Viaggiare non serve tanto a scoprire nuovi paesi, scrisse una volta Proust, ma a cambiare il modo con il quale si guarda al proprio. Ed è proprio vero, nei miei viaggi ho avuto modo di conoscere l’Italia, anzi gli Italiani, come mai mi era capitato prima, sia perché in Italia avevo vissuto sempre e solo a Roma, sia perché ho passato gran parte della mia vita all’estero.
Per questo motivo ho fatto per anni l'accompagnatore di gruppi di turisti italiani.
Infatti, un pregio impagabile di viaggiare con gruppi di italiani è che essi fungono da grande pentolone, dove si fondono le realtà più disparate del nostro belpaese, un vero “melting pot” direbbero in America. Nei miei gruppi ho avuto la fortuna di dividere camere, bus, jeep, tuk tuk, risciò a pedali, aeroplani, piroghe, e naturalmente tavolate imbandite con partecipanti provenienti da quasi tutta Italia, di tutte le età, delle professioni e mestieri più disparati, con retaggi culturali e sociali diversissimi fra di loro. Questo mi ha arricchito forse quanto aver conosciuto i paesi che ho visitato.
Purtroppo però, i gruppi di italiani sono spesso anche un ricettacolo per annoiati, separati, stufati, mollati, scaricati, e sfigati vari che ricorrono al gruppo perché gli è venuta a mancare la fonte di sostegno primario nella vita di coppia, o in famiglia, e non sanno o non vogliono organizzarsi viaggi per conto proprio, o che comunque sperano di trovare nel gruppo quanto serve a sostituire il sostegno perduto altrove.
Questo tentativo patetico trasforma il curioso viaggiatore in un ridicolo avventurista, sfigatello, tristanzuolo, un po’ depresso forse e qualche volta, a seconda dei casi, anche un po’ irascibile... uno sfigavventurista! Questo è stato, in parte, anche il mio caso personale, dunque con cognizione di causa esorto noi tutti a voce alta... siamo viaggiatori, non sfigavventuristi! Lo svigavventurismo: se lo conosci, lo eviti; dunque, cerchiamo di capire di cosa si tratti.
Com’è fatto uno/una sfigavventurista? Proviamo a descriverne le caratteristiche fondamentali, sono sicuro che ne avrete incontrati nei vostri gruppi. Non importa da quale parte d’Italia venga, che età abbia, o che professione eserciti, ci sono caratteristiche comuni che rendono giuristi e garagisti, analisti e anestesisti, commercialisti e camionisti, psicanalisti e parquettisti, estetisti ed elettricisti... semplicemente sfigavventuristi!
Lo sfigavventurista è innanzitutto un esteta, infatti trova sempre l’aggettivo giusto per definire le caratteristiche dell’oggetto del suo osservare, che sia esso un complesso architettonico o archeologico (“bello!”), un bambino denutrito che si rotola nel fango (“bellissimo!”), un tramonto infuocato (“molto bello!”), un cane randagio che gli lecca le scarpe (“bellino!”), uno spettacolo di danza folklorica (“bello bello bello!!!”).
Lo sfigavventurista è animalista, dunque vuole che gli animali siano sempre trattati bene. Si oppone quindi fermamente alla caccia ed alla pesca (poi però si mangia carne e pesce, nonché ovviamente le uova) e crede fermamente che tutte le vite degli animali debbano essere rispettate (poi però stermina senza pietà zanzare, bacarozzi, ragni e quant’altri animali, soprattutto quelli che hanno avuto la sventura di essere poco valorizzati da Walt Disney nei cartoni animati, si cerchino onestamente di procacciare il cibo nei suoi paraggi o sulla sua cute). Questo nei casi migliori, un po’ di ipocrisia ma alla fine il buon senso prevale.
Nei casi peggiori lo sfigavventurista vorrebbe salvare la vita non solo agli scarafaggi che si aggirano nei suoi bagagli o alle mosche che banchettano sul suo panino, ma anche ai parassiti più pericolosi come come per esempio le locuste che a miliardi divoravano
Lo sfigavventurista è politicamente impegnato, è un idealista; spesso, è comunista. Oppure è stato comunista in passato, o simpatizza in qualche modo con i comunisti, o quantomeno pensa che il comunismo non sia stato una delle più grandi sciagure che abbiano afflitto l’umanità (come pensano quasi tutti i poveretti nei cui paesi è stato sperimentato), ma semplicemente che non sia stato ancora messo in pratica come si deve, ma che un giorno sicuramente lo sarà, magari in Italia. A Cuba, in due settimane, avendo chiacchierato con decine di persone, non ho incontrato neanche un comunista cubano, ma in compenso ne avevo tre o quattro italiani nel gruppo che accompagnavo.
Come corollario di questo credo, lo sfigavventurista pensa che tutti i mali del mondo, a parte gli uragani ed i terremoti, siano da attribuire all’America o alle multinazionali – e alle multinazionali americane in particolare. Ma anche gli uragani ed i terremoti, in quanto riconducibili a cambiamenti climatici e smottamenti tettonici causati, rispettivamente, dall’inquinamento delle multinazionali e dagli esperimenti nucleari, sono, forse forse, colpa degli americani pure loro...
Lo sfigavventurista è arrivista... infatti quando si arriva in albergo, in campeggio, in lodge, si precipita per arrivare prima ad accaparrarsi la camera migliore. Ho imparato a farmi dare tutte le chiavi dalla reception e poi distribuirle io. In bus si piazza sul sedile più comodo e se riesce a farla franca occupa quello accanto a lui con lo zaino. I peggiori li incontri in barca, quando sgomitano per infilarsi nella cabina più comoda. Ho imparato a visionare prima io la barca e poi assegnare le cabine, magari con sorteggio.
Lo sfigavventurista è un igienista, infatti durante il viaggio si lava tutte le settimane, ovunque si trovi nel mondo, spesso anche con il sapone e a volte persino con lo shampoo – preferibilmente non prodotto da una multinazionale. Inoltre si cambia la maglietta almeno con la stessa frequenza con cui si lava, per cui non lascia mai che il lezzo del suo sudore si spanda per distanze superiori ai 100-150 metri (in assenza di vento ovvio, ma se c’è vento e questa distanza dovesse aumentare che colpa ne ha lui/lei?).
Lo sfigavventurista è materialista. Lesina a spendere un euro in più per mangiare meglio, o per dormire in un albergo senza pidocchi, ma non esita a sfornare bigliettoni a palate per farsi abbindolare dal primo bancarellaro di turno al "mercatino tradizionale" del paese per portarsi a casa paccottiglia finta, falsa o Made in China.
Però lo sfigavventurista è materialista solo per quanto lo riguarda personalmente, non per gli altri. Quando vede un paese in via di sviluppo che abbandona le stufe a carbone in casa per quelle a gas si dispiace perché si perdono le tradizioni. Quando vede tetti di plastica ondulata sostituiti da tegole si rammarica perché erano così carine. Quando vede case di mattoni dove prima erano di mattoni di fango si dispera perché snaturano il paese.
Quando poi vede antenne paraboliche, lui che a casa guarda la televisione tutti i giorni, si strappa i capelli perché, oltre a deturpare il paesaggio, sono canale per contaminazione culturale dall'Occidente (e soprattutto dagli americani).
Per non parlare delle antenne della rete cellulare: lo sfigavventurista, dopo aver finito di mandare messaggini a casa in Italia, maledice chi ha autorizzato questo stupro della natura, che oltretutto rende i ragazzi dipendenti dal telefonino ed impedisce il contatto diretto tra le persone del villaggio.