go a little further back in time, let's think of post-Napoleonic France: after Waterloo, once the aggressive dictator was sent to St. Helena and neutralized, France was immediately readmitted to the concert of nations and participated in the Congress of Vienna Congress in 1815, invited by Metternich and the other victors, and helped to create a new order in Europe which ensured, more or less, a century of peace. We can only hope that a new Talleyrand will emerge in Russia: first a priest, then a revolutionary, then Napoleon's right arm and finally minister of restoration. He was not a champion of consistency but he served the purpose of reintegrating France into Europe.

The global situation must also be taken into account. Bismarck used to say that when you have two adversaries, your relations with each of them must not be worse than those they have with each other. Simple political arithmetic. Today, China must be taken into account, and increasingly India. Nixon (skilfully led by Kissinger) understood this well, and went to Beijing to meet Mao and re-establish relations, despite the fact that the two were politically poles apart and Mao was guilty of horrendous crimes. And at the same time Nixon and Kissinger negotiated détente with the Soviets, over disarmament and trade, and the US and the USSR even sent the first astronauts together into space on a historic joint mission.

The US today does not apply Bismarck's teaching, nor does it follow Nixon's example. For thirty years, perhaps in an effort to remain the world's only superpower, as it actually was for a short time after the Cold War, it puts pressure on Russia and China simultaneously, with the result of pushing them into each other's arms. London will follow Washington, as it always does, but the European Union must be careful. As I said above, the fact of being divided weakens us, vis-à-vis the Russians and the Chinese but also in negotiating a common position with the Americans. Washington doesn't take Brussels seriously because, as Kissinger said decades ago, "if I want to talk to Europe, what telephone number should I call?" (The modest Borrel, who adorned with the pompous title of EU High Representative for Foreign Policy, has no influence, let alone power.)

It would be a colossal mistake to continue to help consolidate an axis between Moscow and Beijing. And to prevent this from happening, it will be necessary to make some compromises with both, while holding on to vital issues (Ukrainian sovereignty, Taiwan) and avoiding to embark on a counterproductive and futile campaign of isolation against both of them at the same time. Also, it will be necessary to diligently cultivate relations with India, a country in great economic and demographic growth, which is also democratic but which will certainly never be willing to slavishly follow the West.

13 May 2022

Il certificato di nascita

I miei figli, in quanto io cittadino italiano residente permanente a Londra, sono nati con due cittadinanze: italiana e britannica. (Avrebbero anche quella cinese dalla madre, vedremo.)

Per la registrazione all'anagrafe di Londra:

1. prenotare online un appuntamento in comune (avuto 2 settimane dopo la nascita, cioè oggi).

2. recarsi all'appuntamento, dichiarare la nascita (esibire il libretto sanitario emesso dall'ospedale al momento della nascita è facoltativo), pagare 11 sterline e ritirare il certificato caldo di stampante.

Fatto.

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Per la registrazione in Italia, la documentazione necessaria deve includere:

1. Modulo di richiesta compilato in tutte le sue parti;

2. Atto di nascita integrale e originale;

3. Legalizzazione dell’atto di nascita integrale e originale;

4. Traduzione in lingua italiana effettuata da un traduttore professionista;

5. Legalizzazione di tale traduzione (per atti non britannici);

6. Fotocopie dei documenti dei genitori;

7. Eventualmente, fotocopie di documenti di identità stranieri della persona a cui l’atto di nascita si riferisce.

Procedure diverse si applicano a seconda del Paese che ha prodotto l’atto di nascita e del tipo di atto presentato.

Il sito del Consolato Generale d'Italia riporta le seguenti PROCEDURE PIÙ COMUNI

Che iter devo seguire per far trascrivere in Italia un certificato di nascita prodotto nel Regno Unito?

· Richiedere al Registry Office una copia conforme all’originale dell’atto di nascita integrale (Full Birth Certificate)

· Inviare l’atto al Legalization Office per farvi apporre l’apostilla

· Fare eseguire da un traduttore professionista una traduzione in italiano dell’atto (elenco non esaustivo dei traduttori)

· Fare le fotocopie dei documenti di identità dei genitori ed eventualmente di documenti stranieri della persona a cui l’atto si riferisce

· Compilare il modulo di richiesta

· Spedire tutta la documentazione, tramite Tracked Mail, all’Ufficio di Stato Civile del Consolato Generale d’Italia a Londra.

19 April 2022

Una visione strategica sulla guerra in Ucraina

La guerra è in pieno sviluppo e sembra destinata a durare ancora per un po’. L'esito non è sicuro, ma la Russia ha sicuramente fallito nel suo obiettivo principale: privare il paese che ha invaso della capacità di gestire la propria identità. Ciononostante, potrebbe ancora riuscire ad occupare fette di territorio ucraino in permanenza, abbastanza per poter dichiarare vittoria. Adesso però è arrivato il momento, superato lo shock iniziale e le misure di immediata risposta in termini di sanzioni economiche alla Russia e aiuti all'Ucraina, di pensare al lungo periodo. 

Tre questioni strategiche sono di primaria importanza alla luce della tragedia in corso: le conseguenze per l'Unione Europea, i riflessi sul ruolo delle armi nucleari ed il futuro dei rapporti con la Russia. Su questi temi urge una riflessione per il lungo periodo, che guardi al di là degli eventi di attualità, in modo da essere pronti ad agire con consapevolezza, e non sulla scia di emozioni, quando il conflitto finirà. Questa riflessione finora manca.

Unione Europea

Quali sono le implicazioni strategiche del conflitto per la UE? La prima è che la sicurezza in Europa non può più essere data per scontata, come in troppi hanno colpevolmente pensato dopo la fine della guerra fredda, e che dobbiamo tornare a focalizzarci la nostra attenzione. Non si può pensare solo al commercio e agli scambi culturali, perché, si pensava, tanto il tempo delle guerre è passato. 

In primo luogo, quindi, non potremo tornare a fare tutto come prima quanto taceranno i cannoni. Per decenni abbiamo creduto, io per primo, che creare interdipendenza con potenziali avversari favorisse il reciproco interesse alla pace: il mio primo lavoro di ricerca dopo l'’università, nel 1982, fu sul gasdotto Urengoy che si stava costruendo per portare gas dall'URSS all'Europa occidentale, "bucando" la cortina di ferro. L'Europa lo costruì contro il parere dell'amministrazione Reagan che invece sosteneva fosse pericoloso creare questa dipendenza dalle forniture sovietiche. (Gli americani però erano prontissimi a vendere a Mosca le loro materie prime, a cominciare da quelle alimentari.) Da allora i gasdotti dall'URSS/Russia verso l'Europa si sono moltiplicati. Io credo ancora che l'interdipendenza sia la strada giusta, e forse obbligata, per il futuro, ma mi pare ovvio che vada ripensata attraverso una maggiore diversificazione di fonti energetiche e fornitori. Su questo dirò più in dettaglio di seguito.

La seconda è che la sicurezza costa, cosa che abbiamo sempre saputo ma che negli ultimi decenni abbiamo ignorato. L'Europa a mio avviso non spende poi tanto poco (il dibattito va avanti da decenni, non vi entro qui) e comunque si può permettere di fare di più. Ma certamente spende male perché lo sforzo economico è distribuito in modo inefficiente tra 27 forze armate diverse, con ovvi sprechi per costi fissi, imperfetta standardizzazione ed interoperabilità, duplicazioni, che si potrebbero eliminare se si avesse un esercito europeo, una marina europea ed un'aviazione europea. Spendere di più senza migliorare il come si spende non sarebbe un uso efficiente delle risorse. E vengo al terzo punto.

La terza conseguenza strategica del conflitto ucraino per l'Europa è che dal punto di vista politico, economico e militare dell'attuale conflitto tocca l'Unione nel suo insieme. I gasdotti partono tutti dalla Russia ma, a parte il Nord Stream che va dritto in Germania, gli altri riforniscono vari stati membri. E comunque il gas è una risorsa fungibile. Se la Francia è più protetta dalle sue centrali nucleari, mentre Italia e Germania restano più dipendenti dai gasdotti con la Russia, tutti i paesi soffrono degli sconvolgimenti e degli effetti inflattivi  dall'attuale crisi sul mercato dell'energia. Non ci sono stati membri che siano al riparo. Più in generale, se la Polonia e la Romania sono al confine dello scontro armato, le ripercussioni toccano palesemente anche stati più lontani come il Portogallo e l'Irlanda. 

E dunque è l'Unione nel suo insieme che si deve far carico della difesa degli stati membri, sempre in coordinamento con gli alleati transatlantici nella NATO ma con capacità autonome. Due fatti dell'anno scorso, la creazione dell' AUKUS e il ritiro dall'Afghanistan, deciso unilateralmente dagli USA, rendono ancora più evidente l'ineluttabilità di questa conclusione. 

La Brexit ha rimosso uno dei principali ostacoli alla creazione di una difesa comune europea, in quanto i britannici si opponevano sempre e comunque ad ogni iniziativa che potesse creare anche solo l'impressione di una capacità europea di difesa indipendente dagli USA. Si può aggiungere che comunque per il Regno Unito e gli Stati Uniti il legame tra i Five Eyes (USA, Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda) è sempre stato più importante di quello con gli alleati della NATO.

La guerra in Ucraina ci dovrebbe ricordare l'urgenza di procedere con l'istituzionalizzazione della sicurezza europea.  È ovvio, almeno lo è per me, che il legame con gli USA nella NATO debba restare, ma su un piano più equilibrato se non proprio paritetico. Un po’ come è oggi il rapporto dell'euro con il dollaro, della Banca Centrale Europea vis-à-vis la Federal Reserve.

La storia dell'euro ci da una utile traccia: partono alcuni paesi, altri seguono e quelli che non seguono restano fuori, marginali. Oggi i governi di Germania, Francia, Italia e Spagna, abbastanza in sintonia politica sull'argomento, potrebbero creare il nucleo della difesa comune. Forse, dopo la rielezione, Macron, libero da vincoli durante l'ultimo mandato, sarà più attivo. 

Questo deve valere anche nel campo della deterrenza nucleare: la Francia di Macron è europeista, ma si ferma quando si parla sul serio di difesa comune ed in particolare di nucleare. In realtà non esiste nessuno scenario immaginabile nel quale la Francia sia minacciata al punto che il deterrente nazionale diventerebbe rilevante senza che al tempo stesso non siano minacciati anche gli altri paesi dell'Unione. Si dirà che nessun paese, ed in particolare la Francia, una potenza nucleare UE e membro permanente del consiglio di sicurezza ONU, rinuncerebbe alla sovranità nazionale in materia, ma si diceva anche che la Germania non avrebbe mai rinunciato al Deutsche Mark.

E veniamo alla seconda questione strategica di questo articolo, le armi nucleari appunto.

Armi nucleari

Sin dall'inizio dell'invasione russa il Cremlino ha lanciato non tanto velate minacce di far uso di armi nucleari, anche se le dichiarazioni sono rimaste prevedibilmente vaghe sul come, contro chi e perché. Partendo dal presupposto che questo uso non avvenga, rimane l'obbligo di ripensare il significato delle armi nucleari per il futuro. Si potrebbe argomentare che la ratio per possedere un arsenale nucleare ne esce rafforzata: i paesi occidentali si sono sbracciati da prima dell'invasione a chiarire che non avrebbero fatto guerra alla Russia per l'Ucraina. Biden ha quasi urlato in conferenza stampa: "We will not fight Russia over Ukraine." E questo, non è difficile dedurlo, perché la Russia, anche se le sue forze armate stanno facendo una figuraccia, è una superpotenza nucleare. Ed è ipotizzabile che, se la Russia non avesse avuto un arsenale nucleare in riserva, non avrebbe neanche tentato l'avventura ucraina. 

Forse qualcuno in Ucraina si è pentito di aver rinunciato alle armi nucleari che l'URSS in dissoluzione aveva sul territorio ucraino: se Kyiv le avesse tenute forse oggi non ci sarebbe una guerra nel paese. Ma è una falsa domanda: quelle armi erano sì sul territorio ucraino, ma sempre sotto stretto controllo dei russi, e del KGB in particolare. Gli ucraini avrebbero però potuto farsele, e non lo fecero. Ebbero in cambio vuote promesse di sostegno alla loro indipendenza e integrità territoriale da parte di Russia, USA e Regno Unito. Parole al vento.

E se la Russia, umiliata sul campo dall'esercito ucraino riarmato dall'occidente, decidesse alla fine di lanciare qualche arma nucleare contro gli ucraini? Sarebbe una decisione bizzarra, dato che Putin continua a dire in TV che gli ucraini sono fratelli che devono essere liberati da una cricca nazista al potere, ma Putin ci ha abituati a decisioni bizzarre. A quel punto che fare? Una risposta nucleare occidentale, che potrebbe essere solo americana, sarebbe poco razionale.

Se gli USA rispondessero con le loro armi nucleari, infatti, si creerebbe una situazione del tutto nuova: un paese NATO che usa l'arma estrema non per proteggere la propria sopravvivenza, e neanche quella di un paese alleato, ma di un paese terzo, per quanto amico. E contro cosa potrebbe essere usata questa arma? Presumibilmente non contro il territorio ucraino, dato che lo scopo è difendere l'Ucraina, non distruggerla. Forse contro navi russe che bombardano dal Mar Nero? Forse, anche se vista la fine umiliante della Moskva non sembra sarebbe necessario. E dunque contro obiettivi in territorio russo? E se così fosse, cosa fermerebbe i russi dal rispondere contro gli americani, magari prima contro basi USA in Europa, come assaggio e prodromo ad un attacco sul territorio USA? Chi pensa di poter controllare questo tipo di escalation si illude, ci hanno provato a ragionare illustri esperti per decenni senza mai arrivare ad un risultato credibile.

Io non sono favorevole al disarmo nucleare della NATO, ma in questa crisi ucraina non vedo scenari ipotizzabili che rendano concepibile un impiego razionalmente utile di queste armi. Dunque tanto vale dirlo subito, forse può contribuire ad abbassare la tensione. A cambiare idea, se cambia la situazione, c'è sempre tempo.

Altro punto è l'impatto della guerra in corso sulla proliferazione nucleare: un paese potenzialmente proliferatore in questo momento vede che possedere le armi nucleari paga, quindi è più incentivato a procurarsele. Invece, sconfiggere la Russia senza usare queste armi, anche se la Russia stessa ne facesse uso in Ucraina, sarebbe il modo migliore per rafforzare il regime di non-proliferazione.

Rapporti con la Russia

A costo di apparire inopportuno, data la tragicità del momento, penso non sia prematuro cominciare a pensare, già da oggi, a come impostare i rapporti tra occidente e Russia alla fine della guerra. Tutte le guerre finiscono e poi bisogna pensare a come costruire la pace. Anzi meglio pensarci prima ed essere pronti quando viene il momento.

Alla fine della guerra la Russia sarà ancora lì, anche se, vista la figuraccia, non credo che Putin resterà al timone per molto. Parliamo di 145 milioni di persone, il paese più esteso del mondo, pieno di materie prime di ogni genere ed importante mercato per i nostri prodotti. Una nazione di grande cultura che forse soffre di non aver partecipato né al Rinascimento né alla Riforma protestante, due elementi di grande progresso ed emancipazione in Europa centrale ed occidentale. Pensare di isolare la Russia nel lungo periodo sarebbe certamente controproducente e probabilmente impossibile, soprattutto per l'Europa. 

Dal lato economico, rinunciare alle materie prime russe sarebbe molto difficile. Il Financial Times si chiede se l'Europa si può svezzare dal gas russo e conclude: "With the contents of the EU plans spanning from plausible to wildly unrealistic, many energy experts warn that painful last resorts — energy rationing and blackouts this winter — are a near inevitability if Europe is truly serious about kicking its Russian gas habit." 

E comunque un taglio, letterale, dei gasdotti russi, non farebbe che mettere l'Europa nelle mani di altri fornitori non necessariamente più affidabili. Mentre sviluppiamo le fonti rinnovabili e ripensiamo alle centrali nucleari, cautela vorrebbe che facessimo attenzione a tagliare del tutto con la Russia. Persino Janet Yellen, ministra del Tesoro di Biden, ha dichiarato, sempre al Financial Times, che “Medium term, Europe clearly needs to reduce its dependence on Russia with respect to energy, but we need to be careful when we think about a complete European ban on say, oil imports.”

Rinunciare al mercato russo avrebbe anche un effetto economico recessivo, visto che la Russia è uno sbocco significativo per i prodotti europei. E poi rischieremmo di alienare più di quanto sia già avvenuto non tanto il regime, quanto il popolo russo.  Già nei decenni passati l'ostilità verso la Russia (in parte reale, in parte amplificata dal regime di Mosca) ha fatto scemare l'entusiasmo che i russi avevano per l'occidente subito dopo la dissoluzione dell'URSS. Le conseguenze di ciò difficilmente gioverebbero all'occidente, ed in particolare all'Europa, anche nel dopo-Putin. Sarebbe un paradosso se una Russia più democratica diventasse allo stesso tempo più anti-europea.

Dal lato politico, se guardiamo all'insegnamento della storia, pensiamo alla Germania, sconfitta in due guerre mondiali: dopo la prima fu umiliata, bistrattata, vilipesa, soprattutto isolata, e si crearono le condizioni per l'insorgere del nazismo. Dopo la seconda fu sì punita e addirittura divisa in due ma subito riammessa nel consesso dei paesi europei ed occidentali, basti ricordare che la Germania Ovest fu membro fondatore della prima Comunità Europea (Carbone e Acciaio) nel 1950, solo 5 anni dopo la sconfitta di Hitler, e dopo altri 4 anni fu ammessa nella NATO. Anche la Germania Est, occupata da 22 divisioni dell'Armata Rossa, fu inserita dai sovietici nel contesto del Patto di Varsavia e del Comecon. Credo bisogni pensare sin da oggi non tanto se, ma come integrare la futura Russia in un contesto di cooperazione europea ed internazionale.

Se vogliamo andare ancora un po’ più indietro nel tempo, pensiamo alla Francia post-napoleonica: dopo Waterloo, una volta neutralizzato l'aggressivo dittatore a Sant'Elena, la Francia fu subito riammessa nel concerto delle nazioni e partecipò al Congresso di Vienna del 1815, invitata da Metternich gli altri vincitori, e contribuì a creare un nuovo ordine in Europa che assicurò, più o meno, un secolo di pace. Speriamo che in Russia emerga un nuovo Talleyrand: prima sacerdote, poi rivoluzionario, poi braccio destro di Napoleone ed infine ministro della restaurazione. Non un campione di coerenza ma servì a reintegrare la Francia in Europa.

Bisogna poi tener conto della situazione globale. Bismarck diceva che, quando hai due avversari, le tue relazioni con ciascuno non devono essere peggiori di quelle che essi hanno tra di loro. Semplice aritmetica politica. Oggi bisogna tener conto della Cina, e sempre di più dell'India. Nixon (abilmente guidato da Kissinger) lo aveva capito bene, ed era andato da Mao a riallacciare rapporti, nonostante i due fossero politicamente agli antipodi e Mao si fosse macchiato di crimini orrendi. E allo stesso tempo Nixon e Kissinger negoziavano la distensione con i sovietici, sul disarmo e sul commercio, e mandarono persino i primi astronauti insieme nello spazio in una storica missione congiunta

L'America di oggi non applica l'insegnamento di Bismarck e neanche segue l'esempio di Nixon. Da trent'anni, forse nel tentativo di rimanere l'unica superpotenza del mondo, come lo è effettivamente stata per un breve periodo dopo la guerra fredda,  fa pressione contemporaneamente sulla Russia e Cina, con il risultato di spingerle l'una nella braccia dell'altra. Londra seguirà Washington, come sempre fa, ma l'Unione Europea deve fare attenzione. Come dicevo sopra, il fatto di essere divisi ci indebolisce, verso russi e cinesi ma anche nel negoziare una posizione comune con gli americani. Washington non prende sul serio Bruxelles perché, come disse Kissinger decenni fa, "se voglio parlare con l'Europa, quale numero di telefono devo chiamare?" (Il modesto Borrel, che adornato dal pomposo titolo di Alto Rappresentante della UE per la Politica  Estera, non ha alcuna influenza, per non parlare di potere.)

Sarebbe un errore colossale continuare ad aiutare il consolidamento di un asse tra Mosca e Pechino. E per evitare che questo accada bisognerà fare qualche compromesso con entrambi, pur mantenendo il punto sulle questioni vitali (sovranità ucraina, Taiwan)  ed evitare di intraprendere una controproducente quanto futile campagna di isolamento contro di essi. Ed allo stesso tempo bisognerà coltivare con assiduità le relazioni con l'India, un paese in grande crescita economica e demografica, che in più è anche democratico ma che certamente non sarà mai disposto a seguire pedissequamente l'occidente.

13 April 2022

Line of lorries at Dover

Today I returned to London from Europe and this is the spectacle of lorries waiting to board at Dover for their transportation to France. A mix of union disputes and Brexit-caused customs complications and this is the result.



02 March 2022

Sulle sanzioni contro la Russia / sanctions against Russia

ENGLISH TEXT BELOW

Avendo escluso un conflitto diretto con la Russia per difendere l'Ucraina, i paesi occidentali hanno concentrato la loro azione ritorsiva su sanzioni di vario tipo. Prima di tutto sanzioni economiche, mirate ai beni dei massimi dirigenti russi, degli oligarchi che li sostengono e dei politici che ne avallano le decisioni. Le sanzioni già messe in atto, e quelle proposte, sono pesanti, toccano il commercio, la finanza, la ricchezza personale di tanti sostenitori di Putin, la loro libertà di viaggiare ecc. Il loro impatto è già notevolissimo sui destinatari e lo sarà ancora di più nei mesi a venire. Ci sarà anche un impatto sui paesi che le impongono, ma che sono pronti a sopportare il prezzo, almeno fino ad un certo punto.

Infatti, ad oggi, è escluso dalle sanzioni il settore energetico, che costituisce una delle due fonti principali di entrata per il commercio internazionale della Russia. (L'altra sono le armi che, con qualche eccezione - vedi sistemi antiaerei russi comprati dalla Turchia - comunque andavano verso altre parti del mondo: Cina e India in primis, e non saranno sanzionate.)  

Immagino pochi tra i miei lettori abbiamo mai comprato cacciabombardieri o artiglieria pesante russi, anche se sono di ottima qualità. A parte il gas ed il petrolio che consumiamo tutti i giorni, alzi la mano chi ha mai comprato qualcosa con su scritto MADE IN RUSSIA. Personalmente l'unica cosa che mi è capitato di acquistare sono pinoli sbucciati della Siberia. Ottimi peraltro, li uso tutti i giorni nell'insalata. Non so se i pinoli saranno oggetto di sanzione. E comunque ci sono ottimi pinoli italiani, anche se molto più cari, o cinesi. Dunque vedremo quale sarà l'impatto reale sull'economia russa.

Certo, il blocco del North Stream 2 da parte della Germania pesa. E pesa oggi anche la demonizzazione ideologica delle centrali nucleari e dei rigassificatori, in nome di un ambientalismo non supportato dalla scienza. Gli americani sono autosufficienti, ma svariati paesi europei forse pagheranno, letteralmente, con costi maggiori, la miopia di non aver diversificato sufficientemente le fonti energetiche. Più al caldo di tutti starà la Francia con le sue 57 centrali nucleari. Ma questo è un altro discorso.

La domanda principale da porsi è: qual'è lo scopo delle sanzioni economiche?

Se lo scopo è punire Putin, resta da vedere se questo avverrà. Potrebbe accadere il contrario, il despota del Cremlino potrebbe apparire la vittima della plutocrazia occidentale agli occhi del suo popolo. 

Punire gli oligarchi, bloccandogli i conti correnti e gli investimenti, invece può funzionare, e siccome costoro non sono ben visti nella società russa magari l'occidente ci guadagna anche qualche punto di popolarità. Ma gli oligarchi non hanno molto potere su Putin per quanto sia dato di vedere.

Punire i politici, i membri della Duma e del Senato, i vertici militari e diplomatici può essere più utile a fomentare un dissenso ai vertici e facilitare, chissà, l'emergenza di un'alternativa. Difficile fare previsioni.

Delle sanzioni soffrirà sicuramente la popolazione russa in senso lato, e si può sperare che questo contribuisca alla sua emancipazione politica.

Però se con le sanzioni pensiamo di ottenere un cambiamento della politica estera e della grande strategia della Russia credo non dobbiamo farci illusioni. Mi auguro veramente di sbagliarmi, e nel clima politico degli ultimi giorni le sanzioni sono praticamente inevitabili. Ma se guardiamo alla storia è difficile trovare casi in cui le sanzioni abbiano fatto desistere un aggressore.

In tempi moderni le prime sanzioni furono applicate dalla Società delle Nazioni contro l'Italia a seguito dell'invasione dell'Etiopia. Risultato? Gli italiani sono restati in Etiopia fino alla guerra mondiale ed il regime fascista raggiunse l'apice della sua popolarità. Sanzioni contro il Giappone alla fine degli anni trenta? Risultato fu Pearl Harbor, non la ritirata dell'imperialismo nipponico. 

Dalla fine della seconda guerra mondiale le sanzioni economiche sono state applicate contro Cuba, Corea del Nord, Iran, Iraq, Sud Africa,  Zimbabwe, Venezuela, Unione Sovietica, Cina, Birmania, Siria, Serbia, Argentina (al tempo della dittatura militare) tanto per citare alcuni dei principali esempi più facili da ricordare. In nessuno di questi casi hanno prodotto un cambiamento di politica, interna o estera. Hanno prodotto povertà nei paesi destinatari questo sì, e hanno fatto perdere occasioni economiche ai paesi che le hanno imposte. Spero vivamente che questa volta sia diverso, soprattutto se si andrà a toccare il settore energetico, ma ho qualche dubbio.

In questi giorni si sono scatenate poi sanzioni di altro tipo, contro artisti e sportivi russi. Se lo scopo è dare un segnale, certamente il risultato c'è, anche se ne soffriranno le competizioni sportive e i festival musicali. Ma ancora una volta, se pensiamo che questo faccia cambiare comportamento a Putin, non ci facciamo illusioni. In passato, ricordiamo il boicottaggio di varie olimpiadi da parte di blocchi di paesi contrapposti, quale fu il risultato in termini di cambiamento politico? Nulla. 

Per gli artisti il discorso è ancora più difficile: in passato danzatori e musicisti sovietici riempivano le sale europee ed americane, anche ai tempi di Brezhnev e Stalin, ai tempi dei gulag dove morivano in milioni, ogni tanto qualcuno chiedeva asilo politico ma la maggior parte faceva arte e basta. Chiediamoci perché oggi debba essere diverso. 

A meno che, come nel caso del direttore d'orchestra Valery Gergiev, che appoggia apertamente l'invasione della Crimea dal 2014, l'artista non usi la sua piattaforma di popolarità per prendere posizione politica, allora è lui a violare la separazione tra arte e politica e questo non dovrebbe essere ammissibile mai.

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Having ruled out a direct conflict with Russia to defend Ukraine, Western countries have focused their retaliatory action on sanctions of various kinds. First of all, economic sanctions, aimed at the assets of the Russian top leaders, the oligarchs who support them and the politicians who endorse their decisions. Sanctions already implemented, and those proposed, are massive, they affect trade, finance, the personal wealth of many Putin supporters, their freedom to travel, etc. Their impact is already enormous on their targets and will be even more so in the months to come. There will also be an impact on countries that impose them, so they'd better be are ready to bear the price.

To date, the energy sector, which constitutes one of the two main sources of income for Russia's international trade, is excluded from the sanctions. (The other is weapons which, with some exceptions - see Russian anti-aircraft systems bought by Turkey - still go to other parts of the world: China and India in the first place, and will not be sanctioned.)

I imagine few of my readers have ever bought Russian fighter-bombers or heavy artillery, even if they are of excellent quality. Apart from the gas and oil we consume every day, raise your hand if you have ever bought something that says MADE IN RUSSIA on it. Personally the only thing I happened to buy are peeled pine nuts from Siberia. Excellent as they are, I use them every day in the salad, I doubt they contribute much to Russian foreign currency earnings. I don't know if pine nuts will be sanctioned. And in any case, there are excellent Italian pine nuts, even if much more expensive, or Chinese. So we will see what the real impact on the Russian economy will be.

Of course, Germany's blocking of North Stream 2 weighs heavily, on both sides of the pipeline. And so does the ideological demonization of nuclear power and regasification plants in the name of an environmentalism not supported by science. Americans are self-sufficient, but several European countries will perhaps pay, literally, with higher costs, for the myopia of not having sufficiently diversified their energy sources. France will do best with its 57 nuclear power plants. But that's another story.

The main question to ask is: what is the purpose of economic sanctions?

If the aim is to punish Putin, it remains to be seen whether this will happen. The opposite could come to pass: the Kremlin despot could appear the victim of the Western plutocracy and gain support in the eyes of his people.

Punishing the oligarchs, blocking their accounts and investments, on the other hand, can work, and since they are generally not well regarded in Russian society, perhaps the West also gains some points of popularity. But the oligarchs don't have much power over Putin as far as we can see; he has power over them.

Punishing politicians, members of the Duma and the Senate, military and diplomatic leaders and most importantly the leaders of the FSB (successor to the KGB) who are the inner sanctum of the Putin power structure, can be more useful in fomenting dissent at the top and facilitating, who knows, the emergence of an alternative. There are  Russian diplomats, soldiers and diplomats who are serious professionals and seek to forster the interests of their country in the XXI century instead of plunging into hazardous international gambles that smell of nostalgic XIX century imperialism. Difficult to make predictions.

Sanctions will certainly make the Russian population suffer in a broad sense, and we can hope that this will contribute to its political emancipation. Could there be perhaps another colored revolution in Russia?

Can achieve a change in Russia's foreign policy and grand strategy through sanctions? I don't think we should be under any illusions. I really hope I'm wrong, and in the political climate of the last few days, sanctions are practically inevitable. But if we look at history, it is difficult to find cases in which sanctions have made an attacker give up.

In modern times the first sanctions were applied by the League of Nations against Italy following the invasion of Ethiopia. Result? The Italians remained in Ethiopia until the World War and the fascist regime reached the peak of its popularity. Sanctions against Japan in the late 1930s? The result was Pearl Harbor, not the retreat of Japanese imperialism.

Since the end of the Second World War, economic sanctions have been applied against Cuba, North Korea, Iran, Iraq, South Africa, Zimbabwe, Venezuela, the Soviet Union, China, Myanmar, Syria, Serbia, Argentina (at the time of the military dictatorship), and Russia itself, to name a few of the main examples that come to mind. In none of these cases did they produce a change in policy, domestic or foreign. They have produced poverty in the recipient countries, yes, and have made those that imposed them lose economic opportunities. I sincerely hope this time will be different, given the unprecedented scale of sanctions. There might be a chance that they will work if they are expanded to touch the energy sector, but I have some doubts.

In recent days, sanctions of another type have been unleashed against Russian artists and sportsmen. If the aim is to give a visible political signal, certainly the result is there, even if sports competitions and music festivals will suffer. But again, if we think that this changes Putin's behavior, we are daydreaming. In the past, what was the result in terms of political change of the repeated boycott of the Olympics by opposing blocks of countries? Nothing.

As far as artists are concerned, the matter is even more difficult: in the past Soviet dancers and musicians filled the European and American halls, even in the times of Brezhnev and Stalin, in the times of the gulags where millions died, every now and then someone asked for political asylum but most he just made art. Let us ask ourselves why it should be different today.

Unless, as in the case of conductor Valery Gergiev, who has openly supported the invasion of Crimea since 2014, the artist uses his popularity platform to take a political stand, then he is the one who violates the separation of art and politics and this should never be allowed.

28 February 2022

Considerazioni sull'aggressione russa all'Ucraina / Some considerations on the Russian invasion of Ukraine

ENGLISH TEXT BELOW

Premetto, se ce ne fosse bisogno, che l'invasione russa non si giustifica, senza se e senza ma. Putin pagherà perché non ha capito la lezione di Napoleone o di Hitler: non si può vincere contro tutto il mondo. Ci sono tanti russi ragionevoli intorno a lui, ci sono sicuramente vari Stauffenberg o von Moltke, stiamo a vedere. Il dubbio traspariva nei video delle riunioni del vertice quando il capo chiedeva a tutti di annuire. Resta da capire il perché di una mossa così azzardata, ma come diceva Churchill la Russia è un enigma dentro un indovinello incartato in un mistero.

Quando lavoravo alla NATO, i rapporti con l'Ucraina sono stati per oltre 7 anni la mia principale occupazione. Ci sono stato decine di volte, anche nel Donbass, a Leopoli, in Crimea, a Kharkiv. Al di là dell'impegno professionale, mi ci ero affezionato. Per questo i fatti di questi giorni mi addolorano particolarmente e vorrei condividere qualche considerazione che mi passa per la testa. 

Fui incaricato, sulla base di proposte dei vari paesi membri, di stilare la "Carta" dei rapporti NATO-Ucraina, ancora in vigore. In essa, la NATO sostiene l'integrità territoriale dell'Ucraina, ma è un sostegno "politicamente" e non "legalmente" vincolante. Tradotto in italiano: se qualcuno viola i confini ucraini noi NATO valuteremo di caso in caso il da farsi. Anche quando l'Ucraina aveva accettato la rimozione delle testate nucleari dal suo territorio le era stata promessa garanzia di sicurezza e inviolabilità da USA, Russia e Regno Unito (Francia e Cina si erano defilate, forse saggiamente). Promesse, promesse...

Su una cosa sono d'accordo con John Mearsheimer e altri: in parte, Putin è un prodotto dell'occidente. L'occidente che ha umiliato la Russia di Eltsin, quando era in ginocchio. Gli USA illusi che il mondo unipolare risultato della caduta del muro di Berlino fosse un nuovo equilibrio e non una transizione. La NATO che, contrariamente a quanto promesso a Gorbachev al momento dell'unificazione della Germania, si allarga fino ai confini russi. Qualcuno aveva anche parlato di invitare la Russia stessa nella NATO, ma alla cosa non fu dato seguito. 

Invece nel 2008, al vertice di Bucarest, si dichiara, nero su bianco, che Ucraina e Georgia entreranno nella NATO. Poi però non se ne fa nulla, la cosa peggiore: provocare la Russia senza però offrire garanzie ai due paesi interessati. Fino ad allora, dai tempi di Gorbachev e Reagan, la Russia non aveva assunto alcun atteggiamento ostile, dopo di allora le cose sono precipitate, a cominciare dall'invasione di Abkhazia e Ossezia nel 2008, pochi mesi dopo Bucarest.

Non entro qui nella questione di se e fino a che punto l'allargamento della NATO sia stato una buona idea. Ma tante voci autorevoli si erano espresse contro. Ne cito una, quella di George Kennan, l'architetto del "contenimento" dell'Unione Sovietica dopo la seconda guerra mondiale. Nel 1997, quando la NATO decise di mettere in atto il primo allargamento invitando Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria ad accedere al trattato, Kennan scrisse un articolo intitolato "Un Errore Fatidico" ("fateful" in inglese, si potrebbe tradurre come "fatale"), in cui scriveva "Ci si può aspettare che una tale decisione infiammi le tendenze nazionalistiche, antioccidentali e militariste nell'opinione pubblica russa; abbia un effetto negativo sullo sviluppo della democrazia russa; riporti l'atmosfera della guerra fredda nelle relazioni est-ovest e spinga la politica estera russa in direzioni decisamente non di nostro gradimento."

Nel 2014 il governo di Yanukovich rinuncia ad un accordo già finalizzato con la UE e accetta invece soldi russi. La reazione porta ad una rivoluzione, ad un colpo di stato, e Yanukovich scappa in Russia. Pochi mesi dopo Putin invade la Crimea, dove i russi sono accolti con i fiori, gli abitanti della penisola non si sentono ucraini. Un'ulteriore dimostrazione che l'Ucraina ha due anime: una filo-russa ed una filo-europea, e bisogna considerarle entrambe, non si può giocare ad asso pigliatutto. Adesso forse è più difficile. E comunque non si può premiare l'aggressione. Però paradossalmente potrebbe essere più facile: anche tanti cittadini ucraini di etnia russa non vorranno stare sotto Putin.

L'unica strada che resta aperta, che non si sarebbe mai dovuta chiudere, è quella del compromesso tra le due anime del paese. Decentralizzazione amministrativa, uso della lingua russa nel Donbass e in Crimea. Sul piano internazionale, la finlandizzazione resta una soluzione privilegiata: appartenenza alla UE ma non alla NATO. E comunque la Finlandia (come l'Austria e la Svezia, altri due neutrali) ha ottimi rapporti con la NATO e stretta collaborazione militare. Ogni altra soluzione porterà a perpetuare il conflitto.

ENGLISH TEXT

I would like to state upfront, that the Russian invasion is not justified, without ifs and buts. Putin will pay because he did not understand the lesson of Napoleon or Hitler: you cannot win against the whole world. There are many reasonable Russians around him, there are certainly several Stauffenbergs or von Moltke, let's see. The recent videos of the Security Council meetings when the boss asked everyone to nod seem to indicate his top brass is not too happy. The reason for such a risky move remains to be understood, but as Churchill said, Russia is a riddle, wrapped in a mystery, inside an enigma.

When I was working at NATO, relations with Ukraine were my main occupation for over 7 years. I've been there dozens of times, including in Donbass, Lviv, Crimea, Kharkiv. Beyond the professional commitment, I grew fond of the country and its people. This is why the events of these days are particularly painful for me.

On the basis of proposals from the various member countries, I was charged with drawing up the "Charter" of NATO-Ukraine relations, which is still in force. In it, NATO supports Ukraine's territorial integrity, but it is "politically" and not "legally" binding support. Translated into English: if someone violates Ukrainian borders, we NATO will evaluate on a case-by-case basis what to do. Even when Ukraine accepted the removal of nuclear warheads from its territory, it was given a "politically binding" guarantee of safety and inviolability from the US, Russia and the UK (France and China had withdrawn, perhaps wisely). Promises, promises ...

On one thing I agree with John Mearsheimer and others: in part, Putin is a product of the West. The West that humiliated Yeltsin's Russia when he was on his knees. The US deluded that the unipolar world resulting from the fall of the Berlin Wall was a new balance and not a transition. NATO which, contrary to what Gorbachev promised at the time of the unification of Germany, is expanding to the Russian borders. Someone had even talked about inviting Russia itself to NATO, but this was not followed up.

Instead, in 2008, at the Bucharest summit, it was declared, in black and white, that Ukraine and Georgia would join NATO. But then nothing was done about it, the worst outcome of all: provoking Russia without, however, offering guarantees to the two countries concerned. Until then, since the days of Gorbachev and Reagan, Russia had not assumed any hostile attitude, since then things have precipitated, starting with the invasion of Abkhazia and Ossetia in 2008, a few months after Bucharest.

I won't get into the merits of NATO enlargement here, whether and up to which point it was a good idea. I think it was not, and many voices far more authoritative than mine agree. George Kennan, the architect of the containment of the USSR after the second world war. In 1997, when NATO decided to enact the first wave of enlargement to Poland, the Czech Republic and Hungary, Kennan wrote an article titled "A Fateful Error" in which he wrote "Such a decision may be expected to inflame the nationalistic, anti-Western and militaristic tendencies in Russian opinion; to have an adverse effect on the development of Russian democracy; to restore the atmosphere of the cold war to East-West relations, and to impel Russian foreign policy in directions decidedly not to our liking."

In 2014, Yanukovych's government renounced an agreement already finalized with the EU and accepted Russian money instead. The reaction lead to a revolution, a coup, and Yanukovych escaped to Russia. A few months later Putin invaded Crimea, where the Russians were greeted with flowers, the inhabitants of the peninsula do not feel Ukrainians. A further demonstration that Ukraine has two souls: a pro-Russian and a pro-European one, and we must consider both of them, you can't have it all. Now perhaps it is more difficult. And in any case, aggression cannot be rewarded. But paradoxically it could be easier: even many Ukrainian citizens of Russian ethnicity will not want to be under Putin.

The only road that remains open, which should never have been closed, is that of compromise between the two souls of the country. Administrative decentralization, use of the Russian language in the Donbass and Crimea. On the international level, finlandisation remains a privileged solution: Ukraine in the EU but not in NATO. And in any case Finland (like Austria and Sweden, two other neutrals) has excellent relations with NATO and close military cooperation. Any other solution will lead to perpetuating the conflict.

07 February 2022

Recensione libro: Metà Cielo, Mezza Luna (2005) di Silvia Codecasa, *****

Sinossi

Un vero viaggio di avventura per una donna sola che si mette in testa di attraversare una collana di paesi islamici, dalla Turchia all'Iran, all'Afghanistan, al Pakistan, fino all'India e qui si ferma il racconto mentre il viaggio prosegue fino all'Asia estrema. Una donna sola nel profondo dell'islam con i mezzi più disparati, sulle vie più diverse, treno, tram, auto, autobus, a piedi. Nel 1973 l'integralismo islamico non si era ancora risvegliato, erano in evidenza la grande poesia musulmana e i valori culturali delle etnie turche e curde, e quella del nobile, eroico popolo afgano. Però attraversare Turchia, Iran, Afghanistan e Pakistan voleva dire addentrarsi nel cuore di una civiltà in cui le donne non hanno personalità giuridica, possiedono diritti parziali sulla proprietà e nessun diritto sui figli, e dove il fatto che una donna cammini per strada da sola è talmente insolito da essere pericoloso. Accanto al racconto del viaggio vero e proprio, l'autrice ci intrattiene con le sue ricerche di carattere antropologico attraverso osservazioni che fanno del libro una raccolta di informazioni scientifiche. 

 Recensione 

 Un'occhiata al mondo musulmano dell'Asia sud-occidentale da una donna di grande sensibilità. Mi ha toccato specialmente la descrizione dei suoi incontri in Afghanistan. Da allora le cose sono peggiorate.

 

06 February 2022

Recensione libro: Daniele Ruffinoni e la Concessione Italiana (2018) di Bologna, Alberto e Michele Bonino, ****


Sinossi

L’area della ex Concessione italiana di Tianjin, in Cina, custodisce ancora oggi alcuni degli edifici progettati dall’ingegnere torinese Daniele Ruffinoni tra il 1913 e il 1915. La vicenda professionale di Ruffinoni a Tianjin, sino a ora praticamente inesplorata, fornisce l’occasione per riflettere su uno scambio intellettuale e tecnico tra l’Italia e la Cina e sul suo significato attuale, mentre ci si interroga sempre più sulle opportunità offerte dal grande Paese asiatico. 

Questo libro intende fare luce su una vicenda certo poco nota, ma per questo non meno significativa, dell’architettura italiana dello scorso secolo e sull’odierno stato di questi luoghi, a seguito di recenti processi di trasformazione. Quali le ragioni e il contesto storico in cui si è svolta la progettazione della ex Concessione italiana di Tianjin? Chi era Ruffinoni e come ha sviluppato la sua attività professionale in Cina? Quali strumenti metodologici mettere in campo per la lettura critica di questa storia? Quali le strategie progettuali seguite nella trasformazione recente della ex Concessione?

Recensione

Ricostruzione meticolosa dell'opera di un architetto italiano in Cina. Il lungo viaggio, il rientro prematuro, la difficoltà di approvvigionamento dei materiali, le complicazioni legate allo scoppio della Grande Guerra.

Al di là di considerazioni storiche e politiche sull'esistenza stessa di quella concessione, il libro ci porta per mano nella Cina di inizio XX secolo, con l'ultima dinastia imperiale agli sgoccioli e la nascita della repubblica. In questo contesto si incontrano architetti e costruttori italiani e cinesi, a lavorare sul francobollo di terra che è Italia e tale resterà fino al 1947 quando sarà ovviamente restituita alla madrepatria.

Leggi qui le mie recensioni di libri sulla Cina.

06 January 2022

UK and French testing for COVID-19, December 2021/January 2022

After much hesitation and a long lockdown and semi-lockdown we decide to go and spend Christmas and new year's eve in Brussels with our best friends. And to enjoy a few nights at the fireplace of my house, as well as check the work done in our kitchen, which has taken quite a few months longer than anticipated. Delays in deliveries of components, incompetence and insouciance of the contractor, bureaucratic bottlenecks, you name it, we experienced it. Time to go and have a look.

We get free antigen kits in UK but have to pay for exactly the same kit to travel. Not sure why, I thought maybe they do not trust a self-administered home test for travel, they want a certified company to do it. I was not exactly sure (my fault, instructions are clear) so we went to board the Eurotunnel and we are politely turned away.  We need to drive fifteen minutes to a  private test center near Folkestone, where a big gentleman at the door asks us to book a test online on his ipad. He says there will be no slot available for today but he will squeeze us in, and it does not look like it will be difficult as there is no one around except for a couple of Eurostar travelers like us who got rejected at check-in.

In no time we are inside and a polite lady hands us aswab... to test ourselves! So £39 per person, for nothing, really.

We need a test upon return as well, and it was easier to buy it in the UK and do it at home in belgium instead of having to go look for a lab there. I register a pre-return kit, for which I need a test number, then sample test number and PLF reference number for UK govt tracking. Surprise: the night before our return to the UK we do the test at home and the kit is missing a swab, luckily I had taken with me one of the free domestic use test kits and could use one of those swabs. 

The double test kit for two people was £158, not cheap for something identical to what the government provides for free, but C-19, the test company, will refund £15 when I point out to them a swab was missing.

All that is left is a personal Locator Form (PLF) so the UK government knows where we are going to stay in London (at home, they know that already) and we are fit to travel.

05 January 2022

Il condono edilizio

Verso la fine degli anni cinquanta del XX secolo, mia madre Caterina partecipò ad una cooperativa edilizia che costruiva una palazzina di appartamenti a Monte Mario, zona Balduina, allora alla periferia di Roma, oggi quartiere borghese e costoso. L'appartamento le fu consegnato nel 1957, giusto in tempo per andarci a vivere con il suo neo-sposino, mio padre Giovanni.

Dopo qualche anno nacqui io,  poi mio fratello, e la nostra famiglia visse felice in quell'appartamento. Ce ne andammo nel 1965, per abitare più vicino allo studio dei miei. L'appartamento fu quindi affittato ad un certo signore di cui non ricordo il nome, che nel 1967 chiese a mia madre di chiudere una veranda prospiciente la cucina. Cosa che mia madre accettò di fare di buon grado: era un abuso edilizio, per quanto insignificante, e certamente non era giustificato dal fatto che nel palazzo, come nella maggior parte dei palazzi della zona, lo facevano tutti. Ma non più di un peccato veniale. Nessuno disse nulla, e ce ne dimenticammo.

Dopo venti anni esatti, nel 1987, il signor inquilino andò via ed io tornai a vivere nell'appartamento alla Balduina. La mia casetta a Roma. Prima di donarmi l'immobile però, mia madre si premurò di sanare l'abuso edilizio, fece domanda al comune e versò 200.000 lire come richiesto. La ringraziai e pensai che la cosa fosse risolta una volta per tutte.

Invece neanche per sogno: quando vendetti l'appartamento, nel 2019, il notaio mi fece notare che il condono del comune di Roma non era mai arrivato, anzi non era proprio mai partito dal Campidoglio. Controllai le mie carte ed in effetti non lo trovai. Perché il Comune di Roma non avesse emesso la sanatoria, o in alternativa non avesse intimato la demolizione della famigerata veranda, avendo però incassato le 200.000 lire, non riuscivo a capirlo: un ritardo di 32 anni!

Poco male, pensai, me ingenuo ed illuso: chiamerò il Comune, o scriverò, o al limite ci andrò di persona, o incaricherò un geometra, o darò mandato ad un'agenzia, ma non sarebbe stato difficile ottenere un documento che mi spettava da decenni , e che avevo pagato. O almeno mi avrebbero detto una ragione per la quale non poteva essere emesso, avrei in qualche modo provato a rimediare, magari demolendo la copertura veranda, dopo che era stata lì per 52 anni!

Senza condono però non si poteva rogitare la vendita. Un bel guaio. Il compratore furbastro però propose di lasciare una cauzione di 5.000 euro presso il notaio, che mi sarebbe stata restituita alla consegna della sanatoria. Accettai di farlo, ed il notaio fu d'accordo, perché mi era stato detto che con un rogito in ballo si poteva presentare un sollecito al Comune, ed entro qualche mese sarebbe arrivata la sanatoria, ed io avrei ritirato i 5.000. Il sollecito lo inviati prontamente ma sospettai che il notaio stesse favorendo il mio compratore, ebbi l'impressione che fossero amici, un po’ il gatto e la volpe, ma non ne ho le prove. Infatti poi appresi che avrebbe potuto ben rogitare, non era richiesta la cauzione.

Passano i mesi ma il condono non arriva. Nonostante ripetuti solleciti, il Comune di Roma taceva. Reagì solo quando il mio avvocato inviò una diffida formale. E a quel punto i solerti impiegati del Comune chiesero un ulteriore documento: un collaudo da parte di un geometra (incaricato e pagato da me) che testimoniasse come la copertura della veranda, che se ne stava buona buona al suo posto dal 1967, non provocasse pericoli di staticità all'edificio. Non ci potevo credere! Ma ci dovevo credere.

Il mio geometra produsse il documento e lo inviò al comune per via elettronica. Mi costò 400 euro, il geometra non fece neanche un sopralluogo, semplicemente riempì un modulo prestampato e lo firmò.  Il comune non si preoccupò neanche di darmi riscontro della ricezione.

Intanto il mio compratore era diventato venditore, aveva rivenduto il mio ex appartamento a terzi. In questo modo aveva perso il titolo alla mia obbligazione nei suoi confronti, non poteva più avere alcun danno dal mio abuso edilizio del 1967 (ma va’?) ed inoltre io non avrei più potuto, anche potendo e volendo, girargli la concessione in sanatoria, perché lui non era più proprietario. Casomai avrei dovuto darla a chi aveva comprato dal mio compratore.

...continua... vedremo come va a finire. Aggiornerò questo post quando avrò novità, se mai ne avrò!