30 October 1991

1° g - 30 OTT: partenza da Roma per Tirana

Oggi parto per l’Albania con due colleghi L’idea della visita è nata nel marzo scorso quando ho incontrato a Roma il Prof. Sopot Cama, responsabile della cattedra di economia politica della facoltà di economia dell'Università di Tirana. Dopo decenni di isolamento l’Albania sti stava cominciando ad aprire, e Cama era stato tra i primi ad avere il permesso ed i fondi per venire a fare ricerca ed incontrare colleghi in Italia. Il regime comunista è caduto da pochi mesi, due anni dopo le rivoluzioni del 1989, e ora c'è un governo provvisorio in attesa di elezioni libere. Sarà una piccola avventura, un paese che è praticamente un buco nero politico e culturale proprio dietro l'angolo di casa...

Volo Tarom per Bucarest che fa tappa a Tirana, uno dei pochi collegamenti con l’Albania. Arrivo sconcertante all’aeroporto di Tirana, la pista è lastronata, piena di buche. Ci sono animali che pascolano accanto alla pista, e poco lontano si vedono aerei da guerra di fabbricazione russa, forse Mig-17, arrugginiti e sconsolati, probabilmente non volano da anni...

Scendiamo dall’aereo direttamente sulla pista e ci avviamo a piedi verso il terminal, un paio di stanzette desolanti, rapidi controlli e siamo fuori. Ci viene ad accogliere Sopot Cama con una bellissima Mercedes blu anni 60 di proprietà dell’università, una delle pochissime auto che vedremo in questa visita. Infatti finora era vietato possedere auto private, e comunque nessuno se le sarebbe potute permettere.

La strada per la città è deserta, attraversiamo campagne abbandonate e punteggiate di bunker di cemento costruiti dal regime di Hoxha per farci nascondere tutta la popolazione albanese! Pare siano oltre 600.000, e per renderli ancora più invulnerabili mi racconta Sopot che fu importato cemento di prima qualità dalla Svezia! Una delle pochissime importazioni dell’Albania in decenni di isolamento.

A Tirana ci sono tre alberghi: il Daiti, ospitato in un vecchio edificio coloniale italiano, il Tirana e lo Shqiperia, il più economico e sfigato, dove naturalmente hanno prenotato le nostre stanze. Che sono freddine e sporche, le lenzuola sono bucate, il tutto sa di stantìo e ammuffito.

Restiamo in hotel anche per la cena, un pezzo di carne fredda e una zuppa. Triste. Ad un certo punto si sentono spari per le strade buie. In effetti avevo letto nei giorni scorsi che, approfittanto dell’anarchia politica del momento, molti approfittavano per regolare conti e faide sospese da tempo... In hotel ci dicono di non preoccuparci, ci sarà una festa da qualche parte. Mah!

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