20 February 2003

1° g - 20 Febbraio 2003: in viaggio verso Cuba

Questi appunti nascono da un viaggio a Cuba cominciato oggi. Voglio ringraziare i miei compagni di viaggio per aver reso questa esperienza piacevole oltre che interessante. Soprattutto grazie ai cubani e le cubane che ho incontrato e con i quali ho discusso, mettendoli a volte non completamente a loro agio, alcuni degli argomenti qui affrontati. Per ovvi motivi, ho evitato di utilizzare i loro veri nomi.


Da anni i turisti italiani, assieme a spagnoli e canadesi, sono tra i più numerosi a visitare Cuba. Sole, mare, sesso, musica, nostalgia ideologica, simpatia, ospitalità, costi ancora contenuti, sono tanti i motivi che portano frotte di nostri compatrioti verso la maggiore isola caraibica. Ciononostante, l’Alitalia non offre voli diretti dall’Italia, con sommo gaudio delle concorrenti europee (oltre ad Iberia, volano a Cuba anche Air France, Lufthansa, ed una lunga serie di compagnie di voli charter) che riempiono così di italiani sia i loro voli transatlantici sia i collegamenti dall’Italia verso le loro capitali. Alla mia richiesta sul perché l’Alitalia non voli a Cuba, un dirigente della nostra augusta compagnia di bandiera mi ha risposto che non ci sono aeroplani disponibili, ma non mi ha spiegato perché gli aerei non li comprano, dato che ci sono rotte lucrative da sfruttare. Curioso: inglesi, francesi e tedeschi riempiono molti voli a settimana (in buona parte con turisti italiani) e noi che andiamo a Cuba più numerosi di loro non abbiamo aerei…

Dunque il viaggio verso L’Avana inizia a bordo di un jumbo jet Iberia. Nel mio angusto cubicolo in classe economica sono circondato da italiani, ma alla mia destra un omaccione cubano di colore, alto, grasso ed ubriaco perso, continua ad importunarmi. Cerco di far capire all’orco che non ho voglia di starlo a sentire, lui prima mi offre il suo biglietto da visita e mi assicura che a L’Avana mi può aiutare a trovare una camera per dormire, rhum (anzi ron, come ci tengono a chiamarlo i Cubani), sigari, donne, conosce tanta gente; poi quando gli ripeto che non mi serve il suo aiuto comincia a stuzzicarmi con pizzicotti, ditate, buffetti… Il personale dell’Iberia, interpellato, non fa nulla, e così il resto del mio viaggio passa a cercare di sfuggire alla petulante insistenza del bruto. Fortunatamente questo sarà l’unico contatto umano sgradevole di tutto il viaggio, una sorta di vaccino, e forse non del tutto casuale. Il fetido mostro probabilmente non si sarebbe permesso di comportarsi così a Cuba, dove la molestia dei visitatori stranieri è considerata grave crimine dal regime, e dove vedremo frotte di poliziotti spiegati in ogni dove a vegliare che nulla accada ai capitalisti/imperialisti, sfruttatori del proletariato internazionale ma forieri di dollari preziosi per mantenere in vita la disastrata economia.

Dopo nove ore di volo il jumbo jet inizia la discesa verso l’aeroporto dell’Avana. Sotto di noi si staglia nitido, nella tersa notte atlantica, il profilo delle Bahamas, chiaramente delineato da miriadi di luci accese nelle case e negli alberghi dell’arcipelago. Per contro, una volta superato l’ultimo braccio di mare ed iniziato il sorvolo di Cuba, le luci si affievoliscono, i profili dei centri abitati si diradano, fiochi, appaiono qua e là e subito scompaiono.

Nel frattempo abbiamo tutti riempito non senza qualche palpitazione la tarjeta turistica, il modulo di ingresso che tutti i turisti sono tenuti ad acquistare e che fa le veci del visto. Molti paesi richiedono di riempire simili formulari, ma la peculiarità della tarjeta cubana è che costa 25 dollari e se si fa un errore di compilazione, o si fanno cancellature, bisogna ricomprarne un’altra! Nome, cognome, numero di passaporto, ecc ecc, …alla voce “indirizzo a Cuba” veterani di precedenti viaggi mi consigliano di indicare il nome di un albergo statale, uno qualsiasi, tanto non controllano. Ma io sarò alloggiato presso una casa privata, peraltro regolarmente iscritta nell’albo delle “casas particulares” autorizzate ad ospitare stranieri… non fa niente, mi dicono, c’è una regola (non scritta, ma conosciuta e temuta da tutti, come molte regole a Cuba) che richiede che almeno le prime due notti siano passate presso un albergo di stato. Se il modulo indica altro il visitatore può essere obbligato a prenotare (e pagare!) almeno due notti in un albergo presso un apposito banco situato accanto al varco del controllo passaporti. OK, se albergo deve essere, albergo sia. Prendo una guida e decido che il mio recapito ufficiale a L’Avana sarà l’Hotel Lido, dove poi non metterò mai piede, ma per il poliziotto in aeroporto va bene così!

“Casa particular” vuol dire semplicemente casa privata. Userò qui di seguito il termine in spagnolo per indicare le case private autorizzate ad affittare camere ai turisti. Lo stato autorizza dall'inizio degli anni novanta i proprietari di case private ad ospitare stranieri. Questa deroga al socialismo fu inaugurata durante il "periodo speciale" degli anni novanta, quando alla fine del flusso di sussidi sovietici ha corrisposto un crollo dell'economia, con sommosse di piazza. La cosa ha un duplice scopo: da una parte alleviare la penuria dilagante per tanti cittadini, soprattutto nelle città, autorizzandoli ad incassare dollari; e dall’altra rimpinguare l’erario con le imposte che questi devono pagare per l’autorizzazione. Per ogni stanza affittata a stranieri i proprietari cubani devono pagare un’imposta forfettaria di 150 dollari al mese, che la camera sia occupata o no; altri 30 dollari sono dovuti se oltre all’alloggio si offre anche il vitto, anche qui independentemente dal fatto che il visitatore decida di usufruirne o andarsene al ristorante. Ciononostante il governo sopporta malvolentieri questa deviazione privatistica, la vede come un male necessario ad evitare mali peggiori, ma pur sempre un’aberrazione dei principi dell’economia socialista.

Nonostante queste eccezioni, l'economia rimane fermamente in mano statale, e la propaganda insiste in modo asfissiante sul socialismo, la rivoluzione, il radioso futuro. E naturalmente tutti i problemi, secondo il ritornello castrista, sono colpa dell'embargo americano, di cui avrò modo di parlare in seguito. Qui sotto riporto il testo del primo di una innumerevole serie di cartelloni pubblicitari che ho incontrato per strada, molti cadendi e scoloriti ma sempre in piedi, un po' come chi ce li ha fatti mettere. Li riporto così come li ho letti, dipinti sui muri o su cartelloni di legno infissi lungo la strada.

Grandi tempi, grandi sacrifici

Ritirati i bagagli troviamo ad attenderci M., un’italiana che vive a Cuba e lavora per un’agenzia di viaggi, il pullmino Mitsubishi che avevo prenotato e Diego, il nostro autista, un simpatico, maestoso e nerissimo omone, alto, magro, posato, gentile, augusto nella sua divisa con tanto di spallette dorate che sembrano i gradi di un alto ufficiale. 

Arriviamo a L’Avana vecchia che è notte fonda. Il buio ci nasconde provvisoriamente la fatiscenza delle case coloniali, un tempo opulente, perfino maestose. Dopo una mezz'ora arriviamo alla nostra casa. Ernesto, il proprietario, ci accoglie sul portone con un sorriso, e senza neanche presentarsi precisa subito come prima cosa che nella sua casa non si possono portare “las chicas”, le ragazze. Gli chiedo scherzando se si possono portare “los muchacos”, i ragazzi, ma capisco subito che questa non è materia per battute. Da qualche mese lo stato ha lanciato una campagna “contro la droga e la prostituzione”, che prevede il divieto assoluto agli affittacamere di ospitare cittadini o cittadine cubane. Chiederò nei giorni successivi ad Ernesto, e ad altri affittacamere, di vedere il testo della legge che impone questo divieto, ma senza successo: è così e basta.

Ernesto sostiene che i cittadini cubani non possono neanche entrare nel salotto della sua casa a prendere un caffé con noi, pena multe e persino la revoca della licenza. Mi dice, ed altri mi confermeranno, che la polizia effettua vere e proprie incursioni, anche di notte: istituiscono posti di blocco agli incroci e poi rastrellano le
casas particulares. Se trovano cubani, oppure ospiti in numero maggiore di quanto previsto dalla licenza, arrivano a revocare la licenza, chiudere la casa, sigillare tutto e trasferire i proprietari in appartamenti in periferia. Più spesso i poliziotti che, nonostante i privilegi di cui godono i loro capi come quelli di tutte le forze armate, si ritengono sottopagati, si accontantano di una mazzetta per chiudere gli occhi. Il problema è che di queste ispezioni ne possono arrivare anche parecchie, e dispensare mazzette a destra ed a manca per non dover chiudere può portare gli affittacamere alla bancarotta. Mi dicono questo succeda con una certa regolarità, anche se nessuno sarà in grado di procurarmi delle statistiche attendibili. Comunque sia, i proprietari sono letteralmente terrorizzati dall’eventualità, e rigano dritto: dunque, niente cubani nelle loro case, o quasi…

Ernesto infatti mi annuncia che ad aspettarmi per l’appunto in salotto c’è Concita, una musicista cubana segnalatami da un amico italiano, che è venuta ad incontrarmi per decidere assieme il programma musicale da effettuare con il mio gruppo il giorno successivo. Concita è lì seduta ad aspettarmi, vicino alla porta d’entrata; mi espone rapidamente il programma musicale per il giorno successivo e se ne va. La verità su cosa sia effettivamente permesso e cosa no non la scoprirò mai con certezza. Quello che è invece certo è che gli affittacamere sono terrorizzati dalla prospettiva di visite lampo di ispettori di polizia, che a volte arrivano anche in piena notte a controllare che in casa non ci siano cittadini cubani.

Che uno degli scopi di questa politica sia la segregazione dei Cubani dagli stranieri è provato dal fatto che non sono solo le case private e gli alberghi a non poterli ospitare insieme, ma anche mezzi di trasporto (ci sono taxi per stranieri e taxi per cubani… oltre naturalmente ai taxi abusivi che non fanno troppe domande ma rischiano!) e persino alcune delle più belle spiagge di Cuba, non certo luoghi di perdizione morale! Ed anche se lo fossero, in quale paese si è mai sentito dire che per contenere il dilagare della prostituzione si chiudono le spiaggie ed i taxi ai cittadini?

Persino sul nostro pullmino Diego, il nostro fidato autista, ha storto il naso quando ci è capitato di dare un passaggio a qualche cittadino cubano conosciuto durante il viaggio. Da ligio uomo del sistema ci ha detto che tutto questo era fatto per proteggerci, per evitare che ladruncoli cubani possano approfittare della nostra generosità, che lui ha visto borsette sparire quando gruppi precedenti hanno dato passaggi a cubani, anche se conosciuti...

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