02 August 2006

10°g - 2 AGO: Kargil – Rangdum

Partenza alle 8. La guida Mansoor che avevo incontrato e prenotato a Leh non si presenta all’appuntamento. Altri gruppi lo avevano utilizzato ma a me ha dato buca senza neanche avvertire. Non risponde al cellulare, inutili chiamate a Leh, Mehraj non ne sa nulla, dovremo provvedere sul posto – come si vedrà, non tutti i mali vengono per nuocere, troveremo un’eccellente guida, ed un amico, in Gialpo.

Prendiamo contatto con i nostri nuovi autisti e salutiamo quelli di Leh che sono obbligati loro malgrado a tornare indietro, gli diamo una buona mancia. Ci danno due Tata Sumo e una Scorpio giapponese, decisamente meglio. Gli autisti sono tre giovani ragazzini, tutti poco comunicativi, uno anche chiaramente inesperto. Partiamo e ci fermiamo al primo villaggetto per fare scorte di viveri ed acqua in bottiglia per il viaggio. Chapati, banane, biscotti. L’atmosfera è decisamente cambiata dal Ladakh, qui la maggioranza è musulmana e per qualche motivo meno socievole con noi, anzi direi sono tutti un po’ ingrugniti. Piove.

Ci fermiamo verso l’una a mangiare su di un roccione di fronte ad una cascata, ambiente incantevole. L’acqua scende a piccoli torrenti da un piccolo ghiacciaio, sarà spesso almeno dieci metri, fino al fiume Suru di cui seguiamo la valle. Diamo dentro ad insaccati e formaggi europei, con il chapati indiano vanno benissimo! Proseguiamo sulla strada, stretta e sconnessa, non asfaltata, con vari guadi quando i ruscelli attraversano il ciottolato del fondo stradale. Ci accompagnano migliaia di marmotte, la valle verdissima offre scorci memorabili.

Arriviamo verso le 5 di pomeriggio a Juldo, ci fermiamo per un tè. Poco più in là c’è Rangdum, nel mezzo di una valle amplissima con una luce fredda che di riflette sulle montagne lucide. A Juldo c’è un “tourist bungalow”, che sembra nuovo e pulito; un tizio che si aggira lì intorno ci dice che è pieno, anche se non si vede un’anima, tanto meno un’auto, ed i locali sono chiusi. Qualcuno vorrebbe insistere, ma io sono contento che non dormiremo qui. Lascio il gruppo ad una bettola a prendere il sole ed il tè e vado con altri 3 ad esplorare il villaggio per trovare da dormire. Visitiamo alcune case che ci ospiterebbero ma le condizioni igieniche sono veramente pietose, la puzza ai limiti della sopportazione nelle grandi camerate che ci vengono offerte. Nei giardini molti telai con donne al lavoro, animali, fieno.

Propongo di andare al Gompa, ci sono pochi monaci, ci offrono due camerate fetenti, coperte di tappeti bisunti e stuoie inzaccherate – dove però bisogna sempre andare senza scarpe! I servizi... lasciamo perdere! Il cesso è un buco nel pavimento di una stanza del gompa, guardando dentro si vede una caduta di 4-5 metri, ed il tutto cade sul pendio della montagna... Comincia a far freddo, a me tutto sommato piace l’idea di passare una notte qui, ci infileremo nel sacco a pelo e per una notte senza bagno non morirà nessuno. Dal tetto del gompa si gode di una vista eccezionale a 360° su tutta la valle.

Cena con un monaco/cuoco, un bambino ed un tizio laico che dava una mano. Menu rigidamente vegetariano, riso, lenticchie a volontà, ma ottimo ed abbondante, che consumiamo seduti su dei materassi in una camera adiacente alla cucina. Gli diamo 150 Rs a persona per dormire e mangiare. Purtroppo un paio dei compagni di viaggio stanno male e non si possono unire a noi per cena.

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