07 January 2003

21° g - 7 GEN: aereo per Goa, visita di Panjim

Lascio l'alberto prestissimo e prendo un taxi per l'aeroporto che è ancora buio. Attraversiamo baraccopoli periferiche, case di lamiera, di legno, di ondulato plastico. Ho letto che in qualche caso usano anche pannelli di amianto arrivati chissà come dall'occidente, qui fanno meno caso ai materiali pericolosi.

L'aeroporto per i voli nazionali è un po' sgarrupato ma funzionale. Molti cartelli mi intimano di non fotografare. Un facchino con un cartellino identificativo sbiadito, illegibile direi, mi prende il bagaglio dal bagagliaio del taxi prima che io possa rendermene conto. Mi accompagna al banco dell'accettazione, una cinquantina di metri scarsi più avanti, e gli do 10 rupie. Non gli sta bene, ne vuole 50. Gliene allungo altre 10 per togliermelo di torno.

06 January 2003

20° g - 6 GEN: Mumbai

Di primo mattino al caotico mercato del pesce. Stranamente, non sono riuscito a capire perché, non è permesso fotografare. Il mio tassista dice di stare attento ma non ci dovrebbero essere problemi. Io però sono troppo visibile con due reflex a tracolla e un poliziotto mi si avvicina con fare minaccioso, agitando le mani, mi sta chiaramente facendo capire che non posso fotografare. OK gli dico di sì, non fotografo. Poi arriva il mio tassista che parla in Hindi con il milite che vedo immediatamente ammansito, poi gira i tacchi e se ne va. Il tassista mi sorride e ci salutiamo. A questo punto non ci sono più poliziotti e posso rubare qualche scatto a pescatori e pescato.

Alcuni marinai riparano le reti stese per terra mentre molti bambini giocano sul pavimento bagnato. Alcuni di loro mi si avvicinano per chiedere soldi.

Mi avvio al traghetto per l'isola di Elephanta, compro il mio biglietto e mi accalco con una piccola folla di turisti indiani sul ponte di poppa. Forse ho capito perché era vietato fotografare i pescatori: il molo commerciale si trova davanti alla sezione del porto riservata alla marina militare. Comunque non ho fotografato unità belliche quindi mi sento la coscienza a posto!

Appena prendiamo il largo però scorgo, in lontananza, dall'altra parte del porto, la portaerei indiana Vikrant oggi non più in servizio e (apprenderò in seguito altrimenti ci sarei andato) usata come museo. Al largo l'altra portaerei, in servizio, la Viraat. Saremo a forse un km di distanza, scatto qualche foto, prometto a me stesso che non le venderò a pakistani!

Mentre ci allontaniamo vedo sempre più lontani, allineati e gradualmente sempre più velati dalla tipica foschia di Bombay, come in una cartolina dell'800, l'hotel Taj Mahal e la Porta dell'India. Dopo una decina di minuti sono spariti, inghiottiti dal velo di smog. Per circa un'ora mi ritrovo a condividere la barca, e la cacofonia rockettara occidentale, assordante, che sgorga dagli altoparlanti sul ponte, con gruppi di turisti indiani. Questi sembrano divertiti dalle telefonate degli ascoltatori che intervallano le canzoni proposte dall'entusiasta DJ della stazione radio. Tutti passano con disinvoltura dall'inglese all'Hindi come se fossero un'unica lingua. Ovviamente capisco solo la metà in inglese, problemini sentimentali di adolescenti, delusioni amorose e speranze segrete che magari non si confidano ad amici e parenti ma si mandano in onda senza vergogna.

Ho trovato che la decantata isola di Elephanta sia soprattutto una grande pattumiera. Anche qui, inspiegabilmente, è vietato fotografare. Le grotte, unica attrattiva a parte un paio di grandi cannoni in disuso, mestamente puntati con alzo negativo, verso il basso. I siti archeologici non sono significativi dopo aver visto Ajanta, Ellora e Aurangabad. Mi intrattengo in conversazione rilassata, del più e del meno, con un gruppetto di Calcutta che mi chiede di fotografarli.

C'è un piccolo bar dove compro del tè, fa caldo e ho sete. Come me un gruppetto di ragazzi sulla ventina che fanno a gara a chi fa i rutti più forti tra una sorsata e l'altra del tè che succhiano dai loro bicchieroni con vortici rumorosi tramite piccole cannucce.

Tornato a terra mi dirigo a piedi verso l'hotel Taj Mahal. Sono vestito in sahariana e pantaloni da trek, sembro più Indiana Jones che un credibile cliente del più costoso albergo della città. Con faccia tosta mi presento come guida di viaggi e chiedo di vedere una stanza, potrebbe essermi utile per i miei clienti in avvenire, dico non molto convinto, ma mi credono e una gentile ragazza mi accompagna al piano superiore.

Mi mostra con orgoglio la suite "Elephanta", dalla cui grande finestra si dovrebbe vedere l'isola da cui sono appena tornato, ma la foschia è tale che a malapena riesco a scorgere la Porta dell'India, che si erge maestosa a pochi metri dall'albergo. La suite è impressionante! Due salottini, impianto stereo di alta fedeltà, marmi, madreperla, velluto. Accanto ai giornali in inglese e hindi una ciotola piena a metà di acqua sulla quale galleggiano coloratissimi petali di rose rosse. Andando via non posso non provare disagio nel vedere, mentre deambula come perso nel corridoio, un cliente americano in canotta da basket che stona come un cavolo a merenda, anzi come un hamburger in un ristorante stellato Michelin.

Ringrazio la gentile hostess, lascio il Taj e mi immergo nuovamente del traffico infernale della città. Destinazione bazar di Chor.

Carino il mercatino musulmano di Chor dove si vendono reperti di navi smantellate (cantieri di disarmo vicino Bombay ed in Gujarat). Ora c’è poco, mi dice un commerciante che non si disarma più tanto qui, ed infatti ho letto recentemente che siccome in India i costi della manodopera salgono (!) e la legislazione del lavoro diventa (giustamente) più severa nell’imporre misure per la protezione ambientale e la prevenzione di malattie ed incidenti, gli armatori tendono a portare le vecchie navi in Pakistan o soprattutto in Bangladesh, dove ancora è tutto più facile ed economico. Lui però perde fonti di approvvigionamento per il suo negozio. Vende sestanti, lampade, bussole, contamiglia per navi. Mi piacerebbe comprare un po' di roba per la mia collezione nautica ma difficile portare con me oggetti di bronzo e ottone, e poi molti mi sembrano falsi, riproduzioni fedeli ma oggetti che non sono mai stati per mare.

Mi dice, senza che io gli avessi chiesto nulla, che i musulmani dell'India non sono come gli altri, sono più pacifici.

Bello il lungomare occidentale, nel pomeriggio l’aria si rinfresca e migliaia di cittadini si riversano sul largo passeggio che marca la costa occidentale della penisola di Mumbai. Coppiette di fidanzatini che tubano sul muretto che dà sul mare mentre il sole scende rapidamente sull’orizzonte. Non è dato vedere grandi affettuosità in pubblico qui in India, ma nella cosmopolita Mumbai la mentalità è un po’ più aperta...

Avevo sentito la musica da lontano, mentre sgranocchiavo delle noccioline che avevo comprato sul lungomare. Lasciata la costa avevo cercato di avvicinarmi alla fonte della musica e dopo qualche centinaia di metri mi trovo in una strada intasata di traffico con un’orchestra di musicisti in livrea, con trombe e tromboni, che suona con grande energia mentre arrivano gli invitati a quello che deve evidentemente essere un matrimonio di una famiglia facoltosa.

Naturalmente sono stato prontamente invitato, e mi sembrava di essere sul set di “Monsoon Wedding”. Mi fermo un po’ ad ascoltare, fotografare, godermi l’atmosfera frenetica. Le donne sono elegantissime, piene di gioielli e disegni fatti con henné sulle mani.

Tornando verso il centro passo davanti ad un predicatore cristiano che urla la sua fede per strada a chiunque abbia voglia di ascoltarlo... qualcuno c’è. Impreca, minaccia, esorta... un invasato! India multiculturale, a Mumbai poi c’è proprio tutto!

05 January 2003

19° g - 5 GEN: Mumbai

Alle 3 di mattina il gruppo che ho condotto per le scorse 3 settimane si divide! Accompagno chi ha finito in aeroporto, mi assicuro che siano imbarcati e me ne torno a dormire.

La mattina mi alzo con comodo, resto della giornata in visita della città da solo. In questa città ce n’è per tutti i gusti, una buona guida e ognuno potrà usare il proprio tempo al meglio.

Vado al Museo del Principe del Galles, costruito (guarda un po'!) dagli inglesi in stile architettonico indo-saracenico. È il più importante della città e sfoggia impressionanti collezioni di arte indiana.

Sege il museo di arte moderna, dove c'è anche una galleria con quadri di giovani pittori indiani in vendita per cifre che variano tra le 10.000 e le 80.000 rupie. Mi piace l'idea di poter comprare quadri di promettenti artisti in un museo.

Continua a bighellonare verso la cattedrale di San Tommaso, che trovo completamente vuota! C'è un libro per visitatori, che firmo, ma non sembra che il centro del cattolicesimo a Bombay ne attiri molti.

Nella spianata antistante ci sono vari librai che vendono volumetti esposti sul marciapiede, quasi tutti in inglese. Tra questi molte copie di Who moved my Cheese? il libriccino che mi hanno regalato alla NATO quando sono andato via, anzi quando mi hanno mandato via, facendomi il più grande favore che io abbia mai ricevuto in vita mia! (Dico sul serio.)

Passeggiata sul lungomare, molte coppiette con sguardi languidi sedute sul molo, prostitute taglia XXXL in bella mostra e venditori di noccioline. C'è il sole, una leggera brezza rende l'aria piacevolissima sulla pelle, ognuno sembra fare ciò che vuole in pace, eppure non so perché ma c'è un'atmosfera che se forse sarebbe esagerato definire triste, è senza dubbio mesta.

Lascio il lungomare poco prima del tramonto e mi inoltro per stradine interne. Ad un certo punto sento della musica, fiati e percussioni ad altissimo volume, e mi dirigo nella direzione da cui proviene. Mi imbatto quindi in un grande matrimonio, che si svolge in una grande casa di famiglia evidentemente benestante ma dilaga poi nella strada.

Le donne sono generalmente abbigliate con colori sgargianti, il che è normale in India ma qui si raggiungono livelli di rara intensità cromatica, il tutto esaltato da vistosissimi gioielli d'oro ostentati senza remore. Non per niente l'India è uno dei maggiori consumatori di oro del mondo.

Gli uomini invece sono più posati, tranquilli, alcuni sembrano quasi annoiati. Una metà di loro sono vestiti con giacca e cravatta all'occidentale, l'altra con il classico vestito indiano a volte chiamato "stile Nehru".

Mi invitano alla festa, ma esito, anche perché sono vestito con pantaloni da esploratore abbastanza indecenti e gilet da fotografo con due Nikon a tracolla, e poi vado via. Ho un appuntamento a cena con Mirko, l'unico rimasto del gruppo che è ripartito. Me ne sono pentito, sarebbe stata un'ottima occasione di fare conoscenze ed esperienze locali.

A cena al ristorante Apoorva, vicino alla cattedrale cattolica di San Tommaso, ma molto buono e curato. Ottimo pesce.

04 January 2003

18° g - 4 GEN: Mumbai

Arriviamo presto alla stazione di Victoria Terminus di Bombay e siamo assaliti dai tassisti. Come per le barche di Allahabad, la loro avidità li tradisce: ci avevano chiesto 200 Rp per macchina per andare in albergo, hanno rifiutato le 100 che gli avevamo offerto e noi, dopo pochi minuti di fila alla stazione dei taxi regolari, ne abbiamo pagate 60. E questo nonostante i due taxi che ho preso per il gruppo si siano "persi" varie volte, forse per estorcerci una tariffa più alta (trucchi di tassisti di tutto il mondo) forse perché la città è un vero grande casino!


Giornata sguinzagliati per Mumbai, ognuno segue i propri interessi: acquisti, musei, mercatini… una grande metropoli che meriterebbe vari giorni per essere gustata a pieno. Io passo il tempo al telefono con l'agenzia a Roma e a discutere con le reali linee aeree giordane perché la prenotazione per un cliente del mio gruppo risulta essere stata cancellata... incidenti di percorso di un capogruppo di viaggi avventurosi! Per fortuna trovo un internet café (il primo dopo tanto tempo) e posso comunicare decentemente.a

Il nostro hotel si chiama Heritage, vicino alla stazione Byculla, decentrato ma grazie ad una sopraelevata si arriva a Colaba in 15m. Qui trovo un coacervo di localacci x saccopelisti stranieri, niente di carattere indiano vero, e neanche troppo economici per quello che offrono.

Discrete le due “suites” che abbiamo preso per appoggio di tutto il gruppo fino al trasferimento in aeroporto che attende la maggior parte del gruppo in nottata. Mediocri le stanze normali.

Nel pomeriggio sono andato a visitare il fatidico Taj Mahal Hotel, e ho chiesto di vedere alcune stanze. Sanjeev, il corrispondente dell'agenzia indiana cui mi appoggio, mi aveva detto che poteva avere le stanze normali a $170, ma la bella suite che mi hanno fatto vedere, con vista sulla Porta dell’India, due salottini, letto formato eliporto, DVD, mobili d’epoca, cesto di frutta, bottiglia di champagne in ghiaccio e petali di rosa galleggianti in ciotoline d’argento sul tavolo da pranzo è disponibile per 1000 dollari al giorno, questo hotel è un vero monumento. Sogno che un giorno forse pernotterò qui con una bella ragazza, la mia fidanzata, mia moglie chissà...

Cena al Churchill Café, a Colaba, chissà perché consigliato dalle guide, accettabile ma niente di speciale, ambiente freddino ma di mangia discretamente.

03 January 2003

17° g - 3 GEN: Aurangabad, Ellora, treno per Mumbai

Giro della città: le grotte di Aurangabad sono meno grandiose di Ellora ma non ci va quasi nessuno e sono quindi molto più godibili.

Una in particolare mi è parsa interessante perché conteneva, una affianco all'altra, due statue, di Buddha e Ganesh. Induismo e buddhismo fratelli! Sappiamo che gli induisti considerano Buddha una reincarnazione di Vishnu, l'ultima, ma non mi  era mai capitato di vedere le due figure insieme.

C'è anche una sorta di mini-Taj Mahal, il Bibi Ka Maqbara, che risulta un po' patetico dopo aver visto quello "vero" ad Agra, ma che altrimenti farebbe anche la sua figura. Aurangzeb voleva chiaramente emulare il padre Shah Jahan quando lo costruì, tra il 1660 e il 1669 per la sua prima e più importante moglie. Dilras Banu Begum, di origine persiana, era morta a soli 32 anni di età (circa... non si conosce esattamente la data della sua nascita), probabilmente partorendo il quinto figlio di Aurangzeb.

Visitiamo anche una moschea, dove sono costernato di leggere all'ingresso che l'accesso è vietato alle donne. Ho visto in passato templi induisti o jainisti dove era vietato l'ingresso alle donne con le mestruazioni ( chi controlla?) ma qui non possono entrare mai!

Consiglio di tralasciare invece il mulino di Panchaki,  anche Daulatabad e concentrarsi su Ellora.

Nel pomeriggio ad Ellora, dove restiamo per circa 4 ore, fino al tramonto, ma se ne sarebbero potute passare altre 4 senza annoiarsi affatto. Spettacolare sito di templi induisti, buddisti e jainisti uno affianco all'altro. Tutti scavati nella montagna.

Abbiamo aspettato apposta il pomeriggio per la visita perché oggi è particolarmente caldo ed umido, sarebbe stato insopportabile a mezzogiorno.

Aggancio un custode che mi porta in giro con la sua torcia elettrica, mi fa vedere pitture murali che altrimenti mi sarebbero probabilmente sfuggite.

Mi avvicinano un paio di ragazzotti che mi chiedono di cambiare 4 dollari americani che hanno rimediato chissà come e gli faccio volentieri il favore. Poi capisco: cercano di vendermi monetine (probabilmente false!) del periodo Moghul. Ecco come hanno rimediato dollari, vendendo ai turisti.

Il sito è vastissimo, lunghe camminate o passaggi in rickshaw. Ci sono solo turisti indiani, pochissimi stranieri. Forse la paura del terrorismo che recentemente ha rialzato la testa in India, forse delle scaramucce con il Pakistan.

Piacevole la scalata per il sentiero intorno alla grotta N.16, vale la pena farne il periplo, ottimi spunti fotografici. Per fotografare nelle grotte si è ripetuto quello che ci era successo ad Ajanta: niente flash o treppiede ma con una mancetta almeno il monopiede me lo fanno usare. Non abuserò! Le mie modeste foto non saranno commercializzate.

Torniamo quindi in albergo (ci hanno lasciato tre stanze per farci una doccia) e impacchettare tutto per il trasferimento a Bombay – il nuovo nome dal 1996 è Mumbai ma gli Indiani continuano ad usare il vecchio... Mi avvicina un negoziante di seta che mi propone di portargli il gruppo che guido ed in cambio offre il solito 30% di provvigione, ma non ho né tempo né voglia e lascio perdere.

In serata ci facciamo accompagnare alla stazione per prendere il treno e affrontare un'altra notte in cuccetta.

02 January 2003

16° g - 2 GEN: Ajanta - Aurangabad, 200km, 5 ore

Al mattino presto mi si presentano gli autisti in camera che rivogliono i soldi che ci hanno prestato! Come se potessimo scappare via...

Partenza per le grotte di Ajanta, dove passiamo circa 4 ore. Ne vale la pena. Ricordarsi di portare le torce elettriche per vedere all’interno. Consiglio vivamente di non cercare di vedere sia Ajanta che Ellora nello stesso giorno. Come tempi ci si può anche rientrare ma si rischia di correre.

Per fortuna ho portato pellicole ad altissima sensibilità per far foto all’interno, in molte grotte non si può usare né flash né monopiede/treppiede. In realtà poi il custode di una grotta mi ha fatto capire che se gli davo una mancia ci avrebbe fatto usare il treppiede. Paolo allunga due euro ed è fatta. Il divieto di usare il treppiede serve ad evitare una produzione di foto commerciali senza pagare il dovuto, che non è certamente il nostro caso, quindi non mi pare si sia fatto niente di male!

Io ho usato un velvia 400 ASA tirato ad 800 ed era appena sufficiente per far foto a mano libera, magari appoggiandosi su muri o colonne.

Molti ragazzi in gita scolastica, tutti impeccabilmente vestiti con coloratissime uniformi all'inglese. Anche molte coppie di tutte le età. Noto una certa abbondanza di donne dalle dimensioni giunoniche, che però sono sempre di portamento elegante, e sprigionano un'erotismo primordiale che non saprei ben spiegare con il valore estetico delle loro caratteristiche somatiche. Forse è dovuto ai fianchi e al ventre sempre nudi sotto i veli colorati.

Il contrario di alcune turiste italiane che, come gli uomini, hanno sempre un maglione arrotolato attorno alla vita, anche se fa 25 gradi all'ombra, non si sa mai venisse un colpo d'aria fredda!!

L'autista si inventa un'altra delle sue scorciatoie, ma me ne accorgo troppo tardi per fermarlo. Quando vedo che siamo fuori rotta gli chiedo ma lui dice solo "Shortcut shortcut" scorciatoia, il che vuol dire meno chilometri ma molto più tempo per strade sgarrupate! Ma in India, almeno per gli autisti, il tempo costa poco, il gasolio di più. Per noi sicuramente il contrario ma guidano loro e ci dobbiamo adattare.

Arrivo in serata ad Aurangabad, la città che porta il nome del Gran Moghul che più di chiunque altro è responsabile per la distruzione di così tanta parte del patrimonio indù dell’India centrale.

Hotel: Meadows, consigliato da Sanjeev Chandra. Nuovi bungalow, carini e puliti, ma piuttosto decentrato. Un quarto d’ora di bus per andare in città. Non mi è piaciuto che mi sia venuto a cercare al ristorante dell’albergo, con la evidente complicità del gestore, un negoziante di stoffe ed artigianato che mi proponeva anche lui di darmi il 30% se gli avessi portato il gruppo in negozio.

Ristorante: Walla, conosciuto come “il Tandoor” vicino alla stazione ferroviaria. Ottimo tandoori, il padrone è simpatico, biascica anche un po’ di italiano (anche se noi abbiamo visto solo avventori indiani).