Incontro con Giorgio Sfara, addetto commerciale dell'Ambasciata d'Italia
L'interscambio italiano con l'URSS continua ad essere trascurabile per noi, solo il 2%. I Sovietici sono diventati vittime della loro stessa propaganda: l'alta tecnologia che vogliono dall'Occidente in realtà non è necessaria per il risanamento economico, anche se alla sua mancanza viene facilmente imputata la colpa dei fallimenti del sistema.
È un paradosso che si scandalizzino che l'Occidente controlli una parte così piccola del commercio quando loro per decenni lo hanno controllato tutto ed anche ora, con la nuova legislazione in vigore dal 1 Aprile 1989 si riservano di subordinarlo a considerazioni politiche.
Le società miste sono benviste perché i sovietici sperano che un giorno garantiranno un continuo aggiornamento tecnologico meglio che non in passato, quando un prodotto era già obsoleto prima di entrare nel mercato.
Il deficit pubblico è ora intorno ai 100 miliardi di rubli, anche se non ne hanno idea neanche loro: c'è un problema professionale, non sanno tenere un bilancio e cercano di fare accordi con banche e università (Bocconi) perché glielo insegnino.
Il ruolo tradizionalmente trainante del vertice andava bene per aumentare la crescita quantitativa, ma per quella qualitativa no.
La glasnost c'è ma non esageriamo: per esempio non si può ancora dire che la Perestrojka non va bene! C'è però un graduale movimento verso lo stato di diritto, ma è molto lento.
Conversazione con Aleksei S., impiegato del Presidium dell'Accademia che mi accompagna nella gita a Suzdal
Tra le svariate attività culturali che l’Accademia delle Scienze
aveva messo nel mio programma c’era una gita a Vladimir e Suzdal, due
perle dell’architettura sacra ortodossa. Suzdal ha un significato
particolare per noi italiani, dato che qui furono raccolti molti
prigionieri di guerra della sciagurata campagna di Russia voluta da
Mussolini nel 1941-1943.
Per il viaggio mi è stata assegnata, come sempre, una “guida”, una
sorta di angelo custode incaricato di starmi appiccicato tutto il giorno
e “guidarmi”, cioè controllare dove andassi, con chi parlassi e
soprattutto con chi NON parlassi. Il figuro in questione era un certo
Andrey, che viene a prendermi la mattina al mio albergo con una macchina dell'accademia.
La visita a Suzdal è interessante, mi colpisce come ci siano tanti fedeli nelle chiese. Poi sulla strada del ritorno Andrey tira fuori una busta di plastica piena di bottiglie di birra. “Marco, bevi!” mi disse Andrey ad un certo punto, “sono per te.” Lo ringrazio ma lascio perdere, non mi va di bere in auto e poi le birre sono calde. Gli dico che gliele regalo. Lui non se lo fa dire due volte e comincia con la prima bottiglia. Poi la seconda. E poi la terza. Forse si vergogna a portarsele a casa?
Ecco questo ritorno da Suzdal per me rappresenta il declino del paese. Quelle birrone calde che melanconicamente
aspettavano il loro turno nella busta di plastica per essere trangugiate
da Andrey, mi sembrano impersonare i tentativi di riforma in corso. La scena era una rappresentazione della
realtà del grande gigante sovietico malato. Avrei voluto dipingerla.
L’URSS era la macchina: inefficiente, rumorosa, ma che in qualche modo
andava avanti. Le birre finiscono ad una ad una, e poi non resta nulla.
Lui è un tipico apparatchik. Legge tutto vuole sapere di tutto, dal collegamento tra passaggio della cometa di Halley e disastri naturali al legame tra test nucleari sotterranei e terremoti! Sei ore di auto insieme più pranzo al ristorante del Turtsentr di Suzdal (dove mangiamo, dopo essere stati mandati via da altri ristoranti perché "ci sono i gruppi", solo perché lui insiste che c'è uno scienziato italiano, che sarei io!, ospite dell'Accademia) e cosí parliamo molto.
Gli chiedo dell'andamento della Perestrojka. Mi dice che il processo è spinto dal vertice e dalla base simultaneamente, ma il centro resiste. spera che il centro diventerà talmente inadeguato che si sgretolerà dall'interno cosí da far congiungere gli sforzi del top e della base.
Gli chiedo se pensa che l'URSS è come una nave senza capitano (v. conversazione con Sergej del 4 Maggio u.s.) e mi dice di no, che il capo conta perché i russi sono abituati a rispettare un capo che raggiunge i risultati che si prefigge, per questo rispettavano Stalin ma non Khrushchev. Ma quando gli chiedo cosa può fare il capo per smuovere o indirizzare l'apparato ora che si è rinunciato al terrore ammette che non c'è in effetti molto che può fare.
Gli chiedo se vede nella Perestrojka una possibilità di migliorare la sua posizione, da impiegato dell'Accademia. mi risponde che per molti anni quelli della sua generazione sono stati bloccati in qualsiasi iniziativa. Ha 30 anni, se troverà le forze proverà a fare qualcosa, se no continuerà a tirare avanti come ha fatto finora, senza infamia e senza lode. Quelli più grandi di lui sono spacciati, non sono mai stati abituati a competere, non hanno speranza, se non rare eccezioni; quando gli suggerisco se si possono paragonare ad animali nati e vissuti sempre nello zoo (in gabbia ma nutriti ed al sicuro) e vengono improvvisamente mandati nella giungla (liberi ma responsabili di sopravvivere dagli attacchi di altri animali e di procurarsi il cibo), mi dice che è proprio cosí. L'unica vera speranza la possono avere i più giovani, che devono cominciare ora da zero.
Mi dice che la gente in URSS oggi attende e soppesa costi, rischi e benefici. I sacrifici verranno sicuramente prima dei benefici, Gorbaciov usa già il termine "crisi" mentre fino a poco tempo fa usava "pre-crisi" per l'economia sovietica; non è certo di quanto tempo resta a Gorbaciov per produrre risultati prima che la gente perda la pazienza, ma non molto. Poi se ci saranno troppi sacrifici si ribellerà, ma difficilmente si arriverà a questo a scanso di giri di vite radicali che il governo ha però già dimostrato di non voler o di non poter fare. Si fermerà tutto, gradualmente, prima di arrivare alla crisi violenta.
La riforma dei prezzi è ferma: si è provato col pane ma poi ci si è subito fermati, le proteste sono state inaspettatamente vivaci, anche se l'aumento era minimo. Restrizioni sulla vodka affrettate ed inefficaci, in parte già ritirate. Razionamento dello zucchero in parte dovuto all'accaparramento dei fabbricanti clandestini di superalcolici, ed è seguito il razionamento. La gente quindi beveva più o meno lo stesso, ma lo stato incassava di meno, mancava lo zucchero e non c'era controllo sanitario sui prodotti, di cui naturalmente fiorisce il mercato nero. Ma lo zucchero è lungi dall'essere l'unica merce che non si trova. A seguito della prima "stretta" la vodka si poteva comprare solo dalle 2 alle 7 di pomeriggio e si diminuiva il numero di rivendite autorizzate, ora si vende dalle 11 di mattina alle 9 di sera in un numero crescente di negozi.
Automobili in URSS: 260.000 esportate ogni anno, ne mancano 15.000.000 per saturare il mercato, c'è un'attesa di anni; il costo varia dai 5-6.000 ai 25.000 R. Tentativo di società mista con la Ford, per fare auto del tipo Scorpio, ma il negoziato è fallito, non si sa perché.
Reputazione degli Italiani in URSS: nella Seconda Guerra mondiale erano cattivi combattenti ma non spietati con gli occupati come i tedeschi. La Mafia è un argomento frequentemente trattato nei media, e cosí il terrorismo, in particolare il caso Moro; impressione diffusa che agli Italiani non piaccia lavorare ma solo divertirsi. Sta cambiando, migliora con prodotti tecnologici italiani che arrivano in Russia.
Ristoranti cooperativi: comprano ai mercati statali a prezzi bassi corrompendo gli impiegati, e tutti lo vedono. Anche per questo, oltre ai motivi menzionati da Nadia e Vladimir (v. 5/5/89) molta gente li detesta. Dice che forse si comportano cosí perché hanno paura, credono che "vivranno solo un giorno" e cercano di ammassare più ricchezza possibile nel più breve periodo di tempo. Gioverebbe fornire garanzie che la loro libertà imprenditoriale non verrà toccata più. (Circolo vizioso: difficoltà di gestione e incertezza porta ricorso a mezzi illeciti e prezzi alti; sospetti e avversioni; difficoltà di gestione.)
Mi dice, come già Sergej, che Tolstoj e Dostojevskij non sono molto utili a capire la Russia di oggi. Leskov invece, consigliato da Sergej, è "troppo russo", caricaturizza eccessivamente. Consiglia innanzitutto Gogol (Anime morte) Vladimir Nabokov (Regalo, Lolita, Invito all'esecuzione) Mikhail Bulgakov (Maestro e Margherita) Sholokov (Quiet flows the Don); inoltre brevi storie di Ivan Bunin, unico premio Nobel per la letteratura sovietico non disconosciuto dal regime (che però viveva e lavorava in Francia).