27 October 2015

Recensione: Pillole di Cina (2013), di Massimo Donda, ****

Sinossi

Lo scritto “la Cina in pillole” non vuole essere un libro, ma una serie di appunti, utili per meglio comprendere. Esso nasce da una passione, quasi un innamoramento, dell’universo sinico da parte dell’autore causato da oltre 20 anni di frequentazioni e da rilevanti letture. Tanto da considerarsi occidentale fuori, ma “cinese” dentro.

L’autore ha voluto affrontre l’argomento Cina da moltissime angolature. Approfondendo la parte storica, sempre pero’ “utilizzandola” per meglio chiarire le forti influenze sul presente. Approfondendo la parte sul pensiero cinese (la “filosofia”) perché  fondamentale non tanto per una miglior comprensione ma proprio per “la” comprensione delle differenze tra la mentalità occidentale e quella sinica.

Parte rilevante hanno i capitoli sul diritto in Cina e sulla storia e sul pensiero filosofico che stà alla base del diritto. Si parla anche della vastità della geografia cinese e dell’importanza dei flussi migratori e turistici cinesi all’estero. Un accenno perfino al bon ton e alle principali regole di comportamento laddove differiscono con quelle occidentali, per non creare imbarazzi reciproci.

L’autore, fedele alla propria sinizzazione, non nasconde nemmeno l’uso disinvolto, per la mentalità occidentale, della copia: infatti applica alla lettera il detto di Confucio che disse:”Io tramando non creo”.


Recensione

Interessante il libriccino di Donda. Il titolo è molto azzeccato. Non si tratta di una narrazione organica infatti, ma di una pioggia di informazioni che vengono lanciate al lettore curioso. Si spazia, senza ordine e senza un filo conduttore, dalla politica alla filosofia, dall'arte all'educazione, dall'istruzione pubblica all'economia all'agricoltura alla geografia e via così, in un lunghissimo soliloquio da maratoneta.

La quantità delle informazioni è enorme, la qualità è diseguale. Si percepisce come in alcuni argomenti l'autore sia più ferrato, in altri molto meno. Una imperdonabile ripetitività mi ha quasi fatto smettere di leggere in svariati punti del libro, ma alla fine sono arrivato all'ultima pagina e lo consiglio, magari per una lettura spesso più veloce che attenta.

Una valanga di informazioni, disordinata e spesso ripetitiva, ma utile e divertente!


Altri libro sulla Cina che ho recensito in questa piccola bibliografia.

04 October 2015

Sake Master Class, Londra


Confesso che mi ero iscritto alla Master Class sul sake organizzata dall’Associazione Italiana Sommelier a Londra con un misto di curiosità e scetticismo. Come la maggior parte dei colleghi sommelier presenti, avevo bevuto sake in numerose occasioni. Ma questo era avvenuto esclusivamente presso ristoranti giapponesi, abbinandolo con soddisfazione a sushi o tempura, ma senza un criterio sistematico. Come se per il sake non valessero i parametri di abbinamento - concordanza e contrasto - che abbiamo imparato ad applicare quando sposiamo un vino ad una pietanza occidentale. Sake dolce o secco, aromatico o fruttato, più fresco o più morbido, servito a quale temperatura? Ci mancavano gli strumenti per prendere le decisioni migliori.

With colleagues during the master class
Al nostro arrivo siamo stati accolti da Andrea, Federica e Armando, gli organizzatori del Club AIS di Londra, nonché da un centinaio di bottiglie di sake perfettamente allineate in ordine progressivo di servizio dietro lo schermo predisposto per la proiezione di Jonathan Beagle, simpatico inglese con lunga esperienza nipponica ed esperto di sake. Il tutto sotto il vigile coordinamento di Akimitsu Takata, responsabile di Japan@UK, un’azienda che si propone di valorizzare i prodotti del sol levante nel Regno Unito.




La frizzante presentazione di Jonathan è stata intervallata dagli assaggi di sake, che a mano a mano ci venivano versati nei bicchieri. La degustazione è molto diversa da quella del vino. In primo luogo non c’è l’analisi visiva: il sake è trasparente. Se non lo è vuol dire che il tempo lo ha leggermente scurito durante un affinamento in bottiglia magari non perfettamente conservata. Ma il sake non deve mai aspettare, è concepito per essere bevuto appena imbottigliato, pochi mesi dopo la produzione. Infatti la data indicata sulle bottiglie è quella dell’imbottigliamento e non del raccolto.


Jonathan Beagle
L’analisi olfattiva è più semplificata rispetto alla cosmologia di sentori che possiamo ricevere da un calice di vino complesso. Infine l’analisi olfattivo-gustativa, l’unica veramente rilevante per il sake. Qui i parametri in gioco sono più numerosi, e si può applicare, con qualche adattamento, la categorizzazione AIS sull’equilibrio tra sensazioni morbide (dolcezza, pseudo-alcolicità e morbidezza) e dure (solo acidità e sapidità, non ci sono tannini). La gamma dei sapori e degli aromi che emerge ad un assaggio attento è sorprendente, anche se non diversificata come quella del vino. Meno complesso del vino dal punto di vista organolettico, il sake presenta però una maggiore gamma di temperature per essere gustato, che può variare dai 5 gradi centigradi fino a 60!

Da notare come il risultato di un buon sake è opera soprattutto del produttore e meno di madre natura. Esistono infatti diverse tipologie di riso (i “vitigni” del sake) e di terroir, ma in entrambi i casi i produttori di sake non possono disporre della panoplia di strumenti a disposizione del vignaiolo e dell’enologo. Elementi fondamentali sono qui il koji, una muffa che serve a produrre zucchero dagli amidi del riso, e poi i lieviti per la trasformazione dello zucchero in alcol. Su questi si fa valere la maestrìa del produttore.




Come il vino, il sake ha una storia plurimillenaria alle spalle ed un futuro radioso davanti, e per entrambi i rispettivi produttori tendono a provilegiare la qualità rispetto alla quantità. Sconosciuto in Occidente fino a poco tempo fa, oggi viene scoperto dai sommelier di tutto il mondo per la sua grande flessibilità negli abbinamenti con il cibo della cucina internazionale. Durante la manifestazione di Londra siamo persino stati stupiti dal felice abbinamento del sake con la bestia nera del vino: il carciofo!

Federica e Andrea della UKSA

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Grazie ad Armando Pereira per le fotografie.