Conversazione con J., giornalista di Vojennij Vestnik (Bollettino Militare), pubblicazione dell'Agenzia Novosti.
Non crede che i militari abbiano perso potere politico dopo l'allontanamento di Ogarkov, Sokolov e Kulikov, tra gli altri, dal Comitato Centrale. Nei suoi frequenti contatti con militari ad alto livello lui non ha notato "la più piccola traccia di insoddisfazione" verso Gorbaciov. Inoltre, gli scritti per il giornale che gli pervengono dai militari sono sempre di prima scelta, lui non ha mai niente da ridire o correggere. Il tono assolutista della risposta, tipico dell'approccio vetero-sovietico alle domande imbarazzanti, mi suggerisce subito che costui è chiaramente un pre-glasnostiano, e quindi credo che vada preso cum grano salis. Impressione confermata quando dice di non occuparsi di questioni tecniche, ma conosce alquanto bene quelle della NATO, la sua ignoranza si limita a quelle del Patto di Varsavia. Non ci sono più dubbi sul tipo quando mi sbrodola la sua convinzione che tra europei ci capiamo bene perché amiamo tutti la patria in quanto dividiamo una lunga storia, mentre è più difficile con gli americani che non amano altrettanto la loro terra.
Gli dico che secondo me con il miglioramento delle relazioni politiche il maggiore rischi di guerra in Europa è quello di guerra per errore, pericolo particolarmente grave per quanto concerne la armi nucleari. Gli chiedo cosa fa l'URSS per minimizzare questo pericolo (la NATO, dal canto suo, mantiene rigidi controlli negativi sia tecnici che procedurali). Mi risponde che lui sta studiando l'aspetto psicologico dello stress dei militari e di come ciò potrebbe causare una guerra per errore, ma non sa di questioni tecniche. Promette che avrà una risposta quando verrà a Roma. Ci credo poco.
Dice che secondo lui la NATO dopo il ritiro degli INF probabilmente sta facendo un re-targeting nucleare verso obiettivi civili, dato che ci sono meno obiettivi militari da coprire. Gli faccio presente che questo, oltre a non avere alcun senso strategico, è esattamente il contrario di quanto (per certi versi, purtroppo) gli USA hanno fatto da 25 anni.
Gli chiedo se crede concepibile una guerra nucleare limitata in Europa e, come da copione, mi dice di no. Chiedo allora se l'URSS colpirebbe il territorio USA per prima anche se il territorio sovietico non fosse stato ancora colpito (magari con assicurazione USA via hot-line che non lo sarebbe) e svicola dicendo che gli americani sarebbero comunque coinvolti nella guerra. Insisto e dice di si, anche se tale estrema risposta sovietica si potrebbe evitare in caso di guerra per errore la cui fine si potesse negoziare rapidamente.
Chiedo se le forze armate degli alleati del Patto sono in alcun modo coinvolte nelle operazioni nucleari sovietiche (magari con un meccanismo di "doppia chiave", armi sovietiche e vettori dei satelliti) e lui di nuovo mi dice che non lo sa ma che cercherà di farmi sapere.
Conversazione con Sergej, del sindacato della cultura dell'URSS
Uomo molto colto, parla bene l'italiano e l'inglese. Dice che il potere sovietico è diffuso, potere o non potere dipende solo chi conosci e non necessariamente al livello più alto. Una realtà non è in grado di influenzare la rotta. L'URSS è come una nave capitano, i leader sono solo dei solo passeggeri, anche se possono litigare tra di loro.
Sbagliato cercar di capire l'URSS usando metri di misura occidentali: qui nessuno è responsabile e nessuno è colpevole. ogni tanto si creano colpevoli artificiali da dare in pasto al pubblico tra gli sconfitti lotte al vertice (per esempio il genero di Brezhnev Ciurbanov), ma nessuno ha il potere di cambiare la rotta della nave nessuno è colpevole non va nella direzione giusta. Non è inerzia, perché non c'è una direzione ben precisa che è stata già presa che è difficile da cambiare.
Nessuno osa fermare o anche solo modificare il motore perché nessuno vuole prendersi la responsabilità, nessuno sa cosa accadrebbe dopo, la paura è diffusa. Il "nuovo uomo sovietico" è questo, ben diversolasancisse dall'entusiasta lavoratore che aveva in mente Stalin.
La Perestrojka è solo molto rumore, ma nessuno ha il potere di agire sul sistema. Glasnost molto apprezzata perché molti aspettavano di parlare contro il sistema senza paura di essere puniti.
Tutto è possibile, tutto si può fare se c'è l'appoggio adatto, la cosa più importante è chi si conosce. Un vecchio proverbio russo dice che non puoi dare la colpa allo specchio se non ti piace quello che ci vedi. Però la gente preferisce quelli (come Jeltsin) che dicono che la colpa è dello specchio. (Anche Nadia il giorno dopo in privato parlerà di un certo proverbio sovietico che dice più o meno che è meglio dei avere cento amici che cento rubli.) Ma nessuno è mai responsabile per quello che non va. Passato il polverone tutto rimane come prima, finché non inventeranno qualcos'altro e il ciclo si ripeterà. Non ho capito il senso di questo riferimento a Jeltsin, forse intende dire che la sua politica di abbandono del comunismo equivale a dare la colpa al sistema mentre la colpa è di tutti che non fanno il loro dovere? E che quindi ha ragione Gorbaciov a cercare accelerazione, trasformazione ma dentro al sistema comunista?
Le aperture del 1955 di Khrushchev erano state anche più radicali ma sono state fermate dagli eventi Ungheria e Polonia. D'altra parte la reazione sovietica, al tempo, poteva essere diversa, c'era vera paura, giustificata o meno, per il socialismo. La popolazione era tutta favorevole all'intervento, cosí ancora nel 1968 nel caso della Cecoslovacchia. Oggi probabilmente la disillusione con il socialismo è tale, e la paura di avere le NATO nella piazza Rossa è sufficientemente ridimensionata, che non sarebbe lo stesso appoggio popolare ad un'altra simile azione.
Una vera svolta si potrebbe avere se ci fosse una legge che sancisse nuovamente la proprietà privata dei mezzi di produzione, a partire dall'agricoltura e dall'industria leggera. Ma questo vorrebbe dire più o meno il ritorno al capitalismo e per ora non sembra probabile.
Dice che ci rivedremo, ma a pranzo, nell'intervallo dal lavoro, perché a cena non è costume dei russi invitare stranieri che non si conoscono. La cosa mi è stata confermata anche da altri colleghi e dal comportamento dagli stessi Arbatov, che pure sono stati nelle nostre case a Roma.
Alle 5 cerco di prenotare la cena al ristorante dell'albergo dove sono ospitato, ma mi dicono che è tutto prenotato per la sera. Torno alle 6.30 ma trovo la porta chiusa con una catena, nonostante che all'interno siano già seduti numerosi ospiti per la cena. Poi mi viene incontro un Caronte della situazione che mi apre il lucchetto della catena e mi fa entrare.
Un capo-cameriere mi dice che non si può mangiare e lo stesso una sua compare, ma poi un'altra cameriera all'entrata mi chiede un rublo e mezzo, mi scrive il cognome su una lista che non ho ben capito a che serva e mi accompagna ad un tavolo che mi trovo a dividere con un fisico georgiano. Dopo poco arriva un suo amico russo, un amministratore che si occupa delle relazioni internazionali dell'Accademia delle Scienze e ceniamo tutti assieme.
Conversazione a cena con il fisico dell'accademia delle Scienze georgiana N. ed il suo amico russo
Brindisi alla pace, ai genitori, e alle belle donne del mondo. Dopo aver professato entrambi la loro religiosità mi dicono che se ne voglio una russa con un centinaio di rubli in valuta posso avere una nottata con qualche lucciola di qualche hotel per stranieri ...grazie per l'informazione
Georgiani molto tradizionalisti, lui dice che quando ha avuto un figlio maschio "gli sembrava di volare", mi dice che mi devo sposare, che i figli sono l'unico motivo di vita; si dicono tutti e due molto cristiani, la moglie meglio se sta a casa anche se è bene che magari lavori a mezzo tempo "cosí si distrae". Il marito non andrebbe mai a casa della moglie, anche se più ricca, ma è sempre lei ad andare da lui con la dote.
Patriottismo visto senza riserve come una qualità, anche se differente dal nazionalismo, che invece in URSS continua ad avere una connotazione assolutamente negativa e "controrivoluzionaria". La distinzione mi pare più terminologica che sostanziale. Il patriottismo è visto come perpetuazione della razza e delle ricchezze culturali della nazione. Prolificare è per loro, dice l'amico georgiano, un atto patriottico, altrimenti, chi porterà avanti i valori della nazione quando noi saremo morti?! Non credo mi capiscano quando gli dico che per molti in Italia la preoccupazione di chi porterà avanti i valori dell'Italia dopo la morte non è motivo di perdita di sonno.
Non sanno dirmi chi ha ordinato all'esercito di andare a reprimere le manifestazioni in Georgia, ma dicono che c'è un'indagine in corso e che chi è responsabile dovrebbe essere punito come un criminale perché la questione doveva riguardare solo la polizia locale.
All'uscita dal ristorante trovo la porta ancora incatenata e ritorna ad aprire il lucchetto il solito guardiano in divisa che mi fa uscire ...a riveder le stelle, che appaiono quanto mai luminose anche grazie all'aiuto dell'abbondante vino bulgaro che ci siamo bevuti!
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