23 October 2003

7° g - 23 OTT: trasferimento in auto a Gaurikund

Estenuante trasferimento in auto tra le montagne, che pur di grande effetto scenografico mettono a dura prova la nostra resistenza, meno male che abbiamo un autista veramente eccezionale. Pappu pennella i tornanti con sicurezza, è magistrale nell’accelerare quando si può, ma anche a frenare dolcemente quando necessario, senza esitazione alcuna, ma anche senza scossoni. Passiamo per lo sconfinato cantiere della controversa diga di Tehri, una enorme vallata interamente rivoltata come un pedalino, che sbarrando il Bhagirath (nome di questo braccio del Gange) fornirà elettricità a tutta la regione (e sì che n’è ben bisogno, qui si va ancora avanti con la corrente che va e viene nei momenti più impensati!) ma al prezzo di devastare una regione e obbligare allo spostamento un’intera città, Tehri appunto, e già stanno costruendo Nuova Tehri a monte. D’altra parte l’India cresce a ritmi vertiginosi, 8-9% l’anno, e l’energia elettrica, si sa, è il prezzemolo della crescita, senza di lei non c’è modello di sviluppo che tenga.

[Quasi dieci anni dopo: è il 2013 ma i problemi dell'energia in India non sono risolti, ed il paese soffre del peggior black-out mai accaduto al mondo, con quasi 700 milioni di persone senza corrente elettrica.]

Rifornimento di frutta, chapati appena sfornato, noccioline, ecc e pranzo al sacco (come sempre integrato dagli affettati nostrani!) lungo un tornante di grande suggestione, con panoramicissima vista sul fiume Alaknanda (il ramo del Gange che viene da Kedarnath). La giornata fa riposare comunque le gambe dal trek dei giorni passati, le ginocchia ci sono riconoscenti. Arriviamo in tarda serata a Gaurikund, villaggio abbarbicato sulle pendici della valle di Kedarnath. Ci sistemiamo in un alberghetto tipico da Avventure, freddino, miserello e sudiciotto, in altre situazioni avrei cercato di meglio ma qui non esistono alternative. Un paio di ragazzi, per 5 Rupie, ci portano gli zaini su per la lunga scalinata che conduce all’albergo. Fa sempre un po’ impressione farsi portare il fardello (o farsi portare proprio, per esempio nei risciò a pedali) per pochi centesimi, anche se io sostengo che sia comunque un bene perché almeno così si fanno lavorare queste persone. Ma ogni residuo scrupolo mi viene spazzato via dalla visione di una famiglia indiana, chiaramente agiata, ben vestita e grassottella, che affida un cumulo di valigie sulle spalle di un solo portatore, anziano e fragile, magrissimo, piccolino e pieno di rughe; ho contato sei valigie, accatastate una sull’altra; il vecchietto le lega tutte insieme con una corda, poi si inginocchia fino a terra, si avvolge la corda intorno alle esili spalle, con esitazione si inarca e, piano piano, si alza in piedi, barcolla, trova un precario equilibrio, e quindi si incammina lentamente verso la lunga gradinata...

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