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24 April 2009

Recensione: Guinea Bissau (2009), di M. Jammal, G. Villa e P. Candiani, *****

Sinossi

Guinea Bissau, un Paese per molti sconosciuto e per altri dimenticato, in cui il tempo sembra essersi fermato o addirittura non esistere. Un mondo raccontato attraverso le fotografie di Paolo Candiani e il racconto diretto di un gruppo di volontari italiani che da 25 anni condividono i sogni, le aspettative e le speranze di questo popolo. Un libro nato con l'intendimento di calare il lettore nella realtà, ai limiti del credibile, di questa terra, che è un'affascinante finestra su un mondo di desolante povertà, in cui spicca la sorprendente vitalità di un popolo gioioso.


26 March 2009

Lo squalo martello dell'atollo di Rashdoo alle Maldive

Lo squalo martello che ho fotografato a Rashdoo
Scendiamo nel silenzio assoluto e nel blu sempre più scuro, quasi non si vede più la superficie e se non fosse per le bolle d'aria che rilasciamo, e che inevitabilmente partono verso l'alto, si farebbe fatica a riconoscere l'alto dal basso, la superficie dell'acqua dall'abisso che qui sprofonda per centinaia di metri. Uniche presenze piccoli organismi fosforescenti che danzano disordinatamente a mezz'acqua. Arrivati sui trenta metri ci disponiamo per l'attesa, non troppo ravvicinati per non darci fastidio l'un l'altro ma neanche troppo dispersi per non spaventare gli squali con una presenza che potrebbero interpretare come aggressiva, una formazione d'attacco, e farli scappare.

Passano i minuti e restiamo così, appesi al nulla, perfettamente idrostatici, muti, ad aspettare, fermi. Poi, all'improvviso, arriva. Si comincia a distinguere una flebile ombra nel blu, una silhouette grigia che si muove sinuosamente, lentamente, verso di noi. A poco a poco comincia a definirsi la sua forma allungata, poi le pinne, infine l’inconfondibile muso, schiacciato con i due piccoli occhi attaccati all'estremità. Il signore di questo mare, lo squalo martello, ci viene incontro. Solitario, sui trentacinque metri di profondità, sarà lungo tre metri, gira intorno ai sub, ci scruta. Scendo un po' per portarmi alla sua stessa quota e fotografarlo davanti, ma devo stare attento, siamo al limite della profondità programmata. Due, tre scatti sui tre quarti, poi si gira e se ne va. Dopo pochi istanti torna da noi, un'altra perlustrazione, tranquilla, è chiaro che una mezza dozzina di esseri ricoperti di gomma che fanno un sacco di bolle d'aria non sono la sua preda abituale. Riesco a posizionarmi per fare ancora qualche scatto, senza flash per non spaventarlo. Profilo grigio su sfondo cobalto, poi lo squalo si gira e si inabissa, sparendo definitivamente nel blu. Sono contento come un bambino, è la prima volta che fotografo un martello! Ma non c'è più tempo per indugiare nella speranza che torni, sono passati già una trentina di minuti da quando siamo qui a oltre trenta metri sott'acqua, la lancetta del manometro mi avverte che ho consumato la metà dell'aria della mia bombola ed è tempo di cominciare la lenta risalita...

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22 March 2009

Le mante di Donkalo, atollo di Ari, Maldive

Questa mattina ci svegliamo prima dell'alba, siamo tutti subacquei e, per sfruttare al meglio i pochi giorni a disposizione, buttiamo giù il primo caffè all'alba e poi subito in acqua per la prima di quattro immersioni della giornata. Siamo su una delle pass di Ari, i canaloni sommersi dove, con le maree, l'acqua entra ed esce dall'atollo all'oceano, apportando ossigeno e nutrimento e asportando detriti e scorie. Le mante approfittano delle fortissime correnti che le maree generano nelle pass per attendere al varco i piccoli organismi che costituiscono il loro nutrimento.

L'entrata in acqua oggi si presenta complicata, dopo il tuffo la marea ci farebbe allontanare immediatamente dalla barca d'appoggio e quindi bisogna saltare con macchine fotografiche e torce in mano, non c'è possibilità di farsele porgere come al solito dall’equipaggio. Saltiamo giù dalla barca in rapida successione, con il giubbetto completamente sgonfio per minimizzare il galleggiamento. Ci buttiamo in acqua con Luca con un «passo del gigante», in pratica un ampio passo in avanti effettuato con le gambe tese, direttamente dalla murata della barca. Una tecnica di entrata in acqua che si usa quando non è possibile praticare la classica capovolta all’indietro dal bordo di una piccola barca o di un gommone. Imitiamo un po’ i lanci dei paracadutisti da un aereo, e via subito giù immersione rapida per guadagnare nel minor tempo possibile il fondo della pass, in una lunga fila indiana di silhouette nere nell'acqua che si fa rapidamente scura, fino a venticinque metri di profondità, senza farsi portar via dalla corrente. Ovviamente abbiamo aspettato la marea entrante, ricca di nutrimento, che attira le mante. Ed inoltre più sicura, infatti se si viene portati via comunque si finisce dentro l'atollo e non in oceano aperto, dove il recupero sarebbe molto più problematico.

Bisogna pinneggiare poderosamente per contrastare la corrente e raggiungere nel punto prestabilito il fondo di sabbia bianchissima, quindi trovare un macigno dove fermarsi ed attendere le mante, agganciandoci con lo speciale uncino che abbiamo legato al giubbetto idrostatico, per formare una specie di trapezio e restare sospesi come aquiloni, senza sforzo, nella corrente.

Oppure semplicemente incastrando le pinne tra un masso e l’altro. Passano i minuti e stiamo lì a guardare in avanti verso il blu, fermi. Solo le colonne di bolle d'aria movimentano la scena. Non c'è che da aspettare, con l’occhio che salta dal manometro delle bombole, con l'ago che comincia a scendere, al computer, con i limiti di permanenza che si avvicinano.

Fortunatamente, in questa situazione piuttosto precaria e faticosa, non dobbiamo aspettare molto. Dopo qualche minuto ecco le mante! A piccoli gruppi di una mezza dozzina di esemplari, arrivano controcorrente, scivolando immobili, senza il minimo sforzo apparente, a qualche metro di altezza dal fondo. Hanno la bocca aperta a dismisura per catturare i piccoli animaletti che nuotano in corrente, si vedono chiaramente la gola e i due grandi rastrelloni di branchie in fondo alla cavità orale. Sicurissime di sé, evidentemente non si sentono minacciate e si avvicinano fino a sfiorarmi la testa. Faccio fatica ad inquadrare con la macchina fotografica, anche con un grandangolare spinto le grandi ali escono dall'inquadratura. Non c'è niente di peggio di una foto di un animale con le estremità tagliate fuori dal fotogramma.

Cerco di spostarmi per mettermi in posizione migliore per fotografare ma è difficilissimo con questa corrente. Devo reggere con una mano sola la macchina fotografica, già appesantita dalla scafandratura, e resa ancora più goffa e ingombrante dal grande flash esterno appeso alle staffe, mentre l'altra mano cerca di restare aggrappata alla roccia sul fondo. Inquadrare questi simpatici animali in movimento e sistemare zoom, apertura del diaframma, velocità dell'otturatore ed angolazione e potenza del flash richiede ripetute acrobazie e non poche goffaggini, ma alla fine riesco a produrre qualche scatto azzeccato. Tutto in modalità manuale. Infatti anche nell'era digitale sott'acqua ci sono valutazioni che si fanno meglio ad occhio che con gli strumenti. I movimenti delle mante sono abbastanza imprevedibili, quindi meglio trovare un buon punto ed aspettare che si avvicinino loro, il che succede abbastanza facilmente, sono bestiole curiose e modelle collaborative, anche se non possono immaginare che finiranno in un album fotografico a far bella mostra di sé in qualche salotto o appese al muro in una cornice, o ancora sul mio sito in internet ed in questo libro. Una guida sub maldiviana ha scoperto che alle mante piace il solletico delle bolle d'aria sulla pancia. Quando una bestia gli passa sulla testa si toglie l'erogatore e le scarica addosso una colonna di bolle...


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21 March 2009

Nuotata con lo squalo balena alle Maldive

Lo squalo balena che ho fotografato ad Ari
Finalmente incontro uno squalo balena. Sono anni che cerco di farci un’immersione insieme, ma solo adesso ci riesco. Siamo all’estremità meridionale dell’atollo di Ari, in un punto dove spesso questi giganti del mare vengono a nutrirsi, o forse a riscaldarsi nell’acqua calda e poco profonda, ma ai confini con l’oceano aperto, cui possono facilmente ritornare senza doversi preoccupare di passaggi obbligati tra i banchi corallini. Impossibile saperlo con certezza, di loro sappiamo ancora molto poco. Comunque con loro si nuota solo in superficie, con maschera e boccaglio, niente bombole. Per non disturbarli troppo, si rischierebbe di infastidirli e sconvolgerne le abitudini. Finirebbe magari che sparirebbero dalla zona. E comunque trovarlo non è stato facile. La zona che bisogna battere è estesa per molti chilometri ed ovviamente non è possibile prevedere con precisione le abitudini di animali selvatici.

Le barche dei subacquei pattugliano lentamente su e giù per la costa dell’atollo, cercando di scorgere la caratteristica forma dello squalo che qui nuota a pelo d’acqua. Sulle isole si nota il cantiere dove stanno costruento un nuovo aeroporto regionale. Servirà a portare più rapidamente i turisti ai resort di Ari, senza dover ricorrere alle barche o ai microscopici aerotaxi idrovolanti. Per costruire la pista, che sarà completata nel 2011, sono state necessarie 37.000 tonnellate di sabbia. Il governo assicura che l’impatto ambientale sarà minimo e non deturperà l’ambiente sottomarino. Speriamo che gli squali balena che nuotano proprio qui accanto siano d’accordo.

Quando ne vedono uno, di solito i capitani delle barche se lo segnalano a vicenda, e si aiutano l’un l’altro a portarci i rispettivi clienti. Dopo ore di paziente attesa, ad un certo punto arriva la chiamata da un’altra barca e ci dirigiamo velocemente sul punto segnalatoci. Non c'è competizione in questo caso ma collaborazione, con il risultato che alla fine siamo in quattro barche a scaricare sul bestione una trentina di scalmanati alla ricerca di un incontro ravvicinato davvero speciale con il pesce più grande del mondo. Il quale se ne sta, beato ed incurante, a 4-5 metri di profondità, assorbendo i raggi del sole di mezzogiorno. Sarà lungo circa otto metri, un cucciolo per un animale che può facilmente raggiungere più del doppio della lunghezza. Procede lentamente, muovendo appena la coda con movimento sinuoso che sembra alla moviola. La parola «lentamente» per un grande squalo, però, non vuol dire la stessa cosa per un umano, ed infatti fatico moltissimo per cercare di nuotargli dietro, in superficie, con maschera, pinne, boccaglio e macchina fotografica, nella speranza di poter fare qualche fotografia da vicino. Alla fine ci riesco ma con grande affanno, e mi sento un po' ridicolo mentre lui, praticamente immobile, sgonfia la vescica natatoria e scivola verso l'abisso.

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20 March 2009

La scuola di Dhigurah, atollo di Ari, Maldive

Passeggiata su questa placida isoletta. Al mio sbarco dal gommone sono lì ad accogliermi sulla spiaggia un paio di piccoli pescherecci in riparazione. Pendono melanconicamente su di un lato, aspettando con pazienza che qualcuno venga a sistemarli per tornare in mare. Un enorme lucertolone, più simile ad un'iguana, fa fugacemente capolino da dietro un albero del pane accanto al quale una semplice altalena, due corde ed una tavola di legno, dondola tristemente vuota. Passo davanti ad una scuola, che però è vuota, infatti oggi è venerdì, il giorno di festa per i mussulmani. Posso comunque entrare a vedere. La struttura è ordinata e pulita, le aule sono disposte su due file con in mezzo un giardino tropicale colorato e molto ben tenuto, circondato da un muretto viola con in cima una banda blu scuro. Un paio di stanze sono attrezzate con batterie di computer moderni a schermo piatto, non hanno niente da invidiare alle migliori scuole di casa nostra, anzi. Certo sarebbe sorpreso Pyrard de Laval, che trovò che i bambini scrivevano le loro lezioni su tavolette di legno bianche, che fungevano da lavagnette su cui si poteva cancellare e riscrivere, oppure su fogli fatti con fibra vegetale intrecciate ed essiccate (un po’ come i papiri egiziani) per gli scritti in bella copia, definitivi.

Vicino alle aule si stende uno spazio aperto con bacheche alle pareti, sulle quali sono attaccati manifestini con poesie, pensieri e disegni dei bambini. Un disegno, opera di Imaadh, Firushan e Nafiz, mostra un grande e famelico drago, con un enorme pancione, seduto per terra, che tiene in mano un piccolo globo terrestre. La didascalia dice, in inglese: «I bisogni dell’uomo sono illimitati ma le risorse per soddisfarli sono limitate. Noi studiamo economia per usare queste risorse con efficacia ed efficienza.» Magari le insegnassero nelle nostre scuole queste cose.

Subito oltre una breve composizione, intitolata «Nuove stelle», senza il nome dell’autore. Si legge: «Un giorno ho visto Jane che piangeva tristemente a scuola. Sono andato da lei e le ho domandato cosa fosse accaduto. Mi disse che aveva preso in prestito il libro di matematica di Lara e lo aveva portato a casa per fare i compiti. Il giorno dopo però aveva dimenticato di riportarglielo, e la professoressa di matematica aveva punito Lara che era senza libro. Per questo motivo Lara si era arrabbiata ed aveva detto a Jane che non le avrebbe più rivolto la parola. Chiesi a Jane se aveva chiesto scusa a Lara. Mi rispose che le aveva chiesto scusa infinite volte, ma Lara non voleva sentire ragioni. Il giorno dopo Lara dimenticò di portare a scuola la sua borsa e la professoressa la rimproverò di nuovo. Durante la ricreazione, Jane vide Lara che leggeva una storia tutta soletta, da una parte; allora Jane corse ad un vicino albergo, comprò un pacchetto di patatine ed una bottiglia di Coca Cola e le regalò a Lara. Da allora Jane e Lara diventarono ottime amiche.»

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17 March 2009

L'islam alle Maldive

Il muezzin richiama alla preghiera con la consueta regolarità, si sente da tutto il centro di Malé. Di regola, quando parte la registrazione di «Allah-u-akhbar», anche i negozi dovrebbero chiudere per consentire a tutti di pregare senza distrazioni, ma di fatto questo spesso non succede, anzi nel centro di Malé non l'ho mai visto fare. Magari si vede il cartello di prammatica «CLOSED» sulla porta, ma dentro le contrattazioni continuano.

La grande cupola dorata del centro islamico è una delle prime architetture che si vedono arrivando a Malé, il sole la fa brillare e si staglia prepotentemente e fotogenicamente, per dimensioni e colore, sulla monotonia urbanistica dell'isola e sul cielo blu. Il grande edificio di candido marmo bianco è stato inagurato nel 1984 e contiene un'enorme sala di preghiera che può contenere fino a cinquemila persone ed una sala per conferenze sull’Islam. I non mussulmani sono liberamente ammessi, tranne che durante la preghiera, ovviamente come tutti senza scarpe, e senza fotografare l'interno. Entrando noto che l'atmosfera è serena, anche molto fresca se paragonata al caldo esterno, accogliente. Quando arrivo non c'è nessuno, solo qualche bidello che fa le pulizie ed un impiegato che gentilmente mi scorta dentro per una visita.

Non mi fanno entrare, invece, nella vicina moschea antica, detta «del venerdì», per la quale mi dicono serva un permesso speciale, ma ho l'impressione che più semplicemente il guardiano di turno non fosse di buon umore. Forse ci potrò riprovare un’altra volta perché è la moschea più antica delle Maldive e pare che contenga mobili e suppellettili pregiati, con pannelli di legno su cui sono scolpiti i versi del Corano.

La moschea è un luogo preminente nella città. La fede islamica occupa infatti un ruolo preponderante in tutti gli aspetti della vita maldiviana dal tempo della conversione nel 1153. Come in molti altri paesi mussulmani, il ruolo dell'Islam acquisisce qui una dimensione che va al di là della religione per toccare la politica, la vita sociale ed anche quella personale. Ma la commistione tra potere religioso e temporale ha visto comunque, con poche eccezioni nella storia del paese, prevalere quest’ultimo, anche se spesso incarichi religiosi venivano usati per poi acquisire potere temporale. Ma come si è arrivati alla conversione all’Islam delle genti delle Maldive? Non lo sappiamo con precisione, anche se sappiamo che mercanti arabi frequentavano con assiduità i porti della regione a partire dal VII secolo. Ma, come spesso accade in tutto il mondo, dove la storia ci abbandona viene in soccorso la mitologia.

C’era una volta un demonio, chiamato Rannamari, che ogni mese veniva dal mare a minacciare e ricattare le genti delle isole...

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16 March 2009

Il mercato del pesce di Malé

Il mercato del pesce è molto vivo, piuttosto ricco, tutto sommato piacevole anche se non particolarmente variopinto come altri mercati del pesce che ho visto per il mondo. All’ingresso qualche camionetta un po’ insanguinata con secchi di pesce colorato in bella mostra e poi, entrando, un enorme salone maiolicato, non particolarmente pulito ma abbastanza ordinato, con pescatori e compratori in giro un po' alla rinfusa. L'atmosfera è alquanto sommessa, pacata, un po’ fredda per l’illuminazione al neon. Non si sente il gran vociare cui si è abituati in altri simili mercati asiatici, le trattative si svolgono in modo tranquillo. Dietro un lunghissimo bancone una dozzina di pescivendoli lavorano senza sosta con dei lunghi ed affilatissimi coltellacci per pulire il pesce. I tonni, che qui sono protagonisti, vengono prima allineati per terra e divisi per dimensione. Vanno dai più piccoli di qualche chilo a quelli enormi oltre il quintale. Uno alla volta vengono poi issati sul bancone e sfilettati sotto un sottile flusso d’acqua che cade da una fila di rubinetti installati ad intervalli regolari. I tranci rossi sono quindi accatastati di fronte alla clientela mentre le interiora, le pinne e gli altri scarti sono gettati in grandi barili di plastica. Gli avventori ritirano la merce e prima di andarsene infilano una mancia nel taschino della parannanza del pescivendolo che gli ha preparato i filetti. Sono tutti uomini, non si vede neanche una donna in tutto il mercato.

La pesca per secoli è stata la principale industria delle isole, superata solo negli ultimi anni dal turismo, ma rappresenta sempre un buon 15% dell’economia, ed impiega una percentuale ancora maggiore di lavoratori, tra pescatori ed indotto. Senza contare la grande parte della pesca di sussistenza delle famiglie degli atolli più lontani, che non è monetizzata e quindi difficilmente quantificabile. Al di là dell'aspetto meramente economico, la pesca è da sempre l'anima delle Maldive. Se va male la pesca, va male tutta l'economia. Ci mancò poco che si scatenasse una vera e propria rivoluzione quando nell'ottocento i mercanti indiani, spesso con l’aiuto degli inglesi, stavano per soppiantare i locali, o quando Ceylon impose controlli valutari che stavano per soffocare le vendite verso quel paese, principale sbocco delle esportazioni maldiviane di pesce.

I pescatori espongono la loro mercanzia, proveniente dalle barche di tutto l’arcipelago, su semplici banchetti, o semplicemente per terra, qualche volta solo pochi pesci modestamente allineati sulle maioliche bianche. La mattina è protagonista il pesce piccolo, di paranza diremmo noi, mentre nel pomeriggio arrivano i tonnetti, le cernie, le spigolone tropicali, qualche grande tonno d'altura. Ogni tanto qualche crostaceo fa la sua dignitosa figura, anche se essendo questo un paese mussulmano aragoste e granseole non figurano nelle ricette più comuni della cucina locale. Il tutto passa di mano rapidamente. La contrattazione è a tratti frenetica ma misurata nei toni.

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28 February 2009

Recensione: Il Gigante del Nilo, di Marco Zatterin, ****

Sinossi
Era un omone di quasi due metri, e aveva un curriculum di studi non propriamente impeccabile: aveva fatto il barbiere, il fenomeno da baraccone e l'attore. Ma il padovano Giovanni Battista Belzoni (1778-1823) è diventato una figura leggendaria, l'avventuroso pioniere che all'inizio dell'Ottocento ha dato il primo grande impulso alla scoperta dell'antico Egitto e dei suoi monumenti. Il "Grande Belzoni" ha legato il suo nome al dissabbiamento del tempio di Abu Simbel, alla soluzione dell'enigma della piramide di Chefrem, in cui fu il primo ad entrare, e a una quantità di scoperte ed esplorazioni che lo rendono ai nostri occhi una specie di Indiana Jones dell'egittologia. Sulla base di ricerche approfondite e originali, anche su documenti sinora sconosciuti, Zatterin ha ricostruito con precisione e passione la vita e le avventure del Grande Belzoni in una biografia.

21 August 2008

Recensione: "L'Ombra di Mao", di Federico Rampini, ****

Sinossi
Mao Tse Tung è un leader che ha lasciato un'impronta indelebile sulla storia del secolo. Sotto Mao e per colpa sua il popolo cinese ha subito tragedie e sofferenze atroci. Oggi il bilancio degli storici è pressoché unanime nel considerarlo responsabile di un numero immane di vittime, probabilmente fino a 70 milioni di morti. Ma nonostante questo dato, nella Cina contemporanea il mito del Grande Timoniere resiste.

03 August 2008

Recensione: Il Caffè, di Caroline Darbonne, ****

Questo è un piccolo libretto di facile lettura che fornisce una introduzione a tutti gli aspetti del caffè. Da brevi ma interessanti cenni storici, al processo di coltivazione e torrefazione, alla geografia della produzione nel mondo, alla degustazione, e contiene persino molte ricette di cucina al caffè.


Lo consiglierei insieme al libro "Una storia del mondo in sei bicchieri", di Tom Standage, in cui il caffè è raccontato come una delle sei bevande che hanno segnato la storia.

Pregevole la fattura del libro, in bella carta pesante e rilegato, con molte buone fotografie e disegni illustrativi.


01 May 2008

Recensione: Verde e zafferano, a voce alta per la Birmania (2008), di Carmen Lasorella,***

Aung San Suu Kyi
Sinossi

La protesta dei monaci birmani contro il feroce regime del paese è scoppiata sui media nazionali nell'ottobre 2007, ma purtroppo non è così recente. Le purghe del regime cercano di cancellare da tempo i segni del bagno di sangue che è in atto da molti anni, mentre il resto dell'umanità, l'Occidente, la politica, la burocrazia, noi, restiamo sospesi fra l'indifferenza e la valutazione di un intervento. Eppure, è poi così lontana la Birmania? Il suo feroce regime militare fa affari con gli europei, gli americani, i cinesi, gli indiani, i russi... La Birmania acquista da questi paesi tecnologie e armi, e si sdebita con la droga, le gemme preziose, le prostitute-bambine, i legni pregiati


06 April 2008

Recensione: La Democrazia degli Altri, di Amartya Sen, *****

Sinossi

Le difficoltà incontrate dalla coalizione angloamericana nel secondo dopoguerra iracheno hanno portato alla ribalta il problema della possibilità di "esportare" forme di governo democratico, di matrice occidentale, in paesi che ne sono privi. Inserendosi in questo acceso dibattito Amartya Sen, premio Nobel 1998 per l'economia, illustra in queste pagine l'esistenza di secolari tradizioni democratiche in paesi attualmente oppressi da regimi totalitari, e invita a non commettere un ulteriore peccato di "imperialismo culturale": l'appropriazione indebita dell'idea di democrazia. Piuttosto, Amartya Sen ci suggerisce di esplorare e sviluppare quegli aspetti della democrazia che sono valori condivisi dalla storia dell'umanità intera.

05 January 2008

La testuggine di Guraidhoo, atollo di Malé sud, Maldive

Continuo ad addentrarmi nei vicoli ed arrivo infine sulla strada principale del villaggio, immediatamente riconoscibile dai tanti negozi di articoli per turisti. Alle Maldive non c’è molto da comprare, e molto di ciò che è in vendita non è prodotto localmente, e dunque non mi interessa. Entro in uno di questi negozi dove ho notato una mia compagna di crociera, Filomena, detta Filo, intenta a contrattare l’acquisto di gioiellini di corallo, parei e conchiglie. Fu amore a prima vista. Appena messo piede sulle fredde maioliche del negozio, noto, per terra, tutte impolverate, quasi nessuno l’avesse neanche degnate di uno sguardo da anni, due grandi testuggini di legno. Ammetto di avere un debole per le sculture di legno, ne ho riportate a casa da un sacco di paesi in giro per il mondo, ma queste testuggini mi hanno subito colpito in modo speciale.

02 January 2008

Bodu Beru a Rakeedhoo, atollo di Felidhoo, Maldive

Lasciamo la barca ancorata in rada e in due gruppetti con il barchino d’appoggio e raggiungiamo il piccolo molo di legno di Rakeedhoo, dove siamo subito accolti da un gruppo di ragazzotti locali, chiaramente ma bonariamente compiaciuti del fatto che siamo solo quattro ragazzi con dodici ragazze al seguito. Chiedo retoricamente dove siano le loro ragazze, già sapendo la risposta, ma stavolta voglio proprio provare ad andare un po’ più a fondo con l’argomento. Mi dicono che le chiameranno per ascoltare la musica insieme a noi ed in effetti così sarà, anche se non proprio come mi sarei aspettato.

In attesa dell’esibizione faccio due passi per i vialetti bui. Non c’è un cane per strada. Nel senso, stavolta, che non c’è nessuno. Poi qualcosa si muove ad una trentina di metri da me e scorgo in lontananza qualche ragazza che passeggia, sono completamente coperte di nero tranne che per il volto. Un’abitudine diffusa nei villaggi, come potrò constatare ripetutamente, anche perché una recente legge maldiviana fa divieto a tutti i cittadini di circolare con un abbigliamento che nasconda l’identità dell’individuo, dunque volto scoperto. Forse un segnale di secolarizzazione, o forse un modo per la polizia di controllare meglio manifestanti scomodi. Comunque c’è anche in tanti altri paesi questa legge, ed anche da noi in Italia, retaggio degli anni di piombo, ma tutto sommato mi pare una legge giusta.

I ragazzi ci conducono verso alcune case e ci sistemiamo su tre lati di un’aula vuota di una scuola vicino al porto. Dopo poco arrivano i musicisti, una banda un po’ raccogliticcia ma simpatica di ragazzi di età diverse e qualche signore più attempato. Qualcuno ha un bel tamburo in mano ma la maggior parte di loro non ha strumenti, son vestiti come tutti i giorni, e si siedono lungo la parete dell’aula che noi abbiamo lasciato libera, sotto due finestre che danno su un cortile interno.

Nel quadro di queste finestre si notano i visi di alcune giovani donne, incappucciate di nero, che guardano dall’esterno cosa succede dentro l’aula. Una di loro tiene un neonato in braccio. Esco dall’aula, giro intorno all’isolato ed arrivo alla sala della festa da dietro, e posso così avvicinarmi alle ragazze che sono ancora alla finestra, a guardare divertite il pandemonio che succede dentro. Dopo qualche sguardo e qualche parola arriva un tizio, che se ne stava lì dietro nell’ombra, probabilmente un parente delle donne, che mi dice che è inutile parlarle perché tanto non parlano inglese. OK messaggio recepito... faccio qualche fotografia e me ne torno indietro. Forse mi sarei dovuto avvicinare accompagnato da una donna italiana, chissà, magari sarebbero state più a loro agio, o magari il torvo parente si sarebbe preoccupato di meno, ma non credo avrebbe fatto alcuna differenza.

Una decina dei ragazzi portano un bodu beru ciascuno e si sistemano davanti ai primi, cinque a destra e cinque a sinistra, in due file indiane contrapposte una di fronte all’altra. Appena tutti hanno preso posto, si scatenano le percussioni. Cominciano subito a suonare ritmi forsennati, accompagnandoli di canti e incitamenti. A turno, uno o due alla volta, i ragazzi senza strumenti si alzano in piedi e saltano verso il centro dell’aula cominciando danze vorticose, esuberanti, quasi esplosive. I nostri membri dell’equipaggio si uniscono presto ai locali. Dopo un po’ qualcuno di loro cerca di rompere il ghiaccio ed invitare le nostre ragazze a ballare...

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26 September 2007

Recensione libro: Una ballata del mare salato (1967), di Hugo Pratt, *****


Sinossi

Novembre 1913, in tutto il mondo si sente aria di guerra a causa dell'imminente conflitto mondiale; Rasputin nel suo catamarano si dedica alla pirateria e durante un assalto fa prigionieri un ragazzo di nome Cain e una ragazza di nome Pandora, entrambi di buona famiglia, con l'intenzione di chiedere un riscatto.

Durante la navigazione incontra Corto Maltese, legato ad una zattera a causa di un ammutinamento di cui è stato vittima. Rasputin accoglie controvoglia Corto sulla sua imbarcazione e Corto ricambia collaborando con Rasputin nell'assalto ad una nave olandese che trasporta carbone, i due tuttavia vengono a lite quando Corto esprime il proprio disappunto davanti all'uccisione a sangue freddo del capitano della nave da parte di Rasputin.

L'intento dei due pirati è rivendere il carbone ai tedeschi, tuttavia per evitare complicazioni i due decidono di portare i due sequestrati fuori dalla vista dei tedeschi. Durante un fortunale il catamarano di Rasputin con a bordo Corto e i due ostaggi va a fondo e i ragazzi vengono catturati da una tribù di indigeni.

Corto e i due ragazzi rischieranno più volte la vita e vivranno diverse avventure per cercare di salvarsi. (da Wikipedia)


19 June 2007

Recensione: Nagasaki Per Scelta o Per Forza, di Fred Olivi, ****

Fred Olivi in his B29
Sinossi

Oscurata per più di cinquant'anni dalla più nota missione dell'Enola Gay su Hiroshima e dalle poche e cattive informazioni diffuse e coperte da segreto militare, la missione del B29 Superfortress "Bockscar", compiuta il 9 agosto 1945 su Nagasaki, è rimasta fino a oggi quasi sconosciuta. Scritto dal copilota del "Bockscar", Luogotenente Colonnello Fred J. Olivi, italo-americano di prima generazione, "Nagasaki per scelta o per forza" rivela i veri dettagli legati alla Missione 16, le fasi segrete dell'addestramento e i dati sull'impiego di "Fat Man", la bomba atomica al plutonio tre volte più potente di quella all'uranio sganciata su Hiroshima pochi giorni prima.


15 March 2007

Recensione: Bolivia, di Anna Maspero, ****

Sinossi
Una guida per andare alla scoperta di una terra cui la Pachamama ha regalato alcuni fra i paesaggi più spettacolari del pianeta.

Racchiusa fra le alte cime delle Ande e la natura esuberante dell'Amazzonia, la Bolivia è riuscita a conservare un'incredibile biodiversità grazie a un'enorme varietà di ecosistemi: dalle distese giallo oro dell'altopiano, al bianco accecante dei salares, alle centinaia di lagune nelle cui acque popolate da fenicotteri si riflettono le cime innevate dei vulcani, alla selva tropicale e alle savane dell'Oriente, dove i maggiori parchi del Paese custodiscono un'incredibile varietà di vita animale e vegetale.

Per gli amanti della storia non mancano preziose città coloniali e siti archeologici di primaria importanza, come quello di Tiahuanaco, centro cerimoniale e politico dì una raffinata civiltà che esercitò un enorme influenza sull'evoluzione delle culture andine e su quella inca in particolare. Ma soprattutto la Bolivia ha conservato la sua forte identità culturale e un patrimonio di tradizioni indigene fra i più ricchi e autentici dell'America del Sud, ancora non trasformato in folclore ad uso turistico. Atmosfere che si respirano soprattutto durante le feste, come quella famosissima della Virgen de Urkupiña, e nei coloratissimi mercati, di cui il più conosciuto è sicuramente quello di Tarabuco.

Un capitolo è dedicato a La Paz, una città davvero unica nella sua incredibile topografia multilivello, che si sviluppa dai quartieri indigeni sul fianco alto e scosceso della montagna, attraverso il centro coloniale fino alla ricca area residenziale sul fondo della conca al riparo dai gelidi venti dell'altopiano.

La guida intende affrontare in modo approfondito la natura, la storia, la cultura e le tradizioni della Bolivia, offrendo nella seconda parte diversi e accurati itinerari per muoversi in libertà e sicurezza nella complessa e varia geografia del paese, itinerari che possono essere modificati, collegati fra loro e personalizzati in base agli interessi di ciascuno.

Il tutto è raccontato in prima persona nello stile che caratterizza le guide Polaris, con consigli utili, box di approfondimento, un ricco corredo fotografico e un'esauriente cartografia. Scopo della guida è soprattutto offrire al viaggiatore delle chiavi di lettura per catturare l'essenza più profonda di questa terra e della sua gente.

Recensione
Senza dubbio la migliore guida sulla Bolivia disponibile in italiano, anche se per i suggerimenti di dove mangiare e dormire suggerirei forse le Lonely Planet o comunque il web. Polaris non è conosciuta per eccellere in questo aspetto più pratico del viaggio. Traspare l'approccio culturalmente impegnato dell'autrice. Unico svantaggio è che il formato e la carta pesante, per quando di pregevole fattura, risultano un po' pesanti da portare in viaggio. Comunque il libro è ben rilegato e resiste bene allo strapazzamento di un viaggio un po' avventuroso per le montagne del paese.

Potrebbero essere migliorate la cartine geografiche, anche se alcune piccole mappe sono utili per gli itinerari locali delle principali zone di visita. Infine, l'autrice è anche fotografa ed il libro è ben infarcito di fotografie a colori ed in bianco e nero che rendono molto bene l'atmosfera dei luoghi.

Si può approfondire la lettura sulla Bolivia visitando questo portale dedicato cui contribuisce l'autrice.

L'Autrice
Laureata in lingue e letterature straniere con specializzazione in letteratura anglosassone e iberoamericana, ha fatto del viaggio -la sua passione di sempre- un modo di vita. E quando non è in giro per il mondo, si rifugia nel suo buen retiro in una fattoria sulle colline sopra il lago di Como, per scrivere reportages per riviste di viaggio e programmare nuove partenze. Ha visitato innumerevoli paesi, privilegiando l’America del Sud e l’Asia. Seguendo le orme del nonno che vi emigrò cento anni fa, ha visitato il Perù e proseguendo verso sud si è innamorata della Bolivia. Mettendo a frutto la sua più che ventennale esperienza lungo i sentieri meno battuti del mondo, viaggiando sola o accompagnando gruppi, dopo aver percorso la Bolivia dall’alto delle montagne innevate fino alle distese lunari dei salares e alla selva amazzonica, propone qui gli itinerari e i luoghi che possono meglio mostrarne la grande ricchezza naturale e culturale e aiutare a catturarne l’essenza più profonda, con la speranza che questa guida possa essere per il lettore un prezioso compagno di viaggio.

Tutti i proventi derivati dai diritti d'autore della guida saranno devoluti direttamente a favore dell'Associazione Magie delle Ande per contribuire alla costruzione di un Centro per Disabili nel villaggio andino di Huaro.

Recensione: A come Avventura, di Anna Maspero, *****

Sinossi
Ventuno lettere dell’alfabeto per altrettanti racconti e riflessioni legati al viaggio. Un alfabeto che mescola vita vissuta, storie, popoli e costumi su temi diversi, offrendo spunti per nuovi percorsi reali e mentali a chi nel viaggio cerca l’esperienza di ambienti naturali e di culture differenti, ma anche un diverso punto di osservazione sul mondo.

A ciascuna lettera corrisponde un tema che offre lo spunto per i moderni viaggiatori che vogliono vivere la vera esperienza dell’andare, cercando di ricomporre quel complesso puzzle di interculture che stanno alla base della filosofia del moderno pellegrino.

Per ciascuna riflessione un frammento di viaggio, immagini, narrazioni lungo sentieri fuori dai percorsi più battuti e attraverso i più svariati “altrove”, senza cedere alla tentazione di un falso esotismo, né inseguire avventure impossibili.

Un libro di e sul viaggio, ma anche "da" viaggio perché può essere letto di un fiato o assaggiato un poco per volta, partendo dalla fine o dall'inizio, aprendolo a caso o scegliendo l'argomento che più aggrada. Un atto d'amore per il viaggio e per il mondo, pur senza nasconderne le contraddizioni, dove si fondono culture tradizionali e falsi esotismi autonomia e condizionamenti, creatività e ripetitività, riduzione dei bisogni e consumismo.

Non importa se il viaggio è lungo o breve, lontano o vicino, individuale o di gruppo, itinerante o stanziale. Ciò che conta è la motivazione che ci spinge a partire e la nostra attitudine verso le realtà che incontriamo lungo il cammino. Ritorno dopo ritorno, sentiremo di appartenere a una sorta di "società dei viaggiatori" che possiede delle mappe meno assolutistiche, ma più ampie e flessibili per orientarsi nella vita e per osservare noi stessi, l'altro e il diverso. Perché ognuno di noi è il frutto dei luoghi cui appartiene, ma anche delle strade che percorre. 

Recensione
Un libro unico nel suo genere. L'autrice è una viaggiatrice di lungo corso, spacializzata in alcuni paesi, tra cui la Bolivia, di cui ho recensito qui la guida scritta da lei, ma a suo agio a tutte le latitudini. Sempre in cerca di capire l'essenza dei paesi e soprattutto dei popoli che incontra. Anna ha viaggiato da sola, con amici e come guida di gruppi, sempre alla ricerca di percorsi fuori dai sentieri più scontati.

Si può non essere d'accordo con Anna, ma ogni capitolo di questo libro fornisce spunti di riflessione e dibattito sul come e perché oggi si viaggia. Ben scritto, problematico, aperto, critico, impegnato quel che basta per far concentrare il lettore senza stressarlo!

I lettori possono anche seguire il lavoro di Anna Maspero sul suo blog.

05 March 2007

Recensione: I Nullafacenti (2008), di Pietro Ichino, ****

Sinossi

"Perché, mentre si discute di tagli dolorosi alla spesa pubblica per risanare i conti dello Stato, nessuno propone di cominciare a tagliare l'odiosa rendita parassitaria dei nullafacenti?" Il 24 agosto 2006, dalle colonne del "Corriere della Sera", Pietro Ichino lancia una proposta che scuote il mondo politico e sindacale...

04 March 2007

Recensione: Novecento, di Alessandro Baricco, *****

Sinossi

Il libro racchiude la storia, raccontata dall'amico suonatore di tromba, sotto forma di monologo, di Danny Boodmann T. D. Lemon Novecento, pianista sul transatlantico Virginian. Abbandonato sulla nave da emigranti, viene allevato da uno dei componenti dell'orchestra. I suoi elementi naturali divengono il transatlantico, il mare e la musica. Non è mai sceso a terra e vive ed esiste solo sul Virginian dove presto diventa un pianista di successo. Anche se non ha mai visto che mare e porti, viaggia moltissimo, con la fantasia, carpendo le notizie dai passeggeri che incontra. A 32 anni decide di scendere a terra, ma all'ultimo momento ci ripensa e corre a rifugiarsi nuovamente nell'antro della nave.


Recensione

Breve libro concepito come pièce teatrale da recitare sotto forma di monologo. Io ho anche assistito ad una rappresentazione, e consiglio di farlo ma solo dopo aver letto il libro. Invece il film di Tornatore è cosa molto diversa: pur essendo un ottimo film, con azzeccatissima colonna sonora di Ennio Morricone, a mio avviso non può sostituire la lettura del libro.