06 January 2003

20° g - 6 GEN: Mumbai

Di primo mattino al caotico mercato del pesce. Stranamente, non sono riuscito a capire perché, non è permesso fotografare. Il mio tassista dice di stare attento ma non ci dovrebbero essere problemi. Io però sono troppo visibile con due reflex a tracolla e un poliziotto mi si avvicina con fare minaccioso, agitando le mani, mi sta chiaramente facendo capire che non posso fotografare. OK gli dico di sì, non fotografo. Poi arriva il mio tassista che parla in Hindi con il milite che vedo immediatamente ammansito, poi gira i tacchi e se ne va. Il tassista mi sorride e ci salutiamo. A questo punto non ci sono più poliziotti e posso rubare qualche scatto a pescatori e pescato.

Alcuni marinai riparano le reti stese per terra mentre molti bambini giocano sul pavimento bagnato. Alcuni di loro mi si avvicinano per chiedere soldi.

Mi avvio al traghetto per l'isola di Elephanta, compro il mio biglietto e mi accalco con una piccola folla di turisti indiani sul ponte di poppa. Forse ho capito perché era vietato fotografare i pescatori: il molo commerciale si trova davanti alla sezione del porto riservata alla marina militare. Comunque non ho fotografato unità belliche quindi mi sento la coscienza a posto!

Appena prendiamo il largo però scorgo, in lontananza, dall'altra parte del porto, la portaerei indiana Vikrant oggi non più in servizio e (apprenderò in seguito altrimenti ci sarei andato) usata come museo. Al largo l'altra portaerei, in servizio, la Viraat. Saremo a forse un km di distanza, scatto qualche foto, prometto a me stesso che non le venderò a pakistani!

Mentre ci allontaniamo vedo sempre più lontani, allineati e gradualmente sempre più velati dalla tipica foschia di Bombay, come in una cartolina dell'800, l'hotel Taj Mahal e la Porta dell'India. Dopo una decina di minuti sono spariti, inghiottiti dal velo di smog. Per circa un'ora mi ritrovo a condividere la barca, e la cacofonia rockettara occidentale, assordante, che sgorga dagli altoparlanti sul ponte, con gruppi di turisti indiani. Questi sembrano divertiti dalle telefonate degli ascoltatori che intervallano le canzoni proposte dall'entusiasta DJ della stazione radio. Tutti passano con disinvoltura dall'inglese all'Hindi come se fossero un'unica lingua. Ovviamente capisco solo la metà in inglese, problemini sentimentali di adolescenti, delusioni amorose e speranze segrete che magari non si confidano ad amici e parenti ma si mandano in onda senza vergogna.

Ho trovato che la decantata isola di Elephanta sia soprattutto una grande pattumiera. Anche qui, inspiegabilmente, è vietato fotografare. Le grotte, unica attrattiva a parte un paio di grandi cannoni in disuso, mestamente puntati con alzo negativo, verso il basso. I siti archeologici non sono significativi dopo aver visto Ajanta, Ellora e Aurangabad. Mi intrattengo in conversazione rilassata, del più e del meno, con un gruppetto di Calcutta che mi chiede di fotografarli.

C'è un piccolo bar dove compro del tè, fa caldo e ho sete. Come me un gruppetto di ragazzi sulla ventina che fanno a gara a chi fa i rutti più forti tra una sorsata e l'altra del tè che succhiano dai loro bicchieroni con vortici rumorosi tramite piccole cannucce.

Tornato a terra mi dirigo a piedi verso l'hotel Taj Mahal. Sono vestito in sahariana e pantaloni da trek, sembro più Indiana Jones che un credibile cliente del più costoso albergo della città. Con faccia tosta mi presento come guida di viaggi e chiedo di vedere una stanza, potrebbe essermi utile per i miei clienti in avvenire, dico non molto convinto, ma mi credono e una gentile ragazza mi accompagna al piano superiore.

Mi mostra con orgoglio la suite "Elephanta", dalla cui grande finestra si dovrebbe vedere l'isola da cui sono appena tornato, ma la foschia è tale che a malapena riesco a scorgere la Porta dell'India, che si erge maestosa a pochi metri dall'albergo. La suite è impressionante! Due salottini, impianto stereo di alta fedeltà, marmi, madreperla, velluto. Accanto ai giornali in inglese e hindi una ciotola piena a metà di acqua sulla quale galleggiano coloratissimi petali di rose rosse. Andando via non posso non provare disagio nel vedere, mentre deambula come perso nel corridoio, un cliente americano in canotta da basket che stona come un cavolo a merenda, anzi come un hamburger in un ristorante stellato Michelin.

Ringrazio la gentile hostess, lascio il Taj e mi immergo nuovamente del traffico infernale della città. Destinazione bazar di Chor.

Carino il mercatino musulmano di Chor dove si vendono reperti di navi smantellate (cantieri di disarmo vicino Bombay ed in Gujarat). Ora c’è poco, mi dice un commerciante che non si disarma più tanto qui, ed infatti ho letto recentemente che siccome in India i costi della manodopera salgono (!) e la legislazione del lavoro diventa (giustamente) più severa nell’imporre misure per la protezione ambientale e la prevenzione di malattie ed incidenti, gli armatori tendono a portare le vecchie navi in Pakistan o soprattutto in Bangladesh, dove ancora è tutto più facile ed economico. Lui però perde fonti di approvvigionamento per il suo negozio. Vende sestanti, lampade, bussole, contamiglia per navi. Mi piacerebbe comprare un po' di roba per la mia collezione nautica ma difficile portare con me oggetti di bronzo e ottone, e poi molti mi sembrano falsi, riproduzioni fedeli ma oggetti che non sono mai stati per mare.

Mi dice, senza che io gli avessi chiesto nulla, che i musulmani dell'India non sono come gli altri, sono più pacifici.

Bello il lungomare occidentale, nel pomeriggio l’aria si rinfresca e migliaia di cittadini si riversano sul largo passeggio che marca la costa occidentale della penisola di Mumbai. Coppiette di fidanzatini che tubano sul muretto che dà sul mare mentre il sole scende rapidamente sull’orizzonte. Non è dato vedere grandi affettuosità in pubblico qui in India, ma nella cosmopolita Mumbai la mentalità è un po’ più aperta...

Avevo sentito la musica da lontano, mentre sgranocchiavo delle noccioline che avevo comprato sul lungomare. Lasciata la costa avevo cercato di avvicinarmi alla fonte della musica e dopo qualche centinaia di metri mi trovo in una strada intasata di traffico con un’orchestra di musicisti in livrea, con trombe e tromboni, che suona con grande energia mentre arrivano gli invitati a quello che deve evidentemente essere un matrimonio di una famiglia facoltosa.

Naturalmente sono stato prontamente invitato, e mi sembrava di essere sul set di “Monsoon Wedding”. Mi fermo un po’ ad ascoltare, fotografare, godermi l’atmosfera frenetica. Le donne sono elegantissime, piene di gioielli e disegni fatti con henné sulle mani.

Tornando verso il centro passo davanti ad un predicatore cristiano che urla la sua fede per strada a chiunque abbia voglia di ascoltarlo... qualcuno c’è. Impreca, minaccia, esorta... un invasato! India multiculturale, a Mumbai poi c’è proprio tutto!

05 January 2003

19° g - 5 GEN: Mumbai

Alle 3 di mattina il gruppo che ho condotto per le scorse 3 settimane si divide! Accompagno chi ha finito in aeroporto, mi assicuro che siano imbarcati e me ne torno a dormire.

La mattina mi alzo con comodo, resto della giornata in visita della città da solo. In questa città ce n’è per tutti i gusti, una buona guida e ognuno potrà usare il proprio tempo al meglio.

Vado al Museo del Principe del Galles, costruito (guarda un po'!) dagli inglesi in stile architettonico indo-saracenico. È il più importante della città e sfoggia impressionanti collezioni di arte indiana.

Sege il museo di arte moderna, dove c'è anche una galleria con quadri di giovani pittori indiani in vendita per cifre che variano tra le 10.000 e le 80.000 rupie. Mi piace l'idea di poter comprare quadri di promettenti artisti in un museo.

Continua a bighellonare verso la cattedrale di San Tommaso, che trovo completamente vuota! C'è un libro per visitatori, che firmo, ma non sembra che il centro del cattolicesimo a Bombay ne attiri molti.

Nella spianata antistante ci sono vari librai che vendono volumetti esposti sul marciapiede, quasi tutti in inglese. Tra questi molte copie di Who moved my Cheese? il libriccino che mi hanno regalato alla NATO quando sono andato via, anzi quando mi hanno mandato via, facendomi il più grande favore che io abbia mai ricevuto in vita mia! (Dico sul serio.)

Passeggiata sul lungomare, molte coppiette con sguardi languidi sedute sul molo, prostitute taglia XXXL in bella mostra e venditori di noccioline. C'è il sole, una leggera brezza rende l'aria piacevolissima sulla pelle, ognuno sembra fare ciò che vuole in pace, eppure non so perché ma c'è un'atmosfera che se forse sarebbe esagerato definire triste, è senza dubbio mesta.

Lascio il lungomare poco prima del tramonto e mi inoltro per stradine interne. Ad un certo punto sento della musica, fiati e percussioni ad altissimo volume, e mi dirigo nella direzione da cui proviene. Mi imbatto quindi in un grande matrimonio, che si svolge in una grande casa di famiglia evidentemente benestante ma dilaga poi nella strada.

Le donne sono generalmente abbigliate con colori sgargianti, il che è normale in India ma qui si raggiungono livelli di rara intensità cromatica, il tutto esaltato da vistosissimi gioielli d'oro ostentati senza remore. Non per niente l'India è uno dei maggiori consumatori di oro del mondo.

Gli uomini invece sono più posati, tranquilli, alcuni sembrano quasi annoiati. Una metà di loro sono vestiti con giacca e cravatta all'occidentale, l'altra con il classico vestito indiano a volte chiamato "stile Nehru".

Mi invitano alla festa, ma esito, anche perché sono vestito con pantaloni da esploratore abbastanza indecenti e gilet da fotografo con due Nikon a tracolla, e poi vado via. Ho un appuntamento a cena con Mirko, l'unico rimasto del gruppo che è ripartito. Me ne sono pentito, sarebbe stata un'ottima occasione di fare conoscenze ed esperienze locali.

A cena al ristorante Apoorva, vicino alla cattedrale cattolica di San Tommaso, ma molto buono e curato. Ottimo pesce.

04 January 2003

18° g - 4 GEN: Mumbai

Arriviamo presto alla stazione di Victoria Terminus di Bombay e siamo assaliti dai tassisti. Come per le barche di Allahabad, la loro avidità li tradisce: ci avevano chiesto 200 Rp per macchina per andare in albergo, hanno rifiutato le 100 che gli avevamo offerto e noi, dopo pochi minuti di fila alla stazione dei taxi regolari, ne abbiamo pagate 60. E questo nonostante i due taxi che ho preso per il gruppo si siano "persi" varie volte, forse per estorcerci una tariffa più alta (trucchi di tassisti di tutto il mondo) forse perché la città è un vero grande casino!


Giornata sguinzagliati per Mumbai, ognuno segue i propri interessi: acquisti, musei, mercatini… una grande metropoli che meriterebbe vari giorni per essere gustata a pieno. Io passo il tempo al telefono con l'agenzia a Roma e a discutere con le reali linee aeree giordane perché la prenotazione per un cliente del mio gruppo risulta essere stata cancellata... incidenti di percorso di un capogruppo di viaggi avventurosi! Per fortuna trovo un internet café (il primo dopo tanto tempo) e posso comunicare decentemente.a

Il nostro hotel si chiama Heritage, vicino alla stazione Byculla, decentrato ma grazie ad una sopraelevata si arriva a Colaba in 15m. Qui trovo un coacervo di localacci x saccopelisti stranieri, niente di carattere indiano vero, e neanche troppo economici per quello che offrono.

Discrete le due “suites” che abbiamo preso per appoggio di tutto il gruppo fino al trasferimento in aeroporto che attende la maggior parte del gruppo in nottata. Mediocri le stanze normali.

Nel pomeriggio sono andato a visitare il fatidico Taj Mahal Hotel, e ho chiesto di vedere alcune stanze. Sanjeev, il corrispondente dell'agenzia indiana cui mi appoggio, mi aveva detto che poteva avere le stanze normali a $170, ma la bella suite che mi hanno fatto vedere, con vista sulla Porta dell’India, due salottini, letto formato eliporto, DVD, mobili d’epoca, cesto di frutta, bottiglia di champagne in ghiaccio e petali di rosa galleggianti in ciotoline d’argento sul tavolo da pranzo è disponibile per 1000 dollari al giorno, questo hotel è un vero monumento. Sogno che un giorno forse pernotterò qui con una bella ragazza, la mia fidanzata, mia moglie chissà...

Cena al Churchill Café, a Colaba, chissà perché consigliato dalle guide, accettabile ma niente di speciale, ambiente freddino ma di mangia discretamente.

03 January 2003

17° g - 3 GEN: Aurangabad, Ellora, treno per Mumbai

Giro della città: le grotte di Aurangabad sono meno grandiose di Ellora ma non ci va quasi nessuno e sono quindi molto più godibili.

Una in particolare mi è parsa interessante perché conteneva, una affianco all'altra, due statue, di Buddha e Ganesh. Induismo e buddhismo fratelli! Sappiamo che gli induisti considerano Buddha una reincarnazione di Vishnu, l'ultima, ma non mi  era mai capitato di vedere le due figure insieme.

C'è anche una sorta di mini-Taj Mahal, il Bibi Ka Maqbara, che risulta un po' patetico dopo aver visto quello "vero" ad Agra, ma che altrimenti farebbe anche la sua figura. Aurangzeb voleva chiaramente emulare il padre Shah Jahan quando lo costruì, tra il 1660 e il 1669 per la sua prima e più importante moglie. Dilras Banu Begum, di origine persiana, era morta a soli 32 anni di età (circa... non si conosce esattamente la data della sua nascita), probabilmente partorendo il quinto figlio di Aurangzeb.

Visitiamo anche una moschea, dove sono costernato di leggere all'ingresso che l'accesso è vietato alle donne. Ho visto in passato templi induisti o jainisti dove era vietato l'ingresso alle donne con le mestruazioni ( chi controlla?) ma qui non possono entrare mai!

Consiglio di tralasciare invece il mulino di Panchaki,  anche Daulatabad e concentrarsi su Ellora.

Nel pomeriggio ad Ellora, dove restiamo per circa 4 ore, fino al tramonto, ma se ne sarebbero potute passare altre 4 senza annoiarsi affatto. Spettacolare sito di templi induisti, buddisti e jainisti uno affianco all'altro. Tutti scavati nella montagna.

Abbiamo aspettato apposta il pomeriggio per la visita perché oggi è particolarmente caldo ed umido, sarebbe stato insopportabile a mezzogiorno.

Aggancio un custode che mi porta in giro con la sua torcia elettrica, mi fa vedere pitture murali che altrimenti mi sarebbero probabilmente sfuggite.

Mi avvicinano un paio di ragazzotti che mi chiedono di cambiare 4 dollari americani che hanno rimediato chissà come e gli faccio volentieri il favore. Poi capisco: cercano di vendermi monetine (probabilmente false!) del periodo Moghul. Ecco come hanno rimediato dollari, vendendo ai turisti.

Il sito è vastissimo, lunghe camminate o passaggi in rickshaw. Ci sono solo turisti indiani, pochissimi stranieri. Forse la paura del terrorismo che recentemente ha rialzato la testa in India, forse delle scaramucce con il Pakistan.

Piacevole la scalata per il sentiero intorno alla grotta N.16, vale la pena farne il periplo, ottimi spunti fotografici. Per fotografare nelle grotte si è ripetuto quello che ci era successo ad Ajanta: niente flash o treppiede ma con una mancetta almeno il monopiede me lo fanno usare. Non abuserò! Le mie modeste foto non saranno commercializzate.

Torniamo quindi in albergo (ci hanno lasciato tre stanze per farci una doccia) e impacchettare tutto per il trasferimento a Bombay – il nuovo nome dal 1996 è Mumbai ma gli Indiani continuano ad usare il vecchio... Mi avvicina un negoziante di seta che mi propone di portargli il gruppo che guido ed in cambio offre il solito 30% di provvigione, ma non ho né tempo né voglia e lascio perdere.

In serata ci facciamo accompagnare alla stazione per prendere il treno e affrontare un'altra notte in cuccetta.

02 January 2003

16° g - 2 GEN: Ajanta - Aurangabad, 200km, 5 ore

Al mattino presto mi si presentano gli autisti in camera che rivogliono i soldi che ci hanno prestato! Come se potessimo scappare via...

Partenza per le grotte di Ajanta, dove passiamo circa 4 ore. Ne vale la pena. Ricordarsi di portare le torce elettriche per vedere all’interno. Consiglio vivamente di non cercare di vedere sia Ajanta che Ellora nello stesso giorno. Come tempi ci si può anche rientrare ma si rischia di correre.

Per fortuna ho portato pellicole ad altissima sensibilità per far foto all’interno, in molte grotte non si può usare né flash né monopiede/treppiede. In realtà poi il custode di una grotta mi ha fatto capire che se gli davo una mancia ci avrebbe fatto usare il treppiede. Paolo allunga due euro ed è fatta. Il divieto di usare il treppiede serve ad evitare una produzione di foto commerciali senza pagare il dovuto, che non è certamente il nostro caso, quindi non mi pare si sia fatto niente di male!

Io ho usato un velvia 400 ASA tirato ad 800 ed era appena sufficiente per far foto a mano libera, magari appoggiandosi su muri o colonne.

Molti ragazzi in gita scolastica, tutti impeccabilmente vestiti con coloratissime uniformi all'inglese. Anche molte coppie di tutte le età. Noto una certa abbondanza di donne dalle dimensioni giunoniche, che però sono sempre di portamento elegante, e sprigionano un'erotismo primordiale che non saprei ben spiegare con il valore estetico delle loro caratteristiche somatiche. Forse è dovuto ai fianchi e al ventre sempre nudi sotto i veli colorati.

Il contrario di alcune turiste italiane che, come gli uomini, hanno sempre un maglione arrotolato attorno alla vita, anche se fa 25 gradi all'ombra, non si sa mai venisse un colpo d'aria fredda!!

L'autista si inventa un'altra delle sue scorciatoie, ma me ne accorgo troppo tardi per fermarlo. Quando vedo che siamo fuori rotta gli chiedo ma lui dice solo "Shortcut shortcut" scorciatoia, il che vuol dire meno chilometri ma molto più tempo per strade sgarrupate! Ma in India, almeno per gli autisti, il tempo costa poco, il gasolio di più. Per noi sicuramente il contrario ma guidano loro e ci dobbiamo adattare.

Arrivo in serata ad Aurangabad, la città che porta il nome del Gran Moghul che più di chiunque altro è responsabile per la distruzione di così tanta parte del patrimonio indù dell’India centrale.

Hotel: Meadows, consigliato da Sanjeev Chandra. Nuovi bungalow, carini e puliti, ma piuttosto decentrato. Un quarto d’ora di bus per andare in città. Non mi è piaciuto che mi sia venuto a cercare al ristorante dell’albergo, con la evidente complicità del gestore, un negoziante di stoffe ed artigianato che mi proponeva anche lui di darmi il 30% se gli avessi portato il gruppo in negozio.

Ristorante: Walla, conosciuto come “il Tandoor” vicino alla stazione ferroviaria. Ottimo tandoori, il padrone è simpatico, biascica anche un po’ di italiano (anche se noi abbiamo visto solo avventori indiani).

01 January 2003

15° g - 1 GEN 2003: da Mandu a Jalgaon, 320 km, 6 ore

Partenza presto dopo aver dovuto chiedere in prestito Rupie agli autisti! Non riusciamo a cambiare da vari giorni e l’hotel non accetta dollari e tantomeno Euro - credo non sappiano ancora cosa sia la moneta unica europea.

Hanno chiuso il cancello e non ci lasciano partire se non paghiamo tutto in rupie fruscianti, sull'unghia. Una macchinetta lettrice di carte di credito in bella vista sul bancone, con tanto di collegamento telefonico automatico attivato, ci dicono che non funzioni, mah!

L’autista si inventa un’ennesima “scorciatoia” che ci porta per strade sterrate (dobbiamo scendere e spostare macigni dalla strada per poter passare). In alcuni punti la mulattiera che scende dall’altopiano di Mandu verso la pianura si fa stretta a causa di frane, e ci troviamo sul ciglio di precipizi niente affatto divertenti. In futuro cercherò di assicurarmi che gli autisti seguano le strade normali anche se si fa qualche km in più, si guadagna tempo e non si rischia di restare con un semiasse rotto in valli sperdute o, peggio, di finire in un burrone.

Tappa a Maheshwar, dove visitiamo un tempio Jain meno riccamente adornato di quanto mi aspettassi dopo averne visti altri in Rajasthan e altrove. Più interessanti alcuni laboratori di tessitura della seta che sfornano sari a ritmo febbrile. Il tessile è da sempre una colonna portante dell'economia indiana, che gli inglesi avevano invano cercato di reprimere per favorire i telai britannici.

Passo per una banca locale, che però non è autorizzata a cambiare valuta straniera! L'impiegato mi consiglia di andare a Indore, una città a circa 95 km di distanza, dove certamente una filiale potrà cambiare dollari e forse anche euro.

Passeggiata lungo il fiume, con spuntino al volo di banane, noccioline... Un venditore di pannocchie di mais arrosto le condisce con un bel po' di peperoncino prima di passarmene una bella calda per uno spuntino. Vita di lungofiume indiano, chi si lava, qualche ragazza fa il bucato bastonando la biancheria inzuppata sul molo.

C’è un bel sole, colori sgargianti. Purtroppo non abbiamo tempo per un giro in barca sul fiume, meriterebbe!

Visitiamo anche l'imponente tempio di Shiva, dove i fedeli toccano le zampe di una statua di elefante, pare porti fortuna.

Partenza per Jalgaon. Attraversiamo molti piccoli villaggi. Le "autostrade" sono un susseguirsi di buche, cunette e sorpassi da brivido tra camion e autobus. Lungo la strada incontriamo mercatini poverelli, dove ci fermiamo per un tè speziato o qualche piccolo acquisto  alimentare e qualche foto. Campi irrigati a destra e sinistra del percorso si alternano a radure arse dal sole tropicale.

Ci passano accanto i resti di qualche auto e camion vittime di raccapriccianti incidenti, scommetterei che più di qualcuno ci ha lasciato la pelle in queste scarpate.

Al confine tra Madhya Pradesh e Maharashtra, due regioni componenti l'Unione Indiana, ci sono controlli di documenti e merci come se fosse un confine internazionale. Mi viene da pensare a come siamo fortunati ad essere riusciti ad eliminarli in buona parte dell'Unione Europea, grazie al trattato di Schengen!

Arrivo in serata a Jalgaon, stiamo all’hotel Royal Palace, molte pretese da grande albergo ma è solo discreto. Non accettano carte di credito per il ristorante, ambiente freddino, un po’ pretenziosetto e finto, solo menu vegetariano. Devo andare a cercare contante in piena notte ma per fortuna c’è un bancomat che funziona perfettamente con carte di credito straniere e mi sborsa tutte le rupie che ci servono!

31 December 2002

14° g - 31 DIC: Mandu, visita e festone di capodanno

Sveglia presto, sarà una giornata intensa di visite. Il nostro albergo Tourist Cottages è pessimo: sporco, senza acqua calda o corrente elettrica, ovviamente non accetta carte di credito anche se ha la macchinetta per leggerle (ma senza corrente elettrica come si fa?) e pretende un pagamento extra per un materasso che ci hanno buttato per terra per sistemare una persona un più che non aveva posto nei letti. Costa anche caro, 900 Rs per stanza singola) e la colazione è appena mangiabile.

Finita la quale non abbiamo il contante necessario a pagare, e il direttore dell'albergo fa chiudere i cancelli, in pratica ci sequestra! È una situazione senza ...uscita: non possiamo andare a prendere soldi perché siamo bloccati dentro e comunque apprendo che a Mandu non ci sono bancomat. Che fare? Viene in nostro soccorso l'autista, che si rifà un po' la reputazione dopo il tempo che ci ha fatto perdere ieri prestandoci denaro contante in quantità sufficiente a sbloccare il sequestro del bus e di tutti noi!

Visita di Mandu ed in particolare del forte. Ormai di palazzi sultaneschi in rovina e di fortezze Moghul ne abbiamo viste abbastanza, qui non ce n’è dei migliori ma comunque il richiamo storico è forte. Studiamo la triste storia di Rupmati, la cantante induista sposata con rito induista e musulmano al sultano Baz Bahadur che si suicida quando il generale Adham Khan, al servizio del grande Mughal Akbar, invade Mandu e mette fine all'idillio interconfessionale.

C'è anche una grande moschea ma è in disuso, non ci sono più fedeli musulmani. Architettura sobria, forse un giorno, secoli fa, c'è stato più fasto, chissà? In un angolo una vecchietta prepara il tè con un fornello a carbone.

Alla grande tomba di Hoshang Shah c'è un'atmosfera mesta, è un po' tutto fatiscente anche se ci sono lavori in corso che fanno pensare ad un progetto di restauro. All'interno imperversano i pipistrelli.

Bambini variamente infangati ma simpaticissimi scorrazzano per le strade e ci fanno gli auguri di buon fine anno, non vogliono soldi o regali, sono solo incuriositi. Alcuni vendono fiori di baobab.

Ottima cena al ristorante Rupmati.

Dopo cena il simpatico oste ci invita ad una festa di capodanno che si svolge in un tendone attiguo al ristorante. Siamo gli unici turisti in mezzo ad una quarantina di notabili locali, seduti per caste intorno ad un grandissimo tappeto, i più importanti vicino a quello che è chiaramente il capo, forse il sindaco, insomma il notabile che qui chiaramente dirige i giochi. Poi via via gli altri personaggi, tutti uomini, alle ali, con vestiti e portamento sempre meno ricchi e formali.

Sul tappeto ballano due danzatrici che oltre ad eseguire una piuttosto patetica movenza sono pagate dagli astanti per portare da bere ai loro compari da una parte all’altra del tendone. Molti offrono da bere a noi! E noi, con le poche rupie che ci sono rimasta dal prestito dell'autista, cerchiamo di ricambiare. Giorgio familiarizza con linguaggio internazionale (mani e bicchieri di liquore!) con il capopopolo, baffuto e sempre più ubriaco.

Scopro che il ristorante ha anche stanze per dormire e mi ripropongo vivamente di provarlo al posto del Tourist Cottages se tornassi mai qui.

30 December 2002

13° g - 30 DIC: da Sanchi a Bhopal a Mandu

Al mattino passaggio rapido per Bhopal, dove visitiamo l'importante moschea. Ci sono tantissimi bambini seduti per terra, a testa bassa, tutti intenti a memorizzare ill Corano. In un angolo un maestro interroga uno scolaro, che però non si ricorda i versi a memoria tanto bene, lui lo aiuta un po' poi lo manda via a studiare ancora.

29 December 2002

12° g - 29 DIC: arrivo a Bhopal e visita a Sanchi

Arriviamo con un’ora di ritardo a Bhopal. Alcuni notano che il treno aveva fatto sosta a Vidisha, paese vicino a Sanchi. Dato che la nostra meta per la giornata era appunto Sanchi, ci sarebbe convenuto scendere prima dal treno e dare appuntamento al bus colà e non a Bhopal. Nel senno di poi...

Pomeriggio di visita agli stupa di Sanchi, ci passiamo oltre tre ore. Il sito è di massima importanza nella storia del buddismo, che nasce in India e sotto Ashoka ne diventa anche la religione ufficiale anche se ora da questo paese è quasi completamente scomparso.

Il biglietto costa Rs 10 per gli indiani (15 centesimi di euro) ma 5 dollari per gli stranieri. Si giustifica questo perché il paese è povero e i turisti sono ricchi quindi è giusto che paghino di più. A me questa storia non piace mai: sicuramente molti indiani in visita qui oggi sono più danarosi di svariati stranieri, magari studenti, o dipendenti della pubblica amministrazione come alcuni miei compagni di viaggio, che vengono dal "ricco" occidente.


Interessanti incontri con giovani turisti indiani. Vengono da Mumbai, sono evidentemente ben istruiti e sofisticati, parlano bene inglese. Elementi della classe media indiana che emerge.

Mi fa molto piacere incontrare indiani così, fuori dagli stereotipi cui siamo abituati e di mentalità aperta, almeno ad una prima impressione, secolare, globalizzata! Gente con la quale ci possiamo capire facilmente.

Ci facciamo un sacco di foto insieme, sono più interessati loro ad avere foto di noi, esotici stranieri, che noi di loro. Partono prima le donne, fotografandosi con le mie compagne di viaggio. Poi gli uomini con noi, e qui invitiamo anche il guardiano del tempio, un simpaticone in giacca blu con distintivi ricamati in oro.

Hotel: Traveller’s Lodge, bel posto nel verde ma struttura appena sufficiente, gestore antipatichetto anziché no, ci ha dato fastidio che trattasse male il personale.

Ristorante: Ce ne sono un paio in paese, noi abbiamo mangiato (discretamente) in albergo, poi ci hanno acceso un fuoco in giardino dove abbiamo passato qualche ora di riposo, chiacchiere e giochi di carte.

Book Review: Snakes and Ladders - Glimpses of Modeern India, by Gita Mehta, ****

Synopsis
This fascinating blend of personal memoir, historical anecdote and wry observation offers the indispensable guide and key to contemporary India in the fiftieth year of its independence. Entertaining, informative and passionate. With a novelist's eye for detail and colour, Gita Mehta writes of the continent of contradictions that is host to one-sixth of the world's population. The world's largest democracy, it still practices the caste system. It's a burgeoning economic superpower, and one of the poorest nations on earth. It has the world's largest film industry, and the world's oldest religions. It is an ancient civilisation celebrating fifty years as a modern nation, entering a new civilisation many believe will belong to China and India. Now, as never before, the world wants to know what contemporary India is all about.

Review
This book awes and shocks at the same time, which is perhaps the best way to summarize India today. Assuming there is such a thing as "India" beyond the state on the map. Mehta points out that most Indians are foreigners to other Indians (p.20)!

Here we get a panoramic introduction to the essence of this incredible assembly of over one billion people. Mehta jumps easily from history to politics, from religion to economics, from social life to art. This is where the majority is Hindu but Buddhism was born, as can be seen at such wonders as Sanchi, Ajanta and Ellora, but where some of the best known national symbols are the Taj Mahal (Muslim mausoleum), the Golden Temple of Amritsar (Sikh), the Jain temples of Rajasthan and Gujarat.

This is the country where the foremost independence leader, Mahatma Gandhi, invited the last colonail ruler, Lord Mountbatten, to become the first head of state of independent India, so as to show reconciliation with all! A country where women still suffer heavily from discrimination but where a woman (Indira) was the most powerful politician ever elected and another (Sonia, a foreigner and a Catholic) followed in her footsteps.

A wonderful introduction the the Indian conundrum!