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16 August 2022

Poesia di Pablo Neruda per chi viaggia, chi ama la musica e chi sceglie la propria strada

Lentamente muore 


Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni
  giorno gli stessi percorsi,
  chi non cambia la marcia,
  chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
  chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione,
  chi preferisce il nero su bianco
  e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni,
  proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che
  fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore
  davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
  chi e' infelice sul lavoro,
  chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno,
  chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai
  consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia,
  chi non legge,
  chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia
  aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o
  della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
  chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non
  risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere
  vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto
  di respirare.

Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una
  splendida felicità.

03 May 2021

明日歌 The Song of Tomorrow, Chinese idiom - La canzone del domani, proverbio cinese


明日歌
Míng rì gē
The Song of Tomorrow
La Canzone del Domani


明日复明日,

Míng rì,fù míng rì

Tomorrow, again tomorrow

Domani, ancora domani

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明日何其多 

míng rì hé qí duō

there are so many tomorrows

ci sono tanti domani

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我生待明日

wǒ shēng dài míng ri

my life is waiting for tomorrow

la mia vita aspetta il domani

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万事成蹉跎。

wàn shì chéng cuō tuó。

everything is in vain.

e tutto è invano.

22 January 2021

L'esposto

Avevamo deciso di passare a Fregene, in provincia di Roma, il periodo autunnale del 2020. Viaggio in Cina a trovare la famiglia annullato per forza, altri viaggi impossibili per il Coronavirus, teatri a Londra chiusi, meglio passare il tempo nella mia casa con giardino, lavorare in remoto, scrivere, leggere, fare qualche lavoretto di manutenzione.

In teoria un programma accettabile, date le drammatiche circostanze della pandemia. Clima mite, spiaggia a poche centinaia di metri senza la folla estiva, "tellinari" che ci vendevano, o regalavano, telline fresche quasi tutti i giorni, alberi da frutta in giardino: cachi a settembre e ottobre, pomelo a novembre, limoni a dicembre e gennaio.

In teoria.

In pratica, appena arrivati, ci rendemmo subito conto che avremmo dovuto superare un ostacolo imponente per arrivare alla nostra vetta di tranquillità: i vicini di casa avevano comprato due grandi cani bianchi, credo pastori maremmani. Li tenevano di giorno in giardino e di notte in un piccolo recinto affianco alla siepe che ci divide da loro.

I cani abbaiavano a intermittenza, giorno e notte, tenendoci svegli nel primo caso e impedendoci una normale giornata di lavoro e svago nel secondo.

In realtà di cani ce n'erano molti di più, almeno la metà dei vicini ne possedeva uno, e quindi i latrati si moltiplicavano, ma i due pastori maremmani erano i più scatenati, ed anche i più vicini, e quindi i più insopportabili.

Dopo molteplici quanto inutili tentativi di far ragionare i vicini, mi sono visto costretto a ricorrere alle autorità. Sono andato alla stazione dei Carabinieri di Fregene per sporgere un esposto sulla situazione. Un esposto, in Italia, è una segnalazione all'autorità di pubblica sicurezza di un dissidio tra privati, con il quale si richiede a tale autorità di intervenire per comporre il contrasto.

Suono il campanello dell'imponente edificio dei Carabinieri e mi risponde una voce femminile alla quale comunico di voler sporgere un esposto. Mi risponde che non è possibile. Insisto e mi risponde che c'è gente nella sede, l'accesso è limitato a causa del COVID e devo aspettare. Aspetto. Dopo un po’ vedo una persona uscire e interpreto il fatto come segnale che c'è una persona in meno dentro, e quindi posso entrare io. Suono nuovamente al campanello  e la stessa voce mi dice che posso entrare ma dovrò aspettare. Eccomi dentro.

Bel giardino, curato, con una panchina al sole. Nonostante il fastidio della mascherina è una piacevole attesa. Dopo un po’ mi chiama un carabiniere al quale, in piedi in giardino, espongo i fatti. Mi risponde che non possono ricevere esposti. Denunce, querele, quelle sì, ma non esposti.

Chiedo, sorpreso, da quando hanno smesso di ricevere esposti, dato che ho sempre saputo sia un compito dei carabinieri. Mi risponde che da due anni non più. Scacco matto!

Sto per andarmene rassegnato quando il Carabiniere mi ferma e mi chiede un documento personale. Perché? Chiedo ingenuamente. La devo generalizzare, è la laconica risposta... Dopo essere stato generalizzato, ed aver perso un'ora buona, me ne vado.

Il giorno dopo monto in auto e vado al commissariato di polizia di Fiumicino, prima visita. All'ingresso c'è scritto che è obbligatorio indossare la mascherina facciale (siamo in piena epidemia Covid-19) e guanti. Tutti hanno la mascherina, anche io. Nessuno ha i guanti, e neanche io. Entro.

Un poliziotto mi dice che l'esposto lo devo stilare io a casa, non posso scriverlo qui (come invece mi avevano detto i carabinieri). E quindi tornare con 3 copie firmate di tutto, e inoltre le fotocopie dei documenti di tutti quelli che intendono fare esposto.

Torno il giorno dopo (seconda visita) e un altro poliziotto mi dice che oggi (sabato) non si può fare un esposto perché la persona incaricata dei sistemi informatici (sic!) non c'è. Devo tornare il 2 gennaio e chiedere dell'Ispettore Superiore.

Torno il 2 gennaio per la mia terza visita al commissariato e due poliziotte alla porta d'ingresso mi dicono che oggi non si può presentare esposto, perché c'è un'emergenza in corso. Insisto dicendo che mi è stato detto di venire appunto oggi perché c'è la persona incaricata dei sistemi informatici, e a quel punto fanno una telefonata. Poi mi dicono di aspettare in una sala d'aspetto completamente vuota. Passo il tempo a leggere i cartelli degli avvisi di misure preventive per la situazione COVID19. Dopo circa venti minuti mi fanno accomodare al piano di sopra, dove incontro l'ispettore superiore. Molto gentile, mi fa accomodare. Siamo tutti mascherati per l'epidemia quindi posso solo scorgere una bella barba sale e pepe.

Gli passo l'esposto e lui si mette a leggerlo. Una pagina A4, passano circa 5 minuti, e poi mi chiede se ho già fatto un tentativo di pacificazione e naturalmente gli dico la verità: ci ho provato ripetutamente ma senza successo. Continua a leggere. Mi dice che li convocherà, come da legge, per comunicargli l'esposto. Gli lascio anche una chiavetta USB con video dei cani rabbiosi e ringhianti che ho filmato nelle scorse settimane. Mi assicura che non li guarda adesso ma li guarderà e mi restituirà la chiavetta.

Mi lascia assicurandomi che presto chiamerà gli interessati. Non ora perché siamo sotto le feste e, aggiunge, non è una cosa urgente. (Per me è molto urgente.) E poi c'è difficoltà a spostarsi con i divieti anti-COVID-19. In realtà per andare dalla Polizia ci si può spostare liberamente, come ho fatto io oggi. Mi chiamerà quando avrà fatto per informarmi e restituirmi la chiavetta USB.

Dopo pochi giorni sono a casa, in giardino, stiamo raccogliendo i limoni dall'albero: quest'anno è stato generoso, ce ne sono a centinaia. Ad un certo punto, con terrore, vedo i due cani che si infilano in un buco della recinzione e entrano nel mio giardino, e cominciano a scorrazzare a destra e a manca. Non so che fare, strillo ai padroni che però non ci sono, hanno abbandonato i cani e chissà dove sono andati. Per fortuna oggi le bestie sono tranquille, si avvicinano ma non abbaiano e non ringhiano. Dopo cinque minuti se ne vanno. Poi tornano, poi se ne vanno ancora. Fanno come vogliono loro, a casa mia.

Ormai il soggiorno volge al termine, sono passati mesi e né Polizia di Stato né Carabinieri hanno fatto nulla. La prepotenza ha vinto. I cani continuano ad abbaiare tutti i giorni e tutte le notti, quasi a tutte le ore. A fine gennaio ma ne vado via da Fregene.

Amen.

PS: Dopo che i Carabinieri avevano rifiutato il mio esposto, ho scritto al comando generale dell'Arma nei secoli fedele, chiedendo spiegazioni. Dopo qualche settimana mi è arrivato questo messaggio dalla sede di Fregene: In relazione alla vostra richiesta, qui pervenuta per scesa gerarchica, si rappresenta che questo Comando rimane a disposizione  per la presentazione dell’esposto. Nello scusarci di eventuali equivoci connessi la invitiamo a prendere contatti con questo Comando.

31 December 2020

12 BUONE COSE DEL 2020 - 12 GOOD THINGS ABOUT 2020

 2020


ENGLISH TEXT BELOW

Siccome di messaggi con insulti al povero anno 2020 ne abbiamo sentiti troppi (ma non si chiama COVID-19?) ho pensato di raccogliere qualche pensiero in positivo sull'anno che si sta per concludere. Non per minimizzare, ma per guardare avanti con realismo, ottimismo e determinazione.

1. Chi mi sta leggendo è ancora vivo. Un buon primo risultato. Tanti ci hanno lasciato nel 2020, forse anche qualcuno che conosciamo, qualche persona cara. Io ho perso una cugina ed il padre di un amico per il Covid-19. Molti altri se ne sono andati per una serie infinita di altri motivi: incidenti, età, altre malattie, guerre, ecc. Noi invece siamo qui.

2. Abbiamo viaggiato di meno, e questo pesa particolarmente per quelli come me che vivono in vari paesi e del viaggio hanno fatto uno stile di vita. Però la prossima volta che partiremo il viaggio avrà un gusto speciale. Ce lo godremo di più, magari lo prepareremo meglio, lo ricorderemo più a lungo. Forse faremo più viaggi, che ci cambiano dentro, e meno vacanze, che nel migliore dei casi ci fanno solo riposare.

3. Siamo andati meno al ristorante, ma quando torneremo a farlo con tranquillità sceglieremo meglio il ristorante, la cucina, ed ogni boccone, ogni sorso di vino ci sembreranno più buoni.

4. Non siamo potuti andare a cinema, teatro, concerti. Ancora una volta, torneremo a farlo perché la cultura non si ferma. La prossima volta saremo più attenti ad ogni scena del film, ad ogni movimento della sinfonia, ad ogni aria dell'opera, ad ogni particolare della scena.

5. Siamo stati costretti a stare di più a casa, ma abbiamo passato più tempo con i nostri cari, fianco a fianco, giorno dopo giorno, ora dopo ora, come forse non facevamo da tanto tempo. Se siamo stati attenti, abbiamo imparato a conoscerci meglio, a rispettarci. Abbiamo capito che stare insieme non vuol dire solo avere interessi in comune o divertirsi, ma parlarsi (e ascoltarsi!), guardarsi, accarezzarsi.

6. Abbiamo riscoperto il significato della solidarietà, o almeno avremmo dovuto farlo, le occasioni non sono mancate. E dell'apprezzamento per il lavoro di chi si è impegnato per superare l'emergenza. Non ce lo dimentichiamo quando la pandemia non sarà più in prima pagina, loro saranno ancora in prima linea.

7. Abbiamo recuperato un po' della nostra identità, anzi delle identità, al plurale. Ci siamo sentiti un po’ più italiani, come forse non capita spesso tranne quando c'è la coppa del mondo di calcio. E, almeno per me, anche più europei. L'Europa si è mossa con ritardo, ma si è mossa, insieme, e visto come sono andate le cose negli altri principali paesi del mondo forse non ci possiamo lamentare. E questo nonostante la pandemia abbia messo da una parte a nudo le meschinità di tanti politici polemici, e dall'altra in risalto la mancanza di grossi calibri tra i leader della politica mondiale.

8. Abbiamo riscoperto il valore della scienza, anche di quella inesatta come la medicina. I chiacchieroni e i millantatori, i negazionisti, gli alternativi, i naturopati, gli anti-vaccinisti, quelli del "sono morti con il COVID e non di COVID" sono, mi pare, o forse lo spero soltanto, meno ascoltati di un anno fa. Abbiamo anche imparato qualche regola di igiene, di buon senso, che avremmo dovuto applicare comunque, da sempre.

9. Abbiamo capito un po' meglio il significato della disciplina. Non abbastanza e non tutti, ma ci farà bene interiorizzare perché ci sarà utile in tante altre occasioni. Prendiamo esempio da quelle società orientali che in questa circostanza hanno dato dimostrazione di grande disciplina ed hanno ottenuto risultati di conseguenza. Ho notato con dispiacere che i giovani, che hanno più da perdere, sono spesso meno consapevoli di questo degli anziani.

10. Abbiamo avuto tempo di riflettere su noi stessi, sugli errori commessi e sui traguardi raggiunti. Soprattutto su cosa vogliamo fare con il tempo che ci resta da vivere. Sapendo, mai come oggi, che potrebbe essere molto meno lungo di quanto speriamo. Riflessioni che dovremmo fare sempre, ovvio, ma quest'anno ci siamo stati quasi obbligati. Confucio scrisse che abbiamo due vite: la seconda comincia quando ci rendiamo conto di averne solo una. Mi auguro che molti abbiano cominciato la propria seconda vita nel corso del 2020.

11. Abbiamo scoperto tanta tecnologia che ci ha permesso di attutire l'urto della pandemia e che continueremo ad usare dopo di essa. Abbiamo inquinato di meno lavorando da casa e comprando online. Ci si può spostare di meno: meno traffico, meno inquinamento, meno energia sprecata. Molti continueranno a farlo anche dopo la pandemia. Viaggeremo ancora, certo, per lavoro, per piacere e per incontrare i nostri cari, ma auspicabilmente non per comprare una cipolla oppure per andare a timbrare un cartellino in ufficio e poi stare davanti ad uno schermo uguale a quello che abbiamo a casa.

12. Per molti è stato un anno drammatico sul lavoro, ed è stato importante l'intervento dei governi e delle banche centrali. Ma guardiamo avanti facendo tesoro dell'esperienza del 2020. Guardiamo al lavoro non come una punizione biblica che ci è cascata addosso perché abbiamo mangiato la mela dell'albero proibito, ma come realizzazione delle nostre aspirazioni. Tanti giovani in occidente hanno tutto ma non più aspirazioni, sogni. Sognando un po', lavoreremo serenamente, a prescindere dal guadagno, e invecchieremo meglio.


ENGLISH TEXT


Since we have all heard too many messages with insults to the poor year 2020 (but isn't it called COVID-19?) I thought I'd collect some positive thoughts on the year that is about to end. Not to minimize the troubles we went through, but to look forward with realism, optimism and determination.

1. Whoever is reading me is still alive. A good first result. Many have left us in 2020, perhaps even someone we know, some loved ones. I lost a cousin and a friend's father to Covid-19. Many others have left for an infinite number of other reasons: accidents, age, other diseases, wars, etc. We are still here.

2. We have traveled less, and this weighs heavily on those like me who live in various countries and have made travel our lifestyle. But next time we leave home our trip will have a special taste. We will enjoy it more, hopefully we will prepare it better, maybe we will remember it for longer. Perhaps we will undertake more real "travels", which change us inside, and fewer "vacations", which in the best of circumstances only provide rest.

3. We went out to eat much less frequently, but when we return to do it we will take more care to choose the restaurant, ouru dishes, and every bite, every sip of wine will taste better.

4. We could not go to the cinema, theater, or concerts. Once again, we'll go back to doing it because culture doesn't die of any virus. Next time we will be more attentive to every scene of the film, to every movement of the symphony, to every aria of the opera, to every detail of the scene.

5. We have been forced to stay at home more, but we have spent more time with our loved ones, side by side, day after day, hour after hour, as perhaps we hadn't done in a long time. If we have been careful, we will have learned to know each other better, to respect each other. We understood that being together does not just mean having common interests or having fun, but talking (and listening) to each other, looking at each other, caressing each other.

6. We have rediscovered the meaning of solidarity, or at least we should have, we had plenty of opportunities. And we should appreciate the work of those who are fighting hard to overcome the emergency. Let's not forget that when the pandemic is no longer on the front page, they will still be at the front lines.

7. We have recovered a bit of our identity, indeed our identities. I felt a little more Italian, as perhaps does not often happen to me except every four years for the world cup. And even more European. Europe has moved with some delay, but it has moved, and given how things have gone in some of the other main countries of the world such as the US and the UK, perhaps we cannot complain. And this despite the fact that the pandemic has exposed, on the one hand, the pettiness of so many polemical politicians, and on the other the lack of heavy caliber guns among the leaders of world politics.

8. We have rediscovered the value of science, even of inexact science such as medicine. The deniers, the anti-vaccine activists, those who said someone "died with COVID and not because of COVID" are, it seems to me, or perhaps I only hope, less listened to than a year ago. We also learned some rules of hygiene, common sense, which we should have always applied anyway.

9. We have understood the meaning of discipline a little better. It will do us good to keep it in mind for future reference. Let us take an example from those countries in East Asia that in this circumstance have shown great discipline and got results accordingly. I have noted with regret that our youngsters, who have got more to lose for the future, are often less aware of this than the elderly.

10. We had time to reflect on ourselves, on the mistakes we made and on the goals we achieved. Above all we have had a chance to think about what we want to do with the time we have left to live. It could be much shorter than we hope. Reflections like this we should always do, of course, but this year we were almost forced to. Confucius wrote that we have two lives: the second begins when we realize we only have one. I think I did a long while ago. I hope that many more have started their second lives in the course of 2020.

11. We have discovered so much technology that has allowed us to soften the brunt of the pandemic and that we will continue to use after it is over. We polluted less by working from home and shopping online. You can and should move less: less traffic, less pollution, less wasted energy. Many will continue to do so even after the pandemic. We will still travel, of course, for work, for pleasure and to meet our loved ones, but hopefully not to buy an onion or to go and badge in the office and then spend our day in front of a screen identical to the one we have at home.

12. For many it was a dramatic year at work, and monetary and fiscal intervention of governments and central banks was important. But let's look ahead, drawing on the experience of 2020. We should look at work not as a biblical punishment that fell upon us for eating the apple of the forbidden tree, but as the fulfillment of our aspirations. Many young people in the West have everything but aspirations, dreams. Let us dream a little more, and we will work peacefully, regardless of how much money we make, and we will grow old better.

07 December 2020

Imparare a vivere

Quale di queste due frasi è vera? Possono essere vere tutte e due?




Ci vuole tutta la vita per imparare a vivere.

Seneca


















Abbiamo solo due vite: la seconda comincia quando ci rendiamo conto di averne una sola.

Confucio

01 December 2020

Pagare la tassa sui rifiuti e raccolta ingombranti

Dal 2013 ho cercato di sistemare la situazione della raccolta dei rifiuti per il mio villino a Fregene, in provincia di Roma.

Ho chiamato il comune di Fiumicino decine, forse oltre cento volte, ma non mi hanno dato retta, devo andare di persona o mandare qualcuno con delega. Vivendo all'estero non mi facilitano certo la vita. Eppure li chiamo per dargli dei soldi, in cambio di un servizio non solo dovuto, ma che loro forniscono comunque. Infatti so di molti miei vicini di casa che non pagano ma i cui rifiuti vengono comunque raccolti!

Passa il tempo e tra una cosa e l'altra non succede nulla, poi me ne dimentico, e se ne dimenticano anche loro. Infatti continuano a raccogliere i rifiuti prodotti nel mio villino, ma non mi chiedono soldi, non mi mandano fatture, solleciti, minacce, saluti, nulla.

Avrebbe potuto andare avanti così per sempre. E forse sarebbe stato meglio.

Invece nel 2020 riparto all'attacco per regolarizzare il tutto. Provo a telefonare al comune di Fiumicino, ma negli orari lavorativi il telefono risulta sempre occupato, mentre negli orari di chiusura (ho provato, vedi mai?) prevedibilmente non risponde nessuno. Sarà per l'epidemia COVID-19 in corso? Però un altro ufficio mi ha detto che almeno alcuni impiegati lavorano in remoto, da casa.

Ho scritto email, ma senza avere risposta. Allora ho contattato il comune di Fiumicino tramite la messaggeria della loro pagina Facebook! Chi dice che i social media non servono a niente?

E lì ho avuto risposta tramite la messaggeria privata di Facebook. Mi hanno suggerito di chiamare il numero che risultava perennemente occupato... Gli ho scritto della futilità dei miei tentativi e mi hanno risposto fornendomi un altro numero da chiamare, un numero verde: 800.020.661. Risolto? NO! Il numero verde si può chiamare solo da telefoni fissi, chissà perché. Ed io, come tanti ormai, non ne ho più. Il telefono fisso è stato reso completamente obsoleto dalla tecnologia mobile, da anni.

Ho insistito, chiedendo un recapito email, e me lo hanno dato, sempre via Facebook, anzi me ne hanno dati due: info@fiumicinodifferenzia.it e assessorato.ambiente@comune.fiumicino.rm.it.

Ho scritto all'uno con l'altro in copia, il 28 settembre 2020, e tanto per essere sicuro ho usato la posta elettronica certificata, così ho potuto verificare che avessero aperto il messaggio. Dopo pochi minuti mi ha risposto l'ufficio dell'Assessorato Ambiente, Parchi, Verde pubblico e privato, Ciclo integrato dei rifiuti, Monitoraggio ambientale, Risparmio energetico, Demanio marittimo. Molte mansioni, ho pensato, per un singolo assessorato. Ecco la risposta:

Gentile signor Marco Carnovale, non ci risultano problematiche particolari del servizio prenotazioni per il ritiro di ingombranti. Le rimettiamo in allegato i contatti e gli orari previsti per richiedere il servizio e concordare l'appuntamento con la società, in indirizzo per conoscenza, che svolge il servizio. Cordiali saluti

Al che, non intendendo ricominciare la trafila delle telefonate a vuoto, risposi al gentile assessore:

A seguito corrispondenza in calce, quanto sarebbe possibile fissare un appuntamento per prelevare alcuni rifiuti ingombranti? Al telefono non risponde nessuno, sempre occupato da settimane.
Grazie per la disponibilità.


Finalmente l'assessorato mi rispose con una informazione utile:

La prima data disponibile è il 27 Ottobre.
Insieme alla lavatrice può mettere solo 2 mobiletti per via del limite quantitativo concesso.
Per fissare l'appuntamento abbiamo bisogno anche del Suo codice fiscale.
Cordiali saluti.


Dunque un mese di attesa, un po’ tanto ma almeno avevo una data certa.

In un altro messaggio mi si avvertiva che c'erano dei limiti a quanto potessi mettere in strada per il ritiro: ogni anno il pagamento della tassa mi dava diritto al prelievo e smaltimento di 5 metri cubi, e massimo 2 metri cubi per prelievo. Un elettrodomestico e un mobiletto piccolo a due ante, mi specificavano. 

Ed il resto? Avevo anche un grande frigorifero da smaltire, ed un paio di vecchi mobiletti scassati, oltre ad un piccolo scaldabagno elettrico anche lui da smaltire. 

Niente da fare, ho dovuto chiamare uno sgombracantine privatamente, e ovviamente pagarlo a parte. Per cose più trasportabili con un'auto, ma troppo grandi per entrare nei bidoni, farò un po' di viaggi in auto per Roma ed utilizzare uno dei cassonetti ancora disponibili per la raccolta indifferenziata nella città eterna. Non so se sia legale portare rifiuti da un comune all'altro, ma che fare?

21 May 2020

Film review: Naked Island (1960), by Kaneto Shindo, ****

Synopsis

Filmed on the virtually deserted Setonaikai archipelago in south-east Japan, Naked Island was made in the words of its director "as a 'cinematic poem' to try and capture the life of human beings struggling like ants against the forces of nature". Kaneto Shindo, director of Onibaba (MoC #13) and Kuroneko (MoC #14), made the film with his own production company, Kindaï Eiga Kyokai, who were facing financial ruin at the time. Using one-tenth of the average budget, Shindo took one last impassioned risk to make this film. With his small crew, they relocated to an inn on the island of Mihari where, for two months in early 1964, they would make what they considered to be their last film.

Naked Island tells the story of a small family unit and their subsistence as the only inhabitants of an arid, sun-baked island. Daily chores, captured as a series of cyclical events, result in a hypnotizing, moving, and beautiful film harkening back to the silent era. With hardly any dialogue, Shindo combines the stark 'Scope cinematography of Kiyoshi Kuroda with the memorable score of his constant collaborator Hikaru Hayashi, to make a unique cinematic document.

Shindo, who had worked with both Kenji Mizoguchi and Kon Ichikawa, shot to international fame with the astounding Children of Hiroshima (1952). Eight years later, the BAFTA-nominated Naked Island won the Grand Prix at Moscow International Film Festival (where Luchino Visconti was a jury member). It is now considered to be one of Shindo's major works, and its success saved his film company from bankruptcy. The experience of making Naked Island led Shindo to appreciate 'collective film production', and has been his preferred method of making films ever since. The Masters of Cinema Series is proud to release Naked Island for the first time on home video in the UK.


Review

A strange film in many ways: itis not a silent movie but all you hear is background noises and the desperate cry of a woman when she loses her son. Few other words are uttered in the film. The story of a couple and their two sons on an island off the coast of Japan in the immediate post-war years. They have to row their way to the mainland several times a day to fetch fresh water, take the kids to school, buy necessities.

It is a very repetitive film, with scenes of rowing and carrying buckets of water displayed over and over again, but in a way I think it has to be to depict such a lifestyle. Imagine how repetitive it must have been for real people who had to suffer through this. Having said that, it is perhaps a bit too repetitive!

Beautiful photography in black and white.



13 May 2020

Film review: A Separation (2011) by Asghar Farhadi *****

Synopsis

The stand out film of the 2011 Berlin Film Festival and winner of the Golden Bear, A Separation is a suspenseful and intelligent drama detailing the fractures and tensions at the heart of Iranian society.

Written and directed by Asghar Farhadi, the film boasts a range of superb performances from the ensemble cast who collectively received the Silver Bears for both Best Actor and Best Actress at the Berlinale.

The compelling narrative is driven by a taut and finely written script rooted in the particular of Iranian society but which transcends its setting to create a stunning morality play with universal resonance.


When his wife (Leila Hatami) leaves him, Nader (Peyman Moadi) hires a young woman (Sareh Bayat) to take care of his suffering father (Ali-Asghar Shahbazi). But he doesn't know his new maid is not only pregnant but also working without her unstable husband's (Shahab Hosseini) permission. Soon, Nader finds himself entangled in a web of lies manipulation and public confrontations. A Separation is the first-ever Iranian film to be awarded the Golden Bear.


Review

A universal story of family power struggle and love, all made more stressful by the strictures of Iranian society and Islamic rules. Never predictable, the plot keeps the viewer glued to the screen. Also an interesting peek into middle-class Iran, a category of professionals and white-collar workers that does not share much with poorer, more traditional and religious strata of society. In the end, one gets to reflect on the vault of truth: is it always a sin to lie?


19 March 2020

Film review: Children of Heaven (1997) by Majid Majidi, ****

Synopsys

The accidental loss of a pair of shoes causes problems for a young Iranian boy in this award-winning family drama from director Majid Majidi. After Ali (Mir Farrokh Hashemian) fetches his little sister Zahra (Bahare Seddiqi)'s pink shoes from the cobblers, they are accidentally picked up by a garbageman.

With his family in financial troubles, Ali decides not to tell his parents about the loss. Instead, he agrees to share his shoes with Zahra.

The plan is that she will wear them to school in the morning and return them to Ali at midday, so he can attend afternoon classes. However, the arrangement soon brings further hardships and it's not long before Ali is forced to consider an alternative solution.

In 1998, it was the first Iranian film to be nominated for an Oscar for best foreign-language film by the Academy.


Review

A lot of suspense in this movie with two children as protagonists of a story that takes us into the life of poor Iranians scraping a living at the margins of society. I see it as a celebration of family love as much as a not-so-indirect denunciation of social inequality in Iran. The two young actors are really talented! Very illuminating to look at the world, or at least at Iran, with the eyes of children who can find happy moments in adversity and overcome the odds.


31 December 2019

Film review: The Farewell (2019) by Lulu Wang, *****


Synopsis

In this funny, uplifting tale based on an actual lie, Chinese-born, U.S.-raised Billi (Awkwafina) reluctantly returns to Changchun to find that, although the whole family knows their beloved matriarch, Nai-Nai, has been given mere weeks to live, everyone has decided not to tell Nai Nai herself.

To assure her happiness, they gather under the joyful guise of an expedited wedding, uniting family members scattered among new homes abroad. As Billi navigates a minefield of family expectations and proprieties, she finds there’s a lot to celebrate: a chance to rediscover the country she left as a child, her grandmother’s wondrous spirit, and the ties that keep on binding even when so much goes unspoken. 

With The Farewell, writer/director Lulu Wang has created a heartfelt celebration of both the way we perform family and the way we live it, masterfully interweaving a gently humorous depiction of the good lie in action with a richly moving story of how the family can unite and strengthen us, often in spite of ourselves.

Review

A deep insight into traditional Chinese values and emotions. Definitely uplifting especially considering that it is liberally based on a true story. When do you tell the truth to someone who is about to die? In China, as in Italy, often the answer is never. In the US it is right away. One can argue for and against each way of doing it.


08 November 2019

Vecchio denaro in contanti e nonnine al Parco della Cultura

Al supermercato da solo, per fare la mia solita spesuccia personale di insalata che fa un po’ sorridere i miei suoceri: mi dicono che loro questa roba cruda la danno da mangiare ai maiali, non capiscono come faccia un essere umano a preferirla al cibo cotto. 

Ma dopo tanto mangiare cinese (che pur continuo ad amare moltissimo) per settimane e settimane, un'insalata verde a pranzo, cruda, croccante, possibilmente fresca di frigorifero (altra cosa che ho rinunciato a spiegare), con olio di oliva crudo, e pomodorini pure crudi, sale e pepe... ci vuole.

Oggi vedo una cosa che non c'era prima, o almeno non l'avevo notata: un bancone con un mucchio di mucchio di anatre affumicate, intere. Faccio in tempo a fare una foto poi si avvicina un'inserviente che mi dice non essere consentito fotografare le anatre. Tutto il resto della roba in vendita al supermercato sì, animali vivi compresi, ma anatre affumicate no. Inutile cercare di  capire il perché.

Compro la mia lattuga e pomodorini pachino (tipo) per la mia quasi quotidiana insalata ormai vado in automatico come un locale solo che sono sempre l'unico a pagare in contanti e non con il telefono come fanno tutti, ma dico tutti gli altri clienti. Mi sono anche iscritto a WeChat, la piattaforma di chat su telefono cellulare che consente anche di pagare, una specie di WhatsApp e GooglePay tutto in uno. Ho anche registrato la mia carta di credito acconsentendo all'uso dei miei dati personali secondo le leggi in vigore nella Repubblica Popolare Cinese (speriamo bene) ma non mi autorizza a pagare, è richiesta una carta di credito emessa da banca cinese.

Dovrò continuare a pagare con i soldi.

Pomeriggio a passeggiare per il Parco della Cultura. C'è poca gente, un lieve venticello autunnale mi accompagna mentre seguo il lungolago fino ad una pagoda dove mi siedo a leggere il mio kindle.

Qualche ragazzino si avvicina a osservarmi in dettaglio, ancora dopo tre anni che vengo a Guiyang, con vari mesi di permanenza accumulata, non ho visto uno straniero in giro, salvo un paio di amici italiani che ci sono venuti a trovare lo scorso febbraio.

Molte nonne con nipotini li sorvegliano attentamente. Anche alcune madri, poche per la verità, la maggior parte sono al lavoro. mentre le nonne però sono attente ai ragazzini, le madri (giovani e tecnologizzate) hanno gli occhi fissi sui telefonini, messaggiando amici o guardando video.

06 November 2019

Centro d'incontro per anziani

Oggi seguo mia suocera al suo incontro giornaliero con presso un circolo pubblico dove si organizzano attività collettive, soprattutto per anziani. Sono un paio di grandi locali a margine viale Ouyanghai, al piano terra.

All'ingresso ci sono macchinette per massaggio automatico ai piedi e al collo, sembra molto piacevole!



Ci soprattutto signore, direi tutte o quasi oltre i 60 anni, forse un paio di gentlemen nella sala che è strapiena e contiene un centinaio di persone.

Mentre tutti prendono posto, due schermi proiettano immagini di Mao Zedong su sottofondo musica esaltante, tra una marcia e un inno alla vittoria direi, ma non esageratamente marziale.


I partecipanti si accomodano su sedie di plastica a forma di uovo schiacciato in testa, sono bianche e viola di con riscaldamento aromatizzato incorporato. Molto piacevole data la temperatura sul freschetto, arriva l'inverno ed il clima continentale del Hunan non perdona!

Mi siedo ma mano mano che la sala si riempie mi rendo conto che ho preso la sedia di un arzillo vecchietto. Mi alzo subito per cedergli il suo legittimo posto e andare in fondo alla sala, oppure stare in piedi, ma il direttore ed il vecchietto mi fanno cenno di restare dove sono, si trova lui un altro posto, Molto gentili!

All'1.30 in punto comincia il programma di attività, proprio mentre il giovane direttore mi porta un bicchiere di plastica pieno d'acqua bollente che faccio fatica a tenerlo in mano tanto scotta! L'acqua in Cina è di solito servita calda, a meno di non chiederla specificatamente fredda.

Cantano battono le mani a ritmo con vari video di scene di danza e qualche paesaggio bucolico. Per qualche secondo appare un grande ritratto di Xi Jinping ma non mi pare ci sia un tema politico. All'immagine del leader segue quella di un pollo infilzato con siringhe e circondato da immagini di prodotti chimici. Mi spiegherà poi mia suocera che il tema di oggi era il mangiare in modo salutare, una bio-pubblicità insomma.

Una presentatrice con microfono dirige tutti, cantano, battono le mani a ritmo della musica e fanno una leggera ginnastica con le braccia. Mi pare un'ottima iniziativa per tenere questi anziani attivi fisicamente e socialmente.

Dopo un po' mi bolle il deretano, il caldo emesso dalla mia sedia ha raggiunto livelli oltre il comfort iniziale. La sala tutta è sui 28-30 gradi e infatti hanno acceso sei ventilatori che sono appesi al soffitto.

Alla fine mi si avvicina il direttore del centro e mi chiede a gesti se possiamo farci una fotografia insieme. Sono onorato e acconsento senz'altro, accomodandomi davanti al grande cartellone all'ingresso con posa un po’ pavoneggiante.

25 October 2019

Caffè a Chongqing

Proprio sotto casa c'è un bar, si chiama Lukin Coffee, dove servono cappuccini, moka e latte macchiato. Detta così sembra una banalità, e se fossimo in Italia lo sarebbe, ma a Chongqing è una sorpresa.

Si sa che i cinesi sono bevitori di tè, nonché di infusioni diversissime, di fiori, frutta ecc., ma generalmente non amano il caffè. Tutte le volte che provo ad offrirne ai miei parenti mi dicono che puzza di bruciato.

Dunque mi fa piacere trovare Lukin Coffee e oggi ho deciso di provarlo. Del resto non sono da solo Lukin ha aperto oltre 4000 negozi in Cina dal 2017 quando ha inaugurato il primo, a Pechino. Oggi ne ha più di Starbucks.

Ordino un Mocha, qui interpretato così: caffè, latte caldo e sciroppo di cioccolato, con polvere di cacao in cima e un po’ di panna. L'indaffaratissima barista mi dice, in inglese, di aspettare un momento perché ha molto da fare. Vedo infatti che le sono arrivati molti ordini via internet, e dopo qualche minuto cominciano a manifestarsi i fattorini che ritirano gli ordini.

In un quarto d'ora circa che sono stato nel locale nessun altro ha consumato sul posto. Un paio di persone hanno ritirato il caffè ordinato in precedenza (e che li aspettava da chissà quanto tempo, bisognerà che capiscano che il cappuccino va bevuto caldo) e vanno via. Tutti gli altri sono ordini da consegnare nelle case del circondario.

Lei ha preparato ogni ordine etichettando i bicchieri e mettendoli, ben chiusi, in buste di carta con attaccato lo scontrino. Quando arrivano a ritirare, pagano (ovviamente con il telefono e codice a barre, io sono l'unico obsoleto occidentale ad usare banconote) acchiappano la busta e filano via.

La ragazza lavora velocissima, sa usare la macchina con disinvoltura, qualche volta sembra incepparsi ma qualche schiaffetto e riparte. Dopo qualche minuto ricarica il serbatoio scaricandogli dentro un bustone di caffè in grani. Poi arriva un altro barista maschietto a darle una mano, anche se lui è decisamente più lento.

Dopo una decina di minuti mi prepara il mio (ottimo!) mocha, pago e vado via dopo aver scambiato qualche saluto in cinese, così tanto per far pratica. Costo dello scherzetto: 27 Rmb, 3 euro e mezzo! Caro il mio mocha, forse più che a Piazza di Spagna a Roma. Domani torno per un cappuccino, mi manca troppo, pagherò!

06 October 2019

Pranzo e polizia a Chongqing

Complesso residenziale moderno, quattro palazzi con 25 piani di sinuose linee curve, tutti con balcone, su cui si vedono panni stesi ad asciugare.

Molti terrazze sui palazzi sono verdi, alberelli ma anche orti di famiglia. Spesso si sentono molti cani che abbaiano, sempre meno cinesi li mangiano e sempre più se li portano negli appartamenti. Anche qui, come in Italia, non sempre i padroni evitano di dare fastidio al prossimo, con gli escrementi dei loro quadrupedi, il loro abbaiare a tutte le ore ed il lasciarli girare senza guinzaglio, liberi di leccare o impaurire chi si trovi a passare.

Alle 10 mi viene a prendere il sig. Wang, un ragazzo gentile che gestisce l'appartamento dove soggiorniamo per accompagnarmi alla stazione di polizia dove devo registrare la mia presenza in città. Ci tien a precisare che va fatto subito oggi, dato che siamo arrivati ieri. Lifang resta a casa, deve preparare gli ultimi dettagli per il corso che comincia domani. Sono leggermente preoccupato di mettermi nelle mani della polizia cinese da solo, e Wang parla pochissimo inglese.

Dopo dieci minuti di taxi siamo accolti da una rubiconda poliziottona che mi fa entrare, da solo, e mi accompagna in un ufficio dove c'è una collega in jeans, minuta e dal viso delicato di porcellana, che lavora ad un computer in compagnia di un orsacchiotto grigio. Mi chiede quando comincerò a lavorare, dando per scontato che un lavoro possa essere l'unico motivo che mi porta a Chongqing, non si immagina che sono qui per accompagnare mia moglie.

Anche mio suocero, quando lo verrà a sapere, sarà sorpreso: una moglie, o una madre, che accompagna il marito (o il figlio) per lavoro in un'altra città si può capire, ma non il contrario. Almeno il suocero ne sarà contento, lo leggerà come un segnale del mio amore per la figlia e per l'importanza del lavoro della stessa.

Comunque rispondo, in cinese, che mia moglie lavora, io cucino a casa. Il che è vero e poi conosco tutte le parole che servono a dirlo. Lei mi guarda e ripete le mie parole, poi sorride! È fatta.

La scena mi tranquillizza anche se la poliziottina non parla inglese. Decido che la cosa migliore sia di spiegare che mia moglie è cinese e forse sarebbe più facile se si parlassero direttamente fra loro. Nel frattempo arriva Wang, forse chiamato per dare spiegazioni. Comunque lei controlla il passaporto ed il visto, fa un paio di fotocopie, mi restituisce il passaporto tenendolo con due mani e sono libero, ufficialmente registrato!

Pranzetto di zuppa di spaghetti cinesi di riso con fettine di manzo. Sulla fotografia 4 grandi fettine ma nella scodella mi trovo quattro schegge, così chiedo alla cameriera che chiama la cuoca che mi dice di aver messo quattro pezzi. Col mio cinese maccheronico provo a dire che i 4 pezzi sì ci sono ma sono piccolissimi, loro confabulano un po’ e poi me ne portano altri due! Non so se provare più soddisfazione per il manzo recuperato o per essere riuscito a comunicare in cinese! E poi la zuppa ê molto saporita, 18 Rmb ben spesi.

Zuppa di spaghetti con manzo peperoncino e uovo sodo


serata ancora fuori, andiamo ad un "ristorante di carne bovina" e ordiniamo un hot pot (tradizione del Sichuan, di cui Chongqing fa culturalmente parte) di manzo. La cameriera accende il gas sotto un enorme wok che riempie di acqua minerale e ogni genere di verdure: pomodori, cavoli, yam, turnips, datteri, goji e una mezza dozzina di strisce di manzo.

04 October 2019

Grappa con mio suocero a Guiyang

Il rapporto con i miei suoceri non è facile, il che non costituisce in sé una grossa sorpresa. La difficoltà, anzi l'impossibilità, di comunicare se non tramite l'interpretazione di Lifang, è il problema minore. Forse magari rende le cose meno difficile e complicate. Loro non possono lamentarsi direttamente con me di nulla, io non posso dire mai una parola sbagliata al momento sbagliato, come probabilmente farei, come fanno tutti i generi, se potessimo parlarci. 

Ma il mio cinese è troppo limitato e poi studio il mandarino, mentre loro parlano rigorosamente in dialetto hunanese. Il mandarino lo capiscono, e mio suocero lo parla pure, ma mia suocera nulla. Ho imparato a dire qualche parola in dialetto, così tanto per fare, tipo quanto mi piace questo piatto cucinato da te, o come fa caldo oggi.

Il problema è che, anche se mi hanno accettato in famiglia dal 2015, quando Lifang mi ha presentato a loro, in realtà sono sempre un po' un corpo estraneo, soprattutto agli occhi dei parenti, cugini, zii, e poi degli altri clan del villaggio (il cognome Yan è condiviso da tutto il villaggio di Yan Jia, che vuol dire "la casa degli Yan", in pratica un grande clan anche se non sono tutti imparentati tra di loro a rigor di termine) la cui opinione conta più qualunque regolamento promulgato dal partito. Un po’ perché straniero, un po’ per la differenza di età.

Anche questo non mi dovrebbe sorprendere, era la stessa cosa con la mia famiglia quando avevamo contatti più frequenti con i parenti del sud dell'Italia. La decisione di fare qualcosa dipendeva da considerazioni come "ma che figura ci facciamo", oppure " ma che diranno i parenti?", o ancora "che penserà la gente?"

Però per me di tempo ne è passato, ed ora, come si dice a Roma, non me ne potrebbe fregare di meno di quello che pensano o dicono i parenti ed i vicini delle mie scelte di vita. Del resto i parenti ed i vicini neanche sanno molto di quelle scelte, quindi non hanno modo di farsi un'opinione di qualunque genere.

Ma nel villaggio tutti sanno ancora tutto di tutti gli altri. E anche di quelli che non ci sono ma che sono in qualche modo imparentati. Quindi un italiano "maturo" che sposa la stella ascendente del villaggio (mia moglie Lifang) fa scalpore. E quindi io ne devo restar fuori: non andare al villaggio ed avere contatti solo con alcuni sceltissimi parenti, quelli che comunque storceranno il naso ma forse meno di altri. 

Invece va molto meglio, almeno mi pare, con i vicini di casa di Guiyang, gente più moderna, ricca, forse anche un pochino più istruita. Non che siano particolarmente aperti o cosmopoliti. Nessuno di loro ha mai viaggiato fuori del paese, la maggior parte non ha mai lasciato l'Hunan, non parlano una parola di lingue straniere e fanno di tutto per tenere i figli vicino casa per gli studi e anche quando si sposano.

Però hanno un'idea che c'è un altro mondo, da qualche parte, là fuori. Intanto hanno la televisione e i giovani sono su internet dalla mattina alla sera. Veramente la televisione e internet ce l'hanno anche al villaggio di Yan Jia adesso, ma forse li usano meno, non sono sicuro.

Fatto sta che con i vicini di casa di Guiyang andiamo d'accordissimo, parliamo in mandarino (sempre con traduzione oppure con mie frasi molto semplici), scherziamo, ci scambiamo regali e ci portiamo cibo a vicenda attraversando il piccolo pianerottolo. 

L'altro giorno ho cucinato i bucatini alla carbonara e ho suonato al campanello, ha risposto Aiyi e gliene ho offerto un piatto fumanti, davanti all'ascensore, raccomandandole di mangiarli caldi! Era visibilmente contenta, non so se più per la novità gastronomica o la sorpresa.

Chissà forse un giorno passerà tutto. Forse andrò a Yan Jia. Forse quando avremo dei figli, se li avremo. O forse quando saremo tutti troppo vecchi e nessuno ci farà caso. Spero presto potrò vedere i luoghi dove è nata e cresciuta mia moglie. Potrò vedere la grande porta del villaggio con l'architrave su cui sono dipinti i ritratti di Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao. Ho il sentore che non saranno lì per sempre. Forse ci dipingeranno sopra quello di Xi.

Comunque mio suocero è molto simpatico, soprattutto quando condividiamo una bottiglia di grappa italiana portata qui da amici in visita dal Trentino. Anche mia suocera è (quasi sempre) simpatica, mi piacerebbe sapere quanto sono simpatico io a lei.

16 April 2019

Telefonata al Comune di Roma

Oggi ho chiamato il numero 060606, Comune di Roma, per avere alcune informazioni.

-Buongiorno qui il comune di Roma sono Daniela come posso aiutarla?

-Salve, sono proprietario di un appartamento a Roma ma risiedo all'estero, vorrei verificare la situazione dei miei pagamenti per la Tarsu [tassa per raccolta rifiuti].

-Non spetta a noi, posso passare la pratica al collega dell'AMA [azienda nettezza urbana capitolina] che la richiamerà entro dieci giorni lavorativi.

-OK il mio numero è 0044....

-Ah però non possiamo chiamare l'estero. Non ha un numero italiano?

-No, anche perché siamo in Europa e non c'è più roaming. OK allora chiamo io, mi dica chi chiamare, anche perché vorrei avere le informazioni più rapidamente di dieci giorni lavorativi.

-No non si può, dobbiamo chiamare noi anzi devono chiamare loro dell'AMA, ma non un numero all'estero, altrimenti deve venire allo sportello.

-Posso contattare l'addetto per email?

-No non si può, non siamo abilitati alla corrispondenza email dall'estero.

-Ma io ho un indirizzo Gmail, che differenza fa estero o no?

-No guardi se lei è all'estero le consiglio di andare allo sportello oppure mandare una persona di cui si fida.

-Ah dunque quelli che vivono a Roma li contattate per telefono o email, quelli che vivono all'estero devono prendere l'aereo e venire di persona. Va bene mi arrendo.

-Buona giornata, grazie per avere chiamato il comune di Roma siamo sempre a sua disposizione se ha bisogno di ulteriori informazioni ci chiami pure.

24 February 2019

Guiyang dining tables

As I walk to run some errands I notice several shops selling a unique piece of furnishing I have seen nowhere else. Heated coffee/dining tables which my family tells me are typical for Chenzhou/Guiyang, with whole shops devoted entirely to different models of the same: a sturdy table, higher than a coffee table but lower than a normal dining table, with a large central support and a thick flat base that hosts an electric heating unit.

People gather around on their sofas or stools and eat while keeping warm. An oversize table cloth/blanket is placed on top and falls on the diners' laps all around, trapping the heat inside and keeping everyone warm. ot at least the lower half of everyone. Prices range from less than 900 to over 5000 Rmb.

Today dinner at aunty's, they just bought a sparkling new apartment in a large complex just opposite ours. It is a building we visit often, as it hosts both the best supermarket in the neighborhood and our massage parlor.

The building is relatively new but for some reason the elevators were never properly finished so they look a bit like cargo lifts. Nonetheless the one we take is on the outer side of the building and has glass walls, so it's pleasant to have a view of the urban setting as we make our way up. I am always puzzled at how all the windows of all floors are heavily protected with metal bars. Usually I have seen that, in many countries, at the top floors, where thieves could get in from the terrace or roof, or at the bottom floors, more accessible to ill-intentioned strangers from the street. But here it is almost universal practice.

Some teenage kids smoke in the elevator as we walk inside, although it is obviously not allowed to do so. They calmly kill their cigarettes when they are done and leave the stub on the floor of the lift. When I look at them with obvious disapproval they tell my wife... he looks like a foreigner!

We sit around her heated table and chat about life in Guiyang, she says there is no theatre in Guiyang no concert hall, no entertainment really. We are not there yet. But I am sure we will get there: the money is flowing and the curiosity for new things is already palpable.

04 February 2019

On a liveaboard in Palau, away from home

Daniela (not her real name) works as a maid on the boat, she is from the Philippines, is 32, and misses her 12 years old son who is back home. Her husband is working in Saudi Arabia. She goes home once a year, Palau is not so far from the Philippines, to see her son.

But she can only meet her husband every four years as it's more difficult for him to take time off and Saudi Arabia is a much longer and expensive trip for him.

They are trying to get together and work in the same country so as to be able to have a normal family life with their son but not easy. However, "for now just have to be faithful and make sacrifices," she says.

Roxy, her colleague and one of the greatest masseuses ever, says it's better like this because she knows both of them and when they were together they were fighting all the time!

02 March 2018

Festival delle lanterne a Guiyang e ristorante Miao


Mattinata in piazza accanto alla zona pedonale. Molta gente a far festa, somprattutto anziani, ma sappiamo che in questa città ci sono soprattutto anziani e bambini. I giovani sono nelle grandi città a far soldi. Molti sono venuti qui durante le feste del capodanno che si concludono oggi, ma la stragrande maggioranza sono già ripartiti.

Per la strada, ad un certo punto, noto una lunga fila di cartelli bianchi, con scritture molto fitte che esortano a compiere buone azioni: studiare, aiutare gli anziani ecc. Lo trovo da una parte un po’ paternalistico, ma dall'altra anche socialmene utile. Sarebbe utile dappertutto, anche in Italia. Forse lo è soprattutto in Cina, dove il senso di solidarietà sociale non è molto sviluppato: c'è la famiglia e qualche amico, il resto non conta. Generalizzo naturalmente, ma mi è capitato molto spesso di sentire e vedere un attaccamento ai propri cari, soprattutto agli anziani, ed un'indifferenza per tutti gli altri.




Andiamo in un negozio a provare qualche vestito da matrimonio. Io e mia moglie ci siamo già sposati quattro volte (senza divorziarci tra l'uno e l'altro matrimonio) e vorremmo fare la quinta volta, magari in Italia o in Belgio dove abbiamo la maggior parte degli amici.

Mi provo un bel vestito rosso, mi sta bene. Ma è un po’ caro, mia moglie mi dice lo compreremo altrove. Hanno anche un bel cappello tradizionale cinese, di quelli con il codino che si vedono nei film della dinastia Qing. Ma secondo mia moglie non vanno più di moda, oggi i cinesi si sposano con un bel cappello occidentale a tese larghe. Io invece lo voglio proprio perché non è di moda. Del resto ci siamo sposati in Cina due anni fa vestiti all'occidentale, perché non dovremmo sposarci in occidente vestiti alla cinese? Penso la discussione si protrarrà nel tempo ed ho già un vago presagio di come andrà a finire. Ma ci provo.

Il negozio vende anche lenzuola da sposi, rigorosamente rosse, molto soffici, alcune di seta. Costano sui 6000 Rmb, tre mesi di stipendio medio qui! Mi piace il fatto che abbiano tutte quattro paia di federe per cuscini. Otto cuscini per letto, tutti rigorosamente rossi. Ma le lenzuola le abbiamo già, ce le hanno regalate i miei suoceri due anni fa quando ci siamo sposati per la seconda volta, a Sanya. Anche se con un solo paio di federe per cuscini.


Riconsegnati i vestiti andiamo a comprare un po’ di bevande alcoliche. Qui è consentito, anzi è cosa normale e molto comune, comprare vino o distillati al supermercato e portarli al ristorante, senza pagare alcun diritto di "corkerage".

Sulla strada ci imbattiamo in un pizzettaro. Un bugigattolo che sforna pizze all'apparenza molto simili a quelle che troviamo in Italia nelle pizzerie al taglio o da asporto.

Al supermercato sotto casa ci sono soprattutto vini cinesi, di prezzo variabile ma comunque non economici, e in qualche caso decisamente cari, fino all'equivalente di oltre 100 euro. Poi alcuni vini francesi totalmente sconosciuti, qualcosa dal Cile e praticamente null'altro. L'anno scorso ce n'erano anche di italiani ma non li vedo più. Ogni volta che torno ci sono sempre meno bottiglie, e cibarie, dall'estero.

Forse la clientela borghese di Guiyang non è molto curiosa a tavola. Compriamo un paio di bottiglie di vino cinese, vedremo.

Per stasera un amico ha affittato una stanza in un ristorante al secondo piano di un palazzo. Cosa normale qui per i ristoranti trovarsi non al piano terra, accessibili dalla strada, ma ai piani superiori. (Invece medici e dentisti spesso hanno lo studio al piano terra con porta che dà direttamente sulla strada.)

Il ristorante è specializzato nella cucina della minoranza dei Miao. O almeno lo era, adesso fanno di tutto. Ce ne sono molti intorno a Hunan adesso, ma questo è nuovo a Guiyang. I Miao sono una delle minoranze più conosciute della Cina e vivono in gruppi sparsi in molte province, ma soprattutto in una decina. L’Hunan ha il secondo gruppo più numeroso, circa 1,7 milioni di persone, ovvero quasi il 3% della popolazione della provincia. Solo l’adiacente provincia di Guizhou ne ha di più. Ne avevamo visti molti nell’Hunan occidentale due anni fa, questa è la prima volta qui a Guiyang. Sono lieto di vedere che la ricchezza delle minoranze sembra essere ancora una volta riconosciuta come una risorsa del Paese, almeno per far soldi, basta che non mettano in discussione di essere “cinesi”.

Il cibo viene servito nel solito tavolo girevole "lazy Susan" ed è piuttosto vario, ricco e, naturalmente, piccante! La gente mangia, beve, ride e persino fuma sigarette, tutto in una volta. La maggior parte degli uomini beve molto. Liquore di riso cinese. Bevono un bicchierino alla volta e per dimostrare il loro punto ogni volta girano il bicchiere vuoto nell'altro in modo che tutti possano vedere all'interno che è vuoto. A volte lo capovolgono per mostrare che non è rimasta una goccia. Ne bevo due o tre, poi mi fermo. Non mi piacciono questo tipo di competizione, che comunque non potrei mai vincere. Sorprendentemente, nessuno si ubriaca e alla fine della serata torneranno tutti a casa (o anche in macchina) senza alcun problema. Pensavo che i russi e gli ucraini fossero i più accaniti bevitori, o forse i polacchi, ma gli hunanesi potevano affrontare qualsiasi europeo dell'est!

Quattro signore in costume Miao fanno il giro del ristorante e visitano ognuno dei tavoli riservati e versano bevanda dolciastra e leggermente alcolica in una caraffa e da lì in una tazza posizionata sulle labbra dell’ospite d’onore, che deve berla tutta su! Al nostro tavolo, ovviamente, sono io! In realtà mi piace la bevanda, anche se non è così facile ingoiare tutto ciò che serve per avere un bell'aspetto, ma alla fine riesco a farlo ed evito l'imbarazzo!

Nel frattempo i bambini delle famiglie presenti giocano intorno al ristorante. Sono pieni di energia e non sembrano preoccuparsi che si stia facendo tardi.

Sulla via del ritorno a casa, alla fine del pasto, i bambini sono saltati su un palco di strada che è stato allestito per un festival jazz che inizia domani. Peccato che perderemo il festival perché dobbiamo partire, ma è divertente vedere i bambini ballare stasera! 

Ed è bello vedere il jazz mettere radici in Cina, non è stato uno dei preferiti nel paese per ora, anche se sempre più disponibile nelle grandi città. Immagino, ma non ne sono sicuro, che un vantaggio per il jazz sia che di solito non è politicamente controverso come altri generi e quindi non è soggetto a nessun tipo di censura o restrizione. (La cantante islandese Björk è stata bandita dalla Cina quando ha menzionato il Tibet in una delle sue apparizioni.)

Mentre li teniamo d'occhio, un amico ci ha comprato una bibita fresca, una specie di frappè con perline di pasta di alcuni fagioli. Abbastanza nuovo per me ma rinfrescante e gustoso, ottimo per concludere la serata!

Il vino cinese che abbiamo comprato è deludente, pagato in media sui 250 Rmb (20 euro circa) e non li valgono affatto.

23 September 2017

Film review: Farewell my concubine (1993) by Chen Kaige, *****

 Synopsis

The film gives a most interesting overview of China's history in the XX century through the eyes of Peking opera actors. We see the country moving from the fall of the Qing Empire (the last eunuch is still around for a long time after the advent of the Republic), through the Japanese invasion, the civil war and the various phases of the Communist rule.

Two boys are educated to play two classical roles in the Peking Opera, one masculine and the other effeminate. They are so good at it that they play the opera together for their entire career: during the chaos of China after the fall of the Qing Empire, during the Japanese occupation, the brief Nationalist takeover, the Communist take over, the Cultural Revolution.

Gong Li becomes the wife of the masculine actor, and as such created serious, and ultimately unsolvable, dilemmas in the mind of her husband, with tragic consequences.






Review

In this film the character Douzi represents in many ways the real life of the actor Leslie Cheung. Douzi was gay and struggled to be accepted in the society of his time, and so was Cheung in real life. He is however successful professionally and admired for that, and so is Cheung, the first Hong Kong actor who acted in a mainland China film. And the real life of Cheung represents Douzi's role in the film: he can't take the pressure any more and ends up committing suicide. Beautiful costumes!

A courageous masterpiece by Chen Kaige, a pillar of Chinese film in the XX century. He addressed the controversial issues of homosexuality and the Cultural Revolution in a film before anyone else dared to do so in the People's Republic of China. For this "farewell my Concubine" was banned shortly after its release in 1993, only to be cleared by the censors a while later in an abridged form.

This was the very first film from the People's Republic of China to win the Palme d'Or at the Cannes Film Festival.

See my other reviews of films about China here on this blog.

















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