26 February 2003

7° g - 26 Feb: Da Camaguey a Santiago de Cuba

Lasciamo Camaguey sul prestino, la strada per Santiago è lunga, andiamo verso la capitale musicale di Cuba. Ci fermiamo per una sosta in una spiaggia a Bayamo, è quasi ora di pranzo, e cerco un po' da mangiare. Non è difficile. L'autista, nonostante i nostri ripetuti inviti, resta come sempre a guardia del pullmino, non si unisce quasi mai a noi, dice che ha paura di furti di cui sarebbe ritenuto responsabile dai suoi capi. Subito siamo avvicinati da una famiglia locale che ci propone un pranzetto di crostacei e rotelline di banane fritte accompagnati da birra Cristal. Accettiamo senz’altro e mentre aragoste e gamberoni vengono grigliati prendiamo possesso della bella ed amplissima spiaggia.

Ci siamo solo noi. Ci sistemiamo sotto alcuni ombrelloni di paglia, ce ne sarannno una dozzina, un po’ scapigliati ma efficaci. Il sole tropicale martella senza tregua, scorre la crema protettiva, ma dopo anni di residenza a Bruxelles, con il riscaldamento acceso quasi tutto l’anno, queste martellate sono una goduria! Piacevolissima nuotata nel mare increspato, ogni tanto qualche cavallone invita al tuffo. Ma dura poco… da dietro gli ombrelloni, piatti con le aragoste in mano, compaiono i nostri cucinieri!

Non c’è embargo per le idee

Primo pomeriggio a Bayamo, una sonnolenta cittadina che si sviluppa attorno ad una grande piazza centrale, l’attrattiva principale della quale è una grande gelateria, è qui che sembra svolgersi la vita della cittadina. Accanto alla piazza principale, vicino alla cattedrale, si trova un “Museo della Nazione Cubana”. E’ una villetta in cui è esposta una collezione di manufatti, qualche fotografia, un’aria tutto sommato miserella ma fiera. Un omino in bicicletta al quale avevo chiesto indicazioni mi fa vedere l’entrata del Museo e mentre lo ringrazio si sente in dovere di aggiungere di essere fiero del museo della sua nazione. I cubani che incontriamo sono infatti genuinamente orgogliosi del proprio paese e della propria cultura. Questa non è una repubblica delle banane e quando il comunismo cadrà sono sicuro che manterrà un'identità forte. Non condivido il timore dei tanti che temono un'invasione culturale americana. Certo verranno a frotte turisti e aziende americane, ma Cuba ha tutte le premesse per mantenere una propria anima.

Leggere è crescere (fiera del libro)


Accanto al Museo della Nazione c’è un ufficio postale con annesso centro telefonico. Ci vado, devo controllare le prenotazioni delle stanze e riconfermare i voli. Appena apro la porta sono paralizzato da un vorticoso gettito di aria condizionata, fuori farà forse 35 gradi, qui non più di 15! L’aria condizionata, quando c’è, a Cuba, è quasi sempre, come si dice, a palla! Il concetto di termostato non ha ancora preso piede… Ma l’aria condizionata costa, ed è quasi certo che dove sentite il benefico refrigerio si paga in dollari. Infatti, il centro telefonico accetta solo carte telefoniche in dollari e, naturalmente, per avere accesso ad internet bisogna anche mostrare il passaporto. C’è poi un sistema strano, per cui i telefoni cellulari, o almeno quelli in possesso degli stranieri, si pagano solo in dollari, e quando da un telefono cubano “normale” (in pesos) si chiama un cellulare la chiamata viene addebitata (ovviamente in dollari) al cellulare ricevente, anche se nella stessa città! Per cui quando Marcella risponde alla mia chiamata con il suo telefonino mi chiede perentoriamente di metteregiù e richiamarla al numero del telefono fisso dell’ufficio, o rischio di scaricarle tutta la scheda prepagata!

All’interno tutti stranieri, tranne, ancora, qualche cubana che accompagna stranieri. Diversi italiani sono al telefono, accenti di regioni diverse, brutte facce, giovanotti rozzi ed u po’ truculenti. Si sentono i soliti discorsi insulsi delle telefonate di certi turisti… “come state? tutto bene? si pure qui noi tutto bene! fa freddo? invece qui fa molto caldo,… si non ti preoccupare, mangiamo abbastanza, si si tutto bene, si è bello è bello, poi ti racconto, salutami tutti, ciao ciao, ti richiamo appena posso, ciao”. Non so perché ma il solo ascoltare queste telefonate mi innervosisce, rifletto che se ci fosse un modo di intercettare queste telefonate questa gente non dovrebbe essere autorizzata all’espatrio… scherzo… ma veramente non riesco a digerire che si vada all’estero e poi si cerchi di mantenere una specie di cordone ombelicale elettronico in ogni momento attraverso il telefono. Mi faccio un giro della piazza. I negozi di Bayamo sembrano abbastanza forniti, anche se, naturalmente, tutto ciò che non constituisce beni di prima necessità si paga in dollari, e dunque rimane accessibile solo a quella fetta di Cuba che ne ha. Ed infatti non ci sono file, una normale clientela si aggira tra i banconi, semplice, domanda ed offerta sono in equilibrio!

La trincea delle idee
è più solida
della trincea di cemento


Ripartiamo ed in serata arriviamo a Santiago de Cuba, dove alloggeremo nella casa di Maria Victoria.  Molto gentile, ci accoglie nella vecchia casa coloniale. In un angolo, una piccola televisione gracchia incessantemente. Mi avvicino, c’è un servizio sulla visita del Presidente, il capo “el jefe”, il ”Lider Maximo”, in Cina. Ci spiegano che un canale della televisione di stato (ovviamente non ci sono TV private) è sempre, costantemente dedicato alle gesta del Presidente. L’altro si occupa di tutto il resto.

Per cena siamo al Paladar Las Gallegas, Bartolome Maso, buono ma non di più. Ambiente freddino, tutti stranieri, ed in particolare italiani anzianotti e sovrappeso con cubane esili e che parevano le loro nipotine, magari accompagnate da loschi figuri (fratelli, fidanzati, probabilmente papponi?).

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