19 August 2017

Hong Kong: Stanley, Aberdeen e Lamma

Oggi decidiamo di andare sul lato sud dell'isola di Hong Kong. Viaggio in taxi di una mezz'oretta, molto economico. Prima tappa Stanley. Lunga passeggiata sulla "boardwalk", un camminamento lungo il litorale che passa davanti a ristoranti e negozi, luogo di incontro di locali soprattutto in una bel sabato soleggiato come oggi. Fa caldo ma non troppo, veramente piacevole con la lieve brezza di mare che muove l'aria.

Un mercatino delle pulci non è di grande interesse, paccottiglia da due soldi e zero qualità. Dopo aver bruciato un quantitativo ragionevole di calorie ci fermiamo per un pranzetto all'aperto da Lucy, un ristorantino microscopico sul boardwalk da cui possiamo vedere il mare quasi a 180 gradi. Una fila infinita di navi portacontainer ci sfilano davanti ininterrottamente, Hong Kong, nonostante la concorrenza di Singapore e quella più recente degli altri grandi porti cinesi, rimare un centro commerciale di prima classe.

Lucy ci propone agnello e pollo arrosto, decidiamo di prendere entrambi e dividerceli. Ottimi, succulenti entrambi ed il pollo in particolare si presenta coperto da una pelle croccante, abbrustolita alla perfezione. Una birra belga, la classica Stella, servita ben ghiacciata completa un perfetto ristoro per 100 dollari HK a testa.

Più del pranzo ci costa, poco dopo, una noce di cocco che aprono davanti a noi, dicono che viene dalla Tailandia. Non è freschissima, forse il trasporto non è stato fatto a regola d'arte. Difficile trasportare cibi freschi a queste temperature immagino.

Un vecchietto con la chitarra canta senza interruzione per ore, sotto un albero. Non ha difficoltà ad intonare qualche canzone che gli chiedono i passangi. Soprattutto canzoni cinesi, ma anche americane, soprattutto Country and Western. Indice di Hong Kong cosmopolita. Gli metto molto volentieri qualche moneta nel cappello, e mi ringrazia con un cenno della testa.

Una signora che sembra una hippy venuta dagli anni sessanta del XX secolo sta sotto un altro albero e fa enormi bolle di sapone, i bambini che passano corrono per acchiapparle divertiti. Ma non vedo nessuno dei loro genitori che le allunga monete!

Verso metà pomeriggio prendiamo un altro taxi per Aberdeen, la principale città sul versante sud di Hong Kong. Il nome viede da George Hamilton-Gordon, 4° Earl di Aberdeen, già primo ministro britannico (1852-1855) ma è rimasto invariato dopo la restituzione di Hong Kong alla Cina, anche se pare molti locali la chiamino "piccola Hong Kong".

Prima della colonizzazione britannica Aberdeen si chiamava Hong Kong, è qui che il nome attuale dell'isola, che vuol dire "porto fragrante" ha origine. Infatti nei secoli arrrivavano qui dalla terraferma i tronchi tagliati di fresco di alberi di incenso (Aquilaria sinensis) destinati all'esportazione, che spandevano il loro proverbiale profumo in tutto il porto. I giapponesi, durante la loro breve occupazione durante la seconda guerra mondiale, si preoccupavano di cancellare i nomi inglesi e la chiamarono Moto Honk Kong, che vuol dire "origini di Hong Kong".

Passeggiata lungo il porto dove sono ormeggiate migliaia di barconi da pesca colorati. Lo chiamano il "villaggio galleggiante", la gente ci vive. Ci sono anche ristoranti.

Mentre scatto qualche foto una vecchietta sui 70 e oltre, forse anche 80, si avvicina a piccoli passi e, senza profferire parola, mi fa vedere un pezzetto di carta. C'è scritto, in inglese, a caratteri colorati, che lei è proprietaria di un "sampan" di legno e che ci potrebbe portare in giro per il porto. Mezz'ora per 60 dollari di HK, 100 per un'ora, a persona. Negoziamo 100 dollari per mezz'ora per tutti e due.

Mi siedo a prua per fotografare. Il paesaggio che ci si presenta è intrigante. Vecchi barconi di legno tradizionali riempiono gli angusti specchi d'acqua tra le banchine, e come sfondo una folta schiera di grattacieli di Aberdeen. Bei colori, saturati dal sole che comincia a tramontare. Incrociamo altre barche che portano in giro i turisti, tutte guidate da donne, ma la nostra vecchietta ci piace di più. Parla pochissimo, ogni tanto sorride, ma guida il suo sampan con sicurezza tra un molo e l'altro, seduta a poppa su una sedia che appartiene più ad un salotto che ad una barca, con la barra del timone in mano.

La nostra marinaia si destreggia abilmente tra le banchine, ci porta in lungo e in largo per il porto. Tante barche da pesca, mediamente alquanto malconce, e neanche troppo pulite, ma a loro modo affascinanti, portano alla memoria tempi andati quando i piccoli pescherecci erano la vita dei porti.

La prospettiva dal mare è ovviamente diversa, siamo più bassi e i grattacieli sembrano più alti. Passiamo davanti all'enorme ristorante galleggiante appropriatamente chiamato "Jumbo", dicono che si mangi bene ma io diffido di cucine che servono parecchie centinaia di persone alla volta.

Finito il giro la signora ci riporta al punti di partenza, si sta facendo tardi ma pensiamo di andare in traghetto a Lamma, un'isola poco lontana, conosciuta per i tanti ristorantini di pesce sul lungomare. Da lì torneremo a Central dopo cena. In teoria.

In pratica, il traghetto ci fa aspettare, e ne approfittiamo per fare due passi nell'adiacente mercato del pesce, che sta per chiudere. Come spesso, anzi quasi sempre in Cina, il pesce è tutto vivo, tenuto in bella vista in acquari di vetro pieni di acqua di mare e ossigenati da mille pompette che emettono un delicato fruscio di bollicine. Il cliente sceglie il pesce, che viene venduto vivo in una busta, oppure tramortito con un bastone di legno dal pescivendolo prima di essere pesato. Non mancano i crostacei, immagino di importazione, e i molluschi in conchiglie di ogni foggia a colore.

Il ferry per Lamma prende una mezz'oretta. Al timone un marinaio di larga stazza, con la barba incolta e la canottiera sdrucita. Fuma una sigaretta decisamente ripugnante. Anche piuttosto burbero quando mi avvicino e chiedo di fotografarlo. In realtà, infatti, lo trovo pittoresco, intonato al contesto di questo porto.

Arriviamo al molo di Mo Tat, nord di Lamma, e ci avviamo a piedi al ristorantino The Bay, con una gradevole terrazza sul mare. Il profumo di pesce fritto che si spande dal tavolo di una coppia inglese ci convince a cenare qui. Infatti la meta che ci eravamo prefissati, Yung Shue Wan Pier, dove mangiare per tornare a Central si trova ad oltre un'ora di cammino e rischieremmo di trovare tutti chiuso. E poi non è divertente passeggiare al buio sui sentieri bui che attraversano l'isola. Non ci sono auto in tutta Lamma, neanche taxi.

Non tutti i mali... la cena è ottima, pesce fresco e birra ghiacciata. Terrazza romantica, luna in cielo, onde che risciacquano la battigia, candela sul tavolo. Perfetto! 

Decidiamo di prendercela comoda e aspettare l'ultimo traghetto, alle 22.30, prima di tornare ad Aberdeen, da dove riprenderemo un taxi per Central. Sul molo, mentre avvistiamo lo stesso traghettino con il burbero capitano che ci aveva portati qui qualche ora fa, chiacchieriamo con due ragazzi locali. Sono molto presi dalla loro canna da pesca, vengono a tentare la fortuna qui perché le luci del molo attirano i pesci. Dicono che in genere ci scappa una cenetta di frittura. Mentre saliamo sul traghetto gli auguro buona fortuna, ne avranno bisogno perché finora non hanno preso neanche un pescetto!

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