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10 March 2012

Film review: Taxi Driver (1976) by Martin Scorsese, *****

Synopsis

Paul Schrader's gritty screenplay depicts the ever-deepening alienation of Vietnam Veteran Travis Bickle (Robert De Niro in a tour-de-force performance), a psychotic cab driver who obsessively cruises the mean streets of Manhattan.

This edition has the following extras:
Introduction to DVD - Martin Scorsese - this was recorded in 2006 and lasts about 15 minutes during which Scorsese talks about the influences that created Taxi Driver (Jean Luc Goddard etc).

Introduction to DVD - Paul Schrader
Commentary - Paul Schrader
Commentary Robert Kolker (Author)
Loneliness and Inspiration - Documentary
Cabbie Confessional - Documentary
Producing a Cult Classic
Taxi Driver Locations - Then and Now
Animated Photo Gallery
Storyboard to Film Comparisons
Behind the Scenes Documentary
Theatrical Trailer
Filmographies


Review

A monumental film about human nature, about the aftermath of the Vietnam war, about New York in the seventies. These are the several layers of reading this film lends itself to and they are all worth the viewer's time. For this reason this is a film that must be seen several times to get all it has to offer. It can not be metabolized in one viewing. One of the best films of the seventies.

The BD version is very good, and quite a few extras complete an excellent deal.









05 January 2012

Film Review: Windtalkers, by John Woo, **

Synopsis
US Marine Nicolas Cage--with a scarred ear and a fed-up look--is given the job of looking after Navajo Adam Beach, whose complex language is the basis of a code being used to fool the Japanese in the Pacific during World War II. His orders are to protect not Beach but the code, (including orders to kill Beach if it looks like capture is imminent) which makes for an uneasy progress from hatred-at-first-sight through growing respect to agonised male bonding.

Recensione Film: Windtalkers, di John Woo, **

Sinossi
Durante la seconda guerra mondiale, l'esercito americano decide di usare il linguaggio degli indiani Navajos per codificare i messaggi segreti così da impedirne la decodifica da parte dei giapponesi. L'esercito giapponese a sua volta decide di catturare dei soldati Navajos per usarli come traduttori. Gli americani, venuti a conoscenza del fatto, assegnano ai Navajos dei marines come guardie del corpo, con l'ordine di ucciderli in caso di pericolo. Il film narra l'amicizia tra il soldato navajo Ben Yazzie e il sergente dei marines Joe Enders, che dovrà mettercela tutta per non far cadere il suo amico nelle mani dell'esercito nipponico evitando però la soluzione estrema.

21 December 2011

Film Review: Pacific Battleship Yamato (2010), by Junya Sato, ****

Synopsis

World War II action film set aboard the Battleship Yamato, the most fearsome ship in the Pacific fleet and still to date the largest warship ever built. Based on a book by Jun Henmi with a framing story set in the present day and through the use of flashbacks, Yamato tells the story of the crew of a WWII battleship, concentrating on the ship's demise during Operation Ten-Go.


20 December 2011

Film Review: Assault on the Pacific - Kamikaze (2007), by Taku Shinjo, ****

Synopsis
World War II epic about a squadron of Japanese Kamikaze pilots and their journey through training and first missions toward the terrifying destiny of their battle with the US Navy over the Pacific Ocean. It is essentially a backstage shoot, very little in terms of war action.

07 December 2011

Film Review: Tora! Tora! Tora! (1970), by R Fleischer, T Masuda and K Fukusaku, *****

Synopsis

Today is the sixtieth anniversary of the Pearl Harbor attack. That is one reason to review a forty years old movie. Another is the publication of a stunning new Blu-ray edition. A Japanese-American co-production, director Richard Fleischer (Soylent Green) and two Japanese directors put together this ultrarealistic account of the bombing of Pearl Harbor as presented from the perspectives of both nations, as diplomatic tensions rise between the two countries. While the Japanese military plans its attack on American military installations, the American forces nearly stumble into a much greater calamity due to a series of errors and mistakes. As the two sides plunge closer to war, the tension escalates until the final, spectacular air raid, arguably the most realistic ever filmed.


26 October 2011

Book Review: Formosa Betrayed, by George Kerr, *****

Island of Tatan, off Quemoy with Nationalist flag
By way of background...

"Our experience in Formosa is most enlightening. The Administration of the former Governor Chen Yi has alienated the people from the Central Government. Many were forced to feel that conditions under autocratic rule [Japan's rule] were preferable.

27 July 2011

Book Review: First Shot - The Untold Story of Japanese Minisubs That Attacked Pearl Harbor, by John Craddock, ****

Synopsis
America’s first shot of World War II was fired by a worn-out World War I destroyer. An hour before the Japanese attack on Pearl Harbor, the U.S.S. Ward hit its mark - a tiny but lethal Japanese submarine - but no one heeded the captain’s report. Before the morning was out, more than 2,400 people were dead, thousands more were wounded, and more than 100 American warships were destroyed or crippled. What became of the Ward’s message?

21 May 2010

Recensione: Storie di New York, di Alessandra Mattanza, ****

Sinossi
Una New York che non si può dimenticare, capace di entrare nel sangue e scendere profondamente nell'anima. Un banchiere sull'orlo di una crisi di nervi, in piena crisi finanziaria, si accorge di aver perso letteralmente la testa. Una fotografa che si nutre della malinconia dell'uomo che ha perduto per sempre. Un romantico medico che spera un giorno di diventare musicista. Una giornalista che finisce per trovare un momento di consolazione in una sconosciuta incontrata sulla lista di Craiglist. E, come loro, tanti altri: anime alla deriva che formicolano tra grattacieli, strade, stanze di appartamenti, salotti , bar, locali e situazioni. Sono tutti, inconsapevolmente, alla ricerca dell'amore. Ma quel sogno, il sogno americano, in fondo non esiste. Una New York reale e attuale, inedita e talvolta sconcertante quella che viene descritta in queste pagine crude e sincere, forse amare, ma incredibilmente vere. Una New York borderline , al limite, uno specchio crudele della crisi di un'intera società, oltre che di un capitalismo economico che sembrava invincibile.

09 March 2010

Partire, tornare o ...viaggiare? Ali e radici della mia vita fino ad ora.

Vivo a Bruxelles. Perché? Ne parlavo con il mio amico Marco De Andreis, che ci ha vissuto anche lui fino a qualche anno fa. Forse me ne andrò un giorno, ma non sarà, credo proprio, per tornare a Roma come ha fatto lui. Come Marco, anche io detesto Roma quando ci sto. A differenza di lui però, la continuo a detestare anche quando non ci sto.

Quando ci vado mi spazientisco per mille ragioni, e non vedo l'ora di ripartire. Il momento più bello delle mie visite è la corsa in taxi o trenino verso l'aeroporto. Allora mi rilasso, e penso che anche questa volta l'ho sfangata. Bruxelles, si capisce, non ha neanche un centesimo dei tesori d'arte di Roma, e neanche il sole, e neanche i prodotti freschi al mercato a prezzi bassi, e neanche il mare caldo d'estate a pochi chilometri di distanza d'estate, e neanche le montagne per sciare a pochi chilometri di distanza d'inverno e neanche la pajata, l'amatriciana e la coda alla vaccinara.  

E allora? Perché preferirla? Perché Bruxelles è più ordinata, vivibile, culturalmente attivissima, a dimensione d'uomo, e soprattutto cosmopolita quanto Roma è provinciale.

Insomma sono destinato a restare un emigrante per sempre? E perché no?

Ho passato dieci anni negli USA, cominciando con quattro alla School of Foreign Service della Georgetown University dove ho conseguito con la lode una laurea in relazioni internazionali (studiando politica, strategia, economia, diritto internazionali, allora in Italia non esistevano università che se ne occupassero).

Durante quel periodo passai anche alcuni mesi in Polonia, quando c'era il comunismo, e li racconto in questo libro.

A quel punto mi sono convinto che quanto avevo appreso negli States sarebbe stato utile al mio paese (vero) e quindi apprezzato dai miei compatrioti (non sequitur). In Italia, sul piano professionale, ero oggetto di invidia e non di stima e tanto meno di ammirazione.

Andai all'università di Roma per farmi riconoscere il titolo di studio, ma con la mia laurea un arcigno professore della facoltà di Scienze Politiche mi disse che poteva iscrivermi al terzo anno. Cominciamo bene, mi dissi, ma non mollai.

Tornai in USA e dopo sei anni al M.I.T., completai un corso di Dottorato di Ricerca (Ph.D.) in studi strategici (anche questi, allora, non c'erano da noi). Nel frattempo avevo lavorato - cosa che gli studenti universitari in America fanno sempre, anche se non ne hanno bisogno - prima con mansioni più semplici e poi via via come assistente, ricercatore ed infine insegnante.

A 26 anni di età tenevo al M.I.T. il primo corso universitario tutto mio sulla proliferazione nucleare, con nome, cognome e stipendio miei. Mi invitavano a conferenze in tutta America,  pubblicavo i miei primi articoli (con il mio nome e cognome, mai e poi mai un professore si sarebbe sognato di metterci il suo). Già prima di finire il dottorato ero, per così dire, entrato nel giro, e da solo, senza conoscenze, parentele o amicizie con chicchessìa.

Decisi comunque di riprovare in Italia. Non presso l'università pubblica, dove non avevo alcuna speranza di entrare nelle roccaforti del baronato, ma in una fondazione privata. Insistendo molto riuscii ad  intrufolarmi per la porta di servizio nel principale istituto internazionalistico italiano, l'istituto Affari Internazionali, dove imperava ed impera ancora (2010) un'oligarchia ferrea ivi installatasi alla fine degli anni sessanta (sì, sessanta!). Apprezzavano il mio lavoro e mi pagavano benino, ma ero sempre il ragazzo di bottega da tenere, appunto, in bottega, e non il giovane collega da lanciare in pista.

Cercai appigli anche presso altri centri di studio, che però in Italia erano di due tipi: alcuni legati a personalità singole, solitamente geriatriche, anzi direi da museo di storia naturale. Una volta presso una fondazione politica romana intestata a Ugo La Malfa, un dirigente ultra settantenne, ex ministro, mi disse che stava alla loro generazione prendere le decisioni importanti, non ai quarantenni idealisti che pretendono di cambiare il mondo. Non potevo credere alle mie orecchie, ma ci dovevo credere.

Mi veniva da pensare che in realtà il mondo negli ultimi decenni lo hanno cambiato i trentenni se non i venticiquenni: Bill Gates, Steve Jobs, Tim Berners-Lee, Jeff Bezos negli anni ottanta e novanta e Jim Wales, Larry Page, Sergey Brin, Mark Zuckerberg e loro simili più recentemente. Avrei dovuto dirlo al vecchietto ex ministro, ma mi trattenni.

Altri centri studi erano invece legati a filo doppio ai partiti politici, con una loro linea ben precisa di politica estera. Né dai fossili né dagli apparatchiki ebbi mai la possibilità di pubblicare. Qualche volta andai in televisione come “esperto”, ma solo perché avevo un amico alla RAI, non perché qualcuno apprezzasse quello che avevo da dire.

Provai anche presso una prestigiosa università privata di Roma, la LUISS, ma un altro ultra settantenne che teneva corsi nelle mie materie mi offrì un contratto di insegnamento che mi pare si chiamasse "integrativo": in pratica il professore di ruolo decideva il curriculum, faceva un paio di lezioni, restava titolare del corso e prendeva quasi tutti i soldi, mentre io avrei dovuto fare tutto il resto: lezioni, esami, colloqui con gli studenti ecc.

Dovunque ero considerato il “junior”, il ragazzino di bottega. Dopo un po' di anni di questa deprimente trafila ero pronto a ripartire.

Feci un concorso di medio livello per il segretariato internazionale della NATO, lo vinsi e mi trasferii a Bruxelles. Ci passai oltre sette anni e ne fui gratificato, professionalmente ed economicamente, anche se il lavoro col tempo diventava ripetitivo. Poi siccome allora i contratti dei funzionari erano tutti a tempo determinato dopo due rinnovi mi rimisi a cercare. Provai a restare alla NATO. Per superare la routine feci vari concorsi per posti un centimetro più alti di quello che avevo, ma siccome a quel livello la cosa diventava politica, ed io dietro di me avevo un non-paese che non mi sosteneva, non ci riuscii. Mi disturbava vedermi passare davanti stranieri meno capaci di me solo perché i loro governi, i loro ministeri, si davano da fare per sostenerli ed i miei no.

Ebbi comunque varie offerte di lavoro, soprattutto nel settore privato (da tedeschi, americani, perfino indiani, ma mai da italiani) che mi hanno continuato a trattenere qui a Bruxelles. Che non sarà un capolavoro architettonico o urbanistico, ma ci si sposta abbastanza facilmente, si parcheggia ovunque e le macchine si fermano al semaforo rosso e alle strisce pedonali, che puoi attraversare ad occhi chiusi... 

E poi è una città che si trasforma, vive. Molte brutture degli anni sessanta stanno sparendo per dar spazio a moderni palazzi di indubbio gusto e funzionalità. Come del resto vivono e cambiano le grandi città: Parigi, Londra, Berlino, non Roma.

Morale: ho fatto male a lasciare gli States? Professionalmente sì, di sicuro. I miei compagni di università del M.I.T., anche europei, che sono rimasti là, magari diventando cittadini americani, sono professori, amministratori delegati, ambasciatori, direttori di istituti. Ci tornerei? Non credo, non mi piacciono le minestre riscaldate. E poi da “junior” che ero, in quattro e quattr'otto ormai sono diventato un “senior”, anzi di più, insomma troppo vecchio per ricominciare una carriera. Non so come ma non ho mai avuto l'età giusta! 

Non ho figli, che io sappia, ma se ne avessi gli consiglierei di guardarsi bene intorno tous azimouts prima di decidere alcunché. Di imparare svariate lingue straniere. In Italia siamo un disastro con le lingue e la cosa ci danneggia enormemente. E poi di non fermarsi mai troppo tempo nello stesso posto, né geografico né professionale. Di essere curiosi ed avere il coraggio di rischiare ma senza fare i Don Quixote della situazione e meno che mai i Sancho Panza.

Restare per sempre a Bruxelles dunque? Forse, anche se dopo quindici anni si è esaurito un po' l'effetto novità, la curiosità. Ma allora dove? Potendo scegliere, andrei in Asia, in una cultura diversa, ricca, nuova e per questo stimolante, in un paese che si stia costruendo un futuro, possibilmente democratico, e che non viva del fatto che i problemi non si risolvono “si pperò noi c'avemo er Colosseo”. Se avessi uno straccio di spunto, una opportunità lavorativa, una partner, lo farei subito. Tanto la pasta c' 'a pummarola 'n coppa, grazie alla globalizzazione, si trova dovunque. E forse lo farò comunque, anche senza lo spunto. Per invecchiare lì?

Non necessariamente, e qui vengo alle considerazioni finali: si parla tanto di identità, di radici, ma io non sento veramente di averne: sono italiano, ma mi sento anche molto americano, un po' scandinavo, un po' mitteleuropeo. E c'è tanto mondo da godersi nei così pochi anni che ci stiamo. Penso che potrei diventare anche molto indiano o cinese col tempo. In fondo il futuro è in Asia orientale, che piaccia o no.

Per poi magari andare a morire su qualche isola tropicale - tanto oggi c'è internet e di Robison Crusoe non ce ne sono più, e si può fare quasi tutto quasi dappertutto. E meno male.

Più che radici, preferisco avere ali.

20 February 2008

Film review: Apollo 13 (1995) by Ron Howard, *****


testo italiano a seguire

Synopsis

Ron Howard's Oscar-winning take on the Apollo 13 story. The mission, manned by astronauts Lovell (Tom Hanks), Swigert (Kevin Bacon) and Haise (Bill Paxton), starts out as a routine spaceflight which generates little media interest. But all that changes when an oxygen tank explosion cripples the ship and prompts the immortal line, 'Houston ... we have a problem'. Now Lovell and his crew have to struggle to keep going, while at Mission Control their colleagues Kranz (Ed Harris) and Mattingly (Gary Sinise) do everything they can to bring them home.


Review

Can a lunar mission be considered "travel"? I think so! Masterful interpretation by Tom Hanks and the other protagonists, and great direction. The movie marries human pathos for the human drama with an accurate documentation of the real events and its tecnological nuances. Excellent special effects considering the technolgy available in 1995. I was especially struck by the simulation of the absence of gravity via zero G flights that allowed sequences of only a few seconds at a time to be filmed.
The crew of Apollo 13from left – James A. Lovell, Jr, John L. Swigert, Jr., and Fred W. Haise, Jr.

The viewer is led to live through the adventure of a lunar trip, an exceptional event even though at the time (this was the third planned manned landing) it had come to be considered routine... until the accident, that is!
A passionate movie on an episode that today is famous only because the three men almost met tragedy. To me it taught the superficiality of many journalists who look for news only when danger looms. But also the morbid character of much of the TV audience, that is looking for excitement in danger and accidents, a bit like those who only watch car racing when someone dies as if it were a goal scored ina soccer match.

Excellent extras on the history of the Apollo program and interesting interviews with the real astronauts among others.



Sinossi

L'11 aprile 1970, il gigantesco razzo vettore Saturno V viene lanciato da Cape Kennedy e mette in orbita terrestre tre astronauti: il veterano Jim Lovell, comandante della spedizione, il pilota del modulo di allunaggio "LEM" Fred Haise, il pilota del "modulo di comando" Jack Swigert che, alla prima missione come Haise, è dovuto subentrare all'ultimo momento al collega Ken Mattingly, impedito per motivi di malattia. Il volo procede regolarmente e gli astronauti si apprestano a discendere sulla Luna: improvvisamente una forte esplosione, seguita da un subitaneo calo di pressione in uno dei serbatoi di ossigeno liquido del "modulo di comando", mette in allarme l'equipaggio e il centro di controllo diretto da Gene Kranz. Nessuno capisce cosa sia successo, e la missione deve in breve essere trasformata in un rischioso recupero, con il "LEM" divenuto una sorta di scialuppa di salvataggio cosmica, da cui i tre osservano con malinconia la Luna, mentre le ruotano attorno per ritornare sulla Terra. Le televisioni, disinteressate al momento del lancio, ora trasmettono moltissimi servizi sul pericoloso recupero. Mattingly viene convocato d'urgenza per simulare a terra tutte le manovre possibili nel "modulo di comando" per risparmiare energia e facilitare l'ammaraggio. Al dramma in cielo si aggiunge quello in terra dei familiari. Tutte le nazioni offrono il loro aiuto agli Stati Uniti. Anche il pontefice Paolo VI prega in piazza San Pietro per i tre uomini che devono affrontare anche lo stress del freddo, dovuto al risparmio di energia imposto da terra, e devono improvvisarsi artigiani confezionando un rudimentale filtro al litio per ridurre il tasso di anidride carbonica, salito a livelli intollerabili. Dopo aver per l'ultima volta acceso i motori del provvidenziale "LEM", per allinearsi con la Terra per il rientro, si trasferiscono nella capsula. Espellendo il "modulo di comando" vedono finalmente il danno: un intero pannello è saltato per l'esplosione. Capiscono, prima di ammarare regolarmente, quanti rischi abbiano corso.


Recensione

Una missione spaziale verso la luna può essere considerata un viaggio? Direi proprio di sì!

Interpretazione magistrale di Tom Hanks ma anche dei suoi colleghi e ottima regia. Il film coniuga perfettamente il pathos umano per il dramma che si svolge con una documentazione accurata degli aspetti tecnologici della vicenda. Ottimi effetti speciali per la tecnologia del 1995, e mi ha colpito in particolare come abbiano simulato l'assenza di gravità con voli a zero G che permettevano di filmare sequenze di solo una ventina di secondi per volta.

L'avventura di un viaggio verso la luna, in sé un fatto eccezionale che però al tempo (era la terza missione a prevedere un allunaggio umano) venne vissuta, anzi trascurata, fino al momento dell'incidente. Un film appassionante su una vicenda oggi famosa che tale non sarebbe stata se non si fosse sfiorata la tragedia. La vicenda di Apollo 13 mette a nudo la superficialità di tanti giornalisti che cercano la notizia solo nella tragedia. Ma anche di quel tipo di pubblico che vuol vedere gli incidenti come se fossero i gol di una partita.

Eccellenti gli extra sulla storia del programma Apollo e le interviste ai veri protagonisti della vicenda.

07 August 2007

4° g - 7 AGO: LOS ANGELES, relax e passeggiata

Giornata tranquilla, a spasso per Marina Bay, uno snack americanissimo in un locale sul mare, poi nel tardo pomeriggio ci mettiamo in strada per l’aeroporto.

Il volo Air New Zealand parte in orario. Controlli minuziosi ma gli impiegati della sicurezza cercano di essere gentili e non farlo pesare più del necessario. Con il calare della notte siamo in volo sul Pacifico!

06 August 2007

3° g - 6 AGO: LOS ANGELES, Hollywood Studios

Giornata negli enormi studios hollywoodiani. Per me era la prima volta, molto interessante e divertente! Più America di così non si può!

C'è un sacco di gente  ma la cosa non ci crea problemi, per fortuna ho comprato biglietti top of the line o qualcosa del genere per cui si paga un po' di più ma non si fa mai la fila, basta semplicemente andare davanti a tutti!

Per finire la giornata passeggiata sull'isola pedonale della 3rd Street Promenade, a Santa Monica. Negozi, ristoranti, giocolieri, improvvisate scuole di tango lungo i vialetti, una bella atmosfera. Vedo per la prima volta un iPhone, in un Apple store mi ci fanno giocare per un po'...

05 August 2007

2° g - 5 AGO: Los Angeles, Getty Museums

Prevedibile sveglia molto presto a causa del fuso orario. Vado ad affittare un minibus da un car rental vicino all’alberto e partiamo con i miei compagni di viaggio per la Getty Villa. Facile girare per Los Angeles, oggi poi non c’è traffico, ed in poco tempo arriviamo a destinazione. Siamo accolti da personale gentilissimo che sorridendo ci indica il parcheggio sotterraneo.

04 August 2007

1° g - 4 AGO: In volo per Los Angeles, perché Tonga, icebergs

Viaggio alla scoperta del Regno di Tonga, archipelago polinesiano tra le Figi e Samoa ed unica nazione a non essere mai stata colonizzata nel Pacifico meridionale. Tonga è una destinazione spesso trascurata, o visitata magari in abbinamento alle Fiji. Invece vale la visita anche da sé: il mare con le balene che ti nuotano accanto, gli atolli paradisiaci, la cultura antica, la gente pacifica e i bizzarri stranieri che qui si sono installati... ce n'è per settimane!

Tappa in andata a Los Angeles, per spezzare il volo lunghissimo e per godere di quanto questa città a volte trascurata ha da offrire, con programma di visite a Hollywood Universal Studios, Getty Museum e Villa, passeggiate a Venice Beach.

19 June 2007

Recensione: Nagasaki Per Scelta o Per Forza, di Fred Olivi, ****

Fred Olivi in his B29
Sinossi

Oscurata per più di cinquant'anni dalla più nota missione dell'Enola Gay su Hiroshima e dalle poche e cattive informazioni diffuse e coperte da segreto militare, la missione del B29 Superfortress "Bockscar", compiuta il 9 agosto 1945 su Nagasaki, è rimasta fino a oggi quasi sconosciuta. Scritto dal copilota del "Bockscar", Luogotenente Colonnello Fred J. Olivi, italo-americano di prima generazione, "Nagasaki per scelta o per forza" rivela i veri dettagli legati alla Missione 16, le fasi segrete dell'addestramento e i dati sull'impiego di "Fat Man", la bomba atomica al plutonio tre volte più potente di quella all'uranio sganciata su Hiroshima pochi giorni prima.


01 December 2005

Una corrispondenza formativa

1 dicembre 2005

ELEONORA
Ciao Marco ben trovato. Mi ricordo sempre con piacere del nostro viaggio in India. T'avverto che è un e-mail lunghissima, di recupero per tutte quelle non mandate (e le future).

Dopo il nostro viaggio sono andata in Etiopia fatta in settembre-ottobre alla faccia della fama delle carestie che la piegano, è inaspettatamente veeerdeee, praterie immense piene di bestiame montagne panorami..e una marea di gente per strada che cammina, molto povera. Di contro Addis Abeba è abbastanza moderna più di altre capitali africane che ho visto. A Settembre-ottobre lì è inverno si è sempre in altitudine e fa freddino, lo dico perchè uno, parte per l'Africa in braghini e canottiera figurati che caldo fa poi si ritrova a gelare, questo nel nord, a sud fa caldo. Non è una novità che l'Etiopia è uno dei paesi africani più interessanti da vedere. 
E' fotograficamente un potenziale ma è molto faticoso..è peggio dell'India per via di richieste di birr (soldi) a baratto delle foto, ti esasperano davvero e tanto tengono allenata la pratica del pretendere pretendere pretendere dai turisti tutti Onassis per loro, che è davvero difficile scattarle prima della posa. Perciò spesso prendevo il mio cessino di Nikon e la mettevo in custodia. Ciò che mortifica davvero è la mentalità d'assistenzialismo da paese che così proprio non ne uscirà mai da una povertà che ti intristisce e sconcerta fino al midollo. C'è pure un bel po' di mafia. Questo in tutto il terzo mondo? Sì, qui è manifesto. E' un paese tutto bello, grande e si sta molto in macchina. Bisognerebbe cercare di andarci in gennaio per le feste religiose di etiopia storica, meno frequentate, il sud è veracemente tribale perciò battutissimo tutto l'anno. La parte più ..più è dove nessuno va, la parte est musulmana verso la dancalia (zone di Hafar). L'Etiopia non è il Sudafrica o la Tunisia..è l'Africa Africa.
A proposito di Africa Africa, sono stata in Burkina a Ouagadougou in missione nel '96 5 settimane nei dispensari dei camilliani ed ho fatto il niger (Bororo-Tuareg) ergo, Togo-Benin-Burkina non può che essere nei primi posti per la voglia di andarci; forse ci andremo con Patrizia con il solito gruppo con cui viaggio in febbraio-marzo-aprile-maggio ma è troppo presto per saperlo, diciamo che è uno dei posti dove ci siamo detti ci piacerebbe andare l'anno prossimo.
In Etiopia ci sono andata con XXXXX... io i cognomi li trascuro proprio da subito. E' simpatica, in gamba, viaggia in genere con un gruppetto suo tant'è che non sempre pubblica i viaggi sul sito e lavora per avventure. Semmai ti dirò l'esatto cognome se ti interessa.
Sei venuto fuori nei nostri discorsi perché ti conoscono in quel giro. Guarda che chiacchierando ho parlato bene di te. Ti dico queste cose perchè poi conoscendoti non lo sei e magari sai se bazzichi ad avventure è buona cosa saperlo. Cosa? questo: hai dato ad avventure (velatamente con l'ombra del dubbio che ad avventure c'è per fortuna..) un'impressione un po' da sapientino un po' snob e certo non aiuta fare discorsi segnatamente di destra filo politica estera americana a chi ti conosce poco, quando non hai un tempo di conversazione sufficiente per spiegare e raccontare da dove vieni e perché arrivi a certe conclusioni.
ORA CERCO DI SPIEGARMI. Il fatto è che detto il più moderatamente possibile, semplicemente e non da tecnici, da profani e ignoranti se vuoi, io e alcuni di avventure che t'hanno sentito parlare troppo poco per conoscerti un po', pensiamo che i fanatici comunisti o liberali che siano, se ottusi fanatici sono teste di cxxxx uguali. Questa, come premessa con la quale tu non c'entri assolutamente.
Continuo: ad avventure, non per programmata selezione ma perché ci si sono casualmente ritrovati a lavorare lì e soprattutto perchè si va a vedere il resto del mondo com'è, un pò di mentalità ...rossa, c'è. Cosa che dal MIO punto di vista è un'evoluzione naturale dell'andare a vedere il mondo com'è, questo al di là di ogni analisi scientifica che non sono nemmeno in grado di fare. La pensano come me molti ad avventure.

Io di te, ho detto, e non l'avrei detto (mi sarei fatta i cxxxx miei) se non perché spero che ciò che ho detto a xxxx sia andato a raddrizzare l'impressione (che è solo un'impressione riconoscono essere quindi cangiante), da sapientino di destra che hai lasciato. Io ho detto che puoi averla lasciata quell'impressione, a volte fighetto appari, ma c'è magari dietro lo studio o un'opinione non fanatica come urlano in tanti e per quanto, com'è lecito, ognuno la pensi come diavolo vuole non sei così fighetto da non avere cura, disponibilità, tolleranza e modestia di confrontare le tue opinioni con chiunque, anche con chi non sembrerebbe capace di dire nulla. Tutti hanno qualcosa da dire e che è interessante da ascoltare, ed ascoltare è conoscenza e intelligenza. Tu questo lo sai e lo sei.
Io non so se ti ci ritrovi ma anche se ha volte ci fai ...magari per colpire, un po' il fighetto, però hai cura di conversare senza chiusure con chiunque, perciò l'impressione che puoi lasciare  risulta conoscendoti affrettata. Non che fosse grave la faccenda, era un discorso che più leggero non si poteva, una chiacchierata che abbiamo fatto io e xxxxxxx sui capogruppo incontrati. Potevo anche non raccontarti tutta sta cosa e scrivendola l'ho certo ingrandita da cazzata che era, ma mi dispiaceva che questa piccola e irrilevante impressione potesse in qualche leggero modo far ombra sul fatto che 'logisticamente' (l'unica cosa che alla fine importa e l'unica che pesa ad avventure al di là di ogni inutile gossip) sei un ottimo capogruppo per lingue, organizzazione, disposizione all'amicizia. Sei uno sveglio, interessante e generoso nel far andare a tutti ottimamente il pre-viaggio, il viaggio e il dopo viaggio.

Non l'ho introdotto io il discorso con XXXXXX ma ho detto la mia da semplice e schietta quale sono. Nemmeno XXXXX è un'impicciona caciarona anzi è un ottima persona e capogruppo ed è un'amica con la quale posso parlare anche magari non facendomi i cXXX miei perché ho piena fiducia nella sua intelligenza, di come prende/capisce le cose che le ho detto. E la cosa è vicendevole se no non mi avrebbe parlato di te. E sai giù ad avventure ne sentono di tutti i colori; c'è gente che fa il capogruppo ma è incapace o stronzo e quello per loro è lavoro alla fine, per non perdere gente che non viaggia più con avventure solo perché ha avuto delle beghe. Soldi. Per lavoro non per altro, non certo per simpatie politiche, cercano di riuscire a valutare se chi si lamenta è un rompicxxxx che è indifferente perdere ...o se è il capogruppo che è meglio perdere. E sai, con tutta la tolleranza di cui sono capace, ce ne sono!

Magari proprio per qualcuno è ora di andare in pensione anche come capogruppo e nemmeno il premio del viaggio gratis riesce a fare di alcuni dei buoni viaggiatori. Non parliamo degli stronzi E io in genere in ferie cerco per principio di pace, nonché per salute, d'andare d'accordo con tutti e almeno in ferie di essere 'in pausa', di non giudicare nessuno. Chi se ne frega, basta vedere il mondo, mi basta quello. Se poi trovo amici, meglio così. Ma se uno è stronzo e non sveglio a un certo punto viaggi per conto suo. Non volevo che qualcuno potesse anche solo lontanamente mischiarti con questi e quando ci si conosce poco può capitare sulla base di impressioni. Il detto la prima impressione è quella giusta è una benemerita cazzata. Basta ho finito. Hai qualcosa da rimproverarmi? Se è così dimmelo ti prego e questa è l'ultima volta che presuntuosamente mi metto a psicoanalizzare o filosofeggiare su come sei o non sei come chi crede di capire tutto di tutti..lo spirito non è quello; io mi farei promotrice attiva di un solo partito: il partito di chi si sa fare i cavoli suoi.
Volevo solo darti modo quando vai ad avventure, di pigliarti tutti i viaggi che vuoi perchè te li meriti 'per merito'.  Perchè se hai messo su, un angolo dell'avventura non è un caso ed un piccione viaggiatore è viaggiatore. Nel momento in cui ho sentito una piccola ma credimi davvero piccola cosa che lo avrebbe non impedito forse 'ritardato', c'ho messo parola. Alla fine era una chiacchierata tra amiche probabilmente già scordata e mai riferita, a volte ci si fa dei film mentali per un nonnulla. Non solo tu sei un bravo capogruppo anche altri. Poi lo sai meglio di me, come ogni ambiente anche avventure è un luogo di inciuciamenti, figurati! Il mondo non si cambia così..e allora volemose bene e tiriamo a campà. Boh si dice così per epilogare? (sei tu il romano). ciao eleonora

4 dicembre 2005

Ciao Eleonora, WOW che email! Be' prima di tutto vorrei ringraziarti, sia per aver dedicato tutto questo tempo per scrivere e riferirmi dei commenti dietro le quinte di AnM, sia, soprattutto, per il tuo apprezzamento sul mio "lavoro" di capogruppo, che mi gratifica ed appaga per i miei sforzi. I complimenti al mio modo di pormi per ascoltare e discutere (mi sforzo, e se tu lo hai notato vuol dire che ci riesco) mi hanno veramente quasi fatto arrossire; spero che tu non sia l'unica a pensarlo, ma sei l'unica che me lo ha detto. Spero avremo modo di viaggiare ancora insieme.
Grazie anche per le info Etiopia, ne farò tesoro!

E veniamo al resto. Non ho capito bene cosa tu, o XXXX, intendiate per "fighetto". A me piace parlare delle cose che leggo sui paesi che visito, cerco la conversazione che però spesso non si sviluppa perché molti ad AM -- e non solo -- non leggono, non si informano, sanno solo dire "che bello!" dovunque si trovino. Forse questo fa pensare che mi dia della arie? Eppure lo spirito di AM è proprio quello dell'approfondimento, c'è anche la biblioteca, il caffè letterario, le recensioni dei libri. Oppure cos'altro è? Forse che a volte a me piace dire qualche frase a effetto, un po' provocatoriamente? Be' sì, è una tecnica di presentazione, serve a svegliare quelli che son distratti e a concentrarsi sulla questione che si sta discutendo. Un sasso nello stagno insomma. Non c'è niente di peggio di una conversazione noiosa, invece a volte con una "sparatella" si vivacizza il tutto!

Ma quando all'essere di destra direi due cose, che ovviamente sono punti di vista opinabilissimi e personali: una è che se non ci fosse una destra non ci potrebbe essere una sinistra, è ovvio, o almeno dovrebbe esserlo a chi è veramente democratico (e non "democratico" come la Repubblica Democratica Tedesca o quella della Corea del Nord). Dunque per un democratico di sinistra l'esistenza di un democratico di destra dovrebbe essere la garanzia di un sistema democratico nel suo insieme. E quindi che ci sarebbe di male ad essere di destra?

La seconda è che oggi la destra, intesa come la conservazione, è rappresentata, in Europa continentale (a Londra è diverso) da quelli che si autodefiniscono di sinistra; nel senso che, non potendo più sognare ad occhi aperti aspettando il sol dell'avvenire, le sinistre cercano di conservare con le unghie e con i denti un sistema sociale ormai consunto, decrepito e screditato, oltre che insostenibile finanziariamente, quello dello statalismo assistenziale creato negli anni sessanta e settanta.

Per far questo si attaccano a tutto, alle cause più disparate, persino alla Chiesa, una volta nemica, con Rutelli radicale abortista che si converte al cattolicesimo, Veltroni che scopre di essere sempre stato religioso e persino Bertinotti che appena può invoca il Papa. Gli altri non son da meno, basta vedere il Presidente del Senato Pera, che era pure liberale ed ora si preoccupa solo di adulare i vescovi, Berlusconi divorziato che va a messa, ecc ecc... tutti in cerca dei voti dei cattolici!

Io in questa Italia non ci voglio tornaaaaaareeeee e meno che mai mi identifico con la sua "destra"!!!!! Ti ricorderai che ne parlammo... io non mi considero di destra, non lo sono affatto, perché non sono un conservatore, ma sono per il progresso, l'evoluzione. Sono un liberale, cerco di essere tollerante, aperto, e quindi per definizione non estremista. Un liberale si batte perché chi la pensa diversamente da lui si possa esprimere, perché sa che sa questo continuo confronto nasce il progresso. Uno può essere un estremista cattolico, islamico, comunista, fascista, ma un "estremista liberale" è un ossimoro, una contraddizione in termini. Ti dicevo che sono antifascista, anticomunista, e anticlericale, e non scherzavo. Solo che per certi sinistroidi (non te) se non la pensi come loro sei di destra e quindi un cattivo. Accade anche il rovescio naturalmente, e ti sorprenderà che in ambienti diversi da AM io spesso mi trovi ad essere considerato quello "di sinistra".

Conosco XXXXX, ha curato i servizi a terra per un paio di miei viaggi, assolvendo sempre bene alle sue mansioni. Lei, con Patrizia e Daniela, sono le colonne portanti dell'ufficio di AM, le veterane, quelle che capiscono le cose al volo senza dover perder troppo tempo. E' grazie a loro che i tantissimi casini di quell'organizzazione alla fine si risolvono (quasi)  sempre ed i viaggi funzionano. Altri là dentro si trascinano inconcludentemente come nei peggiori uffici pubblici... Io non le ho viste fuori dall'ufficio, ma direi, a naso, sono di quelle ex sessantottine un po' deluse dalla vita, con i sogni rivoluzionari infranti, che se la prendono un po' con tutto e tutti ma non hanno più, come quando erano giovani, alcuna certezza di proposta alternativa cui far riferimento. Ho una pletora di cugini che rientrano in questa categoria...

Devo dire mi fanno un po' pena.  Molti di loro pensano che il socialismo sia una bella cosa, solo è stata realizzata male dai regimi del socialismo reale finora, nei quali paesi infatti di comunisti se ne vedono pochi (gli unici comunisti che ho incontrato a Cuba erano un paio del mio gruppo, nessun cubano!); mah, sarà pure, ma cosa caspita può far pensare che Bertinotti sarebbe più bravo di Gorbachev, Mao, Kim il Sung, Ho Chi Minh, Castro, ecc ecc ecc ecc? Io ne dubito! Ma rispetto comunque chi vuol ancora sognare; mi fa incazzare invece chi manipola questi sognatori. Questi si rendono conto che la loro strada, quella per seguir la quale hanno speso la loro gioventù, si sia rivelata un vicolo cieco, ma non hanno le palle per riconoscerlo e cambiarla. Ma neanche possono tanto insistere perché ormai, soprattutto tra i giovani, non li segue quasi più nessuno -- e meno male. Ed allora sono generalmente incazzati con il mondo che li circonda, ma non ne riescono ad immaginare, e tanto meno ne possono proporre, uno che sia migliore ed allo stesso tempo realizzabile.

E con chi si incazzano? Naturalmente con il capitalismo, l'Occidente, il mercato (e la democrazia all'occidentale, che sono due facce della stessa medaglia) che potremmo criticare all'infinito (io stesso lo faccio) ma sono per ora il meglio che il mondo sia stato capace di produrre. Che vuol dire il "meglio"? Vuol dire il meno peggio se vuoi, ma a me appare chiaro che noi stiamo meglio del resto del mondo che ha adottato altri sistemi e stiamo meglio oggi di come stavamo ieri.

Infatti il resto del mondo vuole imitarci, e lo fa dappertutto, senza distinzione di razza, religione, cultura, se non glielo impediscono dittatori e tirannelli vari; e quelli che scrivono dei mali dello sviluppo (disuguaglianza, inquinamento, snaturamento delle culture) cosa propongono? Nulla... solo cazzate di come sono carini i villaggi di fango con i bambini in Africa, tanto belli belli belli... di come una volta si stava bene, "ai miei tempi"... Di questi i gruppi di AM sono pieni. Poi mi fanno ridere quelli che quando gli racconti di un viaggio ti dicono di come il posto tale o talaltro era tanto meglio prima quando ci sono stati loro e non c'era la corrente elettrica, le strade, l'acqua potabile... però mica ci vanno a vivere loro senza acqua corrente, luce, auto, ospedali ecc ecc.

Io dal viaggiare traggo conclusioni diverse dalle tue. Io vedo che dove c'è democrazia, libertà e mercato c'è anche benessere, istruzione, cultura. Dove quelli mancano, questi avvizziscono. Il capitalismo produce disuguaglianza, anzi si basa sulla disuguaglianza, a volte abissale, e che deve essere corretta -- dallo stato. Ma la mancanza di capitalismo ha sempre portato (finora almeno) magari maggiore uguaglianza, ma a livello più basso per tutti. Questo mi pare ovvio. In India per esempio, oggi ci sono enormi differenze tra ricchi e poveri ma il paese cresce a ritmi esponenziali ed anche i poveri migliorano, mangiano, studiano, hanno una prospettiva davanti a sé. Fino a 15 anni fa, con i piani quinquennali ed i monopoli statali, quelli che oggi sono poveri morivano letteralmente di fame.

Comunque sia, di questa evoluzione del mondo, che per me è positiva, se pur costellata di errori, e non è affatto di "destra", gli USA sono la locomotiva. Senza di loro l'Europa sarebbe stata sottomessa dal Kaiser, da Hitler o da Stalin, e l'Asia dal militarismo giapponese. Gli americani continuano a produrre, non solo tante cose che amiamo e fanno parte della nostra vita di tutti i giorni ma soprattutto conoscenza, innovazione, fermento culturale, che sono la chiave di ogni progresso.

Pure il 68 degli ex sessantottini non è mica nato dal socialismo, ma in California. Hanno le migliori università infatti in USA, e non solo perché hanno i soldi, ma perché sono meritocratiche e libere dai baroni politicizzati che soffocano quelle europee. Infatti spesso nelle università americane sono gli scienziati stranieri, europei e asiatici, che brillano, ma è in America che trovano un sistema paese che funziona ed in cui si possono esprimere. Un sistema che sbaglia ma ha la capacità di auto-correggersi.

In parte anche in estremo oriente hanno imparato a farlo, mentre in Europa siamo fermi, stagnanti, abbarbicati su posizioni nostalgiche quanto sterili, con lo stato che entra dappertutto come una piovra e quasi sempre fa guai, e perdiamo tempo a bearci del nostro glorioso passato invece di pensare a costruire il futuro. Che cosa ha partorito l'Europa di buono per il mondo negli ultimi 50 anni? Non molto, mi pare, e me ne dispiace. E poi degli Americani ammiro lo spirito di identità, il grande rispetto reciproco, la disponibilità, anche l'ingenuità se vuoi. Io per questo sono molto pro-americano, il che non vuol dire essere pro-Bush (personaggio che detesto) ma uno può ben essere pro-italiano senza amare Berlusconi o Prodi, o pro-europeo senza amare Solana e Barroso, o no?

Invece certuni sono comunque, ideologicamente, aprioristicamente anti-americani, magari senza esserci mai neanche stati --  poi magari bevono Coca Cola e ascoltano jazz, vestono jeans, mangiano hamburger, fumano Marlboro, usano Windows, masticano la gomma "americana", ecc ecc ma per carità, gridano morte all'America ad ogni occasione! Ti parla uno che comunque l'America dopo 10 anni l'ha lasciata per certa incompatibilità, ma la conosce bene.

Be' mi rendo conto che mi sono lasciato andare in una filippica che forse qui c'entra come il cavolo a merenda! Ma in fondo fa bene scrivere perché aiuta ad articolare il proprio pensiero... ma non volevo scrivere tutta sta palla di email seriosa, mi è scappata la mano.... :-)) be' chi di email ferisce di email perisce, se non ti sei rotta prima e sei arrivata fino a qui a leggere fatti forza che ho quasi finito!

Per finire voglio sottolineare che ti sono veramente grato per avermi aiutato a capire un po' meglio come una parte di me possa venir percepita all'esterno. Forse questo mi permetterà di presentarmi meglio e persino, chissà?, da migliorarmi, cosa che cerco sempre di fare. Che tu abbia voluto condividere queste tue percezioni con me mi ti fa considerare un'amica, ed anzi non ne ho tanti di amici che si prendano la briga di dir qualcosa per aiutarti a capire. Se poi XXXXX e Co preferiranno dare i viaggi ai coordinatori rossi... facciano pure... quando riempiamo la scheda dei coordinatori allora oltre che al numero di telefono ed al codice fiscale dovrebbero anche chiederci il colore politico!! scherzo ovvio... ;-) ...ma non credo che siano così meschine, anzi ti ripeto tutte e tre hanno sempre lavorato bene per quanto io abbia visto. Magari se sorridessero di più non guasterebbe, c'è sempre un'aria di tristezza in quegli uffici, eppure è un'azienda che va bene, con un modus operandi informale, giovanile, un rapporto diretto con i capi, boh? forse mi manca qualcosa...

Comunque è vero dentro AM si respira un'aria rossa, una mia partecipante un po' meno sofisticata di pensiero di te mi ha persino chiesto una volta come potevo viaggiare con AM dato che non votavo per la sinistra (le ho detto che da oltre 10 anni non voto proprio per nessuno)... vedi un po' che ti capita a fare il coordinatore... In effetti la maggioranza dei miei partecipanti di solito è di sinistra (cioè di destra, conservatori) mentre molti coordinatori che ho conosciuto sono più liberali, ...mah! non è certo un sondaggio statisticamente significativo...

5 dicembre 2005

ELEONORA

Un liberale si batte perché chi la pensa diversamente da lui si possa esprimere, perché sa che da questo continuo confronto nasce il progresso, dici tu. Devo essere una liberale anch'io allora.

Sai all'ultimo non te la volevo mandare quella mail, avresti potuto leggerla in negativo e trarne insofferenza per una che alla fine se le tenga le sue considerazioni..ma di nuovo mi hai dato prova del tuo saper 'ascoltare' malgrado il mio pessimo modo di scrivere. Dev'essere il tuo metodo del sottolineare ciò che leggi. E ti chiedo scusa per l'esitazione che ho avuto. Non amo scrivere, non ne sono capace e nemmeno me ne frega più di tanto..lo lascio fare a chi lo sa fare.  Quanto alla tua mail per niente noiosa per ora ti  rispondo senza averla riletta con attenzione, e te la scrivo tra un utente e l'altro per cui sarà come sarà.

Ognuno è com'è.. rispetto te e ciò che scrivi, sento da te quello che hai da dire, se e quando ti va di dirlo, allo stesso identico modo, rispetto xxxxxxx e quello che ha da dire se e quando le va, tu arrivi da dove arrivi ..studi negli Stati Uniti dalle letture che fai, maria eugenia arriva da dove arriva lei socialismo..anni settanta dalle letture che fa, perchè non dovreste essere così come siete? Siete due tipi che tutto considerato bene o male mi piacete. E non perchè ho la vocazione da suora e salvo tutti al contrario, sono decisamente intransigente  o testarda se vuoi ..disprezzo superbia e prepotenza. 

Non sopporto una caterva di idioti bastardi. Arrivo a considerarli tali dopo averli osservati e cercato di capirli, non per vocazione a comprendere anche loro quanto piuttosto al fine di capire se sono bastardi dentro così come mi sono sembrati, se poi mi stupiscono e mi sono sbagliata..è un sollievo. Per quanto riguarda la politica ci lavoro in mezzo agli affarucci beceri di piccoli politicanti di poca qualità e molta 'gonfiezza', c'è poca differenza a livello locale o nazionale. Però so senza incertezze che le cose da fare sono lapalissiane.

Se qualcuno cominciasse con onestà a risolverle ed a fare qualcosa per il bene di tutti verdi, bianchi, rossi e azzurri che siano e chi sta all'opposizione una volta eletto non si limitasse a disprezzare ma raddrizzasse il  tiro..eccetera eccetera a seguire con il discorso utopico che conoscono tutti, non scopro neanch'io l'acqua calda. Ora non ho voglia di seriosità già è Lunedì e sono d'umore storto, consumo giornate e occhi ad occuparmi di cavolate sul metano che più noiose e più lontane dal mondo vero non si può, questo perchè due bastardi m'hanno mobbizzato perchè ho detto loro cosa pensavo.

Per quanto riguarda avventure non so non ci sono mai andata..ho conosciuto patrizia e maria eugenia 'in viaggio' ed il contesto conta. Sono due donne in gamba certo non meschine da scegliere altri a te solo per simpatia politica ma simpatia Può darsi (quando uno deve scegliere e di danni non ne fa, a volte, sceglie anche con la simpatia). La gente è sempre pò ingufita soprattutto sul posto di lavoro. Sono di sinistra ma sanno essere 'liberali' nel senso tuo. Infatti la mail scorsa l'ho scritta non con l'intento di armare te contro una loro meschinità no no ..niente del genere assolutamente, mi spiaceva che non vi conosceste, tant'è vero che tu sei passato per uno di destra filo Berlusconi/Bush snobbino che fa il sapientino e loro come ex sessantottine deluse dalla vita con sogni rivoluzionari infranti che non sorridono mai. Non tutte le ciambelle escono col buco neanche le sparatelle.




05 January 2005

Book Review: Against All Enemies: Inside America's War on Terror, by Richard Clarke, *****

Synopsis
Few political memoirs have made such a dramatic entrance as that by Richard A. Clarke. During the week of the initial publication of Against All Enemies, Clarke was featured on 60 Minutes, testified before the 9/11 commission, and touched off a raging controversy over how the presidential administration handled the threat of terrorism and the post-9/11 geopolitical landscape. Clarke, a veteran Washington insider who had advised presidents Reagan, George H.W. Bush, Clinton, and George W. Bush, dissects each man's approach to terrorism but levels the harshest criticism at the latter Bush and his advisors who, Clarke asserts, failed to take terrorism and Al-Qaeda seriously. Clarke details how, in light of mounting intelligence of the danger Al-Qaeda presented, his urgent requests to move terrorism up the list of priorities in the early days of the administration were met with apathy and procrastination and how, after the attacks took place, Bush and key figures such as Donald Rumsfeld, Paul Wolfowitz, and Dick Cheney turned their attention almost immediately to Iraq, a nation not involved in the attacks. Against All Enemies takes the reader inside the Beltway beginning with the Reagan administration, who failed to retaliate against the 1982 Beirut bombings, fueling the perception around the world that the United States was vulnerable to such attacks. Terrorism becomes a growing but largely ignored threat under the first President Bush, whom Clarke cites for his failure to eliminate Saddam Hussein, thereby necessitating a continued American presence in Saudi Arabia that further inflamed anti-American sentiment. Clinton, according to Clarke, understood the gravity of the situation and became increasingly obsessed with stopping Al-Qaeda. He had developed workable plans but was hamstrung by political infighting and the sex scandal that led to his impeachment. But Bush and his advisers, Clarke says, didn't get it before 9/11 and they didn't get it after, taking a unilateral approach that seemed destined to lead to more attacks on Americans and American interests around the world. Clarke's inside accounts of what happens in the corridors of power are fascinating and the book, written in a compelling, highly readable style, at times almost seems like a fiction thriller. But the threat of terrorism and the consequences of Bush's approach to it feel very sobering and very real. --John Moe for Amazon.com

28 July 2004

2° g - 28 LUG: Los Angeles, volo per Papeete

Giro per Venice beach, dove arriviamo con la navetta dell’albergo. Sempre piacevole, con quell'aria sessantottina decaduta, qualche vecchio capellone che negli anni sessanta faceva protesta studentesca è ancora lì, oggi ultrasessantenne, che insiste pateticamente con chitarra e barba lunga... Nostalgico forse, ma ormai sembra un po’ forzato, finto! In un negozietto benedetto si compra una specie di tunica indiana di tessuto grezzo, in tono con l'ambiente di qui!

Peccato non avere più tempo. Los Angeles offre tantissimo, cultura, divertimenti, spettacoli. Io la preferisco a San Francisco, che è sì carina e unica, forse più facilmente fruibile, ma non offre altrettanto.

Partenza regolare in serata con il volo per Papetee.

08 May 2004

Book Review: "Sideshow: Nixon, Kissinger and the Destruction of Cambodia", by W. Shawcross, ****

Synopsis
Although there are many books and films dealing with the Vietnam War, Sideshow tells the truth about America's secret and illegal war with Cambodia from 1969 to 1973. William Shawcross interviewed hundreds of people of all nationalities, including cabinet ministers, military men, and civil servants, and extensively researched U.S. Government documents. This full-scale investigation—with material new to this edition—exposes how Kissinger and Nixon treated Cambodia as a sideshow. Although the president and his assistant claimed that a secret bombing campaign in Cambodia was necessary to eliminate North Vietnamese soldiers who were attacking American troops across the border, Shawcross maintains that the bombings only spread the conflict, but led to the rise of the Khmer Rouge and the subsequent massacre of a third of Cambodia's population.