24 August 2017

Fullerton history and national gallery

Dopo un'altra sontuosa colazione di salmone e champagne al Fullerton Hotel, decidiamo di unirci ad un gruppetto per una visita guidata dell'hotel, che è uno dei 73 siti riconosciuti come monumento nazionale, di importanza storica oltre che architettonica.

Prende il nome da Robert Fullerton, uno scozzese che fu il primo governatore dell "Possedimento degli Stretti", come la Compagnia delle Indie di sua maestà britannica chiamò i possedimenti in sud-est asiatico di cui Singapore faceva parte.

Nel tempo è stato un ufficio postale, un club esclusivo, e poi, per nostra fortuna, un albergo di lusso. Non so quante volte ci alloggerò nella vita, ma ne vale la pena!




Pomeriggio alla National Gallery, una collezione di opere d'arte di artisti locali e internazionali. 





Colonna di libri, Museo Nazionale

Magic chair




23 August 2017

Singapore heritage and songs

Oggi visita al museo del "Retaggio di Chinatown" (Chinatown heritage) di Singapore, al centro di Chinatown. I cinesi sono circa tre quarti della popolazione, quindi il retaggio cinese della città-stato è di importanza fondamentale per capirne l'anima.

Si tratta di una vera casa in stile tradizionale, con il negozio a piano terra e le camere per dormire ai primo e secondo piano. Ci sono oggetti vecchi, se non proprio antichi, che ricostituiscono, tra gli altri mestieri, i locali di un sarto di un centinaio di anni fa. Mi fa piacere che anche allora erano apprezzati i prodotti italiani, in particolare cashmere.

sarto tradizionale cinese all'opera

Cena a Chinatown,  ristorantino di cucina hunanese (eh già siamo partiti da pochi giorni, già ci manca) con gamberi di fiume come piatto forte.

Finale di serata alla "Esplanade" per un concerto gratuito di due amici musicisti, Lim and Shak. Canzoni melanconiche, e più di tutte quella che racconta di una ragazza, con cui Lim aveva avuto una intensa relazione. Il problema è che Shak was in love with her too. Sfortunatamente un giorno la ragazza morì in circostanze tragiche, e l'evento funesto fece riavvicinare Lim e Shak che diventarono molto amici e colleghi sul palco.

22 August 2017

Asian Civilization Museum and Night Safari of Singapore



Today culture and nature. The Asian civilizations Museum of Singapore is a well-organized center of the celebration of art from the whole continent. Well-run guided tour with a volunteer guide.




Interesting fountain in Singapore

The day ends at the famous night safari, for which Singapore is famous. There is a long line, I think we waited almost an hour to get in, but it is worth the wait. After paying for the ticket you are driven on a small train to the zoo itself and start walking along the cages. All kinds of animals from around the world are shown here. It is my first (and probably last) time to see a leopard up close!

We were the last ones out, the guards politely waited for us and escorted us to see the last exhibits on the way to the exit.

19 August 2017

Hong Kong: Stanley, Aberdeen e Lamma

Oggi decidiamo di andare sul lato sud dell'isola di Hong Kong. Viaggio in taxi di una mezz'oretta, molto economico. Prima tappa Stanley. Lunga passeggiata sulla "boardwalk", un camminamento lungo il litorale che passa davanti a ristoranti e negozi, luogo di incontro di locali soprattutto in una bel sabato soleggiato come oggi. Fa caldo ma non troppo, veramente piacevole con la lieve brezza di mare che muove l'aria.

Un mercatino delle pulci non è di grande interesse, paccottiglia da due soldi e zero qualità. Dopo aver bruciato un quantitativo ragionevole di calorie ci fermiamo per un pranzetto all'aperto da Lucy, un ristorantino microscopico sul boardwalk da cui possiamo vedere il mare quasi a 180 gradi. Una fila infinita di navi portacontainer ci sfilano davanti ininterrottamente, Hong Kong, nonostante la concorrenza di Singapore e quella più recente degli altri grandi porti cinesi, rimare un centro commerciale di prima classe.

Lucy ci propone agnello e pollo arrosto, decidiamo di prendere entrambi e dividerceli. Ottimi, succulenti entrambi ed il pollo in particolare si presenta coperto da una pelle croccante, abbrustolita alla perfezione. Una birra belga, la classica Stella, servita ben ghiacciata completa un perfetto ristoro per 100 dollari HK a testa.

Più del pranzo ci costa, poco dopo, una noce di cocco che aprono davanti a noi, dicono che viene dalla Tailandia. Non è freschissima, forse il trasporto non è stato fatto a regola d'arte. Difficile trasportare cibi freschi a queste temperature immagino.

Un vecchietto con la chitarra canta senza interruzione per ore, sotto un albero. Non ha difficoltà ad intonare qualche canzone che gli chiedono i passangi. Soprattutto canzoni cinesi, ma anche americane, soprattutto Country and Western. Indice di Hong Kong cosmopolita. Gli metto molto volentieri qualche moneta nel cappello, e mi ringrazia con un cenno della testa.

Una signora che sembra una hippy venuta dagli anni sessanta del XX secolo sta sotto un altro albero e fa enormi bolle di sapone, i bambini che passano corrono per acchiapparle divertiti. Ma non vedo nessuno dei loro genitori che le allunga monete!

Verso metà pomeriggio prendiamo un altro taxi per Aberdeen, la principale città sul versante sud di Hong Kong. Il nome viede da George Hamilton-Gordon, 4° Earl di Aberdeen, già primo ministro britannico (1852-1855) ma è rimasto invariato dopo la restituzione di Hong Kong alla Cina, anche se pare molti locali la chiamino "piccola Hong Kong".

Prima della colonizzazione britannica Aberdeen si chiamava Hong Kong, è qui che il nome attuale dell'isola, che vuol dire "porto fragrante" ha origine. Infatti nei secoli arrrivavano qui dalla terraferma i tronchi tagliati di fresco di alberi di incenso (Aquilaria sinensis) destinati all'esportazione, che spandevano il loro proverbiale profumo in tutto il porto. I giapponesi, durante la loro breve occupazione durante la seconda guerra mondiale, si preoccupavano di cancellare i nomi inglesi e la chiamarono Moto Honk Kong, che vuol dire "origini di Hong Kong".

Passeggiata lungo il porto dove sono ormeggiate migliaia di barconi da pesca colorati. Lo chiamano il "villaggio galleggiante", la gente ci vive. Ci sono anche ristoranti.

Mentre scatto qualche foto una vecchietta sui 70 e oltre, forse anche 80, si avvicina a piccoli passi e, senza profferire parola, mi fa vedere un pezzetto di carta. C'è scritto, in inglese, a caratteri colorati, che lei è proprietaria di un "sampan" di legno e che ci potrebbe portare in giro per il porto. Mezz'ora per 60 dollari di HK, 100 per un'ora, a persona. Negoziamo 100 dollari per mezz'ora per tutti e due.

Mi siedo a prua per fotografare. Il paesaggio che ci si presenta è intrigante. Vecchi barconi di legno tradizionali riempiono gli angusti specchi d'acqua tra le banchine, e come sfondo una folta schiera di grattacieli di Aberdeen. Bei colori, saturati dal sole che comincia a tramontare. Incrociamo altre barche che portano in giro i turisti, tutte guidate da donne, ma la nostra vecchietta ci piace di più. Parla pochissimo, ogni tanto sorride, ma guida il suo sampan con sicurezza tra un molo e l'altro, seduta a poppa su una sedia che appartiene più ad un salotto che ad una barca, con la barra del timone in mano.

La nostra marinaia si destreggia abilmente tra le banchine, ci porta in lungo e in largo per il porto. Tante barche da pesca, mediamente alquanto malconce, e neanche troppo pulite, ma a loro modo affascinanti, portano alla memoria tempi andati quando i piccoli pescherecci erano la vita dei porti.

La prospettiva dal mare è ovviamente diversa, siamo più bassi e i grattacieli sembrano più alti. Passiamo davanti all'enorme ristorante galleggiante appropriatamente chiamato "Jumbo", dicono che si mangi bene ma io diffido di cucine che servono parecchie centinaia di persone alla volta.

Finito il giro la signora ci riporta al punti di partenza, si sta facendo tardi ma pensiamo di andare in traghetto a Lamma, un'isola poco lontana, conosciuta per i tanti ristorantini di pesce sul lungomare. Da lì torneremo a Central dopo cena. In teoria.

In pratica, il traghetto ci fa aspettare, e ne approfittiamo per fare due passi nell'adiacente mercato del pesce, che sta per chiudere. Come spesso, anzi quasi sempre in Cina, il pesce è tutto vivo, tenuto in bella vista in acquari di vetro pieni di acqua di mare e ossigenati da mille pompette che emettono un delicato fruscio di bollicine. Il cliente sceglie il pesce, che viene venduto vivo in una busta, oppure tramortito con un bastone di legno dal pescivendolo prima di essere pesato. Non mancano i crostacei, immagino di importazione, e i molluschi in conchiglie di ogni foggia a colore.

Il ferry per Lamma prende una mezz'oretta. Al timone un marinaio di larga stazza, con la barba incolta e la canottiera sdrucita. Fuma una sigaretta decisamente ripugnante. Anche piuttosto burbero quando mi avvicino e chiedo di fotografarlo. In realtà, infatti, lo trovo pittoresco, intonato al contesto di questo porto.

Arriviamo al molo di Mo Tat, nord di Lamma, e ci avviamo a piedi al ristorantino The Bay, con una gradevole terrazza sul mare. Il profumo di pesce fritto che si spande dal tavolo di una coppia inglese ci convince a cenare qui. Infatti la meta che ci eravamo prefissati, Yung Shue Wan Pier, dove mangiare per tornare a Central si trova ad oltre un'ora di cammino e rischieremmo di trovare tutti chiuso. E poi non è divertente passeggiare al buio sui sentieri bui che attraversano l'isola. Non ci sono auto in tutta Lamma, neanche taxi.

Non tutti i mali... la cena è ottima, pesce fresco e birra ghiacciata. Terrazza romantica, luna in cielo, onde che risciacquano la battigia, candela sul tavolo. Perfetto! 

Decidiamo di prendercela comoda e aspettare l'ultimo traghetto, alle 22.30, prima di tornare ad Aberdeen, da dove riprenderemo un taxi per Central. Sul molo, mentre avvistiamo lo stesso traghettino con il burbero capitano che ci aveva portati qui qualche ora fa, chiacchieriamo con due ragazzi locali. Sono molto presi dalla loro canna da pesca, vengono a tentare la fortuna qui perché le luci del molo attirano i pesci. Dicono che in genere ci scappa una cenetta di frittura. Mentre saliamo sul traghetto gli auguro buona fortuna, ne avranno bisogno perché finora non hanno preso neanche un pescetto!

17 August 2017

A spasso per Dalian: auto, museo e frutti di mare

Appena usciti dal nostro albergo ci imbattiamo in una estesissima fiera automobilistica all'aperto. Auto di tutti i generi, da piccole Volkswagen a mirabolanti Lamborghini. Non c'è la FIAT, anche se Fiat-Chrysler è rappresentata da alcune Jeep. Anche Maserati in bella mostra.

Piove a dirotto, si fa fatica a muoversi tra la folla per ammirare i modelli di automobili. La cosa più interessante per me però non sono le macchine, ma le persone. Migliaia e migliaia di cinesi che guardano, toccano, sognano e... comprano! Il paese delle biciclette è diventato il paese delle auto. E delle belle auto, nuove, efficienti, belle. Si vedono tante belle auto a Dalian. Mi veniva da pensare che per un paese di recente sviluppo, che fino a 30 anni fa nelle strade mostrava solo biciclette agli stranieri che alzavano il sopracciglio, sarebbe stato normale vedere auto economiche, usate, vecchiotte. E poi magari dopo un po’ di tempo auto più costose. Ma l'impressione è che la Cina abbia fatto un "grande balzo in avanti" come avrebbe detto Mao: dalle biciclette alle automobili di prima scelta.

I soldi non mancano. Camminando passo davanti ad una banca e ne vedo uscire una mezza dozzina di militari in tenuta da combattimento, forse sono guardie della sicurezza ma le uniformi sembrano militari. Circondano un paio di inservienti che trasportano alcuni sacchi su una camionetta blindata, forse denaro contante, chissà? Un paio di secondi e la camionetta sfreccia via, seguita dagli armati in moto. Scena impensabile un paio di decenni fa.

E le motociclette elettriche, se ne vedono dappertutto, sfrecciano silenziose. Un paio di volte ho rischiato di essere investito perché non le senti arrivare! Sogno a occhi aperti il giorno in cui anche a Roma, o a Londra, o a Bruxelles, spariranno gli scoppiettanti motori 2-tempi, rumorosi ed inquinanti, per far spazio all'elettrico. Penso dovrò ancora sognare per un bel po’. Che tristezza.

Breve passeggiata fino al museo di Dalian. Molta arte tibetana, tangka, e molte fotografie storiche. Grandi manifesti con didascalie in cinese ed in inglese spiegano con meticolosità che i tibetani sono parte della grande famiglia della nazione cinese... of course.

La cosa che più mi incuriosisce nel museo è una grande collezione di pacchetti di sigarette degli anni 30 del XX secolo. Bella grafica e originale l'idea di esporli.

Un po' lugubri alcune grandi sculture sulle invasioni russa e giapponese di questa regione. Ne ho scritto a proposito della prigione di Lushun. 

Cena sul presto sul lungomare, a base di frutti di mare per i quali Dalian è giustamente famosa.  Lumachine di mare in agrodolce e spaghettini con cappesante sono i miei piatti preferiti di oggi, tra i tanti! La cucina qui offre sapori più moderati del sud, in Hunan, a casa. Poco piccante, anzi quasi mai. Combinazioni organolettiche in qualche modo più familiari per un italiano. Molto più grano per fare gli spaghetti e poco riso.

Shellfish noodles

Sea snails


16 August 2017

Prigioni, sommergibili e pentole di ferro nei dintorni di Dalian

Oggi il nostro amico Dong ci porta in giro per i dintorni di Dalian, andremo a visitare due siti molto speciali, inusuali per un turista: una prigione ed una base della marina militare.

La prigione di Lushan è un sito intriso di storia, un luogo triste ma che deve essere visitato. Non tanto per l'edificio in sé, che è insignificante dal punto di vista architettonico. E neanche per quella che è stata in passato la sua funzione. Ma una visita fornisce strumenti essenziali per capire il punto di vista cinese nei confronti dei due paesi vicini, Russia e Giappone, che hanno gestito la prigione oltre un secolo fa. E, più generalmente, la determinazione cinese a non accettare mai più di essere sottomessi, per non parlare di colonizzati, da potenze straniere che si erano approfittate della debolezza dell'ultimo impero Qing.

Infatti nell'edificio, oggi museo, impariamo come la prigione sia stata creata dai russi, che vennero qui con la forza ai tempi dello zar Nicola II, e ci imprigionavano i cinesi. Poi vennero i giapponesi, che cacciarono via i russi ma continuarono ad imprigionare cinesi. Si visitalo le lugubri celle, si impara degli strumenti di tortura.

Finita la visita ci fermiamo in una farmacia, ho un po’ di mal di testa e vorrei un'aspirina. La farmacia è pulita, ben organizzata e con alcuni cartelli in inglese che spiegano le medicine esposte sugli scaffali. Le medicine cinesi tradizionale e quelle che loro chiamano "moderne" oppure "occidentali" (che vuol dire sviluppate con il metodo scientifico) sono in reparti diversi del negozio. La Cina non solo ha accettato la medicina scientifica, ma contribuisce anche alla ricerca con i suoi modernissimi laboratori. Però resta diffusa la fede nelle medicine tradizionali, erbe ed agopuntura, e tanti cinesi, penso la maggioranza, si affidano all'una e all'altra.

Da quello che mi raccontano amici e parenti i cinesi negli ultimi anni usano troppe medicine. Un motivo potrebbe essere che i medici guadagnano una commissione ogni volta che scrivono una ricetta, quindi hanno un incentivo a prescrivere medicine (cinesi o "moderne") in eccesso rispetto alle reali necessità. 

Dati i miei trascorsi di analista militare e funzionario della NATO, la visita successiva è di grande interesse per me. Una base/museo della marina militare cinese. Il pezzo forte è un sommergibile, ormeggiato ad una banchina, che si può visitare pagando un biglietto. 

L'imbarcazione è stata costruita nel 1982 e solo recentemente radiata dai registri della marina per continuare la sua carriera come museo galleggiante. C'è una lunga fila per entrare, gira tutto intorno al mezzo che sta ormeggiato in una piccola darsena. Pare sia difficile avere i biglietti per oggi, ma il nostro tassista in qualche modo ci dice che può farci entrare, ed anche ad un prezzo scontato: 150 Rmb invece dei 180 del biglietto. Come farà? Però, ci avverte, non avremo un vero e proprio biglietto, di carta, da portare via come souvenir. Paghiamo i 150 Rmb ed abbiamo accesso alla fila. Ho pensato che probabilmente il tassista è amico del controllore dei biglietti, e si sono smezzati i nostri soldi. Non lo posso dire con certezza, so però che dopo due minuti eravamo in fila con tutti gli altri che avevano comprato il biglietto regolare. Va bene così, mai fare troppe domande.

Dopo una mezz'ora di fila, sotto un tendone che girava intorno al molo come un serpentone, salimmo a bordo tramite una piccola passerella posta a prua. Quindi seguì una camminata per tutta la lunghezza del mezzo, per uscire da una porta a poppa.

Potemmo ammirare i tubi di lancio dei siluri, le cuccette dei marinai, e la sala macchine. Interessante notare come, affianco alla cabina del comandante, indicata da una targhetta di ottone, ce ne fosse un'altra, la cui targhetta leggeva, in inglese e cinese: "Commissario Politico". 

Conferma di quello che già sapevo e che cioè in tutte le organizzazioni cinesi, comprese le strutture militari, la gerarchia di comando è sempre affiancata da quella del partito, cui spetta sempre l'ultima parola.

Usciti dal sigaro di ferro siamo indirizzati ad una parte del museo dotata di sistemi audiovisivi. Il più interessante è un simulatore. Ci siamo in circa 30 persone, in maggioranza giovanissimi, nello spazio volutamente angusto, dato che deve simulare come ci si sentirebbe dentro il ponte di comando di sommergibile. Si spengono le luci e negli "oblò" del sommergibile, che son tutto intorno a noi, si accendono le immagini degli schermi ad alta definizione. Parte il filmino...

Il sommergibile molla gli ormeggi e si avvia, in emersione, tra il tripudio della folla che saluta lungo la banchina, verso l'uscita del porto. A questo punto si immerge e nei monitor appaiono sfondi blu, pescecani, relitti di navi. Siamo in immersione.


Passa un minuto, forse due, ed il sommergibile risale a quota periscopio. Nei monitori si vede l’immagine della superficie del mare e poi, in lontananza, i profili di due piccole navi bianchissime con la bandiera giapponese e una scritta nera a caratteri cubitali sulla fiancata "JAPAN COAST GUARD". Chiaramente si sta facento riferimento alla contesa sino-nipponica sulle isole che i cinesi chiamano ... e i giapponesi .... Le isole, in realtà poco più che scogli, e completamente disabitate, 

Parte il video: il comandante del sommergibile cinese impartisce l'ordine di lancio dei siluri e la nave nipponica è prontamente affondata. Il sommergibile fa dietro front e torna in porto dove viene nuovamente accolto dal tripudio della folla fino a che... si riaccendono le luci e noi 30 spettatori usciamo per far posto al gruppo successivo.

Ho trovato questa esperienza istruttiva, non tanto per la dinamica degli eventi, prevedibile e banale, ma per capire cosa viene insegnato ai ragazzi cinesi sul Giappone. Giusto o sbagliato, il vicino del sol levante viene presentato come un nemico. O almeno come un potenziale nemico che viene facilmente sconfitto. Ho qualche dubbio sull'opportunità di questo tipo di approccio pedagogico. Mi chiedo cosa fanno i giapponesi con i loro simulatori.

Ci sarebbe anche un'altra sezione del museo, con molti cannoni ci dicono, ma possono entrare solo i cinesi, gli stranieri non sono ammessi. Peccato, mi sarebbe piaciuto. Il lato positivo di questa rinuncia è che andiamo finalmente a mangiare, Lifang ed io abbiamo una fame da lupi!

Il tardo pranzo è al ristorante Iron Pot Stew, Stufato nella pentola di ferro. Il nome deriva dal fatto che le pietanze sono servite, per l'appunto, in pentole di ferro, anche se c'è molto di più nel menù che stufato.

Al centro del tavolo rotondo c'è un grande buco, sul quale  si sistemano le pentole di ferro. Sotto carbonella accesa per cucinare e tenere in caldo il cibo. Cominciamo con pelle di pesce croccante, seguita da spezzatino di oca. Patate un po’ dovunque e spaghetti di farina di fagiolo. Quindi fagiolini verdi secchi e una specie di polenta. Altre carni e verdure che mi sono dimenticato di annotare completano il pantagruelico pasto. Sapori decisi ma non piccanti come al sud della Cina. 

Side car militare

L'ultima tappa dell'intensa giornata è al villaggio storico di Chuan Guan Folk. In Cina ce ne sono tanti, villaggi tenuti com'erano prima della modernizzazione, restaurati e ripuliti per far vedere ai turisti, e anche ai più giovani, com'era la Cina. Molto ben fatto, ci sono case, uffici, mezzi di trasporto, tra cui il mio preferito è un side-car militare dipinto di verde. C'è anche un rick-shaw a trazione umana, con cui mi diverto a scorrazzare un po’ Lifang per le stradine deserte. Siamo i soli visitatori, strano dato che alla prigione ed al sommergibile era pieno di gente.

casa a Chuan Guan village



15 August 2017

A spasso per Dalian: palpebre, pesce e parchi pubblici

Passeggiata sul lungomare,con tantissimi turisti cinesi ma pochi stranieri. Grandi alberghi di catene internazionali, svetta tra tutti lo Hyatt. C'è anche un centro sub, non pensavo si potessero anche fare immersioni qui. Adam ci porta a pranzo in un ottimo ristorante, Dalian è famosa per pesce e frutti di mare.a

Il taxi che ci porta fa la pubblicità ad uno studio di chirurgia plastica per un tipo di operazione molto di moda in Cina in anni recenti: si modificano le palpebre per far si che quando si aprono gli occhi facciano una doppia piega, come succede naturalmente alla maggior parte delle persone di etnia caucasica, noi bianchi per capirsi. Invece per qualche strano motivo, l'anatomia oculare cinese fa sì che quando loro aprono gli occhi la palpebra si ripieghi tutta nell'orbita, facendo vedere al massimo una singola piega. Un grosso problema, è ovvio, che va risolto con costose operazioni che possono rivelarsi anche rischiose. Mi è capitato di vedere palpebre deformate da tagli e punti di sutura mal riusciti.


Arrivati al ristorante, apprendiamo che la specialità di oggi sono crisalidi di baco da seta fritte al peperoncino.

Crisalidi di baco da seta fritte

Il mio piatto preferito però sono i ricci di mare in salsa di soia.

Ricci di mare in salsa di soia

In giro per la Piazza Xinghai (La Stella dell'Oceano), tante coppiette di sposini che si fanno il servizio fotografico. Grandissimo spazio, molta luce. 

Sposini

Campanile di San Marco a Dalian

Proseguiamo il giro della città in un parco vicino a Xinhai, uno bello spazio verde con tanto di laghetto e affitto di barchino a pedali. Tanti anziani in giro, chi gioca a carte (uomini) e chi fa lezioni di danza (donne) mentre in un largo spiazzo uomini e donne insieme seguono una semplice coreografia. Età media oltre i 70 di sicuro. 

Ammiro molto che ci sia questa abitudine per gli anziani, qui a Dalian ma l'ho visto anche in altre città cinesi. Invece che restare a casa a poltrire davanti ad una televisione, o lamentarsi con figli e nipoti che non si fanno mai vedere abbastanza, si viene tutti fuori con i propri coetanei a giocare e ballare.


 

Andiamo poi a visitare una grande isola pedonale, sempre sul lungomare. Piccole macchinette elettriche per spostarsi. Accanto ai soliti grattacieli di acciaio e cristallo che ormai fanno da cornice a tante piazza cinesi, ci sono anche costruzioni bizzarre, repliche di palazzi e torri europee: fra tutte svetta un campanile di San Marco veneziano in grandezza quasi naturale! Con tanto di canali tutto intorno e naturalmente gondole e gondolieri. Non può mancare naturalmente un Colosseo, questo però in scala ridotta, che come romano in trasferta mi gonfia il cuore d'orgoglio.

Colosseo di Dalian

Gondole di Dalian

Per cena andiamo a Zhong yuan (Le pianure centrali), strada famosa per, indovina un po', ... pesce e frutti di mare! Per fortuna che non ne mangio mai abbastanza, ne vado matto e mi piace tutto. La dieta un'altra volta.

Calamaro di Zhong yuan

La sera proviamo ad andare in un Jazz Bar ma è chiuso, il barman ci consiglia di andare in un altro locale presso il vicino Kempinski, ma c'è solo musicaccia trash e lasciamo perdere.

14 August 2017

More fun food!

Mattinata tranquilla, passeggiata e poi visita di nuovo all'Ecosystem, il complesso di ristoranti si chiama come il villaggio Yuan Jia Cun 袁家村)e si trova a 60km da Xi'an.

Calsìzone di manzo, tradizione halal

Si prepara la pasta

Piedi di maiale


13 August 2017

Xi'an Ecosystem


anatra in forno


Strisce di budino di sangue di anatra in zuppa piccante

Oggi giornata tranquilla dopo le lunghe visite di ieri. Due passi con la nostra amica Fang e poi andiamo a pranzo da "Ecosystem" un ristorante che consiste in una trentina di piccoli ristorantini riuniti. Si ordina e si mangia in ciascun localino e poi si paga tutto insieme. Ci sono tavoli per potersi sedere tra un ristorantino e l'altro. Il bello è che si può scegliere di assaggiare tante piccole pietanze, magari di cucine tipiche delle varie province cinesi.

Pomeriggio ancora un po' a spasso e poi con Fang a prendere un tè in albergo da noi e guardare le foto del tempo trascorso insieme a Londra.

12 August 2017

Esercito di terracotta

Torno a ispezionare l'esercito di terracotta di Xian, venti anni dopo la prima visita. Molto è cambiato. Non l'esercito, che sta sempre fermo lì, da 2000 anni, protetto dallo stesso capannone di venti anni fa. Ma c'è molta più gente, molta di più. L'ingresso/biglietteria è una specie di tritacarne con un'infinità di botteghini dietro i quali si allineano migliaia di persone con biglietto prenotato online. Per noi lo ha preso la nostra amica Fang, che ci accompagna molto gentilmente in auto ma poi ci dice che ci aspetterà fuori, ha visto l'esercito tante volte e potrà fare un po’ di telefonate mentre noi visitiamo.

Mentre siamo pazientemente in fila aspettando di obliterare il biglietto per accedere al primo dei tre capannoni mi passa davanti una vecchietta, una delle tante persone che cercano di tagliare la fila. Ci opponiamo con energia, dobbiamo difendere la posizione altrimenti non entreremo mai. Il concetto di fare la fila per entrare in qualunque posto, per fare un biglietto, per andare al bagno, è un concetto che in Cina, diciamo così, si deve ancora consolidare.

Una volta dentro mi torna alla memoria l'ammirazione per la gigantesca opera che già mi aveva compreso l'animo la prima volta. Un esercito di terracotta per accompagnare il primo imperatore che unificò la Cina. C'è chi dice che era un progressista, altri prima di lui si erano fatti seppellire con soldati vivi, in carne ed ossa, oltre a mogli e animali.

Negli enormi capannoni possiamo anche vedere archeologi all'opera, puliscono, disegnano, compilano dati, fotografano l'infinità di reperti che gli sono stati affidati.

Yang Zhifa nel 1998
Ci sono tre capannoni, ma gli scavi continuano. Non c'è più Yang Zhifa, o almeno non è qui oggi. Il contadino che insieme ai suoi fratelli scoprì per primo l'esercito mentre dissodava il campo, nel 1974. Fu fortunato, se la scoperta avesse avuto luogo qualche anno prima, quando la ferocia della Rivoluzione Culturale era al suo apice, avrebbe forse passato dei guai. E forse le guardie rosse avrebbero distrutto le statue, simbolo di un passato feudale che si voleva cancellare senza riguardo per storia, cultura o arte.

Venti anni fa lo avevo incontrato, e conservo con gelosia il libro che mi firmò di persona. Aveva appeso la vanga al chiodo, adesso il suo lavoro era di pennarello, per firmare ogni giorno centinaia di copie del libro in vendita al negozio del museo, con le fotografie e la storia della sua scoperta.

Gli scavi continuano, dicevo, ma la cosa che mi piacerebbe vivere abbastanza a lungo per poter vedere non tanto altre centinaia di soldati, bensì la tomba dell'imperatore Qin Shihuang, che si trova sotto una collina qui vicino. Ma i tecnici hanno paura che, aprendola senza le dovute attenzioni, si potrebbero irreparabilmente danneggiare i reperti, forse anche la salma imperiale. Meglio aspettare di avere tecnologie sicure, magari facendo prima scendere un robot, senza far entrare aria esterna.

Il sito è impressionante ma i soldati si vedono da una certa distanza. Ci sono tre livelli di balconata concentrici, come le tribune di uno stadio. Il primo, più in alto e più lontano dai soldati, è per il popolino, come me. Il secondo, più in basso, è per dignitari e ospiti d'onore.

Venti anni fa, quando ero qui, vidi arrivare una macchinona presidenziale e ne uscì fuori Massimo d'Alema, allora presidente del consiglio dei ministri italiano. Accompagnato da qualche funzionario, scese al secondo livello. Ero abbastanza geloso, ma in fondo lui era stato comunista, quindi è giusto che fosse premiato dal partito fratello cinese, mentre io lavoravo alla NATO, l'alleanza dei capitalisti! Il terzo livello è il piano dove sono i soldati, e vi sono ammessi soltanto pochissimi eletti, la crème de la crème nazionale e internazionale. Uno fu il presidente americano Ronald Reagan, che peraltro è stato un nemico giurato del comunismo fino alla fine dei suoi giorni.

Comunque per noi mortali il modo per avvicinarsi a soldati è il museo, dove alcuni esemplari sono esposti in bacheche di vetro.

cavaliere di terracotta

arciere in ginocchio

Finita la visita ritroviamo Fang e, sulla strada del ritorno verso la città, ci fermiamo a pranzo in un ristorantino locale, dove Fang insiste che proviamo quelli che chiama gli "hamburger cinesi": hamburger di carne di maiale serviti in piccoli panini rotondi. Niente male!

Ultima tappa il museo della civiltà Banpo, una civilizzazione neolitica di questa regione. Vediamo i loro strumenti, i resti delle abitazioni, pannelli illustrativi, tutto molto interessante. Strano, ma con una famigliola cinese siamo i soli turisti nel sito, ce l'abbiamo tutto per noi. Fortemente consigliato.

in compagnia di una coppia Banpo