17 August 2007

13° g - 17 AGO: Volo per Ha’apai e trasferimento in barca a Esi-‘o-Ma’afu

Arrivati a Ha’apai in volo da Vava’u troviamo a prenderci Jürgen, il proprietario di Sandy Beach, il resort dove andremo fra tre giorni. Devo sottolineare che il nostro soggiorno qui è stato reso possibile dalla cooperazione di Peta, la segretaria tongana di Jürgen, senza la quale non sarebbe stato possibile stabilire un contatto con Kalloni, la proprietaria di Esi. Infatti a Esi non c’è email, il telefono funziona un giorno si e tre no, e l’ufficio del turismo tongano che dovrebbe fare da collegamento è completamente inutile, rispondono quando gli va e non hanno combinato nulla. Stavo per rinunciare ad Esi ed allungare soggiorno a Sandy Beach, ma, contro i propri interessi economici, Peta mi ha aiutato con mille telefonate locali a prenotare Esi. Le abbiamo portato una bottiglietta di profumo dall’Europa. Jürgen gentilmente ci porta tutti dall’aeroporto al porto, dove ci attende un barchino di Esi-‘o-Ma’afu. Molto gentile! Sistemiamo tutti i bagagli nel gavone di prua e dopo una traversata di un’ora abbonante arriviamo ad Esi.



Il soggiorno ad Esi è stato magico, veramente un’immersione nella società tongana presso una famiglia che ci ha accolti con grande calore. Sistemazioni spartane, bagni in comune, ma posto da cartolina proprio sulla spiaggia, un’infinita spiaggia bianca tutta per noi. Due compagni di viaggio ritengono il posto non sufficientemente confortevole e se ne vanno con la barca che torna in paese a cercare sistemazioni più comode, e saranno seguiti da altri due domani. Peccato per loro... si perdono la parte più interessante del viaggio dal punto di vista umano e culturale. Li rivedremo a Sandy Beach il 20.

Appena arriviamo ad Esi scendiamo dalla barca a qualche metro dalla riva, ci scarichiamo i bagagli e sono un po’ stupito che non ci sia nessuno a darci il benvenuto. Un maialino legato ad una zampa con una lunga corda fissata ad un alberello grugnisce un po’ nervosamente. Dopo un po’, piano piano, cominciano a venir fuori i componenti della famiglia che gestisce la pensione, e che vorrei cogliere l’occasione di presentare.

Kalloni, la mamma, vedova del fondatore che è morto nel 2001. Aveva il cancro, ma si rifiutava di farsi curare dai medici, accettava solo “medicine tradizionali” fatto con essenze vegetali, che in realtà, secondo Kalloni, erano tossiche e gli hanno fatto peggio. Anche il cognato medico non riuscì a convincerlo a farsi curare in ospedale. Ora è lei a gestire tutto qui.

Kepu, cognato di Kalloni, fratello del marito. Insegnante di geografia e biologia alla scuola di Pangai, viene qui nel fine settimana a dare una mano. Ha anche avuto una borsa di studio neozelandese per studiare all’università delle Figi (non ci sono università a Tonga).

Kapeta, figlio di una signora che per prima costruì Esi, poi morì quando lui era ancora bambino e Kalloni lo adottò con il marito. Ora la considera come una mamma e torna sempre qui per le vacanze. Ora si è sposato e vive ad Auckland, sua moglie è Samoano-tongana e così i figli imparano il tongano, il samoano e l'inglese.

Lesieli (14 anni) e Ileta (11 anni) figlie di Kalloni.

Il resto del pomeriggio lo passiamo sulla spiaggia, passeggiate, nuotate. L’oceano è piatto, liscissimo. Si potrebbe vedere il tramonto ma alcune nuvole dispettose ci nascondono il sole per gli ultimi minuti della sua discesa in mare. Un pescatore si avvicina e mi regala una bella conchiglia, faccio per ringraziarlo ma mi accorgo che è sordomuto, per cui devo farmi capire a gesti!

Verso ora di cena vediamo la famiglia che si comincia a dare da fare in cucina. Preparano il forno “umu”, nella sabbia, dove cucineranno yam, kassava, pollo, maiale e pesce vario protetto da grosse foglie verdissime. Un vechietto prepara le noci di cocco vicino alla cucina, grattugiano la polpa. Mentre procedono le cotture a tavola cominciano ad arrivare pesce pappagallo crudo al latte di cocco, fagioli, papaya cotta. Succhi di frutta con limone e tamarindo.

Molti cani in giro, Kapeta mi spiega che qui li usano per cacciare i maialini selvatici, di cui è piena l’isola e che sono la carne preferita nella dieta tongana. I maiali selvatici sono comunque troppi, fanno molti danni alle piantagioni di yam di cui sono molto ghiotti! Benedetto, che comunque non va pazzo per il pesce crudo al latte di cocco, si intrattiene con Kapeta a parlare di rugby (lo sport nazionale) mentre il maialino finisce la cotture nell’umu. Dice Kapeta che molti giocatori di rugby tongani vanno a cercare fortuna nel campionato neozelandese, ma tornano in patria se hanno la possibilità di giocare nella nazionale. Una volta è capitato che due fratelli tongani hanno giocato uno contro l’altro in una partita di torneo, uno nella squadra tongana ed uno per la Nuova Zelanda dove era stato naturalizzato!

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