Mattinata al tempio taoista di Sik Sik Yuen Wong. Ci sono molti turisti anche se la maggior parte dei presenti sono fedeli. Si vede da come pregano, si inginocchiano fanno offerte, NON fanno fotografie come me, e sono molto seri. Si inginocchiano e agitano un cilindro pieno di bastoncini fino a che uno cade per terra, è il modo per parlare con gli dei. Stesso con sue mezze lune di legno, a secondo di come cadono il messaggio cambia. Da approfondire.
Offrono montagne di bastoncini di incenso, fanno appena in tempo a piantarli nei grandi calderoni di bronzo e dopo pochi minuti che bruciano, a volte neanche un minuto, l'inserviente deve toglierli per far posto ad altri, immerge le punte accese in un bidone di acqua e li butta via in un enorme cesto dell'immondizia. Che peccato, uno spreco.
Si era fatta l’ora di pranzo e, nonostante l’abbondante colazione in albergo aveva una certa famuccia, ma solo per un assaggino di qualcosa di speciale, non avevo voglia di un pasto completo, anche perché faceva caldo.
Mi viene in mente che Jane, una conoscente americana che viveva a Hong Kong da anni, mi aveva segnalato un negozietto che vendeva zuppa di serpente. Rapido controllo su Google Maps (a Hong Kong, a differenza della Cina continentale, Google non era censurata) e vidi che si trovava abbastanza vicino a dove mi trovato, potevo andarci a piedi in una mezz’oretta. Faceva molto caldo per una passeggiata ma mi misi in cammino.
Quando arrivai sul posto, la cui posizione non indico qui con precisione per il motivo che spiegherò di seguito, feci fatica a trovare il “buco nel muro” the hole in the wall, come a Hong Kong chiamano le migliaia di micro ristorantini mono-micro-locale che appaiono sulle strade più battute. Questo, anzi, era sui 15 metri quadrati, un buco nel muro abbastanza grande! Non c’era insegna, non c’era menù in vista per strada, nessuno a tirar dentro i clienti. Capii che stavo nel posto giusto quando vidi alcune gabbie con dentro serpenti vivi!
zuppa di serpente |
Mi sedetti ad un tavolino e arrivò subito la proprietaria/cameriera che mi chiese perentoriamente: “Grande o piccola” Chiesi lumi con sguardo perplesso e mi informò che l’unico piatto disponibile in questo locale era la zuppa di serpente, che si poteva ordinare piccola o grande. Decisi per la grande, in fondo oggi sarà piatto unico! Il sapore era simile al pollo, ma un po’ più dolciastro. Non credo che cercherò di mangiarla tutti i giorni, ma era stata una bella scoperta e ogni tanto certamente l’avrei riprovata con piacere.
Esco sazio ma non appesantito dalla mia zuppa, e mi avviai verso Mong Kok per visitare il wet market, il mercato “bagnato”, termine che indicava un mercato dove pesci e altri animali del mare sono esposti in vasche ossigenate e venduti vivi.
Fui accolto dalla simpatia dai tanti pescivendoli, incuriositi di vedere uno straniero e infatti, stranamente, non c’erano turisti, pur essendo il mercato un’ottima occasione di incontro con la realtà locale ed anche una miniera di soggetti per fotografia. Passai un po’ di tempo spostandomi da un bancone all’altro cercando di inquadrare persone e pesci, tanti colori, tanti sorrisi.
Uscii dopo un’oretta e, sarà l’aver visto tutte quelle leccornie davanti a me, sarà per la zuppa di serpente che pur essendo la porzione grande avevo già digerito da un pezzo, avevo di nuovo una discreta famuccia, e mi avviai verso alcune bancarelle dello stesso mercato di Mong Kok, al piano terra, su strada, che vendevano cibo cotto e pronto da mangiare.
La prima bancarella in cui mi imbattei vendeva fegatelli di anatra e intestino di maiale, il macellaio fu cortese e mi fece fotografare ma chissà perché non volle vendermi la sua mercanzia. Forse aveva paura che uno straniero non avrebbe retto all’impatto. Mi disse di andare al bancone del concorrente che stava proprio accanto al suo.
Obbedisco ma il macellaio del secondo bancone non parla inglese e non capisce che voglio comprare. Un ragazzo che lavora in un altro bancone accanto si avvicinò, tradusse e finalmente potei comprare una porzione mista di petto d’anatra e intestino di maiale. Trenta dollari di Hong Kong (3 euro circa) e il pranzo era assicurato. Mi servirono tutto in una scatolina di polistirolo con due bastoncini ed ero pronto.
Non c’erano sedie, anche perché stavo in un mercato dove la gente comprava e andava via, non era previsto mangiare in loco. Così mi accovacciai su un grande mattone di cemento vicino al marciapiede ed attaccai l’anatra. Avevo deciso che l’intestino di maiale sarebbe stato il mio dessert. Accanto a me pranzavano, sedute per terra sotto uno scalone che portava ai piani superiori del mercato, una dozzina di ragazze con la testa velata che mi dissero essere cameriere e domestiche presso famiglie locali. Venivano dalla Malesia.
Il giovane macellaio che aveva tradotto per me mi si avvicinò proprio mentre stavo cominciando ad aggredire l’intestino di maiale caldo. Mi chiese da dove venivo. Quando gli dissi che ero nato a Roma iniziò subito a parlare di calcio, era naturalmente un ammiratore di Totti. Mi disse anche che era un tifoso della nazionale di calcio italiana ed iniziò senza indugio a cantare l’inno di Mameli in discreto italiano! Non potevo credere alle mie orecchie, mi disse che l’aveva imparato a memoria dopo averlo sentito tante volte in occasione delle partite e aveva trovato le parole online. A questo punto si allontanò e tornò dopo un minuto con una Coca Cola ghiacciata per la quale rifiutò categoricamente denaro.
il tifoso della Roma |
Quando ho finito di mangiare parliamo un po’ di calcio ma lui ne sapeva troppo più di me per una conversazione intelligente e allora gli chiesi del suo lavoro. Mi disse che la sua specialità era comprare “carne” a bassissimo prezzo in Europa, articoli come questi intestini di maiale olandesi che gli europei non consumavano, e cucinarli per i clienti locali che invece apprezzavano molto. Non si capacitava di come gli europei non mangiassero queste leccornie, e da quel giorno non me ne capacito più neanche io.
Intestino di maiale |