09 October 2016

Il tempio ed il serpente

Mattinata al tempio taoista di Sik Sik Yuen Wong. Ci sono molti turisti anche se la maggior parte dei presenti sono fedeli. Si vede da come pregano, si inginocchiano fanno offerte, NON fanno fotografie come me, e sono molto seri. Si inginocchiano e agitano un cilindro pieno di bastoncini fino a che uno cade per terra, è il modo per parlare con gli dei. Stesso con sue mezze lune di legno, a secondo di come cadono il messaggio cambia. Da approfondire.

Offrono montagne di bastoncini di incenso, fanno appena in tempo a piantarli nei grandi calderoni di bronzo e dopo pochi minuti che bruciano, a volte neanche un minuto, l'inserviente deve toglierli per far posto ad altri, immerge le punte accese in un bidone di acqua e li butta via in un enorme cesto dell'immondizia. Che peccato, uno spreco.

Si era fatta l’ora di pranzo e, nonostante l’abbondante colazione in albergo aveva una certa famuccia, ma solo per un assaggino di qualcosa di speciale, non avevo voglia di un pasto completo, anche perché faceva caldo.

Mi viene in mente che Jane, una conoscente americana che viveva a Hong Kong da anni, mi aveva segnalato un negozietto che vendeva zuppa di serpente. Rapido controllo su Google Maps (a Hong Kong, a differenza della Cina continentale, Google non era censurata) e vidi che si trovava abbastanza vicino a dove mi trovato, potevo andarci a piedi in una mezz’oretta. Faceva molto caldo per una passeggiata ma mi misi in cammino.

Quando arrivai sul posto, la cui posizione non indico qui con precisione per il motivo che spiegherò di seguito, feci fatica a trovare il “buco nel muro” the hole in the wall, come a Hong Kong chiamano le migliaia di micro ristorantini mono-micro-locale che appaiono sulle strade più battute. Questo, anzi, era sui 15 metri quadrati, un buco nel muro abbastanza grande! Non c’era insegna, non c’era menù in vista per strada, nessuno a tirar dentro i clienti. Capii che stavo nel posto giusto quando vidi alcune gabbie con dentro serpenti vivi!

zuppa di serpente

Mi sedetti ad un tavolino e arrivò subito la proprietaria/cameriera che mi chiese perentoriamente: “Grande o piccola” Chiesi lumi con sguardo perplesso e mi informò che l’unico piatto disponibile in questo locale era la zuppa di serpente, che si poteva ordinare piccola o grande. Decisi per la grande, in fondo oggi sarà piatto unico! Il sapore era simile al pollo, ma un po’ più dolciastro. Non credo che cercherò di mangiarla tutti i giorni, ma era stata una bella scoperta e ogni tanto certamente l’avrei riprovata con piacere.

Esco sazio ma non appesantito dalla mia zuppa, e mi avviai verso Mong Kok per visitare il wet market, il mercato “bagnato”, termine che indicava un mercato dove pesci e altri animali del mare sono esposti in vasche ossigenate e venduti vivi.  

Fui accolto dalla simpatia dai tanti pescivendoli, incuriositi di vedere uno straniero e infatti, stranamente, non c’erano turisti, pur essendo il mercato un’ottima occasione di incontro con la realtà locale ed anche una miniera di soggetti per fotografia. Passai un po’ di tempo spostandomi da un bancone all’altro cercando di inquadrare persone e pesci, tanti colori, tanti sorrisi.

Uscii dopo un’oretta e, sarà l’aver visto tutte quelle leccornie davanti a me, sarà per la zuppa di serpente che pur essendo la porzione grande avevo già digerito da un pezzo, avevo di nuovo una discreta famuccia, e mi avviai verso alcune bancarelle dello stesso mercato di Mong Kok, al piano terra, su strada, che vendevano cibo cotto e pronto da mangiare.

La prima bancarella in cui mi imbattei vendeva fegatelli di anatra e intestino di maiale, il macellaio fu cortese e mi fece fotografare ma chissà perché non volle vendermi la sua mercanzia. Forse aveva paura che uno straniero non avrebbe retto all’impatto. Mi disse di andare al bancone del concorrente che stava proprio accanto al suo.

Obbedisco ma il macellaio del secondo bancone non parla inglese e non capisce che voglio comprare. Un ragazzo che lavora in un altro bancone accanto si avvicinò, tradusse e finalmente potei comprare una porzione mista di petto d’anatra e intestino di maiale. Trenta dollari di Hong Kong (3 euro circa) e il pranzo era assicurato. Mi servirono tutto in una scatolina di polistirolo con due bastoncini ed ero pronto.

Non c’erano sedie, anche perché stavo in un mercato dove la gente comprava e andava via, non era previsto mangiare in loco. Così mi accovacciai su un grande mattone di cemento vicino al marciapiede ed attaccai l’anatra. Avevo deciso che l’intestino di maiale sarebbe stato il mio dessert. Accanto a me pranzavano, sedute per terra sotto uno scalone che portava ai piani superiori del mercato, una dozzina di ragazze con la testa velata che mi dissero essere cameriere e domestiche presso famiglie locali. Venivano dalla Malesia.

Il giovane macellaio che aveva tradotto per me mi si avvicinò proprio mentre stavo cominciando ad aggredire l’intestino di maiale caldo. Mi chiese da dove venivo. Quando gli dissi che ero nato a Roma iniziò subito a parlare di calcio, era naturalmente un ammiratore di Totti. Mi disse anche che era un tifoso della nazionale di calcio italiana ed iniziò senza indugio a cantare l’inno di Mameli in discreto italiano! Non potevo credere alle mie orecchie, mi disse che l’aveva imparato a memoria dopo averlo sentito tante volte in occasione delle partite e aveva trovato le parole online. A questo punto si allontanò e tornò dopo un minuto con una Coca Cola ghiacciata per la quale rifiutò categoricamente denaro.


il tifoso della Roma

Quando ho finito di mangiare parliamo un po’ di calcio ma lui ne sapeva troppo più di me per una conversazione intelligente e allora gli chiesi del suo lavoro. Mi disse che la sua specialità era comprare “carne” a bassissimo prezzo in Europa, articoli come questi intestini di maiale olandesi che gli europei non consumavano, e cucinarli per i clienti locali che invece apprezzavano molto. Non si capacitava di come gli europei non mangiassero queste leccornie, e da quel giorno non me ne capacito più neanche io.

Intestino di maiale


08 October 2016

Cucina cantonese e sigaro cubano a Hong Kong

Oggi mi sono iscritto ad un corso di cucina cantonese da Martha Sherpa, una scuola che ho trovato online e che riceve sempre ottime recensioni. Sono molto curioso.

La scuola si trova in un appartamento in uno dei tanti enormi palazzoni che caratterizzano Hong Kong, qui siamo nella zona di North Point, sul lato settentrionale dell'isola principale.

Martha mi ha mandato le indicazioni per arrivare da lei per email, messaggi quasi furtivi, non ci sono indicazioni visibili dall'esterno per arrivar    e da lei. Come se si volesse nascondere, o comunque tenere un bassissimo profilo. Strano per una scuola che dovrebbe alimentarsi di pubblicità per trovare sempre nuovi clienti. Quando arrivo (con dieci minuti di anticipo sull'orario, aveva specificato a caratteri rossi e nerettati nella sua email di conferma di NON ARRIVARE IN ANTICIPO!) mi accoglie il marito, che poi però sparisce e non si rivedrà più.

La scuola offre lezioni molto diversificate, che spaziano dai dolci all'agrodolce cantonese, allo speziato. Oggi lezione sul wok, la padella onnipresente nelle cucine cinesi. Cucineremo un po’ di pollo, in po’ di pesce e qualche verdura. Non posso scrivere le ricette perché Martha ci ha fatto promettere di non pubblicarle online o su carta stampata.

Ce le ha date stampate su un foglio pezzo di carta, dicendo di conservarle con cura perché non ce ne avrebbe mai data una seconda copia in nessun caso e per nessun motivo. Ci ha intimato a voce e per iscritto di evitare di scriverle o chiamarla per avere una copia digitale delle sue ricette!

Il corso di oggi verte sulla cucina nel wok che è poi l'unica pentola che si trova in una cucina cinese tradizionale.come del resto si trova un solo coltello. Una specie di mannaia ma molto affilata con la quale un bravo cuoco cinese riesce sia a pulire uno spicchio d'aglio, o affettare un piccolo peperoncino piccante, sia a disossare un pollo di 2 kg.

Durante tutto il tempo Martha ci fa seguire principi estremi di legge e igiene e pulizia sia per gli strumenti che usiamo sia per le nostre mani. Per esempio ogni volta che tocchiamo il cellulare durante una pausa dobbiamo immediatamente lavarci le mani: quand'è l'ultima volta che avete lavato il cellulare? Ci chiede retoricamente la maestra di cucina.

Marco e Martha

Siamo in tre alunni: io e due cameriere filippine che lavorano presso famiglie di Hong Kong. È pratica comune mandare il personale a scuola di cucina. Anche a Singapore capita spesso di sentirlo, non costa molto e se lo possono permettere in tanti. Un buon modo per il datore di lavoro di assicurarsi una tavola variata!

In Italia sarebbe una cosa da ricchissimi. Adesso. Una volta no, a casa i miei avevano una cuoca fissa e così tanti nostri amici. Ma era diventata una persona di famiglia, è stata con noi tutta la vita, non era una semplice impiegata che viene per qualche anno come le filippine qui. E poi erano tempi diversi, parliamo di vari decenni fa. E naturalmente erano situazioni diverse, l'Italia del dopoguerra e Hong Kong nell'era digitale. Insomma difficile fare paragoni. 

Martha ci fa lavorare sodo per tutto il giorno, con una pausa durante la quale mangiamo quello che abbiamo cucinato. Alla fine le mie due compagne di classe si portano via tutto quello che abbiamo cucinato, le ho regalato anche le mie porzioni, non sarebbe stato facile portarsele in giro per il resto del pomeriggio e comunque avrebbero fatto più comodo a loro che a me.

Finita la lezione di cucina mi avvio verso la filiale locale di Uniqlo. Mi serve un paio di jeans, e la marca giapponese è sempre interessante, economica, comoda e classica nelle linee, almeno per i jeans. Ha un successo enorme in tutta la Cina, compresa Hong Kong.

Mentre passeggio verso il negozio Uniqlo più vicino, dove voglio comprare un paio di jeans, Googlemaps mi instrada sotto una strada sopraelevata nel quartiere di North Point. C'è un fitto assembramento, e avvicinandomi capisco che sono tutte ragazze filippine, come le mie compagne di classe di oggi: donne di servizio, cuoche, bambinaie che vengono qui a frotte a lavorare. 

Poi quando hanno tempo libero si vedono nei soli posti dove possono passare il tempo gratuitamente, all'aperto: sotto i ponti. Anche perché oggi c'è stato un "typhoon warning", un'allerta uragano, che quando arriva, qui ad Hong Kong come a Taiwan e in tutta la costa meridionale della Cina, può essere veramente devastante.

La mia giornata finisce al Humidor @L’étage, un cigar lounge un po’ Nascosto che ho trovato cercando su Internet. Al piano alto di un anonimo edificio si apre un appartamento con poltrone comodissime e aria condizionata per aspirare il fumo. Humidor con sigari da tutto il mondo, accessori in vendita e naturalmente vino, birre e whisky per accompagnare i profumati bastoncini.

Scelgo un Trinidad cubano ed una birra giapponese. La ventilazione è perfetta, tutto il fumo che produce il mio sigaro sale su su e sparisce nei bocchettoni del condizionatore, l'aria nella sala resta fresca e pulita. Sono da solo e soltanto il rumore del condizionatore mi dà un leggero fastidio nella quiete totale, ma non si può avere tutto!



07 October 2016

Trekking in the New Territories of Hong Kong

Meeting Stanley at my hotel in Mong Kok. He is a late-twenty-someting Hongkonger who freelances as a tourist guide.

We hop on the ever trustworthy MTR and are whisked to a station in the New Territories called Tai Po Market. From there it's a short taxi ride to the start of the trek. We walk through thick forests, and come within sight of the mainland: Shenzhen in just across the narrow bay.

At our destination we meet with David, a local local Hakka guide. He speaks German as he lived and worked in Germany for 20 years came back to revive village. With not a little pride he shows us around the Hakka village. Simple dwellings, a school, a temple. Hi brother cooks a delicious lunch for us: duck, pork and tuna. I am not sure which I liked the most, I ate too much of all of three. Yet I don' feel guilty, we are going to walk a lot today, some 20km all in all perhaps, so I need the calories.

The village is "protected" by a Feng Shui wall, which serves the dual purpose of keeping the evil spirits out and good fortune in (good fortune gets into the village through the gate, which somehow the evil spirits can't muster). The gate is impressive, very pretty and solid. Next to the door, on two golden panels, one can read the names of the people who live in the village, a kind of census. Next to each name a number: the amount of money each donated toward the restoration of the village.

It is called the Lai Chiwo (lychee) Village because in the early days people found the fruits in the surrounding area.

On the main square I am impressed by an austere building, the old school, now shut.

The temple is, as always, a deep experience. David insists, and I oblige, that I don't take pictures directly to the face of the deities who are watching us from the top of the altars.

Villagers mostly live off sustainable agriculture. They grow many different vegetables, notably rice and sunflower.

Toward the end of the tour we meet two ladies working in the fields, they speak good English, too good to be farmers of an isolated village. After talking to them I discover they are actually academics, have MAs and PhDs but do this farm work for free when they have time to keep their old village alive.

It's almost sunset, we are going back. Stanley takes me to another route, so I have a chance to see a different area. Lush valleys and rolling hills, I would never have expected Hong Kong to have this hidden face to show a curious traveler who digs deeper than shopping and dim sum. At one point Stanely tells me we are almost home, ie to the bus terminus: then I see a sign that says we have 5km to go! Distances are relative. It's a bit exhausting for me but I enjoy it. Stan walks ahead of me but never forgets to look back and check on me. there are no other trekkers around. I enjoy the solitude of the moment though I can also anticipate with enthsiasm the moment I will lower myself into a hot bath back at the hotel.

06 October 2016

Hong Kong traffic and storm

Today easy walking around and shopping in Central. My old Samsung wants to retire so I am obliged to go find a younger replacement. Hong Kong, contrary to popular belief, is not a shopping heaven for electronics. It is easy to be cheated and prices are not necessarily better than at a duty-free shop elsewhere. But sometimes it is possible to find a good promotion or two. 

Which I did, by chance after an amazing melt-in-your-mouth sushi lunch in a shopping mall I can't even remember. So, mission accomplished, I too to explore some more, without any particular destination in mind.

As I waited under the scorching sun for the green light to cross a street by some zebra stripes together with a lot of other quiet and well-behaved people, I saw tall blond man with a clear American accent walk across the street while the light was still red. Traffic was not too bad but still, cars were zipping by as they had a green light. A policeman stopped him and started charging him, pointing to the red light, which was still red! He mumbled something and tried to walk away from the officer but the stodgy uniformed agent followed him and alerted two colleagues at the other end of the zebra lines. They quickly converged on the tall man and asked for his ID, while calmly writing their report. I can only hear the American saying "are you kidding me?" before I walked away. They were not kidding.

A glass of Italian white at a wine bar marks the end of today's stroll, just in time before the sky opens up and a tropical storm inundates central Hong Kong. A bit later I took advantage of a break in the precipitations to make a quick run to a nearby cigar lounge I read about, called the Blind Pig. I was mostly curious about the name but found myself welcomed to a luxurious wood-paneled and perfectly air-conditioned room by a polite and well-informed cigar expert who showed me his impressive humidor. I was awed to see a sign that read "strictly no cigarettes" on the main table.

Dinner at the "Fish and Meat" restaurant nearby, on the balcony. It is still raining cats and dogs as an old British colonial officer might have put it, but it is pleasantly warm and I can eat on the balcony, protected by a large canopy. The chef today matches different foods by colors, I am enthusiastic about his red creation: raw tuna and watermelon core, I'll try and do it at home.

When it's time to go back to my hotel it was still raining beyond belief, I was not sure what to do. My polite waitress offered me an umbrella. I told her I could not take it as I was staying in Mong Kok, I would not be coming back to Central. She told me not to worry, I could take it with me tonight because I needed it. Very kind. Despite the umbrella, I still got drenched before I could make it to the subway, but I guess that is part of the Hong Kong experience.

05 October 2016

Migrazioni e maglev back to Hong Kong

Colazione molto proteica con gli avanzi di ieri: il mio preferito è il tortino di pesce. Anche l'anatra. Lo stufato di cane francamente non fa per me, sapore e aroma non mi convincono. E tanto riso, come sempre servito, anzi preso da ciascuno per sé nel cucinariso in cucina, durante la seconda metà del pasto. non dovrò mangiare per molte ore! 

Saluti sbrigativi con la famiglia, non usa abbracciarsi, tantomeno baciarsi, neanche tra genitori e figli. Il contrario diametrale di quello che sarebbe stata una partenza simile in Italia. O in Belgio, dove ho vissuto tanti anni, e i baci sulle guance sono addirittura tre invece di due. Io ci ho provato ad abbracciarli, un po' perché ci sono abituato, un po' perché gli voglio bene, hanno fatto tanto per Lifang, e un po' per vedere come reagivano. Sono stati gentili, hanno accennato a ricambiare l'abbraccio ma sono rimasti distaccati, quasi come se volessero fare attenzione a non farmi male! Credo non ci ripoverò, bisogna rispettare il loro modo di fare.

Ma non ho dubbi che nel cuore i genitori di Lifang siano altrettanto dispiaciuti di vederla partire come lo sarebbero genitori italiani. Anche se ci sono abituati, è da quando ha 12 anni che parte di casa, per studio, per lavoro, e adesso anche per amore, per me.


Poi via in Didi, l'Uber cinese, fino alla modernissima stazione ferroviaria di Chenzhou, da dove prendo il treno veloce per Changsha. La stazione è molto ben organizzata, a parte i controlli a raggi x dei bagagli cui le guardie della sicurezza non sembrano prestare alcuna attenzione. C'è moltissima gente, la prima settimana di ottobre è di festa in Cina, il 1° Ottobre infatti cade l'anniversario della fondazione della Repubblica Popolare, nel 1949, e tutta la settimana è di festa. 

La folla è ordinata, si sta tutti stretti nella enorme sala d'attesa aspettando che il tabellone indichi con caratteri verdi il numero e la destinazione del proprio treno, e solo allora è permesso scendere al binario. Ordinata ma non sempre educata: c'è chi occupa due posti, magari con il bagaglio di qualcuno che è andato al ristorante, mentre altri sono costretti a stare in piedi. Mamme che mettono i bambini a dormire occupando tre posti e guardano dall'altra parte se qualcuno si avvicina, magari un'altra mamma con bambino: è la giungla!

Una volta giù al binario devo trovare sa scritta del mio treno, ciascuna carrozza di ciascun treno è indicata con un diverso colore. Tutti in fila davanti al punto dove si apriranno le porte, e puntualissimo il treno si ferma con precisione millimetrica proprio lì. Un po' di trambusto per sistemare i bagagli (non c'è mai abbastanza posto, abbiamo tutti tante valigie, regali per le famiglie, cibarie fatte in casa che i cinesi amano riportarsi verso il luogo di lavoro.

E non solo i cinesi: anche io ho la valigia piena di noccioline coltivate dai miei suoceri (imbattibile per fragranza e croccantezza), bottiglie di salsa piccante al peperoncino, aglio e zenzero, germogli di bambù selvatici raccolti con fatica in mezzo a rovi spinosi dalla mia suocera nelle colline circostanti il villaggio di famiglia di YanJia. Stamattina me ne hanno dato più di quanto potessi farne entrare in valigia, il resto li porterà Lifang che resta qualche giorno in più per aspettare il compleanno del padre.

E poi tutti seduti e  via il treno accelera con decisione verso nord. L'annunciatrice ci spiega in perfetto inglese che siamo benvenuti sul treno "Dell'armonia" della compagnia CHR (China High-speed Railways). Poi ci raccomanda anche di non fumare, "perché come tutti sanno il fumo fa male alla salute e  potrebbe attivare l'annunciatore e causare l'arresto del treno. Poi finisce con il raccomandare a tutti di fare attenzione al momento di lasciare il treno e aiutare gli anziani ed i bambini. In caso di incidente, infine, esorta a non uscire da treno e soprattutto a non fumare. Peccato che l'annunciatrice non dica che non è consentito ascoltare video con il volume a palla durante tutto il tragitto perché questa è l'attività piuttosto fastidiosa (per me!) che sembra accomunare tutti i miei compagni di vagone!

A Changsha scelta amletica: come andare in aeroporto? Bus o trenino navetta? Scelgo senz'altro il secondo, perché sono curioso di provare le carrozze a levitazione magnetica. A parte il fatto che ovviamente ci mettiamo molto meno tempo del bus, devo dire che però mi aspettavo più velocità, più silenziosità, mentre il trenino è sì comodo ma sobbalza un po', insomma non sembra così speciale, ma forse sono un incontentabile!

All'arrivo a Hong Kong si nota subito che la temperatura è decisamente più alta, direi tropicale, anche se siamo relativamente vicini, ma le montagne dello Hunan isolano la provincia anche climaticamente. E c'è che è preoccupato anche della temperatura corporea dei viaggiatori in arrivo: alcuni di noi, credo a caso, vengono avvicinati da impiegati dell'aeroporto con un termometro che viene mirato alla fronte, ma per fortuna siamo tutti sani e  possiamo passare.

Mi sistemo all'hotel Cordis, a Mong Kok, gran bel posto senza i prezzi dei concorrenti più famosi di Kowloon.

Primi inviti nel nostro appartamento e Parco della Cultura

Mattinata a casa a ricevere amici e soprattutto parenti che vengono a far visita per vedere il nostro appartamento. Un paio di dozzine di persone vanno e vengono, in ordine sparso. I più giovani non sono (e si capisce!) particolarmente interessati, giocano con i loro telefonini o guardano la TV. Gli adulti salutano e ci porgono, rigorosamente con due mani, le tradizionali buste rosse con dentro un po' di denaro, porta fortuna.

Commenti pacati, non particolarmente entusiasti anche se in fondo il nostro è proprio un gran bell'appartamento. Forse proprio per questo. Sono gelosi? Difficile capire. Solo uno zio, fratello di mio suocero, sembra sincero nel complimentarsi. Strano però che gli altri, quelli più freddini, invece tessano le lodi del nostro attico quando sono al telefono con chissà chi, amici, parenti, vicini di casa, colleghi. Forse pensano di far bella figura dicendo ad altri che in famiglia c'è una bella casa, sopra la media, ma non vogliono dare soddisfazione a noi direttamente. Piccolezze, la cosa non mi disturba poi tanto, anzi per nulla ma i miei familiari sono un po' delusi.

Il comportamento la dice lunga su come sia ancora importante in questa società cosa pensano e cosa dicono quelli che ci circondano. È un argomento che tornerà spesso nelle conversazioni che io posso beatamente ignorare perché non capisco nulla, ma Lifang mi traduce quel che basta per intuire uno spiraglio della mentalità.

Grande pranzo sul tardi, verso le 2 del pomeriggio, che si protrasse per un paio d'ore. Finalmente (dico finalmente perché cominciavo ad essere un po' stufo delle formalità) verso le 16.30 andiamo al Parco della Cultura, un enorme spazio verde pubblico ad una quindicina di minuti a piedi da casa.

Non è ancora finito, ci dicono che l'investimento sia stato di circa 500 milioni di Rmb (60 milioni di euro, più o meno) e il parco si estenderà per 144 ettari. Stanno completando una grande pagoda ed alcune piccole strutture accessorie, dicono un teatro, un tempio, vedremo, ma già si passeggia lungo sentieri curatissimi e puliti, fiancheggiati da aiuole fiorite. Piccoli altoparlanti nascosti nei cespugli irraggiano dolci melodie. 


Ci sono sculture di pietra di saggi del passato ed una grande statua di Shennong, il "Contadino Divino" cui la mitologia da lungo tempo ha attribuito il merito di aver introdotto le prime tecniche agricultura in Cina.

Shennong

Un grande lago curvilineo si spiega per forse un chilometro, e si può attraversare con ponticelli in stile tradizionale o pietre piatte disposte a pelo d'acqua. Non c'è pericolo, ci saranno massimo 50 centimetri di profondità, ma quello che basta per far nuotare beatamente migliaia di enormi pesci rossi che i bambini si divertono a nutrire con cibo venduto in bustine all'entrata. Un luogo sereno.


Tutto intorno grandi condomini, di almeno venti piani, forse di più, molti ancora in costruzione. Guiyang cresce. Avevamo pensato di comprare qui, ma alla fine Lifang saggiamente ha pensato che la nostra posizione sia migliore. Tanto per cominciare qui i prezzi sono molto più alti, edifici nuovissimi e location più sfarzosa, specialmente per gli appartamenti con vista sul parco. Ma la nostra è più vicina a tutti i principali servizi  e mercati, e comunque in un quarto d'ora a piedi possiamo comunque venire qui. Inoltre proprio accanto a casa nostra c'è il Parco della Giada, più piccolo ma altrettanto carino, di cui racconterò un'altra volta.


04 October 2016

Natura, cultura e i bambù di Guiyang

Alle 8.30 del mattino mio suocero scende in strada, da solo, e spara ancora un bel po' di fuochi d'artificio, per completare l'opera della sera prima. Non si sa mai con gli spiriti. Porta con sé un paio di dozzine di petardi, niente in confronto a quello che abbiamo sparato ieri sera, ma comunque sufficienti allo scopo.

A colazione ci finiamo la cena della sera prima, come da tradizione: zuppa con fettuccine cinesi e maiale con melanzane sott'olio preparate da mia suocera.

Zuppa di fettuccine maiale e melanzane a colazione

Poi passeggiata al Parco della Giada, vicino casa. Molto pulito, curatissimo, direi un grande giardino piuttosto che un parco. Tanti fiori, persino una piccola biblioteca per i cittadini che oltre alla natura vogliano pensare anche alla cultura. Un cartello per terra intima di non raccogliere germogli di bambù (ci sono tanti bambù tutto intorno!), pena una multa di 100 Rmb.

Il Parco della Giada

Natura e cultura in Cina, ho l'impressione ma devo approfondire, fanno parte dello stesso tutto, dell'insieme del mondo, complementari. Mentre da noi in occidente sono visti come alternativi, se non in conflitto quantomeno in competizione. Confucio parla molto di morale, politica ma anche di armonia con la natura. Non che anche grandi pensatori occidentali, o artisti, non abbiano pensato al valore della cultura.

Ma noi in occidente abbiamo curato più lo scetticismo, la razionalità, la comprensione, il valore dell'individuo. Anche se in realtà è ovvio che noi, genere umano raziocinante, siamo pure parte della natura, dello stesso ecosistema del nostro pianeta. Una volta un amico storico della filosofia mi disse che la natura era evanescente, inafferrabile, mentra la cultura era solida, affidabile. non lo capii allora e non lo capisco adesso, ma era una persona di grande intelletto, non parlava a vanvera, ci devo ragionare su.

In Cina invece conta più quello che viene dalla natura, basti pensare alla medicina tradizionale cinese. Oppure al valore che si attribuisce al Feng-Shui, il fluire di vento e acqua. Non trovo equivalenti in occidente. Sicuramente sto semplificando ma credo che questi siano i termini del discorso. Devo approfondire.

Tutto intorno grandi palazzi, nuovi condomini per migliaia di famiglie che arrivano a Guiyang dalle campagne circostanti, come la mia! Quasi un milione di abitanti adesso, e Lifang continua a dire che è una piccola cittadina, non merita neanche il nome di città.

Tardissimo pranzo con anatra e germogli di bambù selvatici, non presi dal Parco della Giada ma raccolti dai suoceri nelle colline intorno a Yanjia, il villaggio della famiglia dove forse, un giorno, sarò ammesso in visita. Li prendono quando possono, questi sono di qualche mese fa, li hanno fatti essiccare.   Poi basta metterli a mollo qualche ora e tornano flessibili, pronti per essere cucinati. Ce ne danno anche un paio di grandi buste da portarci in Europa, ci dureranno mesi (solo perché li centelliniamo, son troppo buoni da finire in fretta) fino a che torneremo a riprenderli. 

02 October 2016

Inaugurazione della nostra nuova casa e "hot pot"

Oggi è il giorno del trasloco formale della nostra famiglia nell'appartamento di Guiyang. È stata una ricerca abbastanza faticosa, ma Lifang ha cercato molto in lungo e in largo, qui e anche a Chenzhou, ma alla fine il risultato ripaga lo sforzo. Abbiamo trovato un duplex all'ultimo piano di un palazzo abbastanza moderno, costruito da una cooperativa di dirigenti di banca. Molti ancora ci abitano, alcuni lo hanno rivenduto. Dodici piani, più il nostro superattico sarebbero 13, per fortuna che qui il numero non è carico di cariche negative come per i superstiziosi in occidente.

La giornata di oggi non è casuale. In realtà l'appartamento è pronto da tempo, infatti lo abbiamo comprato già completamente arredato. Una pulita e siamo dentro. Solo che bisognava aspettare che un astrologo confermasse una data di buon auspicio. Non ho incontrato questo signore, è uno specialista di date che conoscono da anni in famiglia, ha consigliato buone date per matrimoni, nuove case, funerali, nuovi posti di lavoro ecc. Non mi resta che adeguarmi! Comunque la data va benissimo per noi, ci siamo sposati da un paio di settimane ed abbiamo appena completato un bel giro della provincia dell'Hunan. Un paio di giorni fa siamo arrivati per dare una pulitina, e siamo stati alloggiati da uno zio di Lifang a qualche isolato di distanza.

Abbiamo cercato una donna delle pulizie tramite amici e parenti, via Wechat, online ma niente da fare. Non è uso da queste parti. Non ho capito perché, tanti potrebbero permetterselo. Alla fine si offre di aiutarci una zia di Lifang, cui siamo molto grati perché senza di lei sarebbe stato difficile. Dopo due giorni a ramazzare (ma non era il mio viaggio di nozze?) le vogliamo fare un regalo, un po' di soldi in una busta rossa, sicuramente le farebbero comodo. Ma non c'è verso, non accetta, quasi si offende.

Adesso che la casa è pulita, o abbastanza pulita, oggi sono arrivati tutti da Yanjia per iniziare ufficialmente la residenza qui. In mattinata Lifang ed io abbiamo sistemato il sistemabile, mobili, cucina, letti. I genitori hanno portato noccioline della loro fattoria, frutta secca e vino rosso. Sono arrivati verso le 14, e poco dopo hanno cominciato ad affluire parenti ed amici. Ci si siede attorno ad un tavolo e si sgranocchiano noccioline e altre leccornie parlando del più e del meno.

Non siamo ancora pronti a cucinare una cena vera e propria, quindi andiamo tutti fuori in cerca di un ristorante, Ne abbiamo provati un paio con Lifang nei giorni scorsi, ma non ci hanno entusiasmato, per cui decidiamo di scoprirne uno nuovo. Ci ispira un cartello di "hot pot" (pentola calda), una specialità del Sichuan. L'insegna legge  "Xiao Hei Niu" che vuol dire "la piccola mucca nera".

Il locale si trova al secondo piano, e dopo esserci fatti le rampe a piedi siamo accolti dall'esuberante proprietario che sembra molto eccitato dal fatto di avere un cliente straniero. Il primo, dice, e forse l'ultimo fino a chissà quando, penso io. Ci fa accomodare in una cameretta privata dove c'è solo il nostro tavolo, qui usa fare così. Luce al neon un po' freddina e aria condizionata a palla, anche eccessiva ma quando parte il fuoco sotto il nostro "hot pot" capisco il perché! Alla fine la temperatura nella nostra stanzetta da pranzo privata è perfetta, anche se i condizionatori sono un po' rumorosi. Ma non si può avere tutto!

Andiamo con tutta la famiglia, suoceri cognati e la piccola Cindy di 9 mesi! Ci sediamo tutti intorno ad un tavolo con un pentolone al centro. Ognuno ordina quello che vuole mangiare, e poi c'è un buffet adiacente la stanza dove possiamo riempire i piatti a piacimento: vige la formula "all you can eat", si mangia a volontà! Ortaggi, carni varie, pesce (d'acqua dolce) ce n'è per tutti i gusti. Il pesce è conservato in un frigorifero, basta aprire e prendere quello che si vuole. Tutto naturalmente già tagliato in formato boccone, in Cina non c'è mai il coltello a tavola.

Gran bella mangiata! A volte il pentolone è diviso a metà: una parte è piena di liquido piccante, l'altra non piccante. ma qui siamo in Hunan, si mangia piccante, e così non c'è nessuna divisione: nel brodo di cottura galleggiano peperoncini rossi a volontà! Mettiamo tutti dentro qualcosa, il problema è che il liquido di cottura non è trasparente, quindi diventa difficile tener d'occhio il proprio cibo. Mi capita di acchiappare con i bastoncini qualcosa che non avevo scelto e viceversa di non trovare i bocconcini di pesce per i quali mi era venuta l'acquolina in bocca. Ma non fa niente... 


Comprese nel prezzo anche le bevande analcoliche. Io veramente avrei pure avuto voglia di una bella birra gelata, ma mi adeguo e prendo un'infusione di erbe come tutti gli altri, e devo dire che la scelta fu invero felice, si abbina benissimo al menù. Dopo un po' però mio suocero propone di prendere un paio di birre, quasi non ci pensavo più e devo dire che ci stan benissimo anche quelle con l'hot pot piccante!

Alla fine, dopo aver pagato, torna il proprietario che mi fa qualche domanda tramite Lifang. Poi mi invita a tornare, dice che dovremmo cucinare qualcosa di italiano insieme! Gli dico che ne sarei onorato!

Torniamo a casa verso le 22, ma le incombenze dell'intensa giornata non sono ancora finite. Bisogna dar fuoco ai giochi pirotecnici di rito! Se no che inaugurazione di casa è? Mio suocero si è procurato un piccolo arsenale allo scopo. Alcuni fuochi d'artificio servono a fare tanto rumore, i "botti", per scacciare gli spiriti malvagi dalla nuova casa e per far festa. Altri invece non fanno rumore ma volano molto in alto e ci regalano belle fontane di luce. Dopo qualche "botto" arriva la guardia della sicurezza del nostro comprensorio. Ma non per intimarci di smettere, al contrario, per congratularsi con noi e darci il benvenuto nella comunità! 

Stasera si sono sentiti crepitare, scoppiare e scintillare svariati altri fuochi, oltre ai nostri. Evidentemente, mi spiega mio cognato con un'aria come se stesse ripetendo un'ovvietà, molti astrologi sono stati d'accordo ad indicare la giornata odierna come di buon auspicio per traslocare, non siamo i soli!

Ultima fatica prima di andare a dormire: attaccare le "coppiette rosse" alla porta di ingresso. Strisce rosse con caratteri gialli di buon auspicio che il maschio senior (mio suocero) attacca ai due lati e sopra la porta blindata del nostro appartamento.

Possiamo finalmente andare a dormire nei nostri nuovi letti, io ne ho proprio bisogno. Ultima sorpresa: siccome oggi è il primo giorno che Lifang ed io, dopo esserci legalmente uniti in matrimonio, siamo sotto lo stesso tetto con il resto della famiglia, i miei suoceri ci hanno regalato un completo di lenzuola rosso fuoco, ovviamente il colore dei matrimoni e del buon auspicio. Non solo: ci vengono a fare il letto di persona, tutti e due, prima di salutarci e augurarci la buonanotte e tanti figli!

01 October 2016

Le chiavi di casa

Oggi prendiamo possesso del nostro nuovo appartamento. La mia prima casa in Cina, la prima da tanti anni, l'ultima volta che ho comprato casa è stato nel 1995, a Bruxelles. Nella mia vita ho comprato, e rivenduto dopo averci vissuto un po', diversi immobili, in vari paesi. Mai avrei pensato di arrivare così lontano, ma grazie a mia moglie ho superato ogni aspettativa che avevo quando ho cominciato a fare del viaggio la mia vita. Ma questo è il bello: mi sono sorpreso!

Una casa in Cina, da condividere con una famiglia cinese, è più di quanto mi sarei mai aspettato per la mia vocazione di viaggiatore, o forse dovrei dire di nomade. Un'occasione di vivere qui veramente, non di venire in visita, non di fare il turista, ma di andare un po' più in profondità nel paese che simboleggia questo inizio di millennio. Il millennio in cui non si può evitare la Cina.

Se uno avesse voluto capire il mondo nel quattrocento, sarebbe dovuto andare in Italia; nel cinquecento, in Spagna e Portogallo; nel seicento in Olanda; nel settecento in Francia; nell'ottocento in Inghilterra; nel novecento negli Stati Uniti. Parlo per secoli e ci sono state sovrapposizioni nei periodi che ho appena citato, ma rendo l'idea no? 

Nel 2000 bisogna venire in Cina. Può piacere o meno, ma here is where the action is, è qui che si gioca la partita importante del secolo. La Cina che continua a chiamarsi comunista ma che è super-capitalista. Lo chiamano socialismo con caratteristiche cinesi, ma di socialista c'è rimasto poco, direi soprattutto il partito unico al governo. Sarebbe meglio chiamarlo capitalismo con caratteristiche cinesi.

Gli USA perdono colpi, pur restando all'avanguardia tecnologica, almeno per ora. L'Europa tituba, non riesce ad unirsi e ha perso la motivazione di andare avanti, gli europei vogliono più diritti ma non doveri. L'India sta facendo, anche lei, enormi progressi, fra poco diventerà il paese più popoloso del mondo, ma è ancora economicamente molto indietro. 

La Cina, per ora, va avanti come una locomotiva, macinando crescita e tornando superpotenza mondiale. Come lo è già stata del resto in passato. Jim Rogers, un grande viaggiatore, autore (le sue migliori opere sono libri di viaggio) e finanziere, me lo ha fatto notare: le grandi potenze della storia sono state grandi potenze una sola volta: Egitto, Grecia, Roma, Francia, Inghilterra, Spagna, Stati Uniti, Persia, Ottomani, Arabi. Tutti hanno avuto un'occasione di essere in cima al mondo, ma una sola. La Cina almeno due o tre volte, durante la dinastia Ming e Qing di sicuro, forse anche prima solo che noi in Europa non lo sapevamo. O potevamo ignorarla. Oggi non più, la Cina diventa superpotenza e non possiamo farne a meno.

Il nostro appartamento è molto carino, curato nei più piccoli dettagli dall'ex proprietario che ce lo ha venduto, il Sig. Ouyang. Lo aveva creato lui, comprandolo ancora in fase di costruzione e rifinendolo con dovizia di cure al dettaglio e senza badare a spese. Nell'accordo di compravendita c'è che avrebbe lasciato tutto, mobili, suppellettili, lampadari. Così non dovremo preoccuparci di nulla.

Oggi è festa nazionale in Cina, l'anniversario della proclamazione della repubblica popolare, nel 1949. Speriamo sia di buon auspicio!

30 September 2016

Arriviamo a casa... per la prima volta!

Camera con vista, Changsha


Sveglia presto, oggi è il grande giorno: andiamo a casa, dove non siamo ancora mai stati! Per me ovviamente è la prima volta a Guiyang, la "piccola cittadina" come insiste a chiamarla mia moglie (poco meno di 1 milione di abitanti, ma si sa che i numeri sono grandezze relative).

Lasciamo una Changsha grigia, preda di una pioggerellina che rinfresca ma fa fatica a spazzare via lo smog per cui la capitale dell'Hunan è famigerata. Lifang mi dice che ogni volta che viene qui è sempre così, in tutte le stagioni: grigio. Meno male che non mi sono sposato una ragazza di Changsha!

Dall'ultimo piano dell'hotel si vede il fiume, sarebbe una bella vista se ci fosse qualche colore in più Proprio sotto di noi una struttura avveniristica. Ci dicono essere un nuovo museo delle belle arti, mi ripropongo di andarlo a vedere la prossima volta.

Dall'albergo alla stazione mezz'ora ininterrotta di grattacieli, perlopiù residenziali ma anche, ovviamente, uffici. Grandi cartelloni commerciali, ma non molti di tema politico. Qualche slogan del partito che esorta a costruire il socialismo, niente di più.

Intercontinental Hotel lobby, Changsha

La stazione ferroviaria è affollatissima, domani comincia la settimana di vacanza per la festa nazionale: il 1 ottobre 1949, infatti, Mao  Zedong proclamò la nascita della Repubblica Popolare Cinese dal balcone della città proibita che affaccia sulla grande piazza Tiananmen (la porta della pace celeste), a Pechino. 

Chiedere a un cinese quante ferie ha non è facile: c'è chi non ne ha mai! Molti lavoratori senza contratto, per esempio, lavorano tutti i giorni dell'anno, forse si prendono una giornata di riposo per capodanno, e basta. A volte sono lavori a tempo parziale, ma comunque... Molti altri, centinaia di milioni, hanno una settimana all'anno di ferie pagate. I più fortunati, che lavorano per aziende internazionali nelle grandi città, arrivano ad avere un mese, più o meno come in Europa.

Poi però ci sono le vacanze ufficiali cinesi. A capodanno ci sono 3 giorni, lo stesso per la settimana nazionale che comincia domani. Poi un giorno per la giornata dei defunti, uno per il festival di mezzo autunno, e uno per la festa delle barche dei draghi. Infine uno per la festa del lavoro, il 1 maggio. Facendo qualche "ponte" si riesce a far un breve viaggio, oppure ad andare a trovare la famiglia per le feste comandate. Il capodanno cinese è la più grande migrazione della storia umana, oltre mezzo miliardo di persone che si spostano. Gli spostamenti della settimana nazionale non sono di proporzioni altrettanto bibliche ma poco ci manca.

Facciamo appena in tempo a prendere il treno. Sono l'unico straniero e per me non basta obliterare il biglietto come fanno tutti, il che fa scattare la barriera e permette di scendere verso il binario. Io invece devo far vedere il mio passaporto ad una controllore umana, che deve controllare non so cosa. Lifang deve insistere perché la zelante impiegata la faccia finita e ci lasci passare, poi via di corsa verso il treno che, puntualissimo, è fermo al binario, pronto a schizzare verso sud. È la mia prima esperienza su un treno veloce della CHR (China High-speed Railways) e devo dire che ne esco impressionato: puntialità, pulizia, velocità, silenziosità. Certo i biglietti non sono economici per i cinesi a 149 Rmb (quasi 20 euro) per un tragitto di due ore, ma per me li valgono tutti. A Changsha, sull'asse ferroviario che va da pechino fino a Hong Kong, passa un treno veloce ogni pochi minuti e, specialmente di questo periodo, sono tutti pieni a giudicare dalla sala d'attesa traboccante di umanità che abbiamo fatto fatica ad attraversare.

Eppure non bastano ancora, abbiamo avuto difficoltà a comprare i nostri biglietti oggi. Si possono comprare online, con un telefonino, ma quasi sempre la app dice che non c'è posto. Allora c'è un'altra app che prova per te ogni qualche minuto fino a che non agguanta un posto, magari per una cancellazione, o perché non mettono tutti i biglietti disponibili in vendita tutti insieme. A secondo dell'affluenza prevista, la app ti dice che probabilità hai di aggiudicarti un posto su questo o quel treno. Bisogna bilanciare le esigenze di orario con il rischio di restare a terra...

 

 E mantenere un margine di sicurezza, soprattutto se si devono prendere coincidenze internazionali. Lifang è diventata bravissima ed e riuscita ad acchiappare due posti per un treno che ci porterà a Chenzhou in prima serata.

Puntualissimi, in un paio d'ore siamo a Chenzhou, dove ci viene a prendere l'agente immobiliare tramite il quale abbiamo comprato casa. Un giovanotto sulla trentina, si vede che è molto motivato, ci racconta come gli affari vadano benissimo. La classe media cresce a Guiyang, arrivano i soldi dei giovani che sono andati a lavorare nelle grandi città. Si costruiscono tantissime case, ma non c'è pericolo di un eccesso di offerta, la domanda continua a crescere. Speriamo che abbia ragione, e di aver fatto un buon investimento!

Arrivati in città lasciamo i bagagli a casa di uno zio, Xiaoping, da cui staremo qualche giorno prima di inaugurare il nostro appartamento, e poi andiamo a dare una rapida occhiata alla nostra futura prossima dimora, a poche centinaia di metri di distanza. La prima impressione di Guiyang è limitata dal fatto che è già buio, ma si respira un'aria di grande attività, luci accese, gente per strada. L'appartamento è in ottimo stato, avrà solo bisogno di una bella mano di pulizia e siamo pronti.

Poi cena sotto casa sono passate le 8 di sera,  è tardissimo per cenare da queste parti, siamo stanchi e non abbiamo voglia di cercare troppo, quindi prendiamo posto al primo ristorantino che ci capita sotto mano. Si mangia bene, ma prezzi da grande città! Zuppa di non ricordo che carne e ortaggi, succulenti costolette di agnello leggermente piccanti, cavolo cinese ripassato. Servizio approssimativo, locale trasandato. Dopo qualche mese noteremo che il ristorante ha chiuso i battenti.

Ma di ristoranti non ne mancano, abbiamo visto decine di insegne già qui nel nostro quartiere, non vedo l'ora di sperimentare la vera cucina dell'Hunan, oltre ovviamente a quella, che già so essere ottima, dei miei suoceri. Del resto non ci sarà scelta: mi dice Lifang che in questa "piccola cittadina" non ci sono ristoranti di cucine internazionali. Non ancora, ne sono convinto, ma arriveranno. Non ce ne sono molti neanche di cucine di altre province cinesi, siamo in Hunan e si mangia cucina dell'Hunan.

Costolette di agnello, il primo pasto a Guiyang






29 September 2016

Changsha theater





Street theater performance downtown Changsha.

28 September 2016

Buddhismo e spettacolo a Changsha

Colazione panoramica oggi, siamo al 27° piano dell'albergo con una vista fino all'infinito sul fiume e sulla città. In realtà non proprio all'infinito, perché oggi, come tutti i giorni, a Changsha c'è una nebbiolina fitta e grigia che riduce drasticamente la visibilità, soprattutto la mattina presto. Forse è l'inquinamento, lo smog come a cera a Londra negli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso, la commistione di nebbiolina atmosferica e fuliggine di carbone e petrolio bruciati.


Ma Lifang mi dice che Changsha è sempre stata così, anche quando lei era piccola e non c'erano auto in strada, solo biciclette. Quanto al riscaldamento, in Hunan non lo ha praticamente nessun edificio, né pubblico né privato, perché si sono convinti che essendo una provincia meridionale non serva, anche se la temperatura magari in inverno va sottozero. Adesso le auto ci sono, eccome!, ma il riscaldamento no. Comunque la nostra vista panoramica è limitata al fiume e qualche fila di palazzoni, tutti rigorosamente grigi.

Usciamo a piedi ma pioviggina e decidiamo quindi di ricorrere ad un fidato Didi. Detto fatto, in pochi minuti siamo al Tempio di Kaifu, il principale sito buddhista della città. Costruito nel X secolo DC, durante il convulso periodo cosiddetto delle Cinque Dinastie e Dieci Regni, quando la Cina era in preda a feroci lotte civili, tra la caduta della florida dinastia Tang e prima dell'ascesa dei dinamici Song. Fu l'ultima volta che la Cina (che allora comprendeva soprattutto la parte meridionale della Cina odierna) fu frammentata in tanti stati sovrani, ma il buddhismo continuò, come un ritornello, a fare capolino tra una battaglia e l'altra.

Changsha ne ha vista di battaglie... le ultime, terribili, furono contro gli invasori giapponesi; ma già prima, negli anni venti del XX secolo, la guerra civile tra comunisti e nazionalisti aveva visto la distruzione del tempio di Kaifu. Quello che vediamo oggi è una fedele ricostruzione.

Al tempio atmosfera pacata, silenzio. Poche persone, fedeli che vengono a fare offerte alimentando un fuoco con bastoncini di incenso che emettono un fumo accecante.



Non ci sono turisti. Mangiamo qualcosa ad un ristorantino senza pretese, zuppetta su tavolini di plastica ma quel che basta.

Poi a spasso per la capitale della provincia. Non è proprio la città più affascinante del mondo... ma ci sono angoli antichi relativamente ben preservati. Una strada pedonale porta alla residenza di Jia Yi, uno scrittore e poeta del II secolo DC. Oltre che per il lavoro artistico, diventò famoso per aver scritto ....

La passeggiata ha stimolato l'appetito, e la zuppetta del tempio è stata digerita da tempo. Mentre Lifang entra in una graziosa boutique  e si prova alcuni cappottini di lana leggera, primaverili, con dei grandi dragoni ricamati sulla schiena, mi avvicino ad un botteghino che vende calamari alla griglia.

Il cuoco è indaffarato con brace e cefalopodi, ma il suo amico sul ciglio del negozio è molto attivo ad attirare clienti. Quando mi vede, ovviamente l'unico straniero da chissà quando, si rivolge a me in discreto inglese, non per vendermi calamari ma per chiedere chi sono e che ci faccio qui.

Ben contento di fare conoscenza gli racconto un po’ di me e intanto ordino un calamaro. Poi mi racconta di lui, ha imparato inglese un po’ a scuola ma soprattutto da solo, su internet. Ha un buon lavoro ma gli  piace venire qui, in strada, ad incontrare persone nuove, soprattutto stranieri, che sono pochini. Così aiuta il suo amico a vendere calamari e attacca discorso con i passanti come me.

Nel frattempo arriva Lifang, che mi dice di aver provato due cappottini col drago ricamato sulla schiena, uno nero e uno grigio, ma di non essere sicura di quale scegliere. Chiedo quanto costano, e siccome la cifra è assolutamente ragionevole le consiglio di comprarli tutti e due. Contenta, torna alla boutique, mentre io comincio ad addentare il calamaro fumante che è appena uscito dalla griglia su due bastoncini di legno.

La serata finisce con uno spettacolino di varietà, eh sì sono arrivati anche qui. Un cabaret Moulin Rouge in scala ridotta. Un prestigiatore taglia una donna a metà e il pubblico applaude ma intanto sono tutti occupatissimi con i cellulari. Non smettono un secondo di messaggiare, surfare, comprare. Quindi un corpo di ballerine, tra cui alcune di fattezze caucasiche, addobbate di bikini sbrilluccicanti e lunghe penne in testa che ci regala un balletto scenografico con tanto di luci psichedeliche e musica da big band.


Poi c'è una danza irlandese, nientepopodimenoché, sulla falsariga del ballo in Lord of the Dance, lo abbiamo visto a Londra, un musical di grande successo caratterizzato dal fatto che i danzatori battono i tacchi di metallo sul palcoscenico per tutto il tempo.

Quindi un artista calligrafo propone i suoi dipinti fatti sul palcoscenico all'asta, e il pubblico compra.

Per me il numero più interessante è stato quello dello scalatore di sedie. Comincia da una e poi le impila una sull'altra e ci sale sopra fino a che non si distende in posizione "volo d'uccello" su una colonna di una dozzina di sedie, reggendosi con una mano sola. E così abbiamo avuto anche il circo!

Il pubblico applaude a scena aperta, ma non con le mani. O meglio non con le proprie mani di carne ed ossa: usano mani di plastica fissate ad un bastoncino che quando si agitano producono un rumore simile all'applauso ma... plastico, forte, secco, duro!



Applauso di mani di plastica per l'acrobata!

Finale di serata in un ristorante locale con lumache e aragostine di fiume. Mao ci guarda da un piccolo piedistallo rosso. Chissà che pensa quando guarda la Cina di oggi: contento per il successo interno ed internazionale dei suoi successori? O deluso perché hanno, di fatto, abbandonato il suo progetto comunista?

Mao welcomes you to the Fire Palace Restaurant

Aragostine di acqua dolce

Lumache di fiume al cipollotto




27 September 2016

Bus ride to Changsha and a dip in a pool

Morning packing in our room. It's a grey dull sky, not conducive to one last effort to do more sight-seeing. Last great breakfast buffet at the hotel. Pork bites and taro is my favorite.

At 3pm we board a two-level bus to Changsha. No staff is around to help stow our bags in the hold. Or I should say there was quite a few staff around, but no one thought of the possibility of helping passengers, some of whom were older travelers. Once we are done we can climb to the top level for a better view.

The bus was almost empty. The seats were quite comfortable and so was the temperature, though the aircon unit was noisier than might have been hoped. We left on time and I began to enjoy the rolling Hunanese landscape careening in front of the window as the driver kept a crispy, almost hurried pace.

After a short drive in Wulingyuan, the town near the Zhangjiajie park, the bus stops to pick up some packages for delivery to Changsha. The driver takes some cash from someone who is clearly the sender of the package but issues no receipt. Maybe it's an extra income on the side...

The highway smooth and clean, like many in China these days. I can't stop admiring the amazing work that's been done for the national transportation infrastructure over the last few decades. The fields seem to be mostly in good shape, industrious farmers at work. The small urban areas we encounter are not exactly charming, with lots of grey concrete and houses with no character, but I suppose they probably took the place of muddy huts with no running water, and if so it is an improvement.

Lots of unfinished construction along the way and no one is working on almost any of the sites that pan in view of our windows. Some buildings look like they could become pretty smart condominiums if they ever make it to completion. I have read that there has been a boom of construction in parts of China in recent years, a rush to buy property, and this created a bubble that might be about to burst. Many Chinese today seem to believe, like many Italians did in the past until they got burned, that real estate never goes down. I hope not as we have just finalized the purchase of our family apartment in Guiyang!

The taxi stand at the Changsha West Station too crowded, Lifang decides to go for a taxi. This driver comes forward and talks to her and offers to take us, but after we load our bags in his trunk he refuses to go by meter and asks for 60 Rmb )about 9 euros) to take us to our hotel, the Intercontinental. Lifang thinks it is a rip-off and she must be right. We choose another one and he takes us down to his "brother" at the proper taxi stand. He was obviously a scout who hoped for a cut from taxi drivers to whom he brought business. The new driver accepted to go by the meter then as we go Lifang notices the meter running too fast, it is already way past 60 Rmb and we are not even close to our destination, it must have been tricked. Lifang is furious and after a long discussion whose exact content I can only guess, he agrees to a flat fee of 50 Rmb.

We can finally check-in at the Hotel Intercontinental, and are pleased to learn that they have decided to add free breakfast for free to our reservation. We were tired and really wished for an hour or two in the spa or pool, and smiled when they told us it was open until 1:00am. However, after rushing to drop our bags in the room and change, it was 11pm, the pool was just closing down. The lady at the spa reception smiled but said there was nothing to be done. Well, she might have been right under normal circumstances, but Lifang is not one to take no for an answer. Not when she'd been promised a dip in the pool after a long and tiring bus ride.

In the end, the director shows up and they open the pool just for us! They are clearly trying to impress, and they certainly did.


26 September 2016

Zhangjiajie and Tianmenshan

Partiamo tardi. Ancora più tardi del solito! Lifang non sta benissimo, abbiamo quasi rinunciato alla gita ma poi siamo partiti comunque alle 14. Autobus verso la montagna di Tianmenshan, la "montagna della porta del cielo" drammatici paesaggi di picchi  acuminati che si stagliano sulle lussureggianti foreste verde scuro. Anche se oggi il cielo della "porta del cielo" è coperto, i colori attenuati, quasi una visione in bianco e nero ma comunque affascinante.


Lunga fila per prendere la cabinovia, 256 Rmb il biglietto di ieri del "Peak" di Zhangjiajie non vale. Una volta in cima comincia una lunga camminata in mezzo alle montagne, letteralmente! Spericolati camminamenti in vetro spesso qualche centimetro sono attaccati con staffe di metallo alla roccia. Si infilano le scarpe in apposite  galosce per non graffiare il vetro e via lungo il costone della montagna, in posti che normalmente sarebbero accessibili solo a uccelli e qualche lucertola.

Mi sento un alpinista ardito, ma invece che piccozza e imbragatura ho solo la mia macchina fotografica e posso camminare facilmente. Il fatto che fortunatamente non soffro di vertigini aiuta, perché guardando in basso, attraverso il vetro, la vista è da paura!

In un'altra parte del parco i sentieri sono sempre appesi alla parete ma fatti di cemento, meno impressionanti ma ugualmente scenografici.

Un ascensore di vetro che sale e scende lungo la parete a picco ci aiuta negli spostamenti ed aggiunge un ulteriore tocco di iperbole al ricordo del pomeriggio.

Siamo gli ultimi ad andare via, le guardie ci scortano fino all'uscita. L'ultimo bus ci deve aspettare, gli altri sono abbastanza scocciati, e li capisco. Cerchiamo di essere gentili e scusarci ma senza molto successo. Mi dispiace far aspettare, ancora di più che aspettare io stesso. Cercheremo di evitare in futuro.




La sera a cena al ristorante "Xiangsi" (estern Hunan)  con una bella terrazza ma illuminazione al neon un po' tristanzuola. Tofu e cavolo cinese in zuppa, rana piccante, rapa piccante. Beviamo "vino" di riso, deve essere un distillato perché fa 32 gradi di alcol! Lo vendono al kilo! Dobbiamo parlarci un po' per convincerli che a noi due ne bastano, e avanzano, 250 grammi per la cena...

25 September 2016

Zhangjiajie: caverne e gamberi di fiume

Oggi giornata sulle montagne di Zhangjiajie, con imponenti strapiombi e drammatiche caverne carsiche. Ci avviciniamo al sito a piedi sotto un sole a piombo, e pagato il biglietto ci fanno salire su un pullmino che ci porta all'entrata delle caverne. Percorso di curve a gomito su per la montagna. Ad ogni curva parte un avviso in cinese e inglese: "stiamo per entrare in una curva, State seduti e aggrappatevi ai braccioli", così per decine di volte fino a che arriviamo a destinazione!

Sul piazzale antistante l'entrata delle caverne vedo un cartello, sempre cinese ed inglese, che legge così:

Tourism Etiquette Rules for Chinese Citizens

The cultivation of a congenial and harmonious travel environment benefits every tourist. it is our burden to be a tourist with refined manners and to observe the following tourism etiquette rules.

1. Keep the environment clean and tidy. Don't spit about or spit chewing-gum. Don't litter and don't smoke except in designated areas.

2. Observe public order. Don't yell or shout out loud and always join in a public queue for good order. Don't walk abreast on a sidewalk. Don't talk loudly.

3.Preserve the ecological environment. Stay off public lawns and refrain from picking flowers or fruits. Don't chase or catch animals or feed them irresponsibly.

4. Protect historical sites and cultural relics. Don't inscribe anything or scrawl graffiti on them. Don't touch or climb on top of them and observe restrictions when taking photos with them.

5. Be respectful to the people around you. Don't try to snapshoot pictures with foreign friends without their permission. Don't sneeze onto them.

6. Don't occupy public facilities for too long. Esteem the work of the service staff. And respect the local religious customs.

7. Show courtesy to others. be dressed appropriately. Don't go barebacked in public places. be considerate toward the aged, the disabled and give them priority. Be chivalrous to the female by allowing them first. Never use vulgar language.

8. Take part in healthy entertainments. Say no to feudal superstitious activities. Stay away from pornography, gambling and drugs.

Mi sembrano buoni principi, saggi insegnamenti. Chissà perché quanto appena riportato dovrebbe essere applicabile solo ai cinesi. Forse perché le autorità sono al corrente che, per tanti turisti cinesi, anche se non per tutti, i soldi sono arrivati prima dell'educazione, della cultura delle buone maniere. E poi chissà perché hanno sentito il bisogno di tradurre in inglese se i destinatari del messaggio sono i cinesi.

Poi c'è un altro cartello, questo rivolto a tutti indistintamente, che legge: 

Le buone maniere delle persone sono apprezzate tanto quanto le bellezze della natura

Le caverne sono impressionanti, si cammina per 15 chilometri sottoterra, in enormi volumi che ti fanno sentire piccolo. Ci sono anche cascate, la più alta misura oltre 50 metri di altezza.

Si paga un biglietto di 100 RMB. Entriamo con un gruppone, è obbligatorio. Ma appena dentro il nostro spirito libero ce li fa seminare e ci troviamo da soli, molto meglio per godersi le caverne!

C'è anche un giro in barca compreso nel biglietto. Le caverne infatti nascondono un lago sotterraneo che gira intorno agli anfratti più nascosti. C'è una lunga fila per salire a bordo ma fortunatamente ci sono due file: una per i gruppi, con centinaia di persone ad aspettare, ed una per i turisti individuali, con UNA persona che aspetta. Chissà perché? Naturalmente ci uniamo a lui e dopo pochi minuti siamo sul barchino. Ci viene fatto segno di sederci davanti così abbiamo il miglior posto per gustarci i colori delle luci che dipingono le pareti delle grotte.






Quando usciamo dalle caverne di Huanglongdong, la più impressionante, ci aspetta una sorpresa. C'è una manifestazione canora in corso una sorta di competizione per cori femminili. Tante signore sfoggiano colori sgargianti, eleganti, e sono piene di entusiasmo mentre posano per i fotografi. Purtroppo la competizione canora è già finita. Peccato mi sarebbe piaciuto assistere.



È stata una giornata lunga, siamo stanchi ed anche abbastanza affamati quando usciamo dal parco. Riprendiamo il bus che ci riporta in città, naturalmente stando attenti a restare seduti e ad aggrapparci ai braccioli ad ogni curva e poi a piedi verso l'albergo.

Sulla strada mi cade lo sguardo su un cartellone, oggi è giornata:

Combatti il male della religione
credi nella scienza

Io non sono religioso, anzi, piuttosto tendente all'anticlericale, se potessi tornare indietro nel tempo vorrei essere un liberale del risorgimento italiano, quando si lottava per fare Roma capitale d'Italia. Liberale politico ed economico, e libertario di vedute sociali. Ma penso che la religione dovrebbe restare un fatto rigorosamente personale, e che lo stato debba intervenire solo quando il fanatismo religioso disturba la quiete civile.

E comunque sostenere nella stessa frase di combattere la religione (oggetto di "credo" per antonomasia) e poi esortare a "credere" nella scienza mi pare contraddittorio. Non si “crede” nella scienza, e la scienza non ce lo chiede. Ci fornisce informazioni, conoscenze, non credenze. O una cosa la sappiamo se abbiamo prove scientifiche che sia vera, o non la sappiamo, forse non ancora. Ma non si può "credere" nella scienza.

Poco più avanti vediamo un ristorantino dall'aria invitante. Lifang mi dice che si tratta di pesce e frutti di mare. O meglio frutti di fiume, difficile che arrivi pesce dal mare sulle montagne dello Hunan. Decidiamo di dare un'occhiata.

Ci accoglie con grande simpatia il gestore, un ragazzo spigliato sulla trentina, che assicura Lifang di avere ottimi gamberi di fiume. Non c'è altro da dire, dopo un secondo siamo seduti.

Si chiamano gamberi ma in realtà assomigliano molto più a degli astici in miniatura, sia per forma, sia per sapore. Il signor Wu ci racconta che fino all'anno scorso lavorava nella provincia della Zhejiang (vicino Shanghai) ma poi è voluto tornare a casa qui in Hunan. L'occasione è stata la conoscenza di un ottimo fornitore di gamberi di fiume, per cui era sicuro che avrebbe avuto materia prima di ottima qualità.
gamberi di fiume


Dopo averci servito una cena luculliana torna a sedersi con noi a chiacchierare un po’. Dice che non gli capita spesso, anzi praticamente mai, di avere stranieri nel locale. Lui è interessato a parlare con tutti, tranne che con i giapponesi. Non può dimenticare la storia. È abbastanza sorprendente come ci sia ancora così tanto astio verso il Giappone. Senza dimenticare gli orrori dell'occupazione nipponica, e le atrocità commesse, sono comunque passati oltre 70 anni. Anche in Europa le atrocità naziste non sono state da meno, anzi, ma adesso il risentimento verso la Germania è limitato.

Forse una ragione è che il Giappone non ha fatto quanto ha fatto la Germania per recuperare. E la propaganda cinese non perde occasione per ricordare al popolo i fatti degli anni venti e trenta del secolo scorso. Anche se non capisco il cinese, gli sceneggiati televisivi che ogni giorno ripropongono la guerra con il giappone, la resistenza dei partigiani (di quelli comunisti, non dei nazionalisti di Chiang) sono chiaramente mirati a tenere accesa la fiamma dell'odio. Eppure con il Giappone c'è un legame economico stretto, la Cina esporta tutto e importa tecnologia. E i cittadini giapponesi possono venire in Cina senza visto, privilegio che non è concesso a noi europei o agli americani.

E veramente non vengono neanche molti cinesi, infatti stasera siamo forse, sì e no, una quindicina di avventori. Stranieri qui ne vengono pochi, e i cinesi sono in grande maggioranza inquadrati in viaggi di gruppo e mangiano negli alberghi dove dormono, tutto organizzato dalle agenzie.

Ci regala un bicchierino di liquore di riso. A Roma ti darebbero un amaro (che poi è sempre dolce) offerto dalla casa,  ma il concetto è lo stesso. Ci recita un proverbio cinese, i cinesi hanno sempre un proverbio pronto a tutte le situazioni: "se sei con un amico, bevi fino a che sanguini".