31 October 1991

2° g - 31 OTT: incontri con un italiano di Tirana e all’università

Dopo una misera colazione usciamo a piedi per le strade di Tirana, non c’è più la Mercedes blu. In questi giorni andremo a tutti gli appuntamenti sempre a piedi, per fortuna che Tirana non è molto grande, almeno il centro dove sono i luoghi dei nostri incontri, non c’è nessuno per strada ed il tempo è bello. Arriviamo subito piazza Skanderbeg, intitolata al glorioso personaggio della resistenza nazionale, che è totalmente deserta, solo alcuni mezzi pubblici abbandonati, senza carburante o con semiassi rotti, finestrini sfasciati. Fino a pochi mesi fa le auto private erano vietate, ora sono permesse ma ovviamente nessuno se le può permettere al momento. In compenso in questi giorni abbiamo incontrato, in piena città, qualche pastore con le sue pecore. Non ci sono semafori.

L’immensa statua di Enver Hoxha è stata già rimossa da qualche tempo, resta solo una grande piattaforma vuota. Il culto della personalità è finito per sempre.

Nelle strade circostanti i negozi sono vuoti, solo un triste pallone, etichettato “topa”, che vuol dire appunto pallone in albanese, aspetta un compratore in una vetrina.

In compenso comincia a lavorare qualche ristorantino privato, con prezzi ovviamente inaccessibili alla stragrande maggioranza degli albanesi e quindi frequentato soprattutto dagli stranieri, che ora cominciano ad aumentare di numero. Non si sono ovviamente ancora turisti, ma diplomatici, funzionari internazionali, militari (soprattutto italiani) e qualche studioso come noi. Non moltissimi ma rispetto al quasi zero assoluti di prima il cambiamento è epocale.

Incontro con un italiano residente a Tirana che preferisce restare anonimo

Gli aiuti italiani non potranno essere una tantum, non si può pensare che finiranno presto. I problemi albanesi possono portare a scompensi internazionali, ma non a minacce militari alla pace. Pericoli sociali però sí. Oltre ai 25.000 immigrati in Italia, ce ne sono più di 100.000 in Grecia (alcune stime dicono fino a 250.000, ma molti sono piccoli commercianti, o contrabbandieri, pendolari). Mentre l'emigrazione in Italia è stata fermata, quella in Grecia continua. La Grecia è più in difficoltà perché non può fare altrettanto; non può dividere gli immigrati clandestini in gruppetti, sono meno controllabili. I militari disertori non saranno puniti, accordo verificato dall'Italia.

Il primo esodo del Marzo 1991 è stato interpretato come politicamente motivato, ed è stato un errore, non c'erano già più persecuzioni. Era già cominciato il passaggio al post-comunismo, che è stato rapido e non traumatico. Il riconoscimento dello stato di rifugiati politici ad alcuni albanesi persino a Maggio 1991, due mesi dopo le elezioni libere, (con 700.000 lire al mese garantite) ha incoraggiato l'esodo di agosto.

Oggi c'è una sfiducia generalizzata nel futuro, non vogliono più aspettare per vedere i miglioramenti. Il governo di Tirana lo sa e usa lo spettro di ulteriori esodi come arma di non tanto sottile ricatto nel chiedere aiuti all'estero.

Incontro con il Preside della Facoltà di Economia dell'Università di Tirana, Edmond Luçi.

Ci accoglie nel suo studio, appena decoroso, in un edificio universitario che cade letteralmente a pezzi. Parla un po' d'italiano ed d'inglese.

Ci sono 3 università a Tirana: questa, il Politecnico e quella di agraria. La loro ha 2000 studenti a tempo pieno e 1000 "corrispondenti", cioè che lavorano. Si studia soprattutto l'italiano ma anche inglese, francese e russo. La maggior parte dei testi è venuta dall'URSS, anche dopo la rottura del 1961. Adesso sono letteralmente con una tabula rasa davanti, e senza risorse per comprare testi e materiali. I professori devono fare i turni per studiare sui pochi libri di testo disponibili, per gli studenti solo appunti, niente libri o dispense. Prima ogni professore poteva solo leggere i programmi di lezioni approvati, ora no, ciascuno può fare come crede e decidere i propri programmi.

Adesso c'è un periodo transitorio di preparazione al mercato, per cui la priorità è nella riqualificazione e nell'insegnamento, non nella ricerca. Stanno consultando i programmi di svariate università italiane per emularli.

Spiacevole l'isolamento passato, vogliono recuperare il tempo perduto, incominciando con l'instaurazione di rapporti con istituti e centri esteri. Le loro opere scientifiche finora sono state pubblicate solo in albanese. Il vice primo ministro Pashko è un ex-docente della loro facoltà, altri accademici sono stati coinvolti nelle riforme.

Gli espongo una mia proposta di istituzione di un istituto albanese per le relazioni internazionali è più che benvenuta. Esiste oggi solo un cosiddetto centro di relazioni internazionali presso il Ministero degli Esteri, ma sono diplomatici, non ricercatori.

In Albania già stanno mettendo su un centro albanese per la demografia con US $ 600.000 che hanno ricevuto dall'UNICEF. Sarebbero disposti ad ospitarlo presso l'Università, anche, come da nostro suggerimento, come centro interfacoltà, soprattutto con Legge e Scienze Politiche, anche se quest'ultima si sta dividendo e non si capisce bene cosa farà in futuro.

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