05 October 2019

Partenza in bus per Changsha e arrivo a Chongqing

Partiamo alle 7 di mattina da casa, una rapida corsa in Didi e siamo alla stazione dei bus. Siamo costretti a prendere il bus per Changsha, da cui parte il volo per Chongqing, perché i comodissimi treni veloci sono pieni, è la settimana della festa nazionale, anniversario della fondazione della repubblica popolare, e tanti cinesi ne approfittano per andare a casa o in vacanza, non è restato che qualche posto in bus, e dobbiamo considerardi fortunati, Lifang ha controllato tre giorni fa, quando li abbiamo comprati, e dopo un'ora anche il bus era tutto esaurito!

Stazione nuova di zecca, pulita. Passiamo come di regola i bagagli ad una macchina di raggi X e, come sempre capita, sentiamo un sacco di BEEEEEEP, come quelli prima di noi e come quelli dopo di noi, ma l'impiegato in uniforme addetto al controllo non batte ciglio e fa passare tutti senza controllare nessun bagaglio.

Un passeggero in attesa si mette a fumare nel bel mezzo della sala proprio vicino al cartello che dice che è vietato. Arriva una bigliettaia e lo fa smettere ma altri se ne fregano e contunuano a fumare. A quel punto anche l'impiegata si arrende e nell'ampio salone a comincia a spandersi una lieve cortina fumogena.

Fila per salire sul bus, un vecchietto passa davanti a tutti i passeggeri in attesa di salire e prendere posto sul vecchio bus scalcagnato, Lifang lo ferma e gli intima di aspettare il suo turno ma lui insiste che deve salire perché ha fretta di partire! ... 😁

Anche qui un paio di persone fumano, compreso l'autista, però smettono quando partiamo. Dopo un'ora tra risaie e villaggi il bus scalcagnato ci deposita ad un grande incrocio e l'autista ci rassicura: in mezz'ora arriverà bus per changsha... Speriamo!

Viaggio verso changsha ma hanno annullato corsa diretta, solo 4 passeggeri. Quindi ci tocca andare a Liufengzhen e cambiare. Apettiamo una buona mezz'ora l'arrvo della coincidenza, non c'è niente e nessuno, stiamo al sole, seduti sulle valigie.
Lottare per la felicità del popolo e il risveglio della nazione

Combattere le tenebre per la stabilità



Grande poster davanti a noi: lottare per la felicità del popolo e il risveglio della nazione.

Secondo poster è biblico: "Combattere le tenebre per la stabilità".

La campagna dell'Hunan è tappezzata di piccoli appezzamenti, orti familiari. Nessuna economia di scala pare. Mezzi rudimentali, pochi investimenti in macchine ed infrastrutture.

Casette a due piani ovunque fino ad arrivo a Changsha.

Oggi fa un caldo torrido, i colori cielo e della terra sono sbiaditi.

La strada è buona e il traffico di media intensità fila liscio, l'autista del nostro bus è bravo.

Arriviamo all'aeroporto di Changsha e ci dirigiamo verso il terminal dei voli interni. A parte noto quello per "voli internazionali + Hong Kong + Taiwan + Macau" le parti della Cina che godono di uno status diverso e per andare ai quali occorre passare una vera e propria frontiera, controllo passaporti ecc.

Il volo Chongqing Airlines, parte del gruppo China Southern, niente di speciale. Arrivo a Chongqing in serata, bell'aeroporto, migliaia di taxi ad aspettare. Ne prendiamo uno ma non è molto gentile. Non lo sono mai, non aiutano con le valige, parlano poco, spesso fumano.

A Chongqing aeroporto grande e ordinato, pulito. Centinaia di taxi che aspettano clienti, partiamo e arriviamo a casa, in centro della megalopoli, in poco più di mezz'ora, traffico abbastanza intenso ma scorrevole. Lifang paga con WeChat (Of course, no cash we are Chinese) e siamo a casa.

Sistemati i bagagli scendiamo a cena. Vivremo per un mese in un quartiere abbastanza moderno, con molti negozi e ristoranti. Tra questi innumerevoli hot pot, la specialità del Sichuan di cui Chongqing fa culturalmente parte.

Grande padellone al centro del tavolo con brodo piccante o no, spesso entrambi in vaschette separate, in cui i commensali mettono pezzi di carne, pesce e verdure per cuocerli a loro piacimento.



04 October 2019

Grappa con mio suocero a Guiyang

Il rapporto con i miei suoceri non è facile, il che non costituisce in sé una grossa sorpresa. La difficoltà, anzi l'impossibilità, di comunicare se non tramite l'interpretazione di Lifang, è il problema minore. Forse magari rende le cose meno difficile e complicate. Loro non possono lamentarsi direttamente con me di nulla, io non posso dire mai una parola sbagliata al momento sbagliato, come probabilmente farei, come fanno tutti i generi, se potessimo parlarci. 

Ma il mio cinese è troppo limitato e poi studio il mandarino, mentre loro parlano rigorosamente in dialetto hunanese. Il mandarino lo capiscono, e mio suocero lo parla pure, ma mia suocera nulla. Ho imparato a dire qualche parola in dialetto, così tanto per fare, tipo quanto mi piace questo piatto cucinato da te, o come fa caldo oggi.

Il problema è che, anche se mi hanno accettato in famiglia dal 2015, quando Lifang mi ha presentato a loro, in realtà sono sempre un po' un corpo estraneo, soprattutto agli occhi dei parenti, cugini, zii, e poi degli altri clan del villaggio (il cognome Yan è condiviso da tutto il villaggio di Yan Jia, che vuol dire "la casa degli Yan", in pratica un grande clan anche se non sono tutti imparentati tra di loro a rigor di termine) la cui opinione conta più qualunque regolamento promulgato dal partito. Un po’ perché straniero, un po’ per la differenza di età.

Anche questo non mi dovrebbe sorprendere, era la stessa cosa con la mia famiglia quando avevamo contatti più frequenti con i parenti del sud dell'Italia. La decisione di fare qualcosa dipendeva da considerazioni come "ma che figura ci facciamo", oppure " ma che diranno i parenti?", o ancora "che penserà la gente?"

Però per me di tempo ne è passato, ed ora, come si dice a Roma, non me ne potrebbe fregare di meno di quello che pensano o dicono i parenti ed i vicini delle mie scelte di vita. Del resto i parenti ed i vicini neanche sanno molto di quelle scelte, quindi non hanno modo di farsi un'opinione di qualunque genere.

Ma nel villaggio tutti sanno ancora tutto di tutti gli altri. E anche di quelli che non ci sono ma che sono in qualche modo imparentati. Quindi un italiano "maturo" che sposa la stella ascendente del villaggio (mia moglie Lifang) fa scalpore. E quindi io ne devo restar fuori: non andare al villaggio ed avere contatti solo con alcuni sceltissimi parenti, quelli che comunque storceranno il naso ma forse meno di altri. 

Invece va molto meglio, almeno mi pare, con i vicini di casa di Guiyang, gente più moderna, ricca, forse anche un pochino più istruita. Non che siano particolarmente aperti o cosmopoliti. Nessuno di loro ha mai viaggiato fuori del paese, la maggior parte non ha mai lasciato l'Hunan, non parlano una parola di lingue straniere e fanno di tutto per tenere i figli vicino casa per gli studi e anche quando si sposano.

Però hanno un'idea che c'è un altro mondo, da qualche parte, là fuori. Intanto hanno la televisione e i giovani sono su internet dalla mattina alla sera. Veramente la televisione e internet ce l'hanno anche al villaggio di Yan Jia adesso, ma forse li usano meno, non sono sicuro.

Fatto sta che con i vicini di casa di Guiyang andiamo d'accordissimo, parliamo in mandarino (sempre con traduzione oppure con mie frasi molto semplici), scherziamo, ci scambiamo regali e ci portiamo cibo a vicenda attraversando il piccolo pianerottolo. 

L'altro giorno ho cucinato i bucatini alla carbonara e ho suonato al campanello, ha risposto Aiyi e gliene ho offerto un piatto fumanti, davanti all'ascensore, raccomandandole di mangiarli caldi! Era visibilmente contenta, non so se più per la novità gastronomica o la sorpresa.

Chissà forse un giorno passerà tutto. Forse andrò a Yan Jia. Forse quando avremo dei figli, se li avremo. O forse quando saremo tutti troppo vecchi e nessuno ci farà caso. Spero presto potrò vedere i luoghi dove è nata e cresciuta mia moglie. Potrò vedere la grande porta del villaggio con l'architrave su cui sono dipinti i ritratti di Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao. Ho il sentore che non saranno lì per sempre. Forse ci dipingeranno sopra quello di Xi.

Comunque mio suocero è molto simpatico, soprattutto quando condividiamo una bottiglia di grappa italiana portata qui da amici in visita dal Trentino. Anche mia suocera è (quasi sempre) simpatica, mi piacerebbe sapere quanto sono simpatico io a lei.

01 October 2019

Festa nazionale, 70 anni dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese

La prima cosa che mi ha colpito della grande parata militare organizzata a Pechino, dicono che sia la più imponente della storia della Cinam, non sono stati i missili e i carri armati. È stata una fotografia, anzi una gigantografia posta nel bel mezzo della piazza perché tutti la potessero vedere bene, di persona o alla televisione. Il ritratto a mezzo busto era quello di Sun Yatsen. Sun, il rivoluzionario che depose l'ultimo imperatore e fondò la Repubblica di Cina. Non la Repubblica popolare il cui anniversario si festeggia oggi, fondata da Mao il 1 ottobre 1949, ma la prima repubblica della nazione cinese, fondata nel 1912.

Ovviamente queste cose non sono mai casuali. Sapevo che il PCC aveva sempre rispettato Sun come un padre della patria, come del resto fa Taiwan, ma a Pechino dopo il 1949 lo scranno più alto, l'altare più sacro, sono sempre stati riservati a Mao. 

La mia interpretazione è che con Xi Jinping la Cina stia recuperando un'identità nazionale, di cui Sun è la massima espressione storica contemporanea per tutti i cinesi, anche quelli di Taiwan, che potrebbe prendere il sopravvento sull'identità socialista rappresentata da Mao. Oppure potrebbe essere un tentativo di cooptare il carisma di Sun nell'albero genealogico della Repubblica Popolare.

Il presidente Xi Jinping sta in piedi al centro della tribuna sovrastante la grande piazza Tiananmen (Porta della Pace Celeste), e indossa un vestito sullo stile Sun Yatsen. Invece tutti gli altri alti dirigenti, membri del Comitato Permanente del politburo, indossano un completo nero all'occidentale. Non è un caso neanche questo. Xi si presenta come l'erede di Sun.

Jiang Zemin siede pallido su una carrozzella, e Hu Jintao, capigliatura imbiancata da quando non è più presidente, stanno ai fianchi di Xi, ben distanziati.

A un certo punto Xi si allontana, scende dalla tribuna e prende posto, in piedi, in un'auto aperta, e inizia un lungo giro per passare in rivista missili, cannoni e truppe di esercito, marina e aeronautica.

Ci sono centinaia di migliaia di persone tra militari in parata e civili del pubblico. Non mi sorprenderebbe se si superasse il milione. Carri enormi, ciascuno di ogni provincia della Cina, scorrono festosi in fila indiana. L'occasione è solenne ma i carri assomigliano più a quelli di una festa di carnevale, come ne ho visti a Viareggio, a Nizza, in Belgio. Lo scrivo con rispetto, so che lo spirito è diverso. E poi i carri non sono mascherati, non in modo plateale almeno, anche se molto colorati.

Ogni carro porta una ventina di persone, tranne quello di Hong Kong, su cui salutano sì e no una mezza dozzina di ragazzi.

Scorrono anche carri festosi con grandi immagini di Mao, di Deng Xiaoping e poi di Xi Jinping, sempre un po’ in disparte.

Volano aerei militari in flyby, elicotteri con enormi bandiere appese sotto di loro, tenute dritte da grosse zavorre.

Arei da caccia, da trasporto, da avvistamento (early warning) anche aviocisterne da rifornimento in volo. E poi drones, ma questi ultimi sono mostrati a terra, montati su grandi camion, non in volo.

Passano infine enormi missili intercontinentali, alcuni dei quali mostrati per la prima volta in pubblico.

I soldati marciano al passo dell'oca, hanno un'espressione seria e determinata, alcuni direi minacciosa. Sembrano urlare a squarciagola, forse inni militari o slogan, ma alla televisione non possiamo sentire cosa dicono. Anche migliaia di soldatesse, vestite con giacche rosse e gonne bianche, che però hanno un aspetto più gentile, pur accollandosi pesanti armi automatiche come i colleghi uomini.

Tutta la manifestazione è incentrata sul leader, forse nasce un nuovo culto della personalità? Xi non è ancora un nuovo Mao, ma forse fra qualche tempo... La foto del grande timoniere è ancora lì, sul muro della città proibita, nessuno osa metterlo in discussione anche se oggi la Cina fa quasi tutto il contrario di quello che Mao predicava e faceva.

Ieri Xi è stato il primo presidente a visitare il mausoleo di Mao, dall'altra parte della piazza, non lo aveva mai fatto nessun altro leader il giorno prima della festa nazionale. Queste cose non succedono per caso.

30 September 2019

Preparazione dell'anniversario di domani

Piazza Ouyanghai, accanto al Parco della Giada di Guiyang. Carino il parco dietro casa, e stasera molto frequentato.

Però, a differenza degli altri giorni, oggi non è consentito ballare o vendere alcunché, perché domani è il 70° anniversario della fondazione della repubblica popolare cinese e non sarebbe rispettoso. Non sono sicuro di capire ma va bene così, atmosfera allegra. Temperatura piacevole, settembre si conferma essere il mese migliore per visitare Guiyang, non troppo caldo come agosto e non troppo freddo come l'inverno continentale.

Non si balla ma si canta, e un signore di mezza età ha sistemato un grande altoparlante con video su cui fa girare video di karaoke. Tanti ragazzi pagano per fargli suonare qualcosa e cantare. Il karaoke è di origine giapponese ma è diventato estremamente popolare in Cina.

Altri ragazzi, adolescenti più impegnati, ripassano parole, musica e danze per i festeggiamenti di domani. Gruppi di una ventina di giovani con una capobanda che scandisce parole e movimenti, mentre tutti sventolano bandierine rosse con stelline dorate. Domani sarà una commemorazione solenne.

In realtà qualcuno che vende c'è: piccoli gruppi di ragazzi e soprattutto ragazze con maglietta rossa vendono bandierine nazionali rosse con le cinque stelle e dicono che il ricavato va ricavato alle case per anziani.