Oggi il nostro amico Dong ci porta in giro per i dintorni di Dalian, andremo a visitare due siti molto speciali, inusuali per un turista: una prigione ed una base della marina militare.
La prigione di Lushan è un sito intriso di storia, un luogo triste ma che deve essere visitato. Non tanto per l'edificio in sé, che è insignificante dal punto di vista architettonico. E neanche per quella che è stata in passato la sua funzione. Ma una visita fornisce strumenti essenziali per capire il punto di vista cinese nei confronti dei due paesi vicini, Russia e Giappone, che hanno gestito la prigione oltre un secolo fa. E, più generalmente, la determinazione cinese a non accettare mai più di essere sottomessi, per non parlare di colonizzati, da potenze straniere che si erano approfittate della debolezza dell'ultimo impero Qing.
Infatti nell'edificio, oggi museo, impariamo come la prigione sia stata creata dai russi, che vennero qui con la forza ai tempi dello zar Nicola II, e ci imprigionavano i cinesi. Poi vennero i giapponesi, che cacciarono via i russi ma continuarono ad imprigionare cinesi. Si visitalo le lugubri celle, si impara degli strumenti di tortura.
Finita la visita ci fermiamo in una farmacia, ho un po’ di mal di testa e vorrei un'aspirina. La farmacia è pulita, ben organizzata e con alcuni cartelli in inglese che spiegano le medicine esposte sugli scaffali. Le medicine cinesi tradizionale e quelle che loro chiamano "moderne" oppure "occidentali" (che vuol dire sviluppate con il metodo scientifico) sono in reparti diversi del negozio. La Cina non solo ha accettato la medicina scientifica, ma contribuisce anche alla ricerca con i suoi modernissimi laboratori. Però resta diffusa la fede nelle medicine tradizionali, erbe ed agopuntura, e tanti cinesi, penso la maggioranza, si affidano all'una e all'altra.
Da quello che mi raccontano amici e parenti i cinesi negli ultimi anni usano troppe medicine. Un motivo potrebbe essere che i medici guadagnano una commissione ogni volta che scrivono una ricetta, quindi hanno un incentivo a prescrivere medicine (cinesi o "moderne") in eccesso rispetto alle reali necessità.
Dati i miei trascorsi di analista militare e funzionario della NATO, la visita successiva è di grande interesse per me. Una base/museo della marina militare cinese. Il pezzo forte è un sommergibile, ormeggiato ad una banchina, che si può visitare pagando un biglietto.
L'imbarcazione è stata costruita nel 1982 e solo recentemente radiata dai registri della marina per continuare la sua carriera come museo galleggiante. C'è una lunga fila per entrare, gira tutto intorno al mezzo che sta ormeggiato in una piccola darsena. Pare sia difficile avere i biglietti per oggi, ma il nostro tassista in qualche modo ci dice che può farci entrare, ed anche ad un prezzo scontato: 150 Rmb invece dei 180 del biglietto. Come farà? Però, ci avverte, non avremo un vero e proprio biglietto, di carta, da portare via come souvenir. Paghiamo i 150 Rmb ed abbiamo accesso alla fila. Ho pensato che probabilmente il tassista è amico del controllore dei biglietti, e si sono smezzati i nostri soldi. Non lo posso dire con certezza, so però che dopo due minuti eravamo in fila con tutti gli altri che avevano comprato il biglietto regolare. Va bene così, mai fare troppe domande.
Dopo una mezz'ora di fila, sotto un tendone che girava intorno al molo come un serpentone, salimmo a bordo tramite una piccola passerella posta a prua. Quindi seguì una camminata per tutta la lunghezza del mezzo, per uscire da una porta a poppa.
Potemmo ammirare i tubi di lancio dei siluri, le cuccette dei marinai, e la sala macchine. Interessante notare come, affianco alla cabina del comandante, indicata da una targhetta di ottone, ce ne fosse un'altra, la cui targhetta leggeva, in inglese e cinese: "Commissario Politico".
Conferma di quello che già sapevo e che cioè in tutte le organizzazioni cinesi, comprese le strutture militari, la gerarchia di comando è sempre affiancata da quella del partito, cui spetta sempre l'ultima parola.
Usciti dal sigaro di ferro siamo indirizzati ad una parte del museo dotata di sistemi audiovisivi. Il più interessante è un simulatore. Ci siamo in circa 30 persone, in maggioranza giovanissimi, nello spazio volutamente angusto, dato che deve simulare come ci si sentirebbe dentro il ponte di comando di sommergibile. Si spengono le luci e negli "oblò" del sommergibile, che son tutto intorno a noi, si accendono le immagini degli schermi ad alta definizione. Parte il filmino...
Il sommergibile molla gli ormeggi e si avvia, in emersione, tra il tripudio della folla che saluta lungo la banchina, verso l'uscita del porto. A questo punto si immerge e nei monitor appaiono sfondi blu, pescecani, relitti di navi. Siamo in immersione.
Passa un minuto, forse due, ed il sommergibile risale a quota periscopio. Nei monitori si vede l’immagine della superficie del mare e poi, in lontananza, i profili di due piccole navi bianchissime con la bandiera giapponese e una scritta nera a caratteri cubitali sulla fiancata "JAPAN COAST GUARD". Chiaramente si sta facento riferimento alla contesa sino-nipponica sulle isole che i cinesi chiamano ... e i giapponesi .... Le isole, in realtà poco più che scogli, e completamente disabitate,
Parte il video: il comandante del sommergibile cinese impartisce l'ordine di lancio dei siluri e la nave nipponica è prontamente affondata. Il sommergibile fa dietro front e torna in porto dove viene nuovamente accolto dal tripudio della folla fino a che... si riaccendono le luci e noi 30 spettatori usciamo per far posto al gruppo successivo.
Ho trovato questa esperienza istruttiva, non tanto per la dinamica degli eventi, prevedibile e banale, ma per capire cosa viene insegnato ai ragazzi cinesi sul Giappone. Giusto o sbagliato, il vicino del sol levante viene presentato come un nemico. O almeno come un potenziale nemico che viene facilmente sconfitto. Ho qualche dubbio sull'opportunità di questo tipo di approccio pedagogico. Mi chiedo cosa fanno i giapponesi con i loro simulatori.
Ci sarebbe anche un'altra sezione del museo, con molti cannoni ci dicono, ma possono entrare solo i cinesi, gli stranieri non sono ammessi. Peccato, mi sarebbe piaciuto. Il lato positivo di questa rinuncia è che andiamo finalmente a mangiare, Lifang ed io abbiamo una fame da lupi!
Il tardo pranzo è al ristorante
Iron Pot Stew, Stufato nella pentola di ferro. Il nome deriva dal fatto che le pietanze sono servite, per l'appunto, in pentole di ferro, anche se c'è molto di più nel menù che stufato.
Al centro del tavolo rotondo c'è un grande buco, sul quale si sistemano le pentole di ferro. Sotto carbonella accesa per cucinare e tenere in caldo il cibo. Cominciamo con pelle di pesce croccante, seguita da spezzatino di oca. Patate un po’ dovunque e spaghetti di farina di fagiolo. Quindi fagiolini verdi secchi e una specie di polenta. Altre carni e verdure che mi sono dimenticato di annotare completano il pantagruelico pasto. Sapori decisi ma non piccanti come al sud della Cina.
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Side car militare |
L'ultima tappa dell'intensa giornata è al villaggio storico di Chuan Guan Folk. In Cina ce ne sono tanti, villaggi tenuti com'erano prima della modernizzazione, restaurati e ripuliti per far vedere ai turisti, e anche ai più giovani, com'era la Cina. Molto ben fatto, ci sono case, uffici, mezzi di trasporto, tra cui il mio preferito è un
side-car militare dipinto di verde. C'è anche un rick-shaw a trazione umana, con cui mi diverto a scorrazzare un po’ Lifang per le stradine deserte. Siamo i soli visitatori, strano dato che alla prigione ed al sommergibile era pieno di gente.
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casa a Chuan Guan village |