01 January 2007

Massaggio su una lingua di sabbia senza nome alle Maldive

Queste virgole bianche nel blu del mare sono «la» spiaggia per definizione, pura e semplice, incandescente e liscia, senza distrazioni di alcuna vegetazione o costruzione. Solo qualche conchiglia qua e là, e purtroppo spesso qualche busta di plastica, o una lattina vuota, una classica scarpa vecchia. Queste lingue di sabbia hanno forma e dimensione variabile, emergono e si allargano con la bassa marea e si restringono fino a sparire completamente con l’alta marea. Insomma la spiaggia per antonomasia, la spiaggia «categorica», come l’avrà forse definita Immanuel Kant nelle sue lezioni di geografia, quando gli raccontavano dei mille atolli maldiviani. Certo che ad immaginarsi queste Maldive senza essersi mai spostato dalla costa del freddo e grigio Mar Baltico, e senza l’ausilio di fotografie, Kant deve aver fatto una bella fatica. Ma del resto lui, Kant, è stato forse la massima intelligenza filosofica della storia umana.

Quello che però probabilmente neanche lui immaginava erano le barche di turisti in costume da bagno, con le ragazze in bikini (o anche meno) che si riversano sulla sabbia ad abbrustolirsi per ore dopo essersi cosparsi i corpi di unguenti protettivi per non far la fine degli stoccafissi, il tutto sotto gli occhi di equipaggi di giovanotti maldiviani, provenienti da famiglie di tradizione mussulmana e, almeno da questo punto di vista, piuttosto conservatrice. Non di rado si vedono marinai con gli occhi sgranati, o almeno con lo sguardo sornione che nasconde l’iperproduzione testosteronica, anche se ormai molti di loro ci sono ben abituati. (Ma del resto è un problema con cui devono fare i conti anche tanti bagnini in Mediterraneo!)

Oggi in una di queste lingue di sabbia ci fermiamo per una sosta tecnica, siamo appena partiti da Malé e dobbiamo recuperare il nostro cuoco, Sangiu, da un’altra barca che oggi finisce la crociera e torna indietro. Appuntamento dunque presso questa lingua di sabbia senza nome, che però i marinai conoscono bene perché è una prima comoda tappa una volta lasciata Malé. Ci fermiamo allora anche per una nuotata ed il pranzo, che come sempre consumeremo in barca mentre ci riposiamo tra un’isola e l’altra.

Mi tuffo in acqua e mi comincio ad avvicinare alla spiaggia, una lunga striscia bianca, sinuosa ed arroventata dal sole, una pennellata nel turchese della laguna. Tra una bracciata e l’altra, alzando la testa per respirare, guardo avanti per individuare un punto dove attraversare la barriera di coralli ed avvicinarmi alla battigia. Il gruppo dell’altra barca si sta crogiolando sulla sabbia per l’ultima volta prima di prendere la via dell’aeroporto, ridono, scherzano, sono un po’ tristi che la loro vacanza sia finita. Tutti insieme tranne una ragazza, che si è separata dagli altri e prende il sole sdraiata, appartata verso la punta dell’isoletta, con la schiena ed i lunghi capelli castani distesi sulla sabbia e le braccia spalancate, guarda il cielo, il top del bikini casualmente appoggiato da una parte. Dall’acqua la noto, non posso non notarla, perché le prosperosità generose del suo corpo abbronzato si stagliano con evidenza prorompente sulla linea piatta della spiaggia, mostrando le loro eleganti sinuosità.

Arrivato a terra mi avvio verso il gruppo che chiacchiera dall’altra parte della lingua, per non disturbarla; ma poi, passeggiando così per caso, in fondo le distanze sono brevi, mi porto dalla sua parte dell’isoletta. OK lo ammetto, l’itinerario della mia passeggiata non era proprio completamente casuale. Lei mi nota e si gira su sé stessa, si sdraia a pancia in giù e rivela la schiena nuda completamente coperta di sabbia, guardandomi con la guancia appoggiata sul dorso delle mani che sono piatte per terra, con il top del bikini sempre accartocciato a qualche metro di distanza. Arriva qualcun altro. Chiaro che l’abbiamo disturbata nella sua riservata solitudine naturista, ma è simpatica, non se la prende ed anzi si chiacchiera tutti insieme allegramente. Veramente siamo più allegri noi, che siamo appena arrivati, di lei, che sta per tornare a casa. Si rammarica che la sua vacanza sia al termine.

Le propongo disinteressatamente di continuarla sulla nostra barca, tanto lo spazio c’è perché una coppia ha annullato proprio il giorno prima di partire, ed abbiamo due cuccette vuote, avrebbe una cabina tutta per lei. Mi dice che verrebbe volentieri ma che non saprebbe come contraccambiare l’ospitalità. Scherzosamente sottolineo che non c’è da preoccuparsi, qualche modo lo troviamo, magari sa fare qualche massaggio... e lei senza esitare dice che sì, fa ottimi massaggi ai piedi! Non me lo faccio ripetere due volte. Mi siedo sulla sabbia infuocata e le offro le mie estremità inferiori. Lei non si deve neanche muovere di un centimetro, sempre sdraiata a pancia in giù, allunga le mani in avanti e comincia a praticarmi un massaggio da sogno che si protrarrà per il successivo quarto d’ora...

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