02 March 2013

Recensione: "Il mio cuore è più stanco della mia voce" (2012 postumo) di Oriana Fallaci, ****

Fallaci in Vietnam
Sinossi

Prima il Vietnam, poi Città del Messico e infine la storia d’amore con Alekos Panagulis, eroe della Resistenza greca, simbolo dell’opposizione a qualunque regime liberticida. (Puoi leggere le sue poesie qui.) Dopo la pubblicazione di Un Uomo, Oriana riesce a creare un incantamento globale: vorrebbero essere come lei i tanti giovani e molte donne, per le quali la scrittrice rappresenta la realizzazione di un sogno.

In quegli anni Fallaci accetta i sempre più frequenti inviti a incontrare i suoi lettori stranieri, nelle città e nelle università del mondo. Questo libro raccoglie alcune delle sue conferenze di maggior rilievo, pagine rimaste finora inedite che rivelano il suo rapporto con la scrittura, la sua passione per la politica e per l’impegno civile, la sua “ossessione per la libertà”.

È il suo autoritratto più autentico, una sorta di manifesto in cui Oriana rivendica e difende con vigore il diritto a “stare dalla parte dell’umanità, suggerire i cambiamenti, innamorarci dei buoni cambiamenti, influenzare un futuro che sia un futuro migliore del presente” (dalla sovracoperta del libro)

Ad Oriana Fallaci  è dedicato un sito web.


Recensione

Serie di sei lezioni tenute da Fallaci presso università americane negli anni settanta e ottanta sul suo rapporto con giornalismo e politica. Parla anche della sua "ossessione con la libertà". Libertà che è "prima un dovere e poi un diritto".

Un giornalista deve anche essere libero di impegnarsi politicamente, non può essere neutrale ed attenersi solo ai fatti per Fallaci. Per raccontare i fatti e non le opinioni basta un registratore, invece lei pensa che il giornalista debba anche diventare protagonista della vita politica e non soltanto narratore. Fa l'esempio dei Woodward e Bernstein, i giornalisti che hanno scatenato lo scandalo del Watergate: freddi, neutrali. Fallaci dice che sente di congratularsi con loro, ma non di ringraziarli.

Curioso apprendere che i primi giornalisti erano italiani, i menanti che nel cinquecento giravano per l'Italia a cavallo per leggere le notizie che scrivevano a mano su pezzi di carta. Persero il lavoro quando si diffuse la stampa a caratteri mobili di Gutenberg. Altrettanto curioso per me che vivo in Belgio apprendere che il primo giornale così come lo conosciamo oggi apparve ad Anversa nel 1605, si chiamava "Nieuwe Tijdinghen".

Ma Fallaci non era solo una giornalista, ma anche una scrittrice. Lei voleva essere una scrittrice (ma usa il termine scrittore, al maschile, anche per se stessa) coinvolgente e coinvolta nei fatti che racconta. Lo scrittore deve metterci l'anima, deve poter trasmettere anche quello che magari non riesce a capire completamente (p.101). Lo scrittore fa politica per definizione, o almeno dovrebbe farla. Oppure è la politica che fa lo scrittore? Da rifletterci su!

Una delle lezioni è dedicata alle poesie dei resistenti contro le dittature. Soprattutto resistenti contro regimi fascisti. Non so perché non ha ritenuto di inserire anche poesie di resistenti contro altre dittature. Forse non ne ha trovate?

Lettura scorrevole nella fluida e dinamica prosa di Fallaci, consigliato.



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