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02 March 2013

Recensione: "Il mio cuore è più stanco della mia voce" (2012 postumo) di Oriana Fallaci, ****

Fallaci in Vietnam
Sinossi

Prima il Vietnam, poi Città del Messico e infine la storia d’amore con Alekos Panagulis, eroe della Resistenza greca, simbolo dell’opposizione a qualunque regime liberticida. (Puoi leggere le sue poesie qui.) Dopo la pubblicazione di Un Uomo, Oriana riesce a creare un incantamento globale: vorrebbero essere come lei i tanti giovani e molte donne, per le quali la scrittrice rappresenta la realizzazione di un sogno.

In quegli anni Fallaci accetta i sempre più frequenti inviti a incontrare i suoi lettori stranieri, nelle città e nelle università del mondo. Questo libro raccoglie alcune delle sue conferenze di maggior rilievo, pagine rimaste finora inedite che rivelano il suo rapporto con la scrittura, la sua passione per la politica e per l’impegno civile, la sua “ossessione per la libertà”.

È il suo autoritratto più autentico, una sorta di manifesto in cui Oriana rivendica e difende con vigore il diritto a “stare dalla parte dell’umanità, suggerire i cambiamenti, innamorarci dei buoni cambiamenti, influenzare un futuro che sia un futuro migliore del presente” (dalla sovracoperta del libro)

Ad Oriana Fallaci  è dedicato un sito web.


25 February 2013

Alla biglietteria del trenino di Fiumicino aeroporto (seconda puntata)

Biglietteria automatica n. 1

Rieccomi a cercare di fare un biglietto alla stazione del trenino che da Fiumicino mi porterà in città. Ci avevo già provato, senza successo, l'ultima volta che ero venuto a Roma, qualche settimana fa. Stavolta la terribile macchina bigliettatrice automatica mi ha accolto così come si può vedere nella foto qui sopra. Nessuna connessione al sistema. Almeno non mi ha chiesto se volevo comunque pagare il prezzo del biglietto senza riceverlo, come l'altra volta.


Biglietteria automatica n. 2
Indomito, mi sono recato presso un'altra biglietteria automatica poco lontano, ed ecco qui sopra il risultato. La macchina si connette al sistema ma si rifiuta di vendermi un biglietto per i prossimi treni: "non vendibile". Forse è regalabile? Rubabile? Mah!

A quel punto ho notato due biglietterie umane e mi sono avvicinato. Davanti alla prima una lunga fila, mentre nessuno davanti all'altra. Provo a comprare un biglietto dalla bigliettaia senza fila e la gentile signorina mi chiede 16 euro. Sapevo che il biglietto costava 14 euro, e le ho chiesto spiegazioni. Mi ha risposto che quello è il prezzo della biglietteria pubblica, noi siamo privati e lo vendiamo a 16 euro! Per chi fosse interessato a spendere 2 euro in più per il biglietto l'agenzia si chiama "365".

Rassegnato, ho fatto la fila alla biglietteria pubblica, impiegando circa dieci minuti. Infatti il bigliettaio di turno, con il suo stentato inglese, stava cercando di rimorchiare due ragazze russe che gli chiedevano informazioni. Il tutto mi ha fatto perdere il primo treno per Termini, che la lasciato il binario davanti al mio naso. Ho dovuto aspettare ancora mezz'ora, in piedi, nel terminal non riscaldato, prima di salire sull'agognato trenino Leonardo Express.

Per rasserenarci ecco un paio di bei libri sui treni del tempo che fu!






27 January 2013

Saluti da Bologna!

Le tre "T" di Bologna

Da notare che i veri tortellini sono quelli a sinistra, della grandezza canonica dell'ombelico di Venere. Il ripieno può essere di prosciutto, mortadella, uovo, parmigiano e noce moscata. Quelli a destra sono cappelletti romagnoli, più grandi e di solito ripieni di carne bovina.

In particolare consiglio l'osteria dei Poeti e, fuori concorso per chi cerca la cucina locale, il ristorante spagnolo di Juan Alberto.

Chandra Raga a Bologna


Durante il mio soggiorno ho anche avuto la fortuna di assistere ad un bel concerto di musica indiana con Paolo Avanzo e Stefano Grazia. Il tutto preceduto da un'ottima cena indiana al Centro Natura. Questo è un estratto di un concerto simile dei due musicisti su Youtube.



A Bologna lo spettacolo è stato completato da danze Bharatanatyam di Alessandra Pizza.

In conclusione: tutto vero, le tre T sono un mito! Gran bel weekend a Bologna. Ho anche trovato in saldo due paia di stivali taglia 39, che faccio sempre fatica a reperire. Da ritornarci presto!

23 January 2013

Alla stazione ferroviaria dell'aeroporto di Fiumicino

Biglietteria automatica
Questo è ciò che la macchina bigliettatrice del treno per l'aeroporto di Fiumicino mi ha chiesto dopo aver letto la mia carta di credito. In altre parole: vuoi pagare il biglietto senza riceverlo? Ho avuto un dubbio amletico sul da farsi.
Tra l'altro la domanda mi è stata posta in italiano nonostante io abbia selezionato l'inglese per effettuare la transazione. Se al posto mio ci fosse stato uno straniero che non parlava italiano magari si sarebbe fatto addebitare il costo del biglietto senza poi poterlo ritirare! 


Per rasserenarci ecco un paio di bei libri sui treni del tempo che fu!




24 December 2012

Immondizia a Roma, 1753-2012

Targa murale del 1753, Roma
Si trova in Via dei Cappellari
ed ecco il 2012, in alto a sinistra la targa del 1753

Passeggiata a Roma, nei pressi di Campo dei Fiori. Mi colpisce una targa posta sul muro oltre due secoli fa, per far divieto di buttare immondizia per strada. Si promette di mantenere il segreto per i delatori. E si minacciano multe e punizioni corporali per gli sporcaccioni che venissero condannati. I padroni sono responsabili per i loro servitori ed i padri per i figli.

Ecco qui nella foto, oggi 24 dicembre 2012, quello che si vede proprio sotto la vecchia targa.

Forse sarebbe il caso di rimettere in pratica questo editto del Monsignore presidente delle strade. O forse chissà, non è mai stata abolita, bisognerebbe solo applicarla.

12 November 2012

Recensione libro: In Pace e in Guerra (2004), di Enrico Mannucci, ****

Sinossi

I mezzi d'informazione propongono quotidianamente scenari di guerra, convenzionale e non, che richiedono l'utilizzo di forze speciali e quelle di più vasto impiego. Questo libro presenta un quadro completo dei reparti destinati a intervenire con varie funzioni nei diversi teatri di operazione che la cronaca propone. L'autore ne descrive la storia e l'evoluzione nel tempo, la struttura e l'organizzazione, i particolari compiti operativi nei quali ciascuno viene impiegato, l'addestramento, le armi, le attrezzature, oltre agli episodi più significativi o particolarmente drammatici in cui essi sono stati coinvolti, dalla Bosnia al Kosovo, fino a Nassiriya. Con un intervista a Francesco Cossiga.


Recensione

Un libro essenziale per saperne qualcosa di più sui reparti speciali delle forze armate italiane. Narrato con passione ma senza eccitazione, con conoscenza dei dati, delle persone, dei fatti. Ottimi i racconti delle esperienze sul campo ma anche i riferimenti storici.


01 September 2012

Film review: Mondovino (2004) by Jonathan Nossiter, **

Synopsis

Filmmaker Jonathan Nossiter, who loves wine, looks at the international wine business. He offers his personal view of how business concerns and the homogenisation of tastes around the world are changing the way wine is being made. 

Review

The movie is good in that it points the finger to a phenomenon that is pervasive in the world of wine, as it is in every aspect of our life: globalization. The director's thesis, which he does not spell out but appears clearly, is that this is a bad thing. I, on the contrary, think it is a good development for wine, mainly because it allows for greater choice.

Far from homogenizing the taste of the world's wines, globalization is making any wine, in any style, available everywhere in the world, and this gives each of us a chance to choose what we like, how much we want to spend.

He implicitly accuses Robert Parker (whom he interviews) to be in cahoot with American business, while in fact parker has been very beneficial to French wines and Bordeaux in particular. He received countless awards from France, including from the president of the Republic.

Nossiter is tricky as he often hides his camera and films without the subject being aware. That is not correct in my view, even for a documentarist.

He is also political, but out of context. He underlines how a mayor of a French town who rejected American money to invest in the local vineyards was a communist (good) while Italian nobles who accept to work with the same Americans has grandparents who supported fascism (bad). I find some of these people who live in their past rather disagreeable, but that says nothing about their wines. How totally irrelevant.

Finally, he never misses a chance to film any dog that happens to be in front of his camera. For example when he interviews Parker he goes at great length to emphasize how his dogs fart a log, and that is really too much. 

Today, no matter what Nossiter says, we have more diversified and better quality wines around the world than ever before.

Here is another good review of this film I agree with by Decanter.

See my other reviews of film about wine here in this blog.


 

15 August 2012

Giorgio Perlasca (1910-1992): history, books, films.

Today is the twentieth anniversary of the death of Giorgio Perlasca. See his website in Italian. It is surprising to me that someone who, alone, has done so much for so many should still be relatively unknown, especially outside of Italy and perhaps Israel. Perlasca saved over five thousand Jews, far more that Schindler did with his "list" of Hollywood fame.

Anche in Italia indifferenza per la sua morte, con un funerale disertato dalle maggiori autorità politiche, anche locali. Un altro caso di come il nostro paese trascura i suoi eroi. Quelli veri, non quelli costruiti in televisione e in certi libri di storia.

Puoi comprare il box con due DVD in italiano qui




Unfortunately this film is not available in English.

Il film è tratto da materiale contenuto in questo libro:




Altri libri su Giorgio Perlasca sono disponibili qui.

10 April 2012

Recensione film: Il Portaborse (1991) di Daniele Lucchetti, ****

Sinossi

Giovane ministro corruttore cinico, arrogante, dinamico, fintamente colto scopre in un giovane professore di liceo del Sud l'uomo adatto a scrivergli i discorsi e a dargli l'imbeccata per dichiarazioni e interviste.


Recensione

Una storia scritta al crepuscolo della della prima repubblica italiana, nel 1991, ma putroppo mai divenuta obsoleta! Alcune scene di grande efficacia che lasciano immaginare quello che può veramente succedere in situazioni simili con politici veri. In senso più lato ci dà una visione del trasformismo italiano, dove cambiano i nomi dei potenti ma non cambiano i metodi che questi, ciascuno al momento del suo turno, usano. Il portaborse è una parola che in Italia è tutto un programma, per la destra, la sinistra, la prima repubblica e la seconda! Per me uno dei migliori film sulla politica italiana.

Puoi comprare il DVD qui:


04 February 2012

Neve a Roma

Evento straordinario, era dal 1986 che non c'era una nevicata così. Nella mia vita me lo ricordo due o tre volte. Forse qualche volta non c'ero quanto è capitato.

Triste vedere come sia stata meschinamente politicizzata, pro e contro il sindaco Alemanno. Certo è che come al solito Roma non era preparata, non si può girare né con mezzi pubblici né con quelli privati. Uffici chiudono presto, tutti a casa. Qualcuno se ne compiace, gli fa piacere non dover lavorare senza perdere lo stipendio. Magari andare a tirare palle di neve con i figli.




11 November 2011

Glass and gondolas in Venice


Murano glass taking shape
Early start of the day in Venice. I am here for a photo workshop and we are off to catch the sun rise by the dock of the ferry to Murano, where Stefano has talked to his brother in law who owns a glass shop. We will have the privilege of being let into the shop while the dozen or so glass blowers are working to make the glass masterpieces which make Murano famous.

About a dozen artisans are blowing glass today, all Italian men plus a young and very thin French lady who has moved here six years ago to learn the trade. It seems that with 8% "unemployment" in Italy we need to import tall young girls from Burgundy to keep the magic of Murano glass alive! She follows closely each and every move of the senior master, who sometimes holds her hand in a fatherly fashion to guide her through the moves that transform sand into glass masterpieces.

The atmosphere is magic. In the middle of the shop a huge furnace radiates intense heat, and all around skilled workers dance with their red-hot glass at the end of a steel pole, blowing, cutting, chiselling, attaching gold leaves, shaping and reshaping their creations.

We leave the shop after two very full hours and take the ferry back to Venice, where a lineup of "spritz" is waiting for us at a local bar. They will be followed by delicious cicchetti for a true Venetian lunch by Rialto. I was afraid to run into a tourist trap, of which there are too many in the neighborhood, but ended up in a delightful little restaurant for a very special treat.

Fixing gondolas
The day then continues with a visit to  "squero" of San Trovaso, a shop where they build and maintain gondolas, the trademark boats of Venice. Again thanks to the good offices of Stefano we are welcomed into one of a handful of workshops where this ancient art is kept alive by a bunch of skilled masters.

As one of them shows us the tools he explains that a gondola costs about thirty thousand euro as it comes out of the carpenter's shop, with no accessories, decorations, or anything one would call an "optional" in a car. It can be twice as much when it hits the water with all its bells and whistles installed. There are only 420 licensed gondolas in Venice and licences are impossible to get unless you are well connected into the inner circles of the city and come from a family of gondolieri.

This squero can only make two new gondolas per year, and spend most of its labor time on maintenance. I had the good luck to witness some of this work today, one master was pushing special straw thread in the crevices between the long beams of a gondola to improve its water tightness. As the sun sets, a gondoliere arrives at the squero to deliver his gondola for repairs. Everyone gives a hand to raise it from the water, and after a first inspection a workplan is agreed upon. It's time for us to say farewell, and head off to town for a dinner of polenta with cuttle fish in its black ink sauce...

12 September 2011

In treno in giro per l'Italia

La settimana scorsa ho deciso di prendere il treno per andare da alcuni amici a Vicenza. Aperta la pagina delle prenotazioni di Trenitalia ho indicato le stazioni di partenza e di arrivo, Roma e Vicenza, e ho scelto data e ora per il mio viaggio. Per un biglietto Frecciargento di prima il prezzo era di 116 Euro. Non proprio regalato, i prezzi dei treni sembrano ormai paragonabili a quelli degli aerei. A titolo di paragone sono andato a vedere quanto costano biglietti simili in altri paesi, sempre in 1a classe. In Francia Parigi-Bordeaux costa dai 40 ai 75 euro, un affare. Per la verità in Germania sembra il treno costi ancora di più, Francoforte-Monaco si vende a 140 euro. In Inghilterra da Londra a Newcastle costa sui 150 euro. In Spagna da Madrid a Barcellona si pagano dagli 80 ai 210 euro a seconda del servizio. Ma andiamo per ordine e cominciamo dall'inizio: la prenotazione.

03 August 2011

Il mercato dei libri in Italia: poveri noi lettori di libri, "protetti" dalla nuova legge sugli sconti.

Il parlamento italiano ha approvato, con nefasto consenso trasversale, una legge che regolamenta il prezzo dei libri, il "ddl Levi 2281-B", dal nome del primo firmatario. Solo i radicali si sono pilatescamente astenuti, tutti gli altri hanno votato a favore. E allora vediamo un po' in cosa consiste questo capolavoro normativo che ha messo d'accordo tutto il parlamento.

05 June 2011

Lo sfigavventurista

Viaggiare non serve tanto a scoprire nuovi paesi, scrisse una volta Proust, ma a cambiare il modo con il quale si guarda al proprio. Ed è proprio vero, nei miei viaggi ho avuto modo di conoscere l’Italia, anzi gli Italiani, come mai mi era capitato prima, sia perché in Italia avevo vissuto sempre e solo a Roma, sia perché ho passato gran parte della mia vita all’estero.

Per questo motivo ho fatto per anni l'accompagnatore di gruppi di turisti italiani.

Infatti, un pregio impagabile di viaggiare con gruppi di italiani è che essi fungono da grande pentolone, dove si fondono le realtà più disparate del nostro belpaese, un vero “melting pot” direbbero in America. Nei miei gruppi ho avuto la fortuna di dividere camere, bus, jeep, tuk tuk, risciò a pedali, aeroplani, piroghe, e naturalmente tavolate imbandite con partecipanti provenienti da quasi tutta Italia, di tutte le età, delle professioni e mestieri più disparati, con retaggi culturali e sociali diversissimi fra di loro. Questo mi ha arricchito forse quanto aver conosciuto i paesi che ho visitato.

Purtroppo però, i gruppi di italiani sono spesso anche un ricettacolo per annoiati, separati, stufati, mollati, scaricati, e sfigati vari che ricorrono al gruppo perché gli è venuta a mancare la fonte di sostegno primario nella vita di coppia, o in famiglia, e non sanno o non vogliono organizzarsi viaggi per conto proprio, o che comunque sperano di trovare nel gruppo quanto serve a sostituire il sostegno perduto altrove.

Questo tentativo patetico trasforma il curioso viaggiatore in un ridicolo avventurista, sfigatello, tristanzuolo, un po’ depresso forse e qualche volta, a seconda dei casi, anche un po’ irascibile... uno sfigavventurista! Questo è stato, in parte, anche il mio caso personale, dunque con cognizione di causa esorto noi tutti a voce alta... siamo viaggiatori, non sfigavventuristi! Lo svigavventurismo: se lo conosci, lo eviti; dunque, cerchiamo di capire di cosa si tratti.

Com’è fatto uno/una sfigavventurista? Proviamo a descriverne le caratteristiche fondamentali, sono sicuro che ne avrete incontrati nei vostri gruppi. Non importa da quale parte d’Italia venga, che età abbia, o che professione eserciti, ci sono caratteristiche comuni che rendono giuristi e garagisti, analisti e anestesisti, commercialisti e camionisti, psicanalisti e parquettisti, estetisti ed elettricisti... semplicemente sfigavventuristi!

Lo sfigavventurista è innanzitutto un esteta, infatti trova sempre l’aggettivo giusto per definire le caratteristiche dell’oggetto del suo osservare, che sia esso un complesso architettonico o archeologico (“bello!”), un bambino denutrito che si rotola nel fango (“bellissimo!”), un tramonto infuocato (“molto bello!”), un cane randagio che gli lecca le scarpe (“bellino!”), uno spettacolo di danza folklorica (“bello bello bello!!!”).

Lo sfigavventurista è animalista, dunque vuole che gli animali siano sempre trattati bene. Si oppone quindi fermamente alla caccia ed alla pesca (poi però si mangia carne e pesce, nonché ovviamente le uova) e crede fermamente che tutte le vite degli animali debbano essere rispettate (poi però stermina senza pietà zanzare, bacarozzi, ragni e quant’altri animali, soprattutto quelli che hanno avuto la sventura di essere poco valorizzati da Walt Disney nei cartoni animati, si cerchino onestamente di procacciare il cibo nei suoi paraggi o sulla sua cute). Questo nei casi migliori, un po’ di ipocrisia ma alla fine il buon senso prevale.

Nei casi peggiori lo sfigavventurista vorrebbe salvare la vita non solo agli scarafaggi che si aggirano nei suoi bagagli o alle mosche che banchettano sul suo panino, ma anche ai parassiti più pericolosi come come per esempio le locuste che a miliardi divoravano

Lo sfigavventurista è politicamente impegnato, è un idealista; spesso, è comunista. Oppure è stato comunista in passato, o simpatizza in qualche modo con i comunisti, o quantomeno pensa che il comunismo non sia stato una delle più grandi sciagure che abbiano afflitto l’umanità (come pensano quasi tutti i poveretti nei cui paesi è stato sperimentato), ma semplicemente che non sia stato ancora messo in pratica come si deve, ma che un giorno sicuramente lo sarà, magari in Italia. A Cuba, in due settimane, avendo chiacchierato con decine di persone, non ho incontrato neanche un comunista cubano, ma in compenso ne avevo tre o quattro italiani nel gruppo che accompagnavo.

Come corollario di questo credo, lo sfigavventurista pensa che tutti i mali del mondo, a parte gli uragani ed i terremoti, siano da attribuire all’America o alle multinazionali – e alle multinazionali americane in particolare. Ma anche gli uragani ed i terremoti, in quanto riconducibili a cambiamenti climatici e smottamenti tettonici causati, rispettivamente, dall’inquinamento delle multinazionali e dagli esperimenti nucleari, sono, forse forse, colpa degli americani pure loro...

Lo sfigavventurista è arrivista... infatti quando si arriva in albergo, in campeggio, in lodge, si precipita per arrivare prima ad accaparrarsi la camera migliore. Ho imparato a farmi dare tutte le chiavi dalla reception e poi distribuirle io. In bus si piazza sul sedile più comodo e se riesce a farla franca occupa quello accanto a lui con lo zaino. I peggiori li incontri in barca, quando sgomitano per infilarsi nella cabina più comoda. Ho imparato a visionare prima io la barca e poi assegnare le cabine, magari con sorteggio.

Lo sfigavventurista è un igienista, infatti durante il viaggio si lava tutte le settimane, ovunque si trovi nel mondo, spesso anche con il sapone e a volte persino con lo shampoo – preferibilmente non prodotto da una multinazionale. Inoltre si cambia la maglietta almeno con la stessa frequenza con cui si lava, per cui non lascia mai che il lezzo del suo sudore si spanda per distanze superiori ai 100-150 metri (in assenza di vento ovvio, ma se c’è vento e questa distanza dovesse aumentare che colpa ne ha lui/lei?).

Lo sfigavventurista è materialista. Lesina a spendere un euro in più per mangiare meglio, o per dormire in un albergo senza pidocchi, ma non esita a sfornare bigliettoni a palate per farsi abbindolare dal primo bancarellaro di turno al "mercatino tradizionale" del paese per portarsi a casa paccottiglia finta, falsa o Made in China.

Però lo sfigavventurista è materialista solo per quanto lo riguarda personalmente, non per gli altri. Quando vede un paese in via di sviluppo che abbandona le stufe a carbone in casa per quelle a gas si dispiace perché si perdono le tradizioni. Quando vede tetti di plastica ondulata sostituiti da tegole si rammarica perché erano così carine. Quando vede case di mattoni dove prima erano di mattoni di fango si dispera perché snaturano il paese.

Quando poi vede antenne paraboliche, lui che a casa guarda la televisione tutti i giorni, si strappa i capelli perché, oltre a deturpare il paesaggio, sono canale per contaminazione culturale dall'Occidente (e soprattutto dagli americani).

Per non parlare delle antenne della rete cellulare: lo sfigavventurista, dopo aver finito di mandare messaggini a casa in Italia, maledice chi ha autorizzato questo stupro della natura, che oltretutto rende i ragazzi dipendenti dal telefonino ed impedisce il contatto diretto tra le persone del villaggio.

23 September 2010

Recensione: Filippo Tommaso Marinetti. Invenzioni, avventure e passioni di un rivoluzionario (2010), di Giordano Bruno Guerri, *****

Sinossi

Dopo il Rinascimento, la creazione culturale italiana più originale e importante è stata il futurismo: avanguardia di tutte le avanguardie del Novecento, ha cambiato per sempre il modo di intendere l'arte e il rapporto arte-società. Da non molto la critica ha cominciato a riconoscere la forza dirompente di questo movimento che nel 2009, centenario del Manifesto, ha avuto la sua apoteosi, in un diluvio di mostre, studi e celebrazioni. Eppure si continua a trascurare la figura e l'opera del geniale inventore del futurismo. Filippo Tommaso Marinetti ebbe una vita affascinante di artista e rivoluzionario.

Lancio del manifesto futurista su Le Figaro, 1909
Nato nel 1876 a Alessandria d'Egitto, fu poeta, editore, romanziere, saggista, oltre che uno straordinario provocatore, dissacratore e motore di cultura, in ogni ambito. La sua capacità di scoprire e suscitare talenti non ha pari. Per sostenere il futurismo, disperse il patrimonio di famiglia, ma una sua caratteristica peculiare fu essere un uomo felice, cui non venne mai meno l'entusiasmo. Seduttore dalle mille avventure, ebbe un lungo e appassionato matrimonio con Benedetta, pittrice e scrittrice futurista. Fra i tanti luoghi comuni che questo libro smentisce c'è quello del "disprezzo della donna", che in realtà Marinetti voleva emancipare fino a metterla alla pari dell'uomo. In politica fu sostanzialmente un anarchico: anche nello stesso pensiero anarchico, perché considerava la Patria più importante della libertà.


09 March 2010

Partire, tornare o ...viaggiare? Ali e radici della mia vita fino ad ora.

Vivo a Bruxelles. Perché? Ne parlavo con il mio amico Marco De Andreis, che ci ha vissuto anche lui fino a qualche anno fa. Forse me ne andrò un giorno, ma non sarà, credo proprio, per tornare a Roma come ha fatto lui. Come Marco, anche io detesto Roma quando ci sto. A differenza di lui però, la continuo a detestare anche quando non ci sto.

Quando ci vado mi spazientisco per mille ragioni, e non vedo l'ora di ripartire. Il momento più bello delle mie visite è la corsa in taxi o trenino verso l'aeroporto. Allora mi rilasso, e penso che anche questa volta l'ho sfangata. Bruxelles, si capisce, non ha neanche un centesimo dei tesori d'arte di Roma, e neanche il sole, e neanche i prodotti freschi al mercato a prezzi bassi, e neanche il mare caldo d'estate a pochi chilometri di distanza d'estate, e neanche le montagne per sciare a pochi chilometri di distanza d'inverno e neanche la pajata, l'amatriciana e la coda alla vaccinara.  

E allora? Perché preferirla? Perché Bruxelles è più ordinata, vivibile, culturalmente attivissima, a dimensione d'uomo, e soprattutto cosmopolita quanto Roma è provinciale.

Insomma sono destinato a restare un emigrante per sempre? E perché no?

Ho passato dieci anni negli USA, cominciando con quattro alla School of Foreign Service della Georgetown University dove ho conseguito con la lode una laurea in relazioni internazionali (studiando politica, strategia, economia, diritto internazionali, allora in Italia non esistevano università che se ne occupassero).

Durante quel periodo passai anche alcuni mesi in Polonia, quando c'era il comunismo, e li racconto in questo libro.

A quel punto mi sono convinto che quanto avevo appreso negli States sarebbe stato utile al mio paese (vero) e quindi apprezzato dai miei compatrioti (non sequitur). In Italia, sul piano professionale, ero oggetto di invidia e non di stima e tanto meno di ammirazione.

Andai all'università di Roma per farmi riconoscere il titolo di studio, ma con la mia laurea un arcigno professore della facoltà di Scienze Politiche mi disse che poteva iscrivermi al terzo anno. Cominciamo bene, mi dissi, ma non mollai.

Tornai in USA e dopo sei anni al M.I.T., completai un corso di Dottorato di Ricerca (Ph.D.) in studi strategici (anche questi, allora, non c'erano da noi). Nel frattempo avevo lavorato - cosa che gli studenti universitari in America fanno sempre, anche se non ne hanno bisogno - prima con mansioni più semplici e poi via via come assistente, ricercatore ed infine insegnante.

A 26 anni di età tenevo al M.I.T. il primo corso universitario tutto mio sulla proliferazione nucleare, con nome, cognome e stipendio miei. Mi invitavano a conferenze in tutta America,  pubblicavo i miei primi articoli (con il mio nome e cognome, mai e poi mai un professore si sarebbe sognato di metterci il suo). Già prima di finire il dottorato ero, per così dire, entrato nel giro, e da solo, senza conoscenze, parentele o amicizie con chicchessìa.

Decisi comunque di riprovare in Italia. Non presso l'università pubblica, dove non avevo alcuna speranza di entrare nelle roccaforti del baronato, ma in una fondazione privata. Insistendo molto riuscii ad  intrufolarmi per la porta di servizio nel principale istituto internazionalistico italiano, l'istituto Affari Internazionali, dove imperava ed impera ancora (2010) un'oligarchia ferrea ivi installatasi alla fine degli anni sessanta (sì, sessanta!). Apprezzavano il mio lavoro e mi pagavano benino, ma ero sempre il ragazzo di bottega da tenere, appunto, in bottega, e non il giovane collega da lanciare in pista.

Cercai appigli anche presso altri centri di studio, che però in Italia erano di due tipi: alcuni legati a personalità singole, solitamente geriatriche, anzi direi da museo di storia naturale. Una volta presso una fondazione politica romana intestata a Ugo La Malfa, un dirigente ultra settantenne, ex ministro, mi disse che stava alla loro generazione prendere le decisioni importanti, non ai quarantenni idealisti che pretendono di cambiare il mondo. Non potevo credere alle mie orecchie, ma ci dovevo credere.

Mi veniva da pensare che in realtà il mondo negli ultimi decenni lo hanno cambiato i trentenni se non i venticiquenni: Bill Gates, Steve Jobs, Tim Berners-Lee, Jeff Bezos negli anni ottanta e novanta e Jim Wales, Larry Page, Sergey Brin, Mark Zuckerberg e loro simili più recentemente. Avrei dovuto dirlo al vecchietto ex ministro, ma mi trattenni.

Altri centri studi erano invece legati a filo doppio ai partiti politici, con una loro linea ben precisa di politica estera. Né dai fossili né dagli apparatchiki ebbi mai la possibilità di pubblicare. Qualche volta andai in televisione come “esperto”, ma solo perché avevo un amico alla RAI, non perché qualcuno apprezzasse quello che avevo da dire.

Provai anche presso una prestigiosa università privata di Roma, la LUISS, ma un altro ultra settantenne che teneva corsi nelle mie materie mi offrì un contratto di insegnamento che mi pare si chiamasse "integrativo": in pratica il professore di ruolo decideva il curriculum, faceva un paio di lezioni, restava titolare del corso e prendeva quasi tutti i soldi, mentre io avrei dovuto fare tutto il resto: lezioni, esami, colloqui con gli studenti ecc.

Dovunque ero considerato il “junior”, il ragazzino di bottega. Dopo un po' di anni di questa deprimente trafila ero pronto a ripartire.

Feci un concorso di medio livello per il segretariato internazionale della NATO, lo vinsi e mi trasferii a Bruxelles. Ci passai oltre sette anni e ne fui gratificato, professionalmente ed economicamente, anche se il lavoro col tempo diventava ripetitivo. Poi siccome allora i contratti dei funzionari erano tutti a tempo determinato dopo due rinnovi mi rimisi a cercare. Provai a restare alla NATO. Per superare la routine feci vari concorsi per posti un centimetro più alti di quello che avevo, ma siccome a quel livello la cosa diventava politica, ed io dietro di me avevo un non-paese che non mi sosteneva, non ci riuscii. Mi disturbava vedermi passare davanti stranieri meno capaci di me solo perché i loro governi, i loro ministeri, si davano da fare per sostenerli ed i miei no.

Ebbi comunque varie offerte di lavoro, soprattutto nel settore privato (da tedeschi, americani, perfino indiani, ma mai da italiani) che mi hanno continuato a trattenere qui a Bruxelles. Che non sarà un capolavoro architettonico o urbanistico, ma ci si sposta abbastanza facilmente, si parcheggia ovunque e le macchine si fermano al semaforo rosso e alle strisce pedonali, che puoi attraversare ad occhi chiusi... 

E poi è una città che si trasforma, vive. Molte brutture degli anni sessanta stanno sparendo per dar spazio a moderni palazzi di indubbio gusto e funzionalità. Come del resto vivono e cambiano le grandi città: Parigi, Londra, Berlino, non Roma.

Morale: ho fatto male a lasciare gli States? Professionalmente sì, di sicuro. I miei compagni di università del M.I.T., anche europei, che sono rimasti là, magari diventando cittadini americani, sono professori, amministratori delegati, ambasciatori, direttori di istituti. Ci tornerei? Non credo, non mi piacciono le minestre riscaldate. E poi da “junior” che ero, in quattro e quattr'otto ormai sono diventato un “senior”, anzi di più, insomma troppo vecchio per ricominciare una carriera. Non so come ma non ho mai avuto l'età giusta! 

Non ho figli, che io sappia, ma se ne avessi gli consiglierei di guardarsi bene intorno tous azimouts prima di decidere alcunché. Di imparare svariate lingue straniere. In Italia siamo un disastro con le lingue e la cosa ci danneggia enormemente. E poi di non fermarsi mai troppo tempo nello stesso posto, né geografico né professionale. Di essere curiosi ed avere il coraggio di rischiare ma senza fare i Don Quixote della situazione e meno che mai i Sancho Panza.

Restare per sempre a Bruxelles dunque? Forse, anche se dopo quindici anni si è esaurito un po' l'effetto novità, la curiosità. Ma allora dove? Potendo scegliere, andrei in Asia, in una cultura diversa, ricca, nuova e per questo stimolante, in un paese che si stia costruendo un futuro, possibilmente democratico, e che non viva del fatto che i problemi non si risolvono “si pperò noi c'avemo er Colosseo”. Se avessi uno straccio di spunto, una opportunità lavorativa, una partner, lo farei subito. Tanto la pasta c' 'a pummarola 'n coppa, grazie alla globalizzazione, si trova dovunque. E forse lo farò comunque, anche senza lo spunto. Per invecchiare lì?

Non necessariamente, e qui vengo alle considerazioni finali: si parla tanto di identità, di radici, ma io non sento veramente di averne: sono italiano, ma mi sento anche molto americano, un po' scandinavo, un po' mitteleuropeo. E c'è tanto mondo da godersi nei così pochi anni che ci stiamo. Penso che potrei diventare anche molto indiano o cinese col tempo. In fondo il futuro è in Asia orientale, che piaccia o no.

Per poi magari andare a morire su qualche isola tropicale - tanto oggi c'è internet e di Robison Crusoe non ce ne sono più, e si può fare quasi tutto quasi dappertutto. E meno male.

Più che radici, preferisco avere ali.

15 November 2009

Concert: Sacrificium, by Cecilia Bartoli, *****

Today I went to listen to Cecilia Bartoli at the Brussels Bozar. One of the most powerful voices on the planet. This project is about XVIII century music written for "castrati", young males who were castrated before puberty to keep their voices from maturing into full male voices.

A stunning performance, she can not just sing but enthrall the crowd to with her flamboyant personality. She was clearly having fun! I was lucky enough to find a ticket close enough to her to feel my bones vibrate at her seemingly endless warble. Her technical virtuosity is almost painful to hear, one keeps wondering how she can keep going so long, so powerfully and so well without breathing. The concert hall was shaking. She sounds supernatural. Maybe she is. I think "Eyebags" put it very well here in this blog.

13 November 2009

Recensione film: Dallo Zolfo al Carbone (2008), di Luca Vullo, *****

Sinossi

La storia e le sofferenze degli emigranti siciliani in Belgio che il giovane regista Luca Vullo ha voluto raccontare in Dallo zolfo al carbone, documentario di 53 minuti che prende spunto dal Patto Italo-Belga del 1946, accordo firmato dal primo Presidente della Repubblica Luigi Einaudi che con questa astuta mossa assicurava non solo un lavoro certo ai tanti disoccupati italiani, e nella fattispecie meridionali, ma anche una sicura fornitura energetica all’Italia in tempi di crisi post-bellica. La realtà dei fatti, quello che veramente è significato accettare quell’accordo, ci viene raccontata dalla viva voce, a volte rotta dalla commozione, a volte sorprendentemente energica, dei veri protagonisti della vicenda, coloro i quali nel dopoguerra erano bambini o ragazzetti e che, pane duro e coraggio, sono saliti su un treno e hanno raggiunto quelle preziose miniere di carbone.

07 September 2008

Visita a Aidone e Morgantina, Sicilia

Giornata in visita ai siti archeologici della zona.

Arriviamo con la mia amica L. a Piazza Armerina per ammirare i famosi mosaici della villa romana. Qui sono testimone del fatto che i mosaici delle sale accessibili erano resi quasi invisibili dalla polvere: i colori vivissimi delle tessere erano tutti di un beige smunto ed uniforme. Le guide autorizzate, alla testa di plotoni di giapponesi e altri turisti stranieri, si adoperavano come potevano per far venire fuori questi colori, per esempio gettandovi dall'alto dei camminamenti acqua minerale dalle loro bottiglie. Cadendo l'acqua umidificava, a chiazze irregolari, le maioliche, evidenziandone per alcuni secondi i colori... Uno spettacolo patetico.

22 August 2008

Recensione: La Quarta Sponda - La Guerra di Libia 1911-1912 (ed. 2007), di Sergio Romano, *****

Nascita e crescita dell'occupazione italiana in Libia
Sinossi

Considerata a lungo un episodio poco luminoso del nostro nazionalismo, la guerra italo-turca fu in realtà molto più complessa, e meno provinciale, di quanto possa sembrare. La vollero non solo i nazionalisti, ma anche i cattolici, buona parte dei democratici e persino alcuni socialisti. Per ragioni diverse suscitò consensi nella borghesia del Nord e fra i contadini del Sud. Giovanni Giolitti, allora primo ministro, la preparò forse controvoglia perché il Paese gliela chiedeva.

L'Italia che guardava alla "quarta sponda" come alla terra promessa andò alla conquista della Libia per ansia di riscatto, ma, attaccando l'impero ottomano, rischiava di riaccendere un braciere tutt'altro che spento, con focolai prossimi a nuove scintille (crisi marocchina e guerre balcaniche) e che sarebbe esploso, due anni dopo, nel primo conflitto mondiale.

Ho letto l'edizione del 2007 ma il libro è di esattamente 30 anni prima.


Recensione

L'Italia il primo paese ad effettuare un bombardamento aereo
Il libro è una descrizione puntuale degli avvenimenti che portarono alla conquista italiana della Libia, della campagna militare che ne seguì, e degli strascichi fino alla Grande Guerra, dove Italia e Turchia si ritrovarono di nuovo una contro l'altra. Il facile sbarco delle prime truppe, le alterne vicende dei combattimenti a terra, i negoziati di pace, il tutto viene trattato da Romano con la necessaria freddezza dello storico e con la meticolosità del ricercatore scrupoloso. Tantissimi i dettagli forniti, forse anche troppi da digerire per il lettore medio. Ma consola sapere che c'è tutto, o quasi, nel libro, che si legge con piacere ma serve anche da opera di riferimento cui tornare per rinfrescare la memoria.

Lettura piacevole ma che richiede un certo impegno e concentrazione, molto stimolante. Non molto utile invece il capitolo finale su Gheddafi, e destinato ad diventare obsoleto in breve tempo, al contrario del libro che probabilmente resterà valido nel tempo.

Utile anche un breve glossario alla fine, mentre come quasi sempre per i libri italiani manca un vero indice, c'è solo un indice dei nomi ed un sommario con titoli dei capitoli che comunque ne svelano il contenuto e facilitano la ricerca.