21 March 2009

Nuotata con lo squalo balena alle Maldive

Lo squalo balena che ho fotografato ad Ari
Finalmente incontro uno squalo balena. Sono anni che cerco di farci un’immersione insieme, ma solo adesso ci riesco. Siamo all’estremità meridionale dell’atollo di Ari, in un punto dove spesso questi giganti del mare vengono a nutrirsi, o forse a riscaldarsi nell’acqua calda e poco profonda, ma ai confini con l’oceano aperto, cui possono facilmente ritornare senza doversi preoccupare di passaggi obbligati tra i banchi corallini. Impossibile saperlo con certezza, di loro sappiamo ancora molto poco. Comunque con loro si nuota solo in superficie, con maschera e boccaglio, niente bombole. Per non disturbarli troppo, si rischierebbe di infastidirli e sconvolgerne le abitudini. Finirebbe magari che sparirebbero dalla zona. E comunque trovarlo non è stato facile. La zona che bisogna battere è estesa per molti chilometri ed ovviamente non è possibile prevedere con precisione le abitudini di animali selvatici.

Le barche dei subacquei pattugliano lentamente su e giù per la costa dell’atollo, cercando di scorgere la caratteristica forma dello squalo che qui nuota a pelo d’acqua. Sulle isole si nota il cantiere dove stanno costruento un nuovo aeroporto regionale. Servirà a portare più rapidamente i turisti ai resort di Ari, senza dover ricorrere alle barche o ai microscopici aerotaxi idrovolanti. Per costruire la pista, che sarà completata nel 2011, sono state necessarie 37.000 tonnellate di sabbia. Il governo assicura che l’impatto ambientale sarà minimo e non deturperà l’ambiente sottomarino. Speriamo che gli squali balena che nuotano proprio qui accanto siano d’accordo.

Quando ne vedono uno, di solito i capitani delle barche se lo segnalano a vicenda, e si aiutano l’un l’altro a portarci i rispettivi clienti. Dopo ore di paziente attesa, ad un certo punto arriva la chiamata da un’altra barca e ci dirigiamo velocemente sul punto segnalatoci. Non c'è competizione in questo caso ma collaborazione, con il risultato che alla fine siamo in quattro barche a scaricare sul bestione una trentina di scalmanati alla ricerca di un incontro ravvicinato davvero speciale con il pesce più grande del mondo. Il quale se ne sta, beato ed incurante, a 4-5 metri di profondità, assorbendo i raggi del sole di mezzogiorno. Sarà lungo circa otto metri, un cucciolo per un animale che può facilmente raggiungere più del doppio della lunghezza. Procede lentamente, muovendo appena la coda con movimento sinuoso che sembra alla moviola. La parola «lentamente» per un grande squalo, però, non vuol dire la stessa cosa per un umano, ed infatti fatico moltissimo per cercare di nuotargli dietro, in superficie, con maschera, pinne, boccaglio e macchina fotografica, nella speranza di poter fare qualche fotografia da vicino. Alla fine ci riesco ma con grande affanno, e mi sento un po' ridicolo mentre lui, praticamente immobile, sgonfia la vescica natatoria e scivola verso l'abisso.

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20 March 2009

La scuola di Dhigurah, atollo di Ari, Maldive

Passeggiata su questa placida isoletta. Al mio sbarco dal gommone sono lì ad accogliermi sulla spiaggia un paio di piccoli pescherecci in riparazione. Pendono melanconicamente su di un lato, aspettando con pazienza che qualcuno venga a sistemarli per tornare in mare. Un enorme lucertolone, più simile ad un'iguana, fa fugacemente capolino da dietro un albero del pane accanto al quale una semplice altalena, due corde ed una tavola di legno, dondola tristemente vuota. Passo davanti ad una scuola, che però è vuota, infatti oggi è venerdì, il giorno di festa per i mussulmani. Posso comunque entrare a vedere. La struttura è ordinata e pulita, le aule sono disposte su due file con in mezzo un giardino tropicale colorato e molto ben tenuto, circondato da un muretto viola con in cima una banda blu scuro. Un paio di stanze sono attrezzate con batterie di computer moderni a schermo piatto, non hanno niente da invidiare alle migliori scuole di casa nostra, anzi. Certo sarebbe sorpreso Pyrard de Laval, che trovò che i bambini scrivevano le loro lezioni su tavolette di legno bianche, che fungevano da lavagnette su cui si poteva cancellare e riscrivere, oppure su fogli fatti con fibra vegetale intrecciate ed essiccate (un po’ come i papiri egiziani) per gli scritti in bella copia, definitivi.

Vicino alle aule si stende uno spazio aperto con bacheche alle pareti, sulle quali sono attaccati manifestini con poesie, pensieri e disegni dei bambini. Un disegno, opera di Imaadh, Firushan e Nafiz, mostra un grande e famelico drago, con un enorme pancione, seduto per terra, che tiene in mano un piccolo globo terrestre. La didascalia dice, in inglese: «I bisogni dell’uomo sono illimitati ma le risorse per soddisfarli sono limitate. Noi studiamo economia per usare queste risorse con efficacia ed efficienza.» Magari le insegnassero nelle nostre scuole queste cose.

Subito oltre una breve composizione, intitolata «Nuove stelle», senza il nome dell’autore. Si legge: «Un giorno ho visto Jane che piangeva tristemente a scuola. Sono andato da lei e le ho domandato cosa fosse accaduto. Mi disse che aveva preso in prestito il libro di matematica di Lara e lo aveva portato a casa per fare i compiti. Il giorno dopo però aveva dimenticato di riportarglielo, e la professoressa di matematica aveva punito Lara che era senza libro. Per questo motivo Lara si era arrabbiata ed aveva detto a Jane che non le avrebbe più rivolto la parola. Chiesi a Jane se aveva chiesto scusa a Lara. Mi rispose che le aveva chiesto scusa infinite volte, ma Lara non voleva sentire ragioni. Il giorno dopo Lara dimenticò di portare a scuola la sua borsa e la professoressa la rimproverò di nuovo. Durante la ricreazione, Jane vide Lara che leggeva una storia tutta soletta, da una parte; allora Jane corse ad un vicino albergo, comprò un pacchetto di patatine ed una bottiglia di Coca Cola e le regalò a Lara. Da allora Jane e Lara diventarono ottime amiche.»

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19 March 2009

Al Museo Nazionale delle Maldive, Malé

Pur avendo un aspetto esteriore piuttosto miserello (NDA: nel 2009 il museo è ancora ospitato un un vecchio edificio, ma dall'anno prossimo sarà trasferito in uno nuovo, donato dalla Cina), il museo di Malé ospita reperti di importanza fondamentale per capire la storia dell'arcipelago. Qui sono custoditi gli unici reperti risalenti al periodo pre-islamico delle Maldive, un'eccezione che conferma la regola che fa divieto di custodire nel territorio della repubblica islamica oggetti di culto di altre religioni. Gli artefatti più significativi sono infatti i reperti buddhisti, trovati soprattutto durante la spedizione di Thor Heyerdahl nel 1982, di cui racconto in un altro post di questo blog.

Heyerdahl era un esploratore norvegese, famoso non tanto per il lavoro svolto qui quanto per aver portato a termine la traversata dell'oceano Pacifico orientale con il Kontiki, una zatterona di balsa con la quale voleva dimostrare che i primi abitanti della Polinesia vi erano arrivati dall'America meridionale. Costruì una barca con antiche tecnologie e materiali locali in Perù e la chiamò Kontiki, dal nome di un dio Sole degli Inca. Con altre cinque persone a bordo, partì dal Perù nell'aprile del 1947, per arrivare quattro mesi dopo nella Polinesia francese. Dimostrò così che gli abitanti dell'America pre-colombiana avrebbero potuto navigare il Pacifico, ma non che lo avessero effettivamente fatto. Successivi studi antropologici infatti convergono nell'ipotizzare che i Polinesiani discendano piuttosto dal sud-est asiatico. Ma Heyerdahl non si perse d'animo, fece buon viso a cattivo gioco e ripartì, stavolta con un aereo di linea, per un altro oceano.

Stanco del Pacifico, approdò alle Maldive nel 1982 e riuscì ad ottenere dal presidente Gayoom uno speciale permesso per continuare nel sud dell'arcipelago le ricerche che l’inglese Bell aveva cominciato decenni prima. Il rilascio di questa apparentemente innocua autorizzazione non era affatto scontato, in quanto ogni immagine sacra che non sia islamica è vietata nel paese, e non si fanno sconti a nessuno. Rinvenire e magari mostrare in pubblico opere risalenti al periodo induista o al buddhismo poteva essere considerato sconveniente, anche se questi reperti fanno incontestabilmente parte del bagaglio storico delle isole. Comunque Gayoom acconsentì agli scavi.

Nel corso di vari mesi Heyerdahl trovò un vero e proprio tesoro di reperti archeologici. Gli scavi erano in parte facilitati dai precedenti studi di Bell, che tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX aveva dimostrato senza ombra di dubbio che le Maldive erano buddhiste ed induiste prima di essere convertite all'Islam nel XII secolo. Il buddhismo arrivò con ogni probabilità durante il regno di Ashoka il Grande in India, durante il III secolo a.C., dunque più di mille anni prima della conversione all’Islam.

Ashoka era un re della dinastia indiana dei Maurya, ambizioso quanto illuminato, che regnò nel III secolo a.C. Si racconta che dopo aver vinto in una delle più cruente battaglie della storia indiana contro il regno di Kalinga, l'ultimo che non avesse ancora accettato la sua autorità, fu traumatizzato dal massacro di cui era stato artefice. Quindi, pur vittorioso, si convertì al buddhismo ed alla non violenza e fu molto attivo nel propagarne il credo, non solo nel suo regno ma anche al di là, fino addirittura all'Egitto e a Roma. Ma se la sua ambizione mondiale era forse eccessiva, egli convertì comunque al buddhismo quasi tutto il subcontinente indiano. Al di là della dimensione leggendaria di Ashoka, è certo però che questo fu l’unico periodo di affermazione continentale della religione buddhista, che qui era nata (Buddha era nato nell’odierno Nepal ma visse e morì in India) ma che poi sparì nel corso dei secoli per il risorgere dell’induismo più tradizionale, che lo fagocitò: Buddha è infatti considerato la nona reincanazione di Vishnu.
Dopo l'islamizzazione forzata dell’India poi, sotto la spinta dell’invasione di Tamerlano nel XIV secolo e culminata con l’impero Moghul duecento anni dopo, il retaggio buddhista fu quasi completamente dimenticato in tutto il subcontinente indiano. A tutt’oggi i pochi buddhisti rimasti trovano rifugio soprattutto nelle valli himalayane al confine con il Tibet. Della presenza buddhista alle Maldive, fino alle scoperte di Bell ed Heyerdahl non si seppe più nulla. Molte delle lastre di corallo utilizzate per i templi furono asportate e riciclate per abitazioni e moschee. Tuttavia gli scavi di Heyerdahl furono molto proficui, ed egli riuscì a raccogliere dalle sabbie una discreta collezione di sculture che erano scampate a razzìe e devastazioni dei secoli precedenti.

Nel museo di Malé ho potuto ammirare delle vere perle di quel periodo. Tra queste mi hanno colpito particolarmente alcune teste umane e teste di mucca in pietra di corallo, busti di Buddha e poi alcuni scrigni con simboli buddhisti, tutti risalenti al X secolo. Mi compiaccio della lungimiranza di Gayoom che ha permesso le ricerche e la conservazione di questi reperti nonostante non siano islamici. Mentre visito il museo, mi auguro che questa sua scelta sia di buon auspicio per gli studi futuri della regione. Ho letto che la Cina farà una donazione per ristrutturare il museo e valorizzarne le opere. Ma, come racconterò in seguito, sarò destinato ad una cocente delusione.

Nelle stanze successive sono esposti vestiti appartenuti ai sultani, con tanto di medaglie, pantofole finemente decorate e persino strumenti musicali, tra cui qualche vecchio bodu beru, il tipico tamburo che avrò la fortuna di ascoltare a Felidhoo, come racconterò in seguito. C'è persino un vecchio pianoforte di fabbricazione inglese. In un angolo, un ritratto di Ibn Battuta mi scruta intensamente. Bene! Sarà contento che stia utilizzando i suoi meticolosi appunti per il mio libro.

Nel museo ci sono anche preziosi esemplari dell'artigianato maldiviano così come si è sviluppato nei secoli. In particolare attirano la mia attenzione pregiati tappetini, oggetti laccati (con materia prima importata tradizionalmente dalla Birmania dato che qui non se ne produce) e gioielli finemente cesellati in oro. Una volta, leggo nel diario di Pyrard de Laval, i gioielli in oro erano prerogativa esclusiva del sultano e della moglie: chiunque altro volesse indossarne doveva comprare un permesso, portando così al Sultano un ricco e facile flusso di tributi. Non era però permesso a nessuna, neanche alla più nobile delle donne, indossare bracciali o alcun tipo di ornamento sulle caviglie. C’era poi una complicata regola gerarchica per cui gli anelli potevano essere indossati solo su certe dita e non altre, in modo che tutti fossero immediatamente riconoscibili per il proprio rango. Gli uomini potevano portare anelli solo sul pollice.

Purtroppo nel tempo queste arti (lacche, tappeti, gioielli) sono andate via via scomprarendo, e la produzione che oggi si trova in commercio risponde più a esigenze di turismo da paccottiglia, magari importata dall'India o dall'Indonesia, che a espressioni artistiche tradizionali del luogo. Si può solo sperare che un turismo più selezionato possa ricreare una domanda di qualità prima che questo artigianato sparisca per sempre. O forse che con lo sviluppo economico di fasce più ampie della popolazione si crei anche una domanda interna per questo tipo di merce pregiata, a volte di lusso, che permetta agli artigiani di continuare a produrla? Forse non è ancora troppo tardi.

Here are some of my own pictures of the Museum, taken in 2009 when it was still housed in the old premises and, of course, before the destruction of February 2012.





































Questo post è un estratto del mio libro sulle Maldive


17 March 2009

L'islam alle Maldive

Il muezzin richiama alla preghiera con la consueta regolarità, si sente da tutto il centro di Malé. Di regola, quando parte la registrazione di «Allah-u-akhbar», anche i negozi dovrebbero chiudere per consentire a tutti di pregare senza distrazioni, ma di fatto questo spesso non succede, anzi nel centro di Malé non l'ho mai visto fare. Magari si vede il cartello di prammatica «CLOSED» sulla porta, ma dentro le contrattazioni continuano.

La grande cupola dorata del centro islamico è una delle prime architetture che si vedono arrivando a Malé, il sole la fa brillare e si staglia prepotentemente e fotogenicamente, per dimensioni e colore, sulla monotonia urbanistica dell'isola e sul cielo blu. Il grande edificio di candido marmo bianco è stato inagurato nel 1984 e contiene un'enorme sala di preghiera che può contenere fino a cinquemila persone ed una sala per conferenze sull’Islam. I non mussulmani sono liberamente ammessi, tranne che durante la preghiera, ovviamente come tutti senza scarpe, e senza fotografare l'interno. Entrando noto che l'atmosfera è serena, anche molto fresca se paragonata al caldo esterno, accogliente. Quando arrivo non c'è nessuno, solo qualche bidello che fa le pulizie ed un impiegato che gentilmente mi scorta dentro per una visita.

Non mi fanno entrare, invece, nella vicina moschea antica, detta «del venerdì», per la quale mi dicono serva un permesso speciale, ma ho l'impressione che più semplicemente il guardiano di turno non fosse di buon umore. Forse ci potrò riprovare un’altra volta perché è la moschea più antica delle Maldive e pare che contenga mobili e suppellettili pregiati, con pannelli di legno su cui sono scolpiti i versi del Corano.

La moschea è un luogo preminente nella città. La fede islamica occupa infatti un ruolo preponderante in tutti gli aspetti della vita maldiviana dal tempo della conversione nel 1153. Come in molti altri paesi mussulmani, il ruolo dell'Islam acquisisce qui una dimensione che va al di là della religione per toccare la politica, la vita sociale ed anche quella personale. Ma la commistione tra potere religioso e temporale ha visto comunque, con poche eccezioni nella storia del paese, prevalere quest’ultimo, anche se spesso incarichi religiosi venivano usati per poi acquisire potere temporale. Ma come si è arrivati alla conversione all’Islam delle genti delle Maldive? Non lo sappiamo con precisione, anche se sappiamo che mercanti arabi frequentavano con assiduità i porti della regione a partire dal VII secolo. Ma, come spesso accade in tutto il mondo, dove la storia ci abbandona viene in soccorso la mitologia.

C’era una volta un demonio, chiamato Rannamari, che ogni mese veniva dal mare a minacciare e ricattare le genti delle isole...

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16 March 2009

Il mercato del pesce di Malé

Il mercato del pesce è molto vivo, piuttosto ricco, tutto sommato piacevole anche se non particolarmente variopinto come altri mercati del pesce che ho visto per il mondo. All’ingresso qualche camionetta un po’ insanguinata con secchi di pesce colorato in bella mostra e poi, entrando, un enorme salone maiolicato, non particolarmente pulito ma abbastanza ordinato, con pescatori e compratori in giro un po' alla rinfusa. L'atmosfera è alquanto sommessa, pacata, un po’ fredda per l’illuminazione al neon. Non si sente il gran vociare cui si è abituati in altri simili mercati asiatici, le trattative si svolgono in modo tranquillo. Dietro un lunghissimo bancone una dozzina di pescivendoli lavorano senza sosta con dei lunghi ed affilatissimi coltellacci per pulire il pesce. I tonni, che qui sono protagonisti, vengono prima allineati per terra e divisi per dimensione. Vanno dai più piccoli di qualche chilo a quelli enormi oltre il quintale. Uno alla volta vengono poi issati sul bancone e sfilettati sotto un sottile flusso d’acqua che cade da una fila di rubinetti installati ad intervalli regolari. I tranci rossi sono quindi accatastati di fronte alla clientela mentre le interiora, le pinne e gli altri scarti sono gettati in grandi barili di plastica. Gli avventori ritirano la merce e prima di andarsene infilano una mancia nel taschino della parannanza del pescivendolo che gli ha preparato i filetti. Sono tutti uomini, non si vede neanche una donna in tutto il mercato.

La pesca per secoli è stata la principale industria delle isole, superata solo negli ultimi anni dal turismo, ma rappresenta sempre un buon 15% dell’economia, ed impiega una percentuale ancora maggiore di lavoratori, tra pescatori ed indotto. Senza contare la grande parte della pesca di sussistenza delle famiglie degli atolli più lontani, che non è monetizzata e quindi difficilmente quantificabile. Al di là dell'aspetto meramente economico, la pesca è da sempre l'anima delle Maldive. Se va male la pesca, va male tutta l'economia. Ci mancò poco che si scatenasse una vera e propria rivoluzione quando nell'ottocento i mercanti indiani, spesso con l’aiuto degli inglesi, stavano per soppiantare i locali, o quando Ceylon impose controlli valutari che stavano per soffocare le vendite verso quel paese, principale sbocco delle esportazioni maldiviane di pesce.

I pescatori espongono la loro mercanzia, proveniente dalle barche di tutto l’arcipelago, su semplici banchetti, o semplicemente per terra, qualche volta solo pochi pesci modestamente allineati sulle maioliche bianche. La mattina è protagonista il pesce piccolo, di paranza diremmo noi, mentre nel pomeriggio arrivano i tonnetti, le cernie, le spigolone tropicali, qualche grande tonno d'altura. Ogni tanto qualche crostaceo fa la sua dignitosa figura, anche se essendo questo un paese mussulmano aragoste e granseole non figurano nelle ricette più comuni della cucina locale. Il tutto passa di mano rapidamente. La contrattazione è a tratti frenetica ma misurata nei toni.

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28 February 2009

Recensione: Il Gigante del Nilo, di Marco Zatterin, ****

Sinossi
Era un omone di quasi due metri, e aveva un curriculum di studi non propriamente impeccabile: aveva fatto il barbiere, il fenomeno da baraccone e l'attore. Ma il padovano Giovanni Battista Belzoni (1778-1823) è diventato una figura leggendaria, l'avventuroso pioniere che all'inizio dell'Ottocento ha dato il primo grande impulso alla scoperta dell'antico Egitto e dei suoi monumenti. Il "Grande Belzoni" ha legato il suo nome al dissabbiamento del tempio di Abu Simbel, alla soluzione dell'enigma della piramide di Chefrem, in cui fu il primo ad entrare, e a una quantità di scoperte ed esplorazioni che lo rendono ai nostri occhi una specie di Indiana Jones dell'egittologia. Sulla base di ricerche approfondite e originali, anche su documenti sinora sconosciuti, Zatterin ha ricostruito con precisione e passione la vita e le avventure del Grande Belzoni in una biografia.

27 February 2009

Film Review: The Threat (2008), by Silvia Luzi and Luca Bellino, *****

Synopsis

“Hugo Chavez and the Bolivarian Revolution are the greatest threat since the time of the Soviet Union and communism”. Doctrine for Asymmetric War Against Venezuela,  U.S. Army, 2006

This is the starting point for a journey across the country which gave rise to the “red wave” in Latin America. Does Venezuela represent the dream of a new socialist society or is it just another distortion of populism and dictatorship?
A trip with President Chavez over the largest oil reserve in the world, situated beneath the Orinoco river, becomes the occasion in which to enter into the lives of Venezuelans, nine years after the beginning of the Bolivarian revolution. The government missions to fight illiteracy and hunger, the creation of a public health care system and the development of an economy based on cooperative work are some of the achievements which characterize the Chavez era.

On the other hand are the country’s 60 violent deaths a week and its collapsing hospitals, the closure of the most popular television channel, the old European immigrants in flight, the opposition black list and the ubiquitous government propaganda. Venezuela en route to socialism: is this still possible in our post-ideological times?


Luca and Silvia in Caracas
Review

This is an excellent documentary on Chavez's Venezuela. A couple of young Italian directors went there to see with their own eyes how the Bolivarian revolution ideals were being implemented. They were disappointed but kept a cool balance throughout the making of this film. They went to the roughest neighborhoods of Caracas as well as with the richest elites. They went to see how the much boasted national health policy is implemented in the hospitals. They went to see what is available in the market for normal people. They spoke with immigrants, students and journalists. They also spent a whole day traveling around the country with Chavez himself, asking questions and thus allowing the viewer a chance to come to independent conclusions on the pros and cons of his rule.

Here is a trailer of the documentary in English.

You can buy the DVD here, in original Spanish with English subtitles.

The Cooperative Suttvuess based in Rome has been working in the field of research, audiovisual production and post-production since 2000. It was born as a post-production company for cinema and television. Over the years however, the cooperative has enlarged its field to the production of historical and inventive documentaries as well as commercial and social advertisements.
INFO: www.suttvuess.com

Or go to La Minaccia's blog.

Recensione Film: La Minaccia (2008), di Silvia Luzi e Luca Bellino, *****

Sinossi

Hugo Chávez, la rivoluzione bolivariana, il Venezuela. Un socialismo ambiguo che si oppone all'impero nordamericano in decadenza e si propone come capofila di un asse che punta a capovolgere gli equilibri mondiali.

LA MINACCIA racconta l'enigma Chávez, si infila nel segreto di un paese diviso, sospeso tra l'eccitazione di una rivoluzione in corso e la paura di una deriva totalitaria. Chávez chiede al suo popolo la presidenza illimitata, convoca un referendum e radicalizza lo scontro. Il documentario racconta 6 mesi di dura campagna elettorale, in un Paese messo di fronte ad una scelta definitiva: patria, socialismo o morte.

LA MINACCIA è un documentario che non tranquillizza, non osanna, resta distaccato: un lucido e a tratti spietato ritratto di una realtà simbolica, è lo spaccato di un panorama mondiale in mutamento diviso tra la crisi dell'imperialismo nordamericano e la ricerca di nuovi punti di riferimento. Una narrazione asciutta e pungente accompagna lo spettatore in un percorso pieno di tranelli e imboscate, lasciandolo inquieto e dubbioso: il Venezuela è davvero l'altro mondo possibile?


20 February 2009

Traveling Jazz Concert

Great concerto today at Pagine del Mondo. Bea is a young, dynamic independent Italian lady who left the safety of a comfortable home to see and live the world. Now in Brussels, she is at home in many countries and speaks many languages. In her spare time she pairs up with Mariano, a professional piano player from Spain, and they put together a multilingual show of songs from aroung the world. We were  honored to host them for a night at our travel club.

This is how she described their program: Music about travel, in several languages with Elisabetta Bernardini (voix) et Mariano Ferrandez (piano), voyageurs par vocation, vous accompagnent tout le long d’un voyage qui , du swing des années 30/40 à la bossa nova, en passant par le bel canto napolitain et la musique populaire espagnole et encore plus loin, vous fera découvrir l’aspect multiculturel et multilingue de la ville de Bruxelles. Elisabetta et Mariano vous présenteront un voyage raconté en six langues..et un peu plus. Le tout dans un mélange d’humour et tendresse. Faut-il vraiment s’éloigner de Bruxelles pour entreprendre un beau voyage ? We pensons que, nicht sempre…

You can view the show on Youtube, or click the links below.

Part 1/3




Part 2/3




Part 3/3

15 January 2009

Book review: Maldives Bradt Guide (2006), by Royston Ellis, ****

Synopsis

These idyllic islands are famed for their palm-fringed beaches, luxurious resorts, and relaxed pace of life. This fuilly updated guide caters to all types of visitors, from watersports enthusiasts and nature lovers to festival seekers and those wishing to explore the rich island history. Diving safaris, coral garden snorkeling, surfing, windsurfing, and deep-sea fishing are all covered for the energetic tourist, while exploring the atolls and resorts with the aid of this thorough guide is an attractive pastime for the traveler seeking tranquility.

Features include:

* How to choose the perfect resort for tastes and budgets
* Getting around the islands, with cruise options
* A wide variety of watersports
* Accommodation options including beach cottages and overwater bungalows
* Maldivian people and culture and useful words and phrases in Dhivehi


Review

This is a good guide to find your way around the maze of resorts in the Maldives and plan a holiday. Of course I can not possibly verify all the information, research seems to have been done with accuracy.

As for many Bradt guidebooks, I especially found this one valuable for its cultural content: many pages are devoted to the culture, history, social conditions of the country, which you don't find in many guidebooks.

My main criticism is that the author is a bit too uncritical of former president Gayoom, a man who did lots of good to the Maldives but ruled as a dictator, sometimes a brutal one, for three decades.

Several pictures and useful maps complete this book.

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E qui l'edizione italiana