21 December 2002

4° g - 21 DIC: Fatehpur Sikri e Agra

Visita di Fatehpur Sikri la mattina sul presto.  Appena arrivati siamo siamo presi d'assalto dalle guide improvvisate che si trovano spesso all'entrata di siti turistici in India. Non ne vale quasi mai la pena, non sono guide ma procacciatori di affari per negozi e ristoranti, anche quando sfoggiano tessere di riconoscimento dall’aspetto ufficiale. A volte sono pericolosi millantatori e perdigiorno che ti raccontano quattro stupidaggini insensate con due scopi ben precisi: spillare mance spropositate ai turisti sprovveduti e portare i medesimi a negozi dai quali ricevono percentuali anche del 30-40% sugli acquisti.

Accettare i servizi delle guide e poi non pagarle perché si scoprono essere degli imbroglioni è sempre sgradevole e può essere pericoloso se si arrabbiano e chiamano i loro compari. A me a Fatehpur Sikri uno “studente” si è offerto di farmi da guida alla moschea specificando chiaramente di non voler soldi. Dopo poco il "giro guidato", in cui mi ha propinato due fesserie banali e noiose, si è avviato verso l’immancabile bancarella del suo compare io me ne sono andato, ma quando ho messo in guardia due inglesi che stavano per essere accalappiati dallo stesso “studente” questi ha tirato fuori un coltello! Morale: lasciare perdere!!!! Studiatevi e rileggetevi le guide cartacee e il web.

Fatepur Sikri oggi era quasi deserta, forse la stagione non ancora cominciata, forse le tensioni con il Pakistan. Meglio per fotografare. Non sono autorizzati i treppiedi, per evitare fotografi commerciali che lavorino senza licenza. Ho dovuto discutere un po' ma alla fine mi hanno fatto entrare con un monopiede.

Nel pomeriggio visita al Taj Mahal (pron. Tag, come in “mon-tag-gio” e Mahal con H aspirata, qualcuno continuava a far ridere gli indiani chiedendo del “Taimàal”). Perquisizioni accuratissime della polizia.

Momento migliore al tramonto, ottima luce sugli intarsi nel marmo del lato occidentale fantastico per i fotografi. È la mia seconda visita al Taj, un posto magico, un'atmosfera indescrivibile.

Cena al ristorante vegetariano “Lakshmi Vilas”, nel Sadar bazar, ottimo cibo (ma niente alcolici), ambiente squalliduccio ma interessante stare con clientela esclusivamente indiana.

Anche stavolta siamo stati avvicinati da un gruppetto di ciclisti di rickshaw a pedali che, come ieri, si sono offerti di portarci ad un ristorante amico gratis. Però stavolta ci hanno provato: invece che al ristorante ci hanno scaricati davanti ad un negozio di paccotiglia per turisti. Perdita di tempo... poi quando ce ne siamo andati hanno cominciato a litigare fra di loro, con il "capetto" della situazione che si è arrabbiato con la truppa, penso perché non sono riusciti a far soldi con noi. Avrebbero potuto essere meno brutali: magari portarci prima al ristorante e dopo, a pancia piena, saremmo andati più volentieri anche a far qualche spesa presso il negozietti!

20 December 2002

3° g - 20 DIC: da Delhi a Vrindavan, Mathura e Agra

Partiamo di buon ora dopo una ricca colazione in albergo. I km da fare in bus restano tantissimi e, siccome il paesaggio è piuttosto uniforme, sono più che sufficienti ad assorbire i colori e le forme dell’India profonda.

A parte il breve percorso iniziale da Delhi ad Agra, le “autostrade” di questa parte dell’India sono intasatissime (anche di animali!), il fondo stradale è sempre pessimo, e la velocità media raramente raggiunge i 40km/h. Quasi sempre si fanno i 25-30 km/h.

Sii capisce oggi che questo sarà un viaggio mentalmente e fisicamente impegnativo. Fortunatamente ho previsto un paio di trasferimenti in treno, senza i quali il viaggio sarebbe diventato estenuante e sicuramente meno istruttivo.

Il nostro bus ha le sospensioni scassate (anzi non le aveva proprio, ha invece le balestre come i camion, ben sfondate beninteso!), i sedili pure loro sfondati ed i vetri dei finestrini sbullonati. Sui lunghi percorsi su e giù per le buche delle strade  soffriremo, a volte più del necessario. Inoltre il radiatore perdeva e vari giunti dovevano essere regolarmente oliati. E questo nonostante avessimo un ottimo autista che ha fatto quanto possibile per alleviare gli impatti.

Partenza dunque per Agra, con fermata a Mathura (museo arte Mathura, misto di influenza classica greca e indiana, interessantissimo, ma purtroppo molte sale sono in restauro e quindi chiuse.

Visitiamo comunque una moschea e il tempio induista che si trova sul luogo della nascita di Krishna. Sicurezza ossessiva la presenza di questi due importanti luoghi di culto uno affianco all'altro rischia di creare attriti ogni momento. Ci sono moltissimo poliziotti e anche soldati. Dobbiamo lasciar fuori borse, telefoni zaini. Veniamo anche meticolosamente perquisiti (uomini e donne separati) prima di accedere finalmente al tempio.

A seguire visitiamo Vrindavan, con i suoi templi e l'ashram delle vedove. Questo è un luogo particolare, dove vengono accolte vedove indiane che non possono o non vogliono trovare un secondo marito. In India ci sono ancora molti pregiudizi contro le vedove e molte di loro, soprattutto le più povere, meno istruite e quindi più deboli, non hanno una seconda chance se perdono il primo marito. Non si può fotografare!

Attenzione al “tempio delle scimmie”, famigerate cleptomani: nonostante avessi avvertito i miei compagni di viaggio di stare attenti, un quadrumane ha rubato gli occhiali ad Alessandro, e li ha restituiti (facendoli cadere dall’alto del tempio, per fortuna che Aurangzeb aveva distrutto i piani superiori dello stesso altrimenti sarebbero caduti da molto più in alto) solo dopo che gli abbiamo tirato un sacchetto di noccioline in riscatto!

Passeggiando mi si sono rotte le suole delle mie scarpe: vecchi scarper che avevo scelto per questo viaggio un po' fuori dal sentiero battuto (letteralmente!) per finirle e poi buttarle via. Solo che siamo all'inizio del viaggio e mi servono. Ho pensato di comprarne un paio nuovo, ma a parte la perdita ti tempo e la difficoltà nel trovare la mia taglia 39, sempre difficile, ho deciso di ripararle! Infatti camminando no notato diversi calzolai ambulanti per strada. Pensavo fossero lì come lustrascarpe, ed infatti alcuni spazzolavano di buona lena le tomaie di alcuni clienti. Ma altri erano attrezzati di tutto punto per cucire e incollare. Hanno anche suole nuove di ricambio. In poco più di 10 minuti le mie vecchie Timberland sono tornate come nuove! Be' almeno le suole... comunque sono sicuro che serviranno allo scopo fino alla fine di questo viaggio!-

Percorso facile ma non rapido. Visitiamo anche il tempio degli Hare Krishna, gentili ed ospitali. Attenzione agli orari di chiusura del tempio degli (dalle 1:30 alle 4 del pomeriggio circa).

Come hotel l'agenzia a cui mi sono appoggiato mi ha prenotato le stanze al Plaza su Fatenabad Road, eccellente, forse il migliore del viaggio, abbiamo ottenuto una tariffa incredibilmente bassa (24 USD a camera invece di 80) causa penuria di turisti stranieri – effetto terrorismo internazionale, paura di guerra col Pakistan dopo i recenti scontri alla frontiera, chissà? Infatti l'hotel è semivuoto.

A cena all’improbabilmente nominato ristorante “Only”, buono anche se un po’ occidentalizzato, ambiente carino, musica indiana.

Ci siamo arrivati con un paio di rickshaw a pedali che si erano offerti di caricarci gratis: i ciclisti hanno detto che ricevono una provvigione dal ristorante, ed anche un pasto gratis.

19 December 2002

2° g - 19 DIC: Delhi

Volo notturno, e verso le 2 di notte entriamo nello spazio aereo indiano. Lo so perché il comandante ci ha svegliati annunciando che da quel momento era vietato fare fotografie attraverso i finestrini dell'aereo. Mannaggia, avrei proprio voluto fotografare tutte queste nuvole al buio!

Arrivo puntuale a Delhi alle 5.15 di mattina, ci ripetono che è vietato fotografare in aeroporto. Tutto liscio ai controlli ma manca uno zaino (z minuscola, non è caduto dal bagagliaio aperto a Fiumicino ma chissà perché è finito a Bombay). La compagnia indennizza il proprietario dello stesso con 60 $ per spese di prima necessità, ma bisogna ricordarsi di chiederglielo! Sanjeev, il nostro bravissimo agente di viaggio locale, si preoccuperà di recuperarlo l’indomani ma i suoi tentativi di recapitarlo non sono fortunati e lo rivedremo solo a Varanasi, una settimana dopo!

Appena usciti dal terminal dell'aeroporto intitolato a Indira Gandhi mi avvolge subito quello che Pasolini chiamava "l'odore dell'India". In realtà più che un odore è una puzza. Non so bene dovuta a cosa, se la sporcizia, inquinamento, scarichi di fogna a cielo aperto. Ma è molto tipica di molta India e ci avvolge appena usciti in strada ad affrontare la moltitudine di tassisti, ufficiali o abusivi, che ci propongono il loro servizio.

Io però ho prenotato un bus per tutto il gruppo che ci porterà a spasso per le prossime settimane. Mezzo economico ma, speriamo, affidabile. Senza sospensioni, solo due balestre come i vecchi camion. Rumoroso, i cristalli dei finestrini vibrano senza speranza quando siamo in marcia mentre noi sobbalziamo sui sedili che sono per la maggior parte svitati dal pavimento. Economico però!

Lasciati i bagagli in albergo (il Good Times a Karol Bagh, abbastanza scrauso ma economico a 10 USD pp con ottima colazione indiana) andiamo in città.

Visitiamo il forte rosso, anche se parte è in restauro. La guida che prendo sul posto è un imbroglione, cerca di truffarci in vari modi, spocchioso.

Più interessante il Tempio del Loto dei Baha'i, un edificio di architettura ardita, caratterizzata da 27 enormi petali ricoperti di marmo che si stagliano verso il cielo. Religione aperta quella dei Baha'i, invitano fedeli di tutte le religioni a visitare i loro templi e pregare insieme. Forse per questo sono perseguitati in Iran, da dove originalmente provengono.

A cena da al ristorante Sandoz, gestito da un Sikh, a pochi minuti a piedi dall’albergo, ottimo, uno dei migliori del viaggio, gestito da un simpatico Sikh, tutto fatto al momento, roba fresca, soprattutto il pane naan, uno dei tanti tipi di pane indiano, super-fragrante, su un griglione appena fuori dal locale. Ambiente molto locale, non ci sono stranieri, igiene forse non proprio al massimo ma sufficiente. Mangiamo ovviamente con le mani in compagnia di avventori locali, non girano molto turisti qui.

18 December 2002

1° g - 18 DICEMBRE 2002 – inizio del viaggio in India centrale

Prima volta che guido un viaggio di Avventure nel Mondo ed oggi ci si vede tutti a Fiumicino, non ci siamo mai incontrati prima ma per le prossime due settimane e mezzo staremo insieme 24/7... La formula è atipica per un'agenzia di viaggioç il capogruppo (o coordinatore lo chiamano, per essere meno gerarchici) non è pagato ma è totalmente spesato. In cambio assiste nell'organizzazione e gestione del viaggio, ma sempre con il consenso dei partecipanti, nei limiti del possibile.

Sarà un gruppo simpaticissimo, forse il migliore, nel suo insieme, di tutti i viaggi che guiderò nei prossimi anni....

Si va in India. Ci sono già stato due volte, la prima in Rajasthan e la seconda al sud, nel Tamil Nadu e nel Kerala. Ma è un continente, più che un paese, che richiede molte, infinite visite per apprezzarlo. C'è chi lo ama e chi lo detesta, non conosco nessuno che sia indifferente all'India. Io ne sono innamorato!

Partenza incerta da Fiumicino. A metà rullaggio, con i motori al 100% e l’Airbus che si sta per staccare da terra, il pilota della Royal Jordanian abortisce il decollo perché, ci dice con serenità, una spia sul cruscotto gli indica che uno dei bagagliai è aperto!! Sarà un segnale di un cattivo Karma, tanto più che è pure il mio compleanno ufficiale-anche se in realtà sono nato il 17?

Ma io non sono superstizioso… Chiuso il bagagliaio si riparte e rendez-vous ad Amman con lo Zaino – Z maiuscola, non è un bagaglio ma un partecipante – che, causa overbooking del volo da Roma, arriva via Vienna.

Aeroporto di Amman piacevole. Quasi tutte le donne che vediamo non indossano il velo islamico, tranne le poliziotte, che invece ce l'hanno tutte.

Coincidenza per Delhi in orario. Il volo è piacevole, aereo nuovo, la Royal Jordanian Airlines, che uso per la prima volta, sembra essere una buona compagnia. (Nessuna delle bravissime assistenti di volo ha il velo in testa.)

17 December 2002

Itinerario viaggio in India centrale





Viaggio in India centrale, 18 Dicembre 2002 - 12 Gennaio 2003

clicca su un itinerario o una data per andare al relativo post


Data
ITINERARIO
NOTTE
KM
BUS
ORE
1
aereo
0
0
2
Delhi
50
2
3
Agra
200
5
4
Agra
80
3
5
Orchha
240
8
6
Khajuraho
176
6
7
Khajuraho
0
0
8
Varanasi
400
13
9
Varanasi
150
4
10
Varanasi
0
0
11
treno 15:50


12
Sanchi
50
2
13
Mandu
350
10
14
Mandu
0
0
15
Jalgaon
350
10
16
Aurangabad


17
treno 23:30
100
3
18
Mumbai
0
0
19

20
2
20

20
2
21
Goa
0
0
22
Goa
50
2
23
Goa
20
1
24
Pune
0
0
25
in volo
150
3
26
12-gen, dom
arrivo in Italia

0
0


TOTALE
2.406
76

06 December 2002

Book Review: The Heart of India, by Mark Tully, ***

Synopsis
Imbued with his love for India, and informed by his experience of India (where he worked for the BBC for over 20 years), Mark Tully has woven together a series of stories set in Uttar Pradesh, which tell of very different lives.

Review
Half a dozen stories from the heartland of India. People's stories, everyday men and women who make the bulk of India's billion+ nation. The stories are uneven in interest and excitement, and are not really integrated into one coherent whole. However, they do provide some insight into changing India in the 1980s.

30 November 2002

Recensione: Andare a quel paese: vademecum del turismo responsabile, di Duccio Canestrini, ****

Sinossi
Ormai tutti sono stati dappertutto: dall'India ai Caraibi, dal Kenya all'Egitto. Ma come ci sono andati? L'ottanta per cento degli spostamenti internazionali riguarda i residenti di soli venti paesi, ovviamente i più ricchi, che poco si curano dei danni ambientali e sociali arrecati dall'industria delle vacanze alle destinazioni "paradisiache" di turno. Duccio Canestrini riflette sul "come viaggiare", dando conto di un movimento - quello del turismo responsabile - che sta rapidamente crescendo anche nel nostro paese e ci offre, con questo volume, una serie di esempi concreti e di suggerimenti da mettere in pratica.

Recensione
Un'ottimo vademecum per riflettere sul nostro modo di viaggiare. Per il nostro bene e per il bene dei paesi che visitiamo. Nella misura in cui questo è possibile. Se un rullino di fotografie costa quanto serve a mantenere una famiglia nel Mali (come Canestrini sostiene a p.9), non si può pensare di rinunciare a fotografare per risolvere i problemi della fame del mondo.

Interessante la citazione dell'abate Toaldo (p.8): " Viaggiare è divenuto un capo di moda: una certa smania, o vogliamola dir mania. ... Le persone di ogni condizione, i ragazzi stessi, colti da una spezie di sonnanbolismo vanno corrento di qua e di là i paesi gli uni dietro gli altri, e dove gli uni vanno, gli altri vanno, e lo perché non lo sanno". Figuriamoci che direbbe Toaldo nel XXI secolo!

L'autore è spesso giustamente ironico con i "turisti": essi sono coloro che vogliono visitare luoghi incontaminati, cioè ...senza turisti! In questo vengono sostenuti da una parte dell'industria turistica, che promette "luoghi incontaminati" (dal turismo) e che quindi implicitamente si autoaccusa di contaminarli!

Il libro è costellato di considerazioni di questo tipo, che obbligano quantomeno ad una riflessione, e poi ognuno tragga le conclusione che crede.

Infine trovo esagerata l'avversione di Canestrini alle grandi catene alberghiere. Vero, spesso non offrono un'esperienza sufficientemente radicata nella realtà dove operano, ma questo non è sempre vero, soprattutto alla luce della tendenza delle suddette catene di acquisire alberghi locali, mantenendone le caratteristiche originarie.

Per approfondire c'è il sito dell'autore.

Ecco qui la ristampa del 2008.

01 November 2002

Book review: Mother's Beloved (1999) by Outhine Bounyavong, *****

Sinossi

Outhine Bounyavong is one of the most prominent contemporary writers in Laos. His stories are animated with Laotian virtues of simplicity, compassion, respect for age, and other village mores; they breathe with a gentleness that is fresh and distinctive. Outhine is interested in his own memories, in how to behave with compassion, and in the chain of life among men and women that reaches into the earth.

Rather than writing through an ideological lens, Outhine focuses on the passions and foibles of ordinary people. Their good luck, disappointments, and plain but poignant conversations reveal the subtle textures of Lao culture. The tragedy of war and the threat of environmental degradation are themes woven into his stories.

This book presents fourteen of Outhine Bounyavong’s short stories in English translation alongside the Lao originals, marking his formal debut for an American audience. It is also the first collection of Lao short stories to be published in the English language. 

Review

A unique collection to understand Lao culture. Oral history which would otherwise be lost can be preserved here. There is also a unseful introduction to contemporary Lao literature, and the role of writers during the various periods of monarchy, war and communism of the XX century.

See my other book reviews about Laos here in this blog.


22 October 2002

Book review: Voices of S-21 (1999) by David Chandler, ****


Synopsys

The horrific torture and execution of hundreds of thousands of Cambodians by Pol Pot's Khmer Rouge during the 1970s is one of the century's major human disasters. David Chandler, a world-renowned historian of Cambodia, examines the Khmer Rouge phenomenon by focusing on one of its key institutions, the secret prison outside Phnom Penh known by the code name "S-21." The facility was an interrogation center where more than 14,000 "enemies" were questioned, tortured, and made to confess to counterrevolutionary crimes. Fewer than a dozen prisoners left S-21 alive.

During the Democratic Kampuchea (DK) era, the existence of S-21 was known only to those inside it and a few high-ranking Khmer Rouge officials. When invading Vietnamese troops discovered the prison in 1979, murdered bodies lay strewn about and instruments of torture were still in place. An extensive archive containing photographs of victims, cadre notebooks, and DK publications was also found. Chandler utilizes evidence from the S-21 archive as well as materials that have surfaced elsewhere in Phnom Penh. He also interviews survivors of S-21 and former workers from the prison.

Documenting the violence and terror that took place within S-21 is only part of Chandler's story. Equally important is his attempt to understand what happened there in terms that might be useful to survivors, historians, and the rest of us. Chandler discusses the "culture of obedience" and its attendant dehumanization, citing parallels between the Khmer Rouge executions and the Moscow Show Trails of the 1930s, Nazi genocide, Indonesian massacres in 1965-66, the Argentine military's use of torture in the 1970s, and the recent mass killings in Bosnia and Rwanda. In each of these instances, Chandler shows how turning victims into "others" in a manner that was systematically devaluing and racialist made it easier to mistreat and kill them. More than a chronicle of Khmer Rouge barbarism, Voices from S-21 is also a judicious examination of the psychological dimensions of state-sponsored terrorism that conditions human beings to commit acts of unspeakable brutality.

Review

This book is a useful reference for raw data from some of the protagonists. It is not easy or pleasant reading, but it does constitute a useful addition to the library of anyone researching the Khmer Rouge.

20 October 2002

Recensione libro: Il Sorriso di Pol Pot (2006) by Peter Fröberg Idling, ****

Sinossi

Nell'estate del '78 un Boeing 747 cinese atterra nella Kampuchea Democratica con a bordo una delegazione dell'Associazione Svezia-Cambogia, guidata da Jan Myrdal. I quattro svedesi sono tra i pochissimi stranieri a cui è stato consentito l'ingresso nel paese dove si è verificata la rivoluzione comunista più radicale a cui il mondo abbia mai assistito. Sei mesi dopo la loro visita si scopre che, nel corso dei tre anni e mezzo nei quali Pol Pot è stato al potere, quasi due milioni di persone, corrispondenti a un quarto della popolazione, sono stati giustiziati o sono morti di fame, malattie e schiavitù. 

Ma durante il viaggio di mille chilometri attraverso il paese, i quattro delegati non hanno visto né morte né terrore, descrivendo anzi la rivoluzione dei Khmer Rossi come pienamente riuscita, un modello da seguire.

Com'è possibile che quattro studiosi specializzati nel Sudest asiatico, abbiano compiuto un viaggio nel pieno di uno dei più imponenti eccidi del Novecento senza vedere nulla? Nella sua ricerca della verità, Idling ha ripreso contatto coi protagonisti della vicenda, intervistandoli e indagando su quell'esperienza. Tutti mostrano di avere opinioni contrastanti sulla rivoluzione dei Khmer Rossi ma la loro memoria ci aiuta a ricordare un importante capitolo della storia contemporanea.


Recensione

Durante il periodo in cui i Khmer rossi di Pol Pot erano al potere e sterminavano i cambogiani, un gruppo di svedesi simpatizzanti del socialismo fu ammesso, caso unico per intellettuali occidentali, a visitare il paese. Tornò a casa cantando le lodi dell'esperimento comunista. Non videro o non gli fecero vedere l'orrore che si consumava nel paese? Forse un po’ di entrambe le cose, conclude l'autore, che ricostruisce qui quella bizzarra vicenda. Interessante per capire la Cambogia di quel periodo ma anche e soprattutto le distorsioni mentali, la superficialità e e la malafede di chi elogiava Pol Pot solo perché era socialista e anti-americano.

Puoi leggere in questo blog le mie altre recensioni di libri su Cambogia e Laos.